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SCULTORI:

D. 1. Giovanni e Andrea Pisano

2. Gusmìn da Colonia, maestro orafo altrimenti ignoto e citato solo ne ms. Magliabechiano

Quindi un repertorio limitato, ma bisogna tenere conto che si tratta delle prime biografie reali. Tra i pittori

senesi stupisce che il duo Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti venga sciolto con la supremazia di

quest’ultimo. Simone Martini è stato un artista che a livello letterario, soprattutto da Petrarca, era stato

esaltato come uno dei massimi artefici del movimento. Il poeta infatti racconta di possedere un ritratto di

Laura realizzato dal pittore. Poi ovviamente ci sono anche gli scultori con Giovanni e Andrea Pisano, i quali

riscopriranno grazie a Pisa, un luogo in cui convergono tante antichità, dei modelli che prima erano

scomparsi. Quindi Pisa diventa un luogo di confronto. Esattamente come Giotto fa rivivere la pittura,

Giovanni e Andrea Pisano fanno rivivere il rilievo e la scultura, quindi sono degli artisti rinnovatori.

Ambrogio Lorenzetti

Come abbiamo già detto, stupisce la predilezione di Ghiberti per Ambrogio Lorenzetti. È possibile che

questo stia nel fatto che Lorenzetti ha un interesse maggiore nel narrare grandi storie, così come possiamo

notare in Ghiberti nella Porta del Paradiso ad esempio, e perché entrambi hanno avuto interessi nel campo

della trasformazione in tre dimensioni delle due dimensioni dello spazio.

Prima autobiografia di artista

si arriva alla prima autobiografia d’artista, un fatto storico importantissimo,

Dopo la citazione di questi autori

perché assistiamo ad un artista che non solo parla di altri, ma colloca se stesso in una prospettiva di

autoesaltazione. Ghiberti cita totalmente il proemio del libro VI di Vitruvio, nel quale egli parla della

formazione dell’architetto e accentua alcuni elementi legati all’importanza del conoscere.

Sostanzialmente si tratta di una traduzione del testo di Vitruvio

solo e sperduto, ma è cittadino in ogni città che va se quest’ultima lo accoglie e ha

Chi conosce non è mai

un tesoro prezioso che può sempre usare. Bisogna dare più fiducia agli ammaestrati, ovvero coloro che

confidano nel sapere, piuttosto che in coloro che confidano nella ricchezza. Colui che sa può disprezzare

senza paura difronte agli alti e bassi della fortuna, perché possiede un tesoro interiore che lo rende forte.

Una cosa è copiare Vitruvio o Plinio per raccontare la storia degli scrittori o degli artisti antichi, un’altra è

copiarli per raccontare di sé.

Il sapere è importante perché tutte le cose che la fortuna ti dà poi te le può togliere, quindi non bisogna

confidare in quello, ma invece le discipline che uno si conserva dentro di sé sono eterne perché nessuno te

le può strappare. Si tratta proprio di una traduzione letterale parola per parola di un brano di Vitruvio,

lasciandoci anche “gli ateniesi”. Proprio come dice Vitruvio, Ghiberti dice che rende grazia infinita ai suoi

si preoccuparono di ammaestrarlo nell’arte e che essa non

genitori che, secondo la legge degli ateniesi,

può essere provata senza che egli sia esperto in tutte le dottrine e nelle lettere, quindi gli hanno dato

un’educazione globale. Inoltre dice che avendo acquisito queste conoscenze e volendole dimostrare

scopre che non c’è nulla che lui possa volere di più. È molto più chiara la frase in latino che in volgare,

questo perché è strutturata in modo latino. Ghiberti prende Vitruvio e lo fa suo, come se fosse lui che parla.

Ghiberti copia ancora Vitruvio, sempre scrivendo se stesso come studioso e conoscitore della natura,

l’unica accortezza che fa è quella di cambiare “Cesare” in “excellentissimo”.

Lo schema biografico è tipico della tradizione umanistica:

 “l’amore per l’arte ha fatto sì che io diventassi un artista e non il desiderio

Proemio moraleggiante,

di ricchezze”, quindi enfatizzazione della ricchezza vera che è il sapere, copiata e riadattata dal

proemio del libro VI di Vitruvio.

 Discorso sulla discendenza familiare e sulla educazione.

 Descrizioni delle opere che Ghiberti ha realizzato:

- I porta con una breve descrizione

- II porta con una descrizione più accurata.

In questa descrizione delle opere realizzate Ghiberti dà una grande importanza alla vittoria nella gara del

1401 per la decorazione della porta bronzea del battistero di Firenze, sostenendo appunto di aver vinto il

concorso all’unanimità.

Nei suoi Commentarii Ghiberti celebra la vittoria con grande enfasi, per lui la vittoria unanime

("Universalmente mi fu conceduta la gloria sanza alcuna exceptione"). Antonio Manetti invece, nella

biografia di Brunelleschi (ripresa anche dal Vasari), ricorda la grande indecisione dei giudici che finirono

per attribuire la vittoria ex aequo. Fu Brunelleschi poi che si rifiutò di lavorare insieme al Ghiberti per la

troppa differenza di stile ("Filippo non volle mai consentire se l'opera non era tutta sopra di lui".

