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ASPETTO IL 118: COSA FARE?
• Posizione supina perché permette migliore irrorazione. Se il paziente però non respira
bene o preferisce un'altra posizione lo si fa stare come preferisce
• Ossigeno
• Misurare PA: se il paziente è ipoteso si sollevano le gambe
• Misurare FC
• Misurare ossigenazione (SpO2): dà informazioni su saturazione periferica e
frequenza cardiaca
• Segnare i valori per il 118
Appunti di Anestesiologia, 06/05/2016
Infarto.
Cinque regole predittive d’infarto:
⁃ età > 55 anni uomini e > 65 anni donne;
⁃ malattia cardiovascolare;
⁃ dolore peggiora con lo sforzo fisico (difficile da valutare in un paziente che è seduto);
⁃ dolore diverso da quello che si prova comprimendo il torace;
⁃ sensazione che il dolore parta dal cuore (segno di Levine).
Se il dolore al torace persiste per più di 10 minuti, il paziente mostra malessere generale,
nausea, sudorazione fredda, bisogna chiamare il 118 (meglio un falso allarme che non
intervenire). Questi sintomi ricordano quelli della sindrome vago-vagale (assenza però di
dolore toracico ed età del paziente più giovane).
Mentre aspettiamo l’arrivo del 118 bisogna chiedere al paziente quale posizione preferisce
assumere (quella supina è la migliore), gli somministriamo ossigeno e gli misuriamo la
pressione arteriosa.
Antiaggreganti e stent coronarici:
⁃ acido acetilsalicilico;
⁃ clopidogrel;
⁃ ticlopidina.
Uno stent è una retina che contiene un palloncino e allarga il diametro della coronaria.
Bisogna però somministrare al paziente degli antiaggreganti per evitare che si formino tanti
piccoli trombi che a lungo andare occluderanno il vaso. Gli antiaggreganti sono farmaci che
impediscono l’aggregazione piastrinica e quindi prevengono la formazione di trombi.
Per l’odontoiatra è importante sapere se un paziente è portatore di uno stent coronarico e se
quindi assume farmaci antiaggreganti. Ci sono diverse linee guida che forniscono indicazioni
corrette riguardo l’esecuzione di tecniche chirurgiche su pazienti che assumono
antiaggreganti.
Linee guida del 2012.
Se il rischio emorragico dell’intervento è basso (terapia parodontale non chirurgica, come
ablazione del tartaro) e se il paziente ha un rischio trombotico basso, intermedio o alto, in
ogni caso, si prosegue l’assunzione degli antiaggreganti (cardioaspirina o inibitori del
recettore P2Y - clopidogrel e ticlopidina).
Rischio trombotico basso: sono passati 6 mesi dal posizionamento dello stent.
Rischio trombotico medio: sono passati pochi mesi dal posizionamento dello stent (1-6 mesi).
Rischio trombotico elevato: è passato meno di un mese dal posizionamento dello stente
(meno di un mese).
Se il rischio emorragico dell’intervento è intermedio (terapia parodontale chirurgica,
chirurgia orale in generale, chirurgia impiantare), se il paziente è a basso rischio trombotico
non si sospende nessuna terapia antiaggregante; se il paziente è a intermedio rischio
trombotico, nel caso si tratti di una chirurgia differibile la si sposta di qualche giorno
(rimandando il paziente al medico curante che modificherà la terapia), nel caso si tratti di
chirurgia non differibile si opera comunque lasciando immodificata la terapia; se il paziente è
a elevato rischio trombotico, nel caso si tratti di una chirurgia differibile la si sposta di
qualche giorno (rimandando il paziente al medico curante che modificherà la terapia), nel
caso si tratti di chirurgia non differibile si opera comunque lasciando immodificata la terapia
(si assisterà più a lungo il paziente per bloccare l’emoragia).
Anticoagulanti e ictus.
C’è un’altra categoria di pazienti che prende farmaci che servono sempre per fluidificare il
sangue.
Sostituzione valvolari (paziente con valvole cardiache sostituite):
⁃ trattamento anticoagulante;
⁃ profilassi antibiotica.
I farmaci anticoagulanti vanno ad agire proprio con i fattori della coagulazione: warfarin
(coumadin).
Anticoagulanti orali (TAO):
⁃ warfarin (coumadin);
⁃ anticoagulante orale;
⁃ viene assunto da pazienti che hanno una fibrillazione atriale, valvole cardiache
meccaniche, etc…;
⁃ INR > 2 (il valore normale è fino a 1,2).
La finalità degli anticoagulanti è quello di mantenere un INR superiore a 2. Non vanno mai
sospesi gli anticoagulanti prima di un intervento se no ci sarebbe un forte rischio di ictus.
Valgono comunque le linee guida precedenti, se l’intervento è a basso rischio emorragico si
interviene lo stesso, se è ad alto rischio si rimanda il paziente al suo medico curante che
modificherà la terapia anticoagulante (sostituirà il coumadin con eparina sottocute a basso
peso molecolare).
Gli anticoagulanti sono antagonisti della vitamina K, fondamentale nella cascata della
coagulazione. Di conseguenza vengono ridotti i livelli plasmatici dei fattori vitamina K
dipendenti.
Prima di lavorare su un paziente che assume anticoagulanti bisogna valutare l’INR (chiedere
al paziente gli ultimi esami del sangue). Se l’INR è inferiore a 1.5 si può fare l’intervento, se
è maggiore di 1.5 bisogna rimandare il paziente dal suo medico curante.
Fegato e reni.
