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PREMESSE NEURO-PSICO LINGUISTICHE DELLA GLOTTODIDATTICA

Ci siamo spostati dallo studio della disciplina, della lingua, allo studio dei destinatari, quindi degli

studenti, cercheremo di capire cosa avviene nel cervello e nella mente quando impariamo una lingua

straniera.

Differenza tra mente e cervello:

• Cervello oggetto di studio della neurologia, cioè i processi chimici ed elettrici che avvengono nella

nostra testa

• Mente oggetto di studio della psicologia

Le due cose sono correlate, ma hanno diverse prospettive e diversi obiettivi. Studieremo la neurologia e la

psicologia correlandole ai processi di acquisizione della lingua, sia per l’acquisizione spontanea, ma anche di

come intervenire nella mente e nel cervello per creare quelle condizioni affinché l’acquisizione linguistica

possa aver luogo.

ACQUISIZIONE PRECOCE DI UNA LINGUA STRANIERA (prima è meglio)

C’è la credenza che l’acquisizione di due lingue in simultanea possa costituire un problema per il bambino.

Ma tutti gli studi, sia sul versante neuro-psico linguistico ma anche comportamentale, hanno ampliamente

dimostrato che le cose non stanno così. Nell’imparare una lingua seconda presto ci sono solo vantaggi,

sotto tutti i punti di vista, bambini plurilingui sono bambini avvantaggiati sotto tutti i punti di vista, sia dal

punto di vista comunicativo, che cognitivo, le persone che conoscono e usano più lingue sviluppano almeno

5 anni più tardi patologie come Alzheimer, la demenza senile, rispetto a persone che nella loro quotidianità

utilizzano solo una lingua. Il bilingue si mantiene sano più a lungo che non il monolingue, perché il suo

cervello è più allenato a risolvere problemi, quindi se una parte del suo cervello viene danneggiata per

l’insorgenza di qualche patologia i multilingui sono in grado di sopperire a quel deficit più facilmente.

Quindi ha anche un valore terapeutico e preventivo.

Franco Fabbro, medico neurologo, che si occupa di patologie dal punto di vista neurologico che hanno

anche ricadute nel linguaggio. (se volete leggere i suoi libri “Neuropedagogia delle lingue” e“Il cervello

bilingue” se vi interessa approfondire questi temi)

La neurologia è figlia della frenologia (scienza di fine 1800), che studiava i cervelli dei pazienti morti,

cercando di capire come a fronte in vita di certi problemi o certe virtù cosa c’era dentro al cervello una

volta morto. Si è scoperto che le zone del cervello che corrispondevano a determinati tipi di inclinazioni

erano più sviluppate che altre, in quei pazienti che avevano problemi o capacità in qualche ambito. Oggi

abbiamo strumenti diagnostici più sofisticati e sostanzialmente non invasivi che vanno dalla tac, alla pet,

alla risonanza magnetica, che attraverso la somministrazione di liquidi di contrasto (sostanza radioattiva) e

la stimolazione linguistica durante un esame di osservano quali parti del cervello si attivano; letteralmente

si illuminano perché quando si dà una risposta ad uno stimolo, si vede che c’è una maggior

concentrazione/afflusso di sangue che ha al suo interno questo liquido di contrasto che illumina quelle zone

del cervello che si attivano. In questo modo sono riusciti a mappare più o meno il cervello.

La pronuncia

La pronuncia è l’aspetto che si fissa prima nella propria lingua materna, soprattutto nella sua componente

di prosodia e di intonazione, comincia a fissarsi già da tre mesi prima della nascita, dal quinto mese e mezzo

sesto. Il bambino percepisce la frequenza cardiaca, tutti i movimenti dal punto di vista musicale.

Le tre discipline fondamentali dal punto di vista neurologico sono la matematica (la logica), le lingue (la

comunicazione linguistica) e la musica, sarebbero le tre discipline su cui dovrebbero puntare le scuole

dell’infanzia.

La pronuncia è la prima cosa che si fissa ed è la più difficile da modificare perché è quella parte più

profondamente radicata nella nostra personalità, nella nostra competenza linguistica.

Questo studio (vedi l’immagine sotto) è stato fatto negli Stati Uniti e in Canada ed era rivolto ad emigrati

distinti in 2 fasce, quelli arrivati prima degli 8 anni, e quelli arrivati dopo gli otto anni (non è rivelante la

provenienza, quindi la lingua L1).

Quanto si sente l’accento straniero? Come valutarlo? Esiste la fonetica articolatoria e quella acustica, la

prima studia come vengono articolati i suoni e lo fa in maniera percettiva, la seconda misura attraverso i

computer la qualità dei singoli fonemi. Si prende un campione di parlanti nativi e li si fa articolare una serie

di fonemi e si digitalizzano questi suoni attraverso delle tracce, si fa fare lo stesso lavoro agli stranieri e si

sovrappongono le diverse tracce dei parlanti nativi e non nativi. La discrepanza tra nativo e non nativo è

quella indicata dal grafico, 0 non c’è nessuna differenza 225 è la distanza massima.

Nel grafico

• nel primo gruppo, dai 4 ai 6 anni (quindi un po’ meno di 8) in cui non si nota alcuna differenza tra il

parlante nativo e chi è arrivato prima di quell’età e ha imparato la lingua straniera.

• Poi c’è una sorta di caduta libera che va dai 7/8 anni fino ai 18/19 anni,

• poi una terza categorizzazione che va dai 20 anni

in poi.

Si nota perciò che esistono tre periodi critici per

l’acquisizione dei tratti fonologici di una lingua seconda.

