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In una campagna di marketing non convenzionale, la curva virale è molto
complessa. Essa presenta 3 aree di interesse: l'impulso iniziale del lancio,
l'altipiano (ossia il momento in cui si sviluppa la conversazione della comunità
online9, e la coda lunga, generata nel tempo dai vari riferimenti al contenuto.
Quando si immette un nuovo prodotto sul mercato, la sua innovazione si lega ai
consumatori che la possiedono: innovatori, adottatori precoci, maggioranza e
ritardatari.
Gli innovatori sono i soggetti che influenzano. Al contrario della pubblicità
classica, il marketing non convenzionale lavora su una nicchia di innovatori e
adottatori precoci disposta a diffondere idee e novità, a cui la maggioranza presta
ascolto.
Esistono diverse tipologie di influencer:
- attivisti, che si impegnano con la propria comunità, movimento politico,
associazione;
- connessi, con molti seguaci sui social;
- influencer d'impatto, molto ambite poiché beneficiano della fiducia degli altri;
- celebrità, artisti molto seguiti;
- menti attive, con interessi multipli;
- trendsetter, che per primi entrano o abbandonano il mercato.
4 sono invece i livelli di influenza: le celebrità (con maggiore seguito), publishers
(blogger), fan e amici (più influenza).
Le aree dei social media sono:
- social community (affidata al community manager che gestisce Twitter,
Facebook, Linkedin e Google Plus), che ha a che fare con condivisione,
socializzazione ed esperienza. In essa rientrano i canali a cui gli altri partecipano
assieme a chi condivide lo stesso interesse (come nei forum e nelle forme wiki).
- Nel social publishing (di competenza del content manager, che gestisce blog,
Youtube, Flickr, siti di microsharing, microblogging, media sharing, news, ecc.) si
producono invece contenuti e si interagisce con i contenuti generati dagli utenti.
- Social commerce (del customer relationship management), interessato a
vendite e risorse umane.
- Con il social entertainment si coinvolgono gli utenti tramite console con
supporto di social network, giochi, app, mondi virtuali e comunità con cui
condividerli.
Le caratteristiche dei social media sono:
- il web come piattaforma in cui risiedono i servizi;
- user generated content e crowdsurcing, che segnano il passaggio da web 1.0 a
2.0 e sfruttano l'intelligenza della folla;
- network effect, per cui ogni singolo utente genera valore per gli altri attraverso
contenuti peer-to-peer;
- scalabilità, ossia l'espansione delle capacità produttive in base alle necessità
senza effetti negativi sull'attività (ossia senza costi aggiuntivi);
- beta permanente, ossia la capacità di aggiornarsi costantemente e cogliere le
tendenze;
- economia della reputazione, basata su moneta relazionale e costringe quindi ad
evitare quindi, durante il racconto, di dover rispondere di azioni negative come
epic fail e pubblicità occulta.
Il marketing è l'attività che permette di comunicare offerte di valore per la
società. Il marketing mix è dato dalle 4P: prodotto, prezzo, promozione e punto
vendita. A ciò si aggiunge oggi la quinta P della partecipazione.
Gli obiettivi variano a seconda del social media, che vanno utilizzati poiché
facilitano:
- produzione e branding, in quanto estendono la copertura della marca e la
sfruttano per influenzare il consumatore;
- customer relationship management (CRM), che usa i software per customizzare
e adattare l'offerta, e creare intimità col cliente attraverso i software, che
consentono di dare priorità e servizi versificati a seconda del cliente;
- service recovery, la correzione di errori e la conquista di clienti insoddisfatti;
- ricerche di marketing;
- vendite ed e-commerce, influenzando il desiderio facilitando l'acquisto e
incoraggiando a prova.
I tipi fondamentali di media sono: paid media, owned media (canali controllati da
un'impresa), earned media (non controllati).
Nello strutturare un piano di marketing è importante tenere conto delle PR
indirette e dei punti di contatto da creare tra attività e pubblico. Le fasi per la sua
costruzione sono:
1) Analisi del contesto competitivo e definizione delle opportunità.
2) Definizioni degli obiettivi
3) Analisi e scelta dei segmenti di social consumer
4) Scelta di ambiti e canali di social media a seconda di obiettivi e risorse
5) Creare una strategia esperienziale che coinvolga gli ambiti del social media
marketing
6) Definizione del piano di azione
7) Gestione e valutazione
Definire gli obiettivi significa comprendere i problemi di marketing e business, e
affrontarli integrando la gestione dei social media al resto dell'azienda. I social
devono diventare parte integrante dell'attività aziendale, per creare un sistema di
ascolto, relazione, comprensione e innesco del word of mouth.
L'analisi consiste nella valutazione dell'opportunità di aprirsi all'online, osservando
i pubblici attraverso:
- fonti: topic, argomenti di discussione, eventi;
- autori di contenuti: utenti, influencer, giornalisti, fan, blogger, ecc.;
- canali: online news, blog, forum, social network, wiki, video e foto sharing,
microblogging, ecc.;
- pubblici: utenti, influencer, fan, community;
- messaggi: news, discussioni, commenti, like, share, feedback;
- attributi: valore percepito dal brand, sentiment;
- concorrenti: cosa fanno, come usano i social, punti deboli.
