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L’ANTROPOLOGIA BRITANNICA: MALINOWSKI E RADCLIFFE­BROWN

)

BRONISLAW MALINOWSKI (1884­1942

Negli anni precedenti al primo conflitto mondiale gli studi antropologici in Gran Bretagna subirono

importanti trasformazioni sia a livello di iniziative di ricerca sia a livello metodologico.

Questo periodo fu testimone di un grande sviluppo dell’attività etnografica condotta dai primi

antropologi professionisti provenienti dalle Università del Regno Unito.

Gli anni della Guerra mondiale segnarono, invece, un periodo di stagnazione.

Così come era accaduto in Francia, anche in Gran Bretagna molti antropologi erano periti al fronte,

altri avevano rallentato o abbandonato le proprie ricerche.

Nonostante ciò il 1922 fu un anno decisivo in ambito etnologico poiché venne pubblicata l’opera

Argonauti del Pacifico Occidentale di Bronislaw Malinowski; l’opera è frutto delle ricerche nelle

isole Trobriand, in Australia.

Quando scoppiò la Prima Guerra mondiale, essendo cittadino austro­ungarico, Malinowski sarebbe

dovuto essere internato dalle autorità austriache ma fu lasciato compiere, comunque, le proprie

ricerche.

Malinowski fece il suo ingresso sulla scena antropologica britannica, quindi, alla fine della Guerra

trovando, al suo ritorno dalle isole Trobriand, una situazione profondamente segnata dal conflitto.

La stagnazione della disciplina, però, lo favorì; Malinowski diede, così, inizio alla pratica della

cosiddetta osservazione partecipante, una nuova tecnica d’inchiesta che consentiva ai ricercatori di

stabilire un rapporto empatico con i nativi.

Osservare partecipando voleva dire cercare di prendere parte il più possibile alla vita degli indigeni

allo scopo di cogliere il proprio punto di vita, quindi, la loro visione del proprio mondo.

Quando, però, i diari segreti dell’antropologo polacco vennero pubblicati, 25 anni dopo la sua

morte, il suo mito subì un durissimo colpo in quanto quella che traspariva era un’immagine dello

studioso diversa rispetto a quella mitizzata; Malinowski non appariva un tipo mite e controllato,

bensì dai suoi scritti emergeva una personalità rude e volgare nei confronti dei nativi, contro cui

manifestava il proprio desiderio di svolgere le sue ricerche altrove.

In realtà questo disagio era determinato da quella che, infondo, è una problematica fondamentale

dell’antropologia odierna che consiste nel poter valutare in quale misura le interpretazioni dei nativi

contribuiscano a determinare le interpretazioni degli antropologi e Malinowski avvertiva come

disagio il doversi confrontare anche con le interpretazioni dei nativi.

Egli definì, quindi, il disagio dell’antropologo, il come e il quanto un antropologo sia davvero in

grado di cogliere il punto di vista dell’indigeno.

Argonauti del Pacifico Occidentale non è una descrizione delle componenti della cultura delle isole

Trobriand bensì parte da un aspetto particolare della vita di essa per poi aprirsi sugli altri aspetti.

L’oggetto di Argonauti del Pacifico Occidentale è, infatti, costituito da una forma di attività di

scambio praticata da un certo numero di comunità stanziate su isole anche molte lontane tra loro

ma, comunque, comprese entro un’area geografica circoscritta. Questa forma di scambio, detta

anche kula, viene definita da Malinowski come un fenomeno economico di notevole importanza che

occupa il posto principale nella vita tribale di questi indigeni.

Malinowski affrontò pertanto lo studio di questo fenomeno partendo dall’analisi di tutti gli elementi

della vita sociale connessi alla pratica del kula.

Esso è una forma di scambio cerimoniale che avviene tra le isole abitate dai gruppi partecipanti allo

scambio, e i beni che circolano sono di due tipi: collane di conchiglie rosse e braccialetti di

conchiglie bianchi.

Le prime circolavano solo in senso orario e i secondi solo in senso antiorario; ciò dipendeva dal

fatto che gli oggetti appartenenti a una categoria poteva essere scambiati solo con oggetti dell’altra

categoria.

Gli oggetti circolavano continuamente, restando nelle mani dei loro possessori solo per un periodo

di tempo limitato.

Essi non uscivano mai dal circuito di scambio e venivano barattati nel corso di visite che gli abitanti

delle diverse isole si scambiavano reciprocamente.

Tanto i preparativi per la partenza, quanto gli scambi, avvenivano secondo rituali precisi

accompagnati da pratiche magiche.

L’osservazione partecipante di Malinowski produsse effetti rilevanti sul piano teorico: in primo

luogo la comparsa di una nuova concezione della cultura e della società, intese come complessi di

fenomeni reciprocamente correlati e, quindi, non estraibili dal contesto generale entro il quale si

manifestano abitualmente.

Ciò equivaleva a rappresentare l’oggetto di studio dell’antropologia in una prospettiva di tipo

olistico e non settoriale.

Così inteso, l’oggetto di studio dell’antropologia – cultura e società – risultava costituito tra parti tra

loro collegate in senso funzionale.

È proprio in quest’ottica che si inserisce lo scambio kula e la funzione che esso assolve nel

mantenere e rafforzare i rapporti tra gli individui e i gruppi.