III commentario

Il terzo commentario parla dei temi che rendono la contemporaneità di Ghiberti migliore, quindi gli studi

sull’ottica, che allora erano di grande interesse. Ghiberti infatti traduce e riprende dei brani tratti da testi di

ottica araba medievali:

 De aspectibus di ALHAZEN (morto nel 1038)

 Perspectiva di Roger BACON

 Perspectiva communis di John PECKHAM

Ciò che rende importante questo commentario sono le riflessioni che Ghiberti fa sulla luce, consapevole

che essa sia un elemento fondamentale per la lettura della scultura. Essa infatti a seconda di come si

illumina può cambiare completamente. Quindi il Ghiberti ci parla di come la potenza della luce possa

influenzare la percezione delle superfici delle sculture; quest’idea è in parte teorica, quindi presa da testi,

ma in parte anche empirica, cioè presa da

esperienze personali e osservazioni che

ha fatto nel corso della sua vita.

L’interesse dell’ottica è il riflesso di quello

che sarà il filo conduttore per tutti gli artisti

del Quattrocento, ovvero degli studi del

periodo sulla prospettiva, ad esempio il

Brunelleschi aveva realizzato una serie di

sperimentazioni, tra cui alcune tavolette

ottiche: esperimento che consisteva nel

fare un buco in una tavola dipinta, porvi

difronte uno specchio e osservare

l’immagine dal foro, che appariva

tridimensionale, il cielo era composto da

un materiale riflettente che rifletteva quello

reale.

La figura dell’artista eroe, cioè dell’artista che diventa sempre più importante per la società, è fondamentale

nella Firenze di quel periodo. Infatti Firenze nel Quattrocento comincia a coltivare sempre di più la

coscienza che già aveva di città municipale ed eccezionale che deve ai suoi uomini illustri più importanti la

fama. Quindi la città è consapevole che deve costruire un mito di se stessa, che viene affidato agli artisti, i

quali vengono esaltati sempre di più. Non è un caso che nella seconda metà del XV secolo venga

realizzata un’epigrafe dedicata a Giotto con un’iscrizione latina realizzata da Poliziano e un’altra nel 1446

a Brunelleschi. Queste epigrafi vengono poste in luoghi pubblici con il ritratto sopra e l’iscrizione

dedicata sotto, quella di Poliziano dedicata a Giotto

diventerà un modello. Questo è il modo in cui

la città di Firenze elogia i propri artisti che

diventano appunto una sorta di eroi culturali

della città, sono loro che hanno reso il volto

della città nuovo.

L’epigrafe di Brunelleschi è stata scolpita da

Andrea Cavalcanti e dice: “Quanto sia stato

eminente Filippo nell'arte di Dedalo è

mostrato dalla meravigliosa cupola di questo

tempio molto famoso, e dalle molte macchine

inventate da lui per divino ingegno. E per le

eccellenti qualità del suo animo e le sue

singolari virtù, il suo corpo ben meritevole è

stato sepolto in questa terra il 15 maggio

per ordine della sua grata madrepatria”.

1446

Quindi è un ricordo funebre che enfatizza la

cupola del Brunelleschi, la quale diventa uno dei simboli di Firenze. Si pensa che Ghiberti difronte a questa

enfatizzazione di Brunelleschi si sia creato il proprio monumento scrivendo la propria autobiografia e che

quindi abbia voluto autoesaltarsi creandosi questo scritto in cui la celebrazione di se stesso è determinata

dalla struttura dei commentari.

Oltre a scrivere Ghiberti mette il suo volto due volte, quindi lo considera fondamentale. La storia

dell’autoritratto e l’intensificazione della presenza degli autoritratti va di pari passo con la coscienza

È allora sintomatico il fatto che il Quattrocento sia il secolo che vede l’affermazione massima

artistica.

dell’autoritratto autonomo e che sia anche il secolo che vede affermarsi la consapevolezza dello stile

individuale, ogni artista decide di avere una propria personalità stilistica che emerge sia nella presenza

dell’autoritratto e sia nella identificazione di uno stile specifico.

Andrea Mantegna (1431-1506)

Uno degli artisti da questo punto di vista

dell’autoconsapevolezza più importanti del periodo è

Andrea Mantegna, il quale costituisce un caso simile a

quello di Ghiberti per certi versi, infatti ha una serie di

elementi nella sua biografia che fanno sì che anche la

sua esperienza artistica sia particolarmente interessante.

Il Mantegna si raffigura in una Imago clipeata, ovvero

un’immagine dentro una parte rotonda, uno scudo, infatti

il suo significato originario romano era legato alla

elevazione sullo scudo ed era di particolare onoranza per

il personaggio ritratto, quasi un primo passo verso il

Accanto all’autoritratto vi è un’iscrizione che dice

trionfo.

“Tu che vedi le sembianze di bronzo di Mantegna, saprai

quindi

che questi è pari, se non superiore, ad Apelle”,

torna ancora il paradigma classico di Apelle come

massimo artista, questa visione pliniana resterà sempre

fino ad epoca più recente. Questo è il ritratto più serio

che il Mantegna si fa.

Andrea Mantegna, Camera degli Sposi

Il Mantegna si autorappresenta anche per scherzo all’interno della

Camera degli Sposi in una grottesca accanto alla targa dove degli

amorini con le ali di farfalla di mille colori dedicando la stanza ai

duchi di Mantova, i quali diventano non più i suoi committenti, ma

persone a cui lui dona, quindi Mantegna si pone allo stesso livello nei

loro confronti.

La targa recita:

“All'illustrissimo Ludovico,

se

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Publisher
A.A. 2018-2019
46 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/04 Museologia e critica artistica e del restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ManekiNeko di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di storia della critica d'arte e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Maffei Sonia.