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La parete secondaria si forma dopo l’accrescimento per distensione, a ridosso della primaria, in senso

centripeto, per apposizione successiva di lamelle sovrapposte. Il materiale è prevalentemente fibrillare

(matrice molto scarsa) e comprende fibre di cellulosa (95%) strettamente impacchettate, parallele, con strati

successivi con orientazione diversa. La parete secondaria si ritrova in cellule con ruolo meccanico o di

sostegno, cioè che devono essere resistenti. In tali cellule, gli strati sono molti e concentrici, sempre ad

orientamento diverso. Pareti secondarie ispessite sono tipiche di cellule morte.

La parete cellulare può assumere nuove caratteristiche funzionali durate la vita cellulare, in conseguenza al

fine funzionale.

Varie modificazioni interessano la parete:

A) Incrostazione: infiltrazione di materiali tra gli spazi interfibrillari di cellulosa.

1) Lignificazione: deposizione di lignina nella matrice, a livello di emicellulose e sostanze

pectiche. La lignina è un polimero che si ottiene per polimerizzazione di monomeri di varie

molecole aromatiche (eg alcool cumarilico, alcool coniferilico, alcool sinapilico). Cellule

lignificate sono morte: legno, sclerenchima, parenchima midollare del legno, endoderma. La

lignificazione conferisce rigidità, impermeabilità e resistenza ai microorganismi. La deposizione

comincia nella parete secondaria adiacente al plasmalemma e prosegue in tutta la parete. La

lignina si colora con la fluoroglucina acida.

2) Pigmentazione: impregnazione della parete ad opera di sostanze più o meno colorate (bruno

rossastre) come tannini e polifenoli, con proprietà antisettiche (i.e. contro microorgansimi).

Spesso accompagna la lignificazione. Si vede nei semi di ricino, nel legno di ebano, nelle cotecce,

nelle foglie morte.

3) Mineralizzazione: deposizione di CaCO3 (calcificazione: peli di zucca, certe alghe), ossalato di

Ca, SiO2 (silice). Molte alghe impregnate di carbonato di calcio contribuiscono a formare rocce

calcaree (eg. Chara), altre formano barriere coralline, insieme ai coralli, ed atolli. Il pelo

urticante di ortica (Urtica dioica) ha un ago di silice nella porzione apicale e CaCO3 in quella

basale.

B) Apposizione: aggiunta di materiali sulla parete, che ne aumentano l’impermeabilizzazione.

1) Cutinizzazione: le cellule epidermiche di foglie e rami sono protette sulla faccia esterna da una

pellicola di un polimero di acidi grassi (cutina), la cuticola, che è apolare e conferisce

impermeabilità nei confronti di acqua e gas atmosferici. Le cellule ricoperte dalla cuticola sono

vive e ricevono acqua e nutrimento dalle cellule accanto.

2) Cerificazione: le cere sono molecole molto idrofobiche, formate da acidi grassi combinati con

alcoli a lunga catena e con un solo gruppo OH. Si trovano nello strato più esterno della

cuticola, nei rivestimenti di frutti e foglie e limitano le perdite di acqua, impediscono il ristagno

dell’acqua meteorica, i cristalli diffraggono la luce. Le strutture epicuticolari sono importanti

per la protezione da stress biotici.

3) Suberificazione: modificazione della secondaria per aggiunta di suberina (acidi grassi a catena

molto lunga – 18/24 C, alcoli coniugati, sostanze fenoliche, che danno colorazione bruna).

Coinvolge tutta la parete. Nelle piante che si accrescono in spessore avviene massivamente, con

deposizione di lamelle di suberina alternate a lamelle di cellulosa a partire dalla lamella

mediana. Impermeabilizza ed isola (funzione di coibente). Le cellule suberificate sono morte e

presentano un lume cellulare ridotto. Le cellule del sughero sono allineate radialmente con stile

ordinato, sono colorate bruno per presenza di derivati tannici, che, originati nei vacuoli,

migrano e vengono inseriti in parete.