La content strategy si realizza a partire dal brief sugli insight () col management,
per poi sviluppare un'idea creativa (in termini di storytelling e call to action), una
proposta grafica, un piano editoriale e una proposta di contenuti. Questi vanno
poi ottimizzati tramite il SEO (Search Engine Optimization).
La pianificazione consiste nell'individuazione di canali per valorizzare i contenuti.
Per costruire una relazione con i pubblici occorre
- Blogger Outreach: individuare influencer con cui coltivare relazioni, leggendo
contenuti;
- Social Media PR e Community Management: gestione e coordinamento dei
canali, elaborazioni di contenuti che creino relazioni, moderazione delle
conversazioni.
Il monitoring costante va effettuato sia sulle conversazioni online, sia sulla rete,
intervenendo durante anziché reagendo dopo. Occorre quindi definire
preventivamente le strategie di gestione per ogni criticità e contenuti negativi
come offese e lamentele per disservizi.
Analisi e misurazione richiedono metriche per effettuare
- il social media mapping and profiling, ossia l'analisi delle relazioni e
l'identificazione degli amplificatori, osservando dinamiche di contatto
(connessioni) e conversazionali (rilevando gli online influencers).
- analisi del word of mouth, in termini di strenght (quanto si parla e viene citato
quel brand), topics (keywords rilevanti che rivelano di cosa si parla),
spreadability (capacità di diffusione e di raggiungere le persone), sentiment
(come se ne parla), source (luoghi in cui se ne parla e relativa rilevanza) ed
influence (chi ne parla).
Le indicazioni del WOMMI riguardo le metriche da seguire sono:
- Interaction rate, numero di utenti che cliccano su banner o applicazione;
- Time spent, tempo di utilizzo di un'applicazione;
- Video installs, numero di player video nelle pagine web;
- Friends Reach, numero di utilizzatori esposti al contenuto grazie agli amici nei
social network e alla propensione alla condivisione;
- Conversation Relevant Sites, numero di siti in cui si cita il brand/prodotto;
- Conversation Relevant Posts, numero di post in cui si cita il brand/prodotto;
- Conversation Relevant Links, numero di link diretti verso un post/blog
pertinente al prodotto/brand;
- Conversation Reach, numero di visite uniche mensili generate dalle
conversazioni online;
- Earliest/Latest Post Date for Conversation Relevant Posts, primo e ultimo post
pertinente.
Il social media analytics, ossia l'analisi delle interazioni, valuta: engagement (fan,
persone che ne parlano, ecc.), strategy (media mix), interaction (commenti,
share, RT), sentiment (quali post piacciono), most active fans, response (chi
risponde e in che tempi).
La postmodernità è l'epoca che segue la modernità, nata dalla combinazione di
sviluppo tecnologico razionale e resistenza arcaica. Allo sdradicamento moderno
che genera bisogni emotivi legati a individuo, libertà, innovazione, universalità, la
postmodernità ha risposto con un ri-radicamento postmoderno in comunità,
legami, emozioni autentiche, vicinanza e localizzazione (ovvero considerando
l'innovazione come recupero delle radici culturali e della comunità). Ciò
incoraggia la partecipazione sui social a percorsi condivise di comunità anche
immaginate che uniscono individualità e appartenenza.
Viene quindi riscoperto il tribalismo, che nel pre-moderno dava senso alla vita
tramite i legami di sangue e territorialità, e nel moderno si basa sulla divisione in
classi impenetrabili, ceti e stili di vita. Dopo il ritorno all'individualità della tarda
modernità, nascono le tribù postmoderne, che non si basano su vincoli di nascita
bensì su esperienze e interessi comuni.
Nella definizione di Maffesoli, la società postmoderna è formata di micro-gruppi in
cui si intrattengono legami emotivi vissuti più intensamente tanto più si conosce
il loro aspetto simbolico, che si trasforma in approfondimento funzionale
all'aggregazione.
Una neo-tribù è un insieme di individui con diverse caratteristiche socio-
demografiche, ma collegate da una passione o esperienza e capaci di azioni
collettive ritualizzate vissute intensamente.
Secondo Cova, tribù unite, appassionate ed esperte trasferiscono il potere
dall'azienda ai consumatori. Le aziende dovrebbero quindi riconoscere la loro
competenza. Esse sono infatti attive, forniscono pratiche, significati e cultura
materiali, che possono essere differenti dall'offerta messa a punto dal marketing.
Alla base del legame sociale della tribù non vi è una caratteristica oggettiva
comune o un fine utile, bensì strutture volatili fondate su inter-relazioni tra i
membri. Mentre i segmenti sono insiemi di individui con caratteristiche omogenee
ma non interrelati abbastanza da svolgere azioni collettive, la tribù, seppur
disomogenea, si fonda su un ethos comune. Il valore di legame conta più del
bene di consumo, che viene considerato solo in quanto spunto per creare
relazioni.
Accanto al concetto di tribù ne troviamo altri simili, ma che si distinguono in base
alla posizione rispetto alla cultura dominante (ossia ai valori del brand, rispetto a
cui possono essere più o meno devianti) e al loro coinvolgimento