L’analisi condotta da Malinowski sullo scambio di kula mise in evidenza l’esistenza di una rete di

rapporti tra individui, clan, tribù fondati su ciò che da allora in poi sarebbe entrato a far parte del

lessico antropologico con il nome di principio di reciprocità.

Secondo Malinowski, l’antropologo ha il compito di ricostruire la dimensione emica, ovvero

dichiarare quale significato hanno le cose che studia per le persone che le osservano. Alla

dimensione emica si oppone la dimensione etica, ovvero il tentativo di una spiegazione di secondo

grado con il proposito di essere più o meno oggettiva.

In antropologia, il termine emico si riferisce al punto di vista degli attori sociali, alle loro credenze e

ai loro valori – ottica del nativo.

Etico si riferisce, invece, alla rappresentazione dei medesimi fenomeni ad opera del ricercatore –

ottica scientifica o dell'osservatore.

L’opposizione emica/etica deriva dalla linguistica, in particole dalle trascrizioni che compongono i

dizionari; queste trascrizioni possono essere di tipo fonetico – suoni che compongono un enunciato

– oppure fonemico – parole che compongono un enunciato.

Nel 1913 Malinowski pubblicò l’opera La famiglia tra gli aborigeni australiani dove confutò

l’ipotesi della promiscuità originaria che i lavori degli etnografi di allora confermarono, descrivendo

di cerimonie durante le quali erano consentiti rapporti sessuali con partner diversi da quelli

matrimoniali.

Malinowski dimostrò che anche gli episodi di licenza sessuale che hanno luogo durante alcune

cerimonie particolari accadono sempre secondo precise regole, norme e restrizioni che non

consentono l’accoppiamento indiscriminato.

All’opinione allora prevalente, Malinowski oppose l’ipotesi del carattere universale e originario

della famiglia elementare.

In Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi, Malinowski presentò la famiglia come luogo della

riproduzione biologica e culturale.

L’incesto è bandito in quanto disgregherebbe la famiglia e i rapporti che si instaurano in essa.

Malinowski giunse ad attribuire alla famiglia e alla proibizione dell’incesto una sorta di priorità nei

confronti della società e dell’esogamia.

Come la società risultava essere il prodotto dell’estensione dei rapporti familiari, così la pratica

dell’esogamia appariva un effetto della proibizione dell’incesto.

La proibizione dell’incesto venne concepita come risposta ad una potenziale disgregazione dei

rapporti familiari mentre l’esogamia fu intesa come un mezzo per risolvere favorevolmente ed

efficacemente la proibizione stessa.

L’immagine della società e della cultura che Malinowski elabora è quella di un insieme di pratiche e

comportamenti tra loro integrati, tendenti al mantenimento dell’equilibrio interno alla società e al

funzionalismo di essa; ciò venne definito funzionalismo ristretto.

Con gli scritti pubblicati postumi nel 1944, il panorama antropologico cambia notevolmente.

Al funzionalismo ristretto si affianca una concezione della cultura che Malinowski definisce come

un vasto apparato, in parte materiale, in parte umano e in parte spirituale, con cui l’uomo può venire

a capo dei concreti problemi che gli stanno difronte.

Accanto a una concezione tayloriana della cultura, arricchita di una dimensione funzionalista,

coesiste l’immagine della cultura come apparato strumentale, pensato da Malinowski come una

serie di risposte da parte dell’uomo alle necessità imposte dall’adattamento dell’ambiente esterno;

questo è ciò che potrebbe essere definito funzionalismo allargato.

L’analisi funzionale della cultura tende a coincidere con una formulazione delle relazioni tra

fabbisogni fondamentali e risposte culturali che da tali bisogni sono sollecitate. Questi ultimi,

chiamati bisogni secondari o derivanti, coincidono con l’esigenza di organizzare e mantenere la

coesione del sociale e della cultura.

Una terza serie di fenomeni culturali viene definita come modificazione dell’organismo originario,

la quale permette la trasformazioni di un impulso fisiologico in valore culturale: si tratta del

linguaggio, della tradizione orale e scritta, di alcuni concetti dogmatici dominanti.

Alla concezione strumentale della cultura è da ricondurre anche la sua teoria sulla magia. Respinte

le teorie evoluzionistiche che vedono nella magia un goffo tentativo di manipolare lo svolgersi di

fenomeni naturali, per Malinowski la magia ha una sua funzione.

La magia non è anteriore alla religione o alla scienza bensì, con le sue pratiche rituali, tende a

sopperire sempre e ovunque l’incapacità dell’uomo di controllare gli elementi della propria

esperienza operativa.

La magia consente all’uomo di compiere i suoi compiti importanti, di mantenere l’equilibrio. La

funzione della magia è quella di ritualizzare l’ottimismo dell’uomo.

ALFRED R. RADCLIFFE­BROWN (1881­1955)

Dopo la partenza di Malinowski per gli Stati Uniti nel 1938, Radcliffe­Brown divenne la figura più

influente dell’antropologia britannica.

Radcliffe­Brown fu fortemente influenzato dal pensiero di Durkheim; egli, infatti, cercò nell’opera

Gli isolani delle Andatane, pubblicata nel 1922, di definire la funzione sociale dei fenomeni mitico­

religiosi.

Secondo Brown tra le fondamentali condizioni che devono essere soddisfatte se gli esseri uma

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
47 pagine
4 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ste_17 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Petrarca Valerio.