C) Gelificazione: formazione di mucillagini dovuta ad un aumento delle sostanze pectiche. In tal caso,

la parete assume effetto mucillaginoso e si rigonfia se è presente acqua. Cellule a mucillagine si

ritrovano nei fiori, nelle radici, nelle foglie e nel tallo di alcune alghe rosse agarofite, dalle quali si

ricava il mitico agar.

I plasmodesmi sono ponti citoplasmatici, attraversati dal desmotubulo, da componenti citoscheletriche,

proteine strutturali e di trasporto, che formano un network intercellulare utile per il trasporto

simplastico. Possono essere primari (incompleta separazione dei citoplasmi durante la citochinesi:

connessione di cellule dalla stessa madre) o secondari (non di origine clonale, eg durante la fusione dei

carpelli nel fiore, le cellule epidermiche che vengono a contatto si fondono, differenziano in

parenchimatiche interne e formano plasmodesmi secondari, anche inducibili artificialmente, eg innesti).

I due tipi possono essere chiusi e non sono distinguibili in quanto a struttura. I plasmodesmi

presentano vari morfotipi. Ramificati si possono formare durante un ispessimento della parete; a X e H

per fusione di plasmodesmi semplici adiacenti. Attraverso i plasmodesmi passano molecole a basso pm,

come regolatori di crescita, nutrienti di derivazione fotosintetica e non, molecole segnale) e ad alto pm

(proteine, come attivatori trascrizionali, mRNA, segnali per il gene silencing). Le molecole a basso pm

passano per movimento passivo non selettivo, basato sulla libera diffusione e dipendente dalla larghezza

del plasmodesma, o SEL (Size Exclusion Limit), quelle ad alto pm possono essere anche sottoposte a

movimento attivo selettivo, il quale è energia-dipendente e richiede un aumento del SEL. Il SEL

specifica il limite superiore di taglia per le molecole che passano. Esso è regolato temporalmente,

spazialmente e fisiologicamente durante lo sviluppo; si creano domini e subdomini di cellule che

condividono lo stesso SEL e quindi pattern di sviluppo comuni grazie all’informazione posizionale. Il

plasmodesma si apre e si chiude soprattutto a livello della regione del collo, uno sfintere contrattile

basato su actina e miosina. Anche il desmotubulo si allarga e si stringe. Esperimenti sono stati condotti

con GFP sotto un promotore costitutivo e specifico dei meristemi apicali. L’embrione presenta quattro

subdomini, corrispondenti alle quattro principali regioni morfologiche. Una molecola piccola si muove

fra tutte le cellule, una media solo nell’ipocotile, nella radice, ma non nei cotiledoni, un’ultima presenta

movimento limitato solo alle cellule circostanti le meristematiche: la regolazione del SEL è in stretta

correlazione con il cell fate individuale, dettato dalla posizione.

Lezione X

I plastidi sono fondamentali per fotosintesi, biosintesi amido, biosintesi acidi grassi, riserva. Si

rinvengono solamente nei vegetali. Posseggono un involucro a due membrane lipidiche doppie, fra le

quali è interposto il fluido matriciale dello stroma, che porta disciolti in acqua ioni, metaboliti,

intermedi di reazione, proteine, enzimi, ribosomi, DNA. Il sistema lamellare è un terzo componente

membranaceo, il quale può assumere diversi morfotipi nel corso dello sviluppo.

Per quanto riguarda il differenziamento, proplastidi si trovano immaturi nelle meristematiche e sono

piccoli, con un sistema d’endomembrane poco sviluppato (corpo prolamellare), con DNA, RNA, gocce

lipidiche, ribosomi. Il differenziamento può dipendere da fattori esterni, come la luce, o meccanismi di

regolazione interni, legati a certi pattern.