Arrivare in un paese straniero prima degli 8 anni, ti

permette di imparare la lingua praticamente come se

fossi un parlante nativo. Se si arriva tra gli 8 e i 18 è

meglio che arrivare più tardi, ma ovviamente non si

ottengono gli stessi risultati che si ottengono prima. Se si

arriva dopo i 18 si ottengono risultati diversi.

Questo si deve tener conto anche riguardo all’insegnamento precoce della lingua, sia in maniera spontanea

che formale.

La grammatica, nello specifico la morfologia, la sintassi, il lessico e la struttura testuale

Qui abbiamo 2 tipologie di informatori: quelli arrivati prima dei 15 anni (col pallino) e quelli arrivati dopo i

15 anni (con il rombo). Hanno dato una batteria di

frasi ad un gruppo di parlanti nativi e hanno chiesto

loro quali erano corrette e quali no, poi hanno fatto

la stessa cosa con emigrati prima dei 15 anni e dopo

i 15 anni e hanno confrontato su base statistica le

risposte date.

Quelli che sono arrivati prima degli 8 anni ottengono

risultati simili ai parlanti nativi, mentre quelli arrivati

dai 9 ai 15 ottengono in genere risultati migliori

rispetto a quelli emigrati dopo i 15, ma peggiori

rispetto a quelli arrivati prima degli 8.

• Quindi da 0-8 anni anche per quanto

riguarda la dimensione grammaticale, gli

immigrati sono equiparabili ai nativi,

• dagli 8/9 ai 15 sono quasi come i nativi,

• dai 15 anni in poi si discostano molto dalla grammatica dei nativi.

Anche qui abbiamo 3 periodi critici. La percentuale di risposte corrette era tanto maggiore quanto prima gli

informatori erano arrivati nel paese.

Sia la fonologia che la grammatica beneficiano ad una maggiore e più precoce esposizione alla lingua.

Lessico

Le lingue si collocano nel nostro cervello in modo ordinato, prima si imparano prima si collocano in modo

ordinato, più tardi si imparano più “sparpagliate” saranno, quindi quando si andrà a parlare, a scrivere, a

comprendere, lo sforzo sarà più forte.

Abbiamo due tipi di classi (che contengono tutte le parti del discorso della lingua)

• Classe chiusa (CC): al suo interno

troviamo pronomi, articoli, preposizioni

ecc. che sono definiti, non cambiano.

• Classe aperta (CA): al suo interno

troviamo tutte quelle parti del discorso

che cambiano.

1. Figura A: ha imparato la lingua tra 0 – 7

anni. Le classi chiuse si collocano nella

zona parietale anteriore sinistra (vicino

alla tempia sinistra). Quindi tutti gli

articoli, i pronomi ecc. di entrambe le

lingue che si conoscono si collocano in un unico posto. Tutte le altre parole di classe aperta di

entrambe le lingue si collocano un po’ più indietro. Questa persona non fa alcuna fatica perché ha

solo 2 posti in cui andare a cercare tutto.

2. Figura B: ha imparato la lingua tra 7 – 16 anni. La classe chiusa della lingua materna resta sempre

nella zona parietale anteriore sinistra, la classe aperta di entrambe le lingue si posiziona dietro, ma

sempre nella stessa zona si colloca la classe chiusa della seconda lingua. Comunque sempre solo in

2 aree del cervello.

3. Figura C: ha imparato la lingua dopo i 16 anni. Le varie classi si collocano in 3 posti diversi, una delle

quali nell’altro emisfero del cervello, ovviamente farà più fatica per recuperare le parole. Infatti la

classe chiusa della prima lingua si trova nella zona parietale anteriore sinistra; la classe aperta della

L1 e la classe chiusa della L2 si trovano dietro, invece la classe aperta della L2 si troverà

nell’emisfero destro. Inoltre esso ha meno sinapsi a collegare i due emisferi.

Le vie di comunicazione tra i due emisferi del cervello sono molto più fitte nel bilingue che non nel

monolingue. E dal punto di vista neurologico, si misura l’intelligenza dal numero di sinapsi che ci sono tra i

due emisferi, il bilingue perciò ne ha di più. Quindi a dispetto di una collocazione degli elementi lessicali più

frastagliata il monolingue ha anche il problema di avere meno connessioni tra i due emisferi, e le sinapsi si

formano solo nei primi anni di vita, poi non crescono.

Sarebbe necessaria mezz’ora di esposizione al giorno alla lingua straniera per impararla bene.

ANALISI DI TEORIE RIGUARDO IL RAPPORTO MENTE – CERVELLO – LINGUA

1. Bimodalità e direzionalità di M. Danesi

2. SLAT: le cinque ipotesi di S. Krashen

3. Il modello ergodinamico di R. Titone

4. LAD di N. Chomsky

5. LASS di J. Bruner

Bimodalità e direzionalità di Marcel Danesi (Bilingue italo-canadese)

Questa teoria, che è stata sviluppata negli anni 80, è stata fortemente criticata e messa in discussione. Del

cervello si sa abbastanza, ma ancora non si è capito tutto, la teoria della bimodalità è stata criticata perché

nella sua forma originaria è troppo categorica, e quindi attribuiva delle specificità uniche a ciascun

emisfero, in realtà queste specificità che si chiamano modalità non sono così marcate, e soprattutto le

tempistiche di attivazione rispetto alla percezione e all’acquisizione linguistica non sono misurabili in

termini cronometrici (cioè non sono così precisi come viene spiegato da queste teorie).

Dal punto di vista didattico però questa teoria ha rappresentato una ve

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
47 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher emadicarlo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica dell'italiano come seconda lingua e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Santipolo Matteo.