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ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA:

Per svolgerla è necessaria l’istituzione di un apparato

pubblico (ex. Ministero).

Essa è un insieme di comportamenti, operazioni e

decisioni posti in essere da una pubblica

amministrazione nello svolgimento delle sue funzioni.

E’, dunque, rivolta al fine pubblico.

E’ retta dai criteri di:

° Imparzialità/ ° efficacia/ ° economicità/ °

trasparenza/ ° pubblicità.

I REGOLAMENTI IN GENERALE:

Sono atti formalmente amministrativi ma

sostanzialmente normativi, adottati previo il parere

del Consiglio di Stato, sono sottoposti al controllo

preventivo di legittimità e alla registrazione della

Corte dei conti e vengono pubblicati nella

Gazzetta Ufficiale.

Il procedimento per la loro adozione non prevede la

partecipazione dei privati che anzi è espressamente

esclusa e non è richiesta la motivazione.

Caratteristiche dei regolamenti:

• disapplicazione dei regolamenti → in base al

principio della preferenza della legge i

regolamenti sono suscettibili di disapplicazione da

parte del giudice ordinario. Mentre il

giudice amministrativo, secondo una recente

giurisprudenza, può disapplicare una norma

regolamentare in due ipotesi: 1) quando il

provvedimento impugnato viola un regolamento a

sua volta difforme dalla legge; 2) quando il

provvedimento impugnato è conforme a un

regolamento che però contrasta con una legge. Il

giudice può anche disapplicare un

regolamento quando questo non è stato impugnato

(disapplicazione normativa).

• Non possono essere oggetto di sindacato di

costituzionalità innanzi alla Corte Cost.

INTERESSE LEGITTIMO:

E’ una situazione giuridica soggettiva passiva del

soggetto privato destinatario del provvedimento

(manifestazione di volontà emanata dalla pubblica

amministrazione). Viene tutelato indirettamente

dalla norma di azione che pone regole che

disciplinano il corretto esercizio del potere della

pubblica amministrazione; è, invece, direttamente

tutelato dalla norma di relazione, ma solo se si

presenta un diritto soggettivo (“interesse

occasionalmente protetto”).

L’interesse legittimo presenta una dimensione

passiva ma anche attiva: passiva perché il privato si

trova in uno stato di soggezione rispetto alla

produzione di effetti giuridici che discendono dal

provvedimento amministrativo della pubblica

amministrazione che lo emana; attiva perché il

privato può far valere nei confronti

dell’amministrazione una pretesa ad un corretto

esercizio del potere amministrativo per:

- Acquisizione di un bene della vita (interesse

legittimo “pretensivo”);

Oppure

- Conservazione di un bene della vita (interesse

legittimo “oppositivo”).

Quindi, l’interesse legittimo si distingue dal diritto

soggettivo per il fatto che l’acquisizione o la

conservazione di un bene non è assicurata

direttamente e immediatamente dalla norma di

conferimento di azione, in quanto tutela solo

l’interesse pubblico, ma tramite il corretto esercizio

del potere amministrativo.

La sua giurisdizione è in capo al giudice

amministrativo, nel caso in cui il potere venga

esercitato in modo non conforme alla norma di

azione, che provvederà all’annullamento del

provvedimento. La Cassazione ha introdotto, con una

sentenza, il risarcimento del danno dell’interesse

legittimo leso. L’azione risarcitoria svolge una

funzione rimediale, cioè come tecnica di tutela

dell'interesse legittimo che si affianca

all’annullamento. La risarcibilità emerge solo se la

lesione ad un bene della vita (che costituisce

l’interesse legittimo) sia fondata, cioè solo se il bene

sia suscettibile di essere leso dal provvedimento

illegittimo.

E’ anche prevista un'azione di adempimento con la

quale il giudice obbliga la pubblica amministrazione

ad attribuire il bene della vita al privato.

Al giudice amministrativo può essere devoluta la

cognizione di diritti soggettivi solo quando questi

ultimi sono in qualche modo connessi a un rapporto

nel quale la PA si presenta essenzialmente in veste di

autorità.

INTERESSI LEGITTIMI OPPOSITIVI E PRETENSIVI:

L’interesse legittimo “oppositivo” mira alla

conservazione di un bene della vita, precisamente è il

privato che mira alla sua conservazione contro un

effetto giuridico che incide negativamente e, di

conseguenza, restringe la sfera giuridica del privato,

sacrificandone, dunque, l’interesse.

Di qui si può dedurre che la pubblica amministrazione

ha sottratto un bene o un’utilità del privato.

Ex. Di interesse oppositivo è l’espropriazione.

L’interesse legittimo “pretensivo” mira ad acquisire

un bene della vita. In questo caso, il privato

intraprende tutte le attività necessarie per stimolare

l’esercizio del potere amministrativo per poter

conseguire il bene. Si tratta, quindi, di un effetto

giuridico che incide positivamente e amplia la sfera

giuridica del destinatario, soddisfandone l’interesse.

Di qui si deduce che l’amministrazione attribuisce un

bene o un’utilità al privato.

Ex. Autorizzazione per avviare un’attività economica.

