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Hoffmann fu un importante architetto a cui venne commissionata la progettazione del palazzo Stoclet,
che venne realizzato con la collaborazione di numerosi artisti ed artigiani. Le pareti delle sale erano
ricoperte di marmi che riprendevano i colori delle opere di Klimt, e ogni elemento si accordava allo stile
secessionista – estremamente ricercato e grafico. All’esterno, l’edificio si presentava in maniera semplice
e lineare, con decori sobri che andavano a sottolineare alcune parti del palazzo. L’edificio, nel suo
complesso, presentava una grande schematizzazione che tendeva a svilupparsi in verticale.
Gustav Klimt, “L’albero della vita”
Sulle due pareti della sala da pranzo erano esposti i capolavori di Klimt. Così come ne “La Medicina”, la
donna sulla sinistra indossa degli abiti con uno stile tra l’egizio e l’orientale, che si fondono insieme in
una complementarità di decorazioni. I due amanti sulla destra, invece, si abbracciano e vengono
racchiusi in un mantello ricco di geometrie, le cui forme verranno riprese qualche anno dopo da Coco
Chanel per la realizzazione di numerosi gioielli. Sulle estremità dell’albero vi sono degli uccelli che
vengono inseriti da Klimt sia come decorazione che come elementi simbolici della storia della vita;
l’uccello nero simboleggia, ad esempio, i momenti tristi e oscuri. Sul tronco delle macchie bianche
legano l’intera composizione, ripetendosi anche sui vestiti delle figure a destra e a sinistra.
Il Déco austriaco si presenta dunque come un insieme di quella che fu la secessione viennese e delle
caratteristiche del Déco internazionale. Resta comunque evidente che ogni paese rielaborò a modo suo
le linee generali del Déco, integrandole con le proprie tradizioni e preferenze artistiche.
Tendenzialmente, a Vienna le architetture sfruttavano elementi fondamentali (finestre, grondaie...) per
renderli decorativi, immancabilmente associati all’oro. Il Déco si ritrova spesso nelle strutture
cinematografiche e negli alberghi. 14
Nel 1903 nacque la Wiener Werkstætte, una comunità di produzione che ideò una linea di oggetti che
dovevano essere prima di tutto funzionali e belli. Essa fu fondata Josef Hoffmann, dal pittore Koloman
Moser e dal banchiere Fritz Wärndorfer (che finanziò il tutto per dare nuova vita alla secessione, la quale
stava deviando sempre più sulla decorazione d’interni e sulle tematiche Déco). Il modello di riferimento
era stato l'Arts & Crafts britannico, e l'obiettivo della ditta è stato quello di rinnovare il concetto di arte
nel campo delle arti e mestieri.
Il rapporto tra pubblico, artista e artigiano doveva essere molto stretto: il pubblico esprimeva delle
opinioni, l’artista doveva adeguarsi alla sua volontà e l’artigiano doveva essere in grado di realizzare il
suo gusto. Questo, ovviamente, comportava dei costi molto alti, ma piuttosto che scendere di livello
qualitativo per la Werkstætte era meglio salire di prezzo. Altra linea guida fondamentale fu quella della
less is more
semplicità: “ ”, pochi elementi essenziali sono meglio di tanti superflui. Questa associazione
ebbe nel suo organico un centinaio di operai, e aprì diverse succursali sia in Europa che in America
creando il primo franchising della storia; i vari negozi dovevano avere logo, arredamenti e allestimenti
simili in tutto e per tutto all’originale. Gli oggetti Wiener Werkstætte divennero dei veri e propri oggetti
di culto, e la società rimase attiva per 29 anni di lavoro frenetico.
Posate di Hoffmann e bicchieri doppi; a seconda di come li giri, ottieni un bicchiere di forma diversa
Il logo venne spesso impiegato come elemento decorativo, trasformandolo ad esempio nello schienale
di una sedia. A volte è presente anche l’oro, ma in maniera molto dosata. Nel caso del servizio di
stoviglie, appare evidente lo stile affine al Déco. Le forme sono essenziali ed efficaci, e le decorazioni
ricordano moltissimo anche gli elementi architettonici classici. Altro materiale estremamente impiegato
dalla Werkstætte fu l’ebano. Spilla di Hoffmann del 1907
Instancabile, Hoffmann si occupò anche di gioielli. Appare qui particolarmente evidente l’influsso di
Klimt, le cui decorazioni vengono incastonate in una struttura d’argento.
Scrittoio di Hoffman Poltrona di Moser
Funzionalità significa anche avere uno scrittoio che può diventare sia una credenza che un armadio, dal
quale può essere all’occorrenza estratta una sedia che va ad inserirsi perfettamente nel mobile, fino a
diventare quasi invisibile. La poltrona di Moser, invece, ovunque venga girata può essere utilizzata come
seduta: basta spostare il cuscino.
Deutscher Werkbund, Monaco di Baviera (1911 e 1914)
La Deutscher Werkbund (dal tedesco, “Lega tedesca artigiani”) è stata un’associazione tedesca fondata
a Monaco di Baviera nel 1907 dall’architetto Muthesius, che contò tra i propri iscritti artigiani, artisti,
architetti, industriali e banchieri. Vi era quindi un grande coinvolgimento di strati sociali diversi, che
coesistettero al fine di produrre, principalmente, dei mobili di grande fattura artistica.