Se il paziente è cirrotico, bisogna stare attenti ai farmaci da somministrare al paziente (si
sceglie l’articaina). Se il paziente ha un problema renale importante, ci saranno problemi
nell’eliminazione dei farmaci. Bisogna chiedere al paziente quando andrà a fare la dialisi e
collocare l’intervento il giorno prima. Non bisogna però somministrare antibiotici che
danneggino il rene.
Malattie metaboliche: diabete.
Quanti più farmaci anti-diabetici il paziente assume, tanto più la sua glicemia sarà poco
controllata. Più è elevata la glicemia, più il paziente sarà a rischio di infezioni e più
sanguinerà. In un paziente fortemente diabetico bisogna prescrivere una terapia antibiotica
anche dopo una semplice detartrasi.
Un paziente diabetico in uno studio odontoiatrico può avere una crisi iperglicemica o una
crisi ipoglicemica (molto più frequente). L’ipoglicemia è più frequente perché il paziente
prima di venire nello studio dentistico mangia meno e comunque consuma più energie per
l’ansia/agitazione.
Bisogna chiedere al paziente se, con le medicine che assume, riesce a tenere sotto controllo la
sua glicemia. Se il paziente tiene sotto controllo la sua glicemia, si parla di paziente
compensato.
Un paziente che è in trattamento con ipoglicemizzanti orali e con insulina va trattato il più
vicino possibile all’assunzione dei farmaci (tra una somministrazione e l’altra, momento in
cui la glicemia è la più controllata possibile).
Se un paziente è diabetico non compensato, bisogna rimandarlo al diabetologo per correggere
la sua terapia. Sulla cartella clinica del paziente bisogna segnarsi anche le dosi di insulina e il
tipo di insulina che assume quotidianamente.
Un paziente diabetico può avere o una crisi ipoglicemica o una crisi iperglicemica.
La crisi ipoglicemica si manifesta con:
⁃ sudorazione fredda;
⁃ stanchezza;
⁃ ansia;
⁃ confusione mentale;
⁃ eloquio sconclusionato;
⁃ visione offuscata;
⁃ sonnolenza.
La crisi iperglicemica, a differenza di quella ipoglicemica, dà più difficilmente sintomi. In
questi casi bisogna subito misurare la glicemia al paziente tramite glucometro. Se la glicemia
risulta essere bassa (sotto i 70 mg/dl) ma il paziente è ancora cosciente, diamo al paziente
zucchero per os (10-20 grammi) —> in pochi secondi si sentirà molto meglio.
Se invece il paziente perde coscienza e va in coma ipoglicemico (glicemia sotto i 50 mg/dl) si
somministra una fiala di glucagone (0,5-1 mg) in intramuscolo o soluzione glucosata al
5-10% in endovena.
Un paziente può anche finire in crisi iperglicemica, in questi casi (ma non sempre, solo per
valori veramente elevati) il paziente manifesterà: stanchezza, sudorazione calda, cute del viso
arrossata, diuresi abbondante.
Nei pazienti diabetici, l’adrenalina, se passa in circolo, causa un aumento della glicemia. Se
la glicemia è elevata si può verificare un coma iperglicemico.
Iperglicemia ed insulina:
⁃ glicemia < 160 mg/dl —> non somministro niente;
⁃ glicemia 161 - 200 mg/dl —> somministro 8 unità di insulina;
⁃ glicemia 201 - 240 mg/dl —> somministro 16 unità di insulina;
⁃ glicemia 241 - 280 mg/dl —> somministro 24 unità di insulina;
⁃ glicemia 281 - 320 mg/dl —> somministro 32 unità di insulina;
⁃ glicemia 321 - 400 mg/dl —> somministro 40 unità di insulina.
L’insulina sottocute ha un effetto rapido (30-60 minuti), un picco d’azione tra le 2 e le 4 ore e
una dura massima fino a otto ore.
Nello studio odontoiatrico bisogna quindi avere un glucometro, per controllare i valori
glicemici, insulina pronta, per trattare le iperglicemie gravi con disturbi della coscienza,
zucchero per os, glucagone, soluzioni glucosate, per trattare ipoglicemie con disturbi della
coscienza. Appunti di Anestesiologia, 13/05/2016
Reazione allergica.
Le reazioni allegriche hanno le seguenti caratteristiche:
⁃ dose-indipendente: dipendono da cosa viene somministrato e non dalla quantità;
⁃ non operatore dipendente: non dipende dall’operatore, bisogna però evidenziare in
quali pazienti potrebbe verificarsi (fare sempre la raccolta anamnestica);
⁃ paziente atopico.
Le molecole che, in campo odontoiatrico, danno più reazioni allergiche sono gli antibiotici e
gli analgesici (il più delle volte le reazioni sono più intolleranze che vere allergie). Quando un
paziente riferisce di essere allergico agli anestetici locali bisogna indagare verso quale
molecola è allergico e se ha fatto dei test che lo attestano. Un’altra reazione allergica è alle
amalgame dentarie.
Nel processo allergico il sistema immunitario riconosce sostanze estranee esogene o
endogene (antigene: proteine, polisaccaridi, apteni). Quando l’organismo entra in contatto
con una molecola nuova esso decide se considerarla “amica” o “nemica”, ma non si scatena
nessuna reazione. Se quella molecola non va bene, l’organismo produrrà degli anticorpi verso
quella molecola, senza però scatenare nessuna reazione allergica. Quando il paziente verrà
esposto per la seconda volta alla molecola si verificherà la reazione antigene-anticorpo, che
può avere diversi gradi di severità.
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