INTERESSI DI FATTO e DIFFUSI:

Interesse di fatto (interesse semplice): Vi sono delle

norme primarie e secondarie (oltre a quelle interne)

che impongo alla PA doveri di comportamento,

finalizzati alla tutela dell'interessi pubblici, senza che

ad essi corrisponda una situazione giuridica o pretesa

giuridicamente tutelata in capo a soggetti esterni

all'amministrazione. es. norme che impongono alle

amministrazioni di adottare atti di pianificazione, di

realizzare determinate opere, ecc. La violazione di

siffatti doveri rileva soltanto all'interno

dell'organizzazione degli apparati pubblici e può dar

origine a interventi propulsivi (diffide) o sostitutivi da

parte di organi dotati di poteri di vigilanza. I soggetti

privati che possono trarre beneficio o un pregiudizio

da siffatte attività vantano un mero interesse di fatto

a tutela del quale non è attivabile alcun rimedio

giurisdizionale.

I 2 criteri di distinzione tra interessi di fatto e

interessi legittimi:

• criterio della differenziazione →L’interesse è

legittimo, quindi giuridicamente protetto, quando il

privato si trova in una posizione differenziata rispetto

alla generalità dei soggetti es. il proprietario di un

terreno che confina con quello dove si vuole costruire

un edificio che toglierebbe a lui la vista panoramica.

• Criterio della qualificazione → occorre valutare se

tale interesse rientri nella tutela offerta dalle norme

che attribuiscono il potere, venendo così qualificato

come legittimo.

Interesse diffuso: Sono interessi riferibili alla

generalità della collettività o a categoria più o meno

estese di soggetti. es. interessi su beni non suscettibili

di appropriazione o godimento esclusivo come

ambiente, paesaggio, patrimonio artistico. Può

intervenire in sede procedimentale ogni soggetto. Per

quanto riguarda la tutela giurisdizionale degli

interessi diffusi, sono stati elaborati 3 criteri per

aprire la strada verso la tutela, discussa in dottrina:

1. partecipazione procedimentale → non ha trovato

riscontro in giurisprudenza perché la tutela dovrebbe

essere data solo al titolare del bene e non a chiunque

possa intervenire nel procedimento;

2. l'elaborazione della nozione di interesse collettivo,

quale specie particolare di interesse legittimo → gli

interessi collettivi sono riferibili a specifiche categorie

o gruppi organizzati es. associazioni sindacali. A

questi organismi è stata riconosciuta la possibilità di

agire in giudizio per tutelare i propri interessi di

categoria, non dei singoli;

3. la legittimazione ex lege data a determinati

soggetti → come per es. in materia ambientale si

attribuisce a determinate associazioni che abbiano

riconoscimento dal ministero dell'Ambiente la

legittimazione a ricorrere al giudice amministrativo.

Interessi individuali isomorfi (omogenei): L'interesse

leso rimane individuale e acquista dimensione

collettiva per il fatto che è comune a una pluralità di

soggetti. L’elemento di omogeneità e comunanza

consiste nel fatto che la lesione deriva da un'attività

illecita o illegittima plurioffensiva. La tutela di questo

tipo di interessi non è diversa da quella prevista per

ciascun diritto soggettivo o interesse legittimo.

INVALIDITA’ DELL’ATTO AMMINISTRATIVO:

Invalidità= difformità di un atto amministrativo dal

suo modello legale, determinando una lesione degli

interessi tutelati dalle norme che disciplinano tale

atto. Dunque, un atto è invalido quando viola una

norma di conferimento. Esistono 6 tipi di invalidità:

1) Totale: investe l’intero atto;

2) Parziale: investe solo una parte dell’atto,

rendendo valida ed efficace quella non colpita dal

vizio. Tuttavia, l’invalidità di una sola parte dell’atto si

estende anche all’altra parte solo se quest’ultima sia

strettamente dipendente da quella viziata;

3) Propria: Si riferisce ai vizi dell’atto;

4) Derivata: l’invalidità di un atto deriva

dall’invalidità di un altro atto presupposto.

L’invalidità derivata può essere:

- Caducante: l’invalidità dell’atto assunto sulla base

di un altro atto invalido è immediata, lo travolge

automaticamente. Ci si trova, perciò, in presenza di

un rapporto di stretta causalità o consequenzialità

diretta e necessaria tra i 2 atti, cioè il secondo è

esecuzione del primo.

- Invalidante: l’atto con invalidità derivata da un

altro atto conserva i suoi effetti finché non viene

annullato;

5) Originaria;

6) Sopravvenuta: Premessa: nel diritto

amministrativo vige il principio del “tempus regit

actum”, secondo il quale l’atto è valido in base alle

norme in vigore al tempo della sua adozione. Di

conseguenza, l’atto emanato sulla base della norma

abrogata e non più in vigore rende invalido tale atto;

- Dichiarazione di illegittimità costituzionale di una

norma: ha efficacia retroattiva, rendendo invalido

l’atto assunto sulla base della norma dichiarata

illegittima.

L’invalidità incid

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A.A. 2017-2018
81 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MP95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi della Tuscia o del prof Savino Mario.