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Lo scopo dell'associazione era quello di saldare la cesura tra industria e arti applicate avvenuta nel corso
del recente sviluppo economico, proponendo una nuova cultura del lavoro industriale. Negli intenti
della Werkbund c'era anche quello di mettere la Germania al passo con lo sviluppo industriale di
Inghilterra e Stati Uniti.
La società promuoveva inoltre delle mostre (le cui locandine venivano ideate nei suoi laboratori di
grafica) che duravano diversi mesi, quasi come fossero delle vere e proprie esposizioni universali. Le
loro attività tendevano quindi a coinvolgere il più alto numero possibile di persone, difendendo
culturalmente e politicamente la realtà di Monaco. Da questa idea nascerà inoltre il Bauhaus, fondato
da Gropius (che fece anche parte di altre associazioni tedesche di questo tipo) nel 1919.
Vignetta satirica sulla Werkbund, Van de Velde e Muthesius
L’associazione concepì e creò numerose sedie, alcune delle quali ebbero particolare fortuna (tant’è che
vengono prodotte tutt’oggi). La Werkbund realizzò diversi modelli, che univano praticità, eleganza e
comodità. Per la loro ideazione era spesso richiesta la collaborazione con i laboratori di tessitura.
Questa vignetta esprime ironicamente tre modi di vedere una sedia: a sinistra da parte dell’architetto
Van de Velde (che realizza quindi una sedia molto solenne nei suoi elementi essenziali), al centro da
Muthesius (che lavorava ancora in una dimensione piuttosto classica) e a destra dalla Werkbund (quasi
un estremismo rispetto alle altre due, da cui emerge una modernità molto sp inta). Il fatto che questo
tipo di illustrazione comparisse sui quotidiani dell’epoca ci dà ulteriore percezione di quanto stesse
emergendo con forza il settore degli arredi artigianali.
Sedia di Marcel Breuer per il Bauhaus
Nella produzione del Bauhaus vi furono degli interventi piuttosto radicali: queste sedie sono ridotte a
delle pure linee rette, pur mantenendo una logica ergonomica. Le sedie presentano inoltre degli
elementi colorati, tema costante nella produzione del Bauhaus.
In Europa, verso l’inizio del ‘900, iniziò ad esserci un’attenzione più marcata e diffusa per quel che
concerne l’ambiente della casa. Sui giornali si moltiplicarono articoli e immagini a proposito di questo
tema; infatti, a Milano, nacque la Società Umanitaria, ovvero una società filantropica fondata da
Prospero Moisè Loria allo scopo di giovare all’educazione e all’istruzione professionale dei meno
abbienti. Entrare nella Società significava imparare un mestiere artigianale specifico: in essa venivano
formati ebanisti, intagliatori... A fine anno, la Società presentava una mostra con le opere degli studenti,
per presentare le grandi maestranze che venivano formate all’interno di essa. La Società Umanitaria
esiste tutt’oggi, ma segue modalità e obiettivi completamente diversi.
L’ISIA (Istituto Superiore Industrie Artistiche) era invece una struttura scolastica che formava degli
artigiani-artisti: forniva le competenze pratiche e progettuali tipiche di un artigiano, ma insegnava anche
la capacità di inventare nuove soluzioni artistiche. La finalità principale era quella di inserire nel mondo
del lavoro – e dell’industria – degli artisti competenti e preparati; solo il corso di “copia dal vero” non
vide particolari sbocchi lavorativi. Lo scopo era quello di portare concretamente a termine un’idea già
anticipata dal Bauhaus. Gropius, infatti, fu un precursore di questo concetto: l’arte doveva raggruppare
tutte le manifestazioni artistiche della vita quotidiana. Tuttavia, le industrie inizialmente esitarono ad
investire su questi prodotti così alternativi; fu proprio per preparare il consumatore che vennero create
tutte queste esposizioni artistiche. Era necessario far capire che bellezza e funzionalità possono andare
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di pari passo. Ancora oggi, però, i costi di questi design accattivanti si rivolgono ad una porzione limitata
di popolazione.
La parola d’ordine all’inizio del secolo era “educare”: attraverso scuole e mostre, l’obiettivo primario era
quello di divulgare informazioni sulla realtà moderna, sia nazionale che estera, mostrando i nuovi gusti
estetici e aggiornandoli continuamente. All’epoca si aprirono inoltre numerosi negozi, che divulgavano
le nuove ricerche estetiche; se gli oggetti venduti avevano spesso costi proibitivi, ciò non toglieva che i
passanti potessero soffermarsi ad osservare gli oggetti in vetrina.
Cartolina postale dell’edificio di Weimer scritta da Theo van Doesburg Programma di Gropius
Il Bauhaus venne fondato da Walter Gropius nel 1919. In questa cartolina compare la struttura originaria
del Bauhaus. Era un ambiente piuttosto grande, e ospitava al suo interno diversi laboratori. Gropius
spese tutte le sue energie per far nascere nella Germania di Weimar quello che fu il prototipo
dell’industria del design.
Nel suo programma appariva da una parte il riassunto di quello che avrebbe dovuto offrire la sua scuola,
mentre dall’altra vi era un’incisione che, attraverso delle semplici linee, andava a formare una chiesa.
Secondo Gropius, infatti, era necessario tornare all’idea medioevale per la quale tutte le architetture
erano subordinate alla volontà dell’architetto. Dagli intagliatori ai mosaicisti, era necessario che tutti
facessero riferimento all’architetto, poiché solo quest’ultimo teneva le redini del progetto. Questo tipo
di operazione era nec