I cromoplasti possono derivare da proplastidi, da amiloplasti o da cloroplasti senescenti. In questo

secondo caso, essi si dicono geroncoplasti, perdono i pigmenti clorofilliani verdi e mantengono

pigmentazioni accessorie con colorazione rosso-arancio (carotenoidi, xantofille, licopene, delta-

carotene). Non sono fotosintetici. La colorazione data ai fiori attrae animali impollinatori (uccelli) e dà il

colore alle foglie autunnali. I cromoplasti sono più appiattiti dei cloroplasti ed hanno un sistema di

endomembrane più ridotto. Portano pigmenti in cristalli (Sterlitzia reginae), corpi filamentosi o

goccioline (Capsicum annum). Non hanno grana. I pigmenti sonocoinvolti in reazioni antiossidanti. Si

trovano anche in radici tuberizzate, come la carota.

I leucoplasti sono di riserva, sono plastidi incolori e si trovano in cellule non esposte alla luce, come

quelle del midollo, dei frutti e dei semi. Includono elaioplasti (lipidi), proteinoplasti (proteine) ed

amiloplasti (amido), fra i quali gli statoliti, che a livello della caliptra (cuffia radicale) sono

responsabili del geotropismo positivo). Gli amiloplasti possono derivare da cloroplasti o da proplastidi.

Gli amiloplasti stoccano amido secondario, che presenta le due forme di amilosio (soprattutto) ed

amilopectina, sintetizzato a partire dal saccarosio ricevuto da queste cellule, a differenza dell’amido

primario che si forma nello stroma dei cloroplasti ed è solo amilopectina, più solubile. Questi plastidi

hanno un sistema di endomembrane abbastanza ridotto. La polimerizzazione dell’amido secondario

avviene su un centro proteico (ILO) e si possono formare granuli semplici (eg, patata) o composti (eg,

riso). Forma e modalità di deposizione sono tipici delle diverse specie e forniscono un’utile segnale di

discriminazione (eg, triticale/farro). Nella cuffia radicale, gli statociti contengono statoliti, amiloplasti

specializzati, che premono sul RE, esercitando una certa pressione. In cellule orientate lungo la

direzione della forza di gravità, la pressione è uniforme, mentre un orientamento diverso implica una

pressione disuniforme e questo funge da segnale, trasmesso innanzitutto al sistema citoscheletrico. Gli

elaioplasti portano gocciole di lipidi, elettrondense (ad esempio, nel mesocarpo dell’avocado). I

proteoplasti accumulano proteine; le inclusioni possono essere sottoforma cristallina o di corpi proteici.

Sono molto rappresentati nei semi per nutrire l’embrione (eg, arachidi, noci del Brasile, legumi).

I plastidi derivano da endosimbiosi (L. Margulis). Il primo evento endosimbiontico che condusse

all’introduzione stabile e trasmissibile è quello dei mitocondri, tra un protoeucariote fagotrofo ed un

protobattere aerobio. Il secondo evento endosimbiontico riguarda invece l’inglobazione di un

cianobattere ancestrale fotosintetizzante in un protoeucariote fagotrofo. Il cianobattere non è stato

digerito: si pensa che possa essere sfuggito dal vacuolo o che l’eucariote non avesse i mezzi chimici per

degradarlo. L’endosimbionte ha perso la parete batterica ed il 90% del genoma, trasferito al nucleo

dell’ospite (orizzontale). Si è stabilito un traffico molecolare fra nucleo dell’ospite e cloroplasto di

prodotti genici (peptidi in transito) e di conseguenza un macchinario di reimporto nel plastidio.

Data la varietà strutturale dei cloroplasti, si ritiene che ci siano stati episodi di endosimbiosi

secondaria, molte volte ed in maniera indipendente, tra un eucariote eterotrofo ed un’alga eucariotica

unicellulare verde o rossa. Questo spiega la presenza in certi taxa di plastidi con tre o quattro

membrane (cit

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze biologiche BIO/01 Botanica generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LucaFusarBassini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Botanica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Ruffini Monica.