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Appunti della lezione del docente Bellomo Saverio riguardo al XXIII canto dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri per esame di Introduzione a Dante Pag. 1
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CANTO XXIII

Legenda

soli: senza scorta;

• 4-6: la favola narra del topo, al quale per attraversa il fiume, offre aiuto la rana, che con

• l'intento di farlo annegare, lo induce a legarsi alla sua zampa. Un nibbio vede un topo che

annaspa mentre la rana lo trae al fondo e lo ghermisce portando con sé anche la rana legata

assieme;

25: perifrasi per indicare lo specchio;

• 45: cioè che chiude uno dei lati della bolgia e costituisce l'argine della bolgia successiva;

• ch'è: che i diavoli, “quand'ecco che i diavoli”;

• in etterno: eternità della pena;

• 72: Ad ogni passo, superavano cioè tutti i peccatori dato il loro lento incedere;

• 78: quasi volando;

• stretta: perchè ingombra per la lenta moltitudine di anime;

• a gran villa: perifrasi per Firenze;

• cigolar le lor bilance: metafora per indicare i lamenti dei peccatori che sostengono sulle

• spalle le cappe;

114: “ a ciò pose attenzione”, cioè all'interesse di Dante;

• 115-117: Caifas, sacerdote del Sinedrio che consigliò ai farisei di condannare Cristo;

• mala sementa: allude alla distruzione di Gerusalemme compiuta da Tito e alla dispersione

• degli ebrei;

angeli neri: diavoli;

• un sasso: ponte roccioso;

• la gran cerchia: il più ampio argine, cioè il primo di Malebolge;

• vallon feri: le bolge;

• ruina: detriti del crollo;

• 141: perifrasi per indicare Malacoda, sul motivo dell'uncino;

• a Bologna: perchè bolognese e anche perchè Bologna è la città universitaria per eccellenza.

Commento

Sesta bolgia: ipocriti. Timore di Dante di essere aggredito dai Malebrache. Discesa precipitosa nella

sesta bolgia. Lenta processione degli ipocriti vestiti di cape di piombo dorate all'esterno. I frati

gaudenti Catalano e Loderingo. Caifas, Anna e il Sinedrio che condannò Cristo. Catalano rivela a

Virgilio che non esiste alcun ponte che valica la bolgia.

La sesta bolgia è la parodia di un chiostro in cui gli ipocriti marciano come monaci in una faticosa

processione rallentata da pesanti cape di piombo dorate esternamente: le loro preghiere non sono

che i loro gemiti.

La corrispondenza della pena alla colpa: per contrasto al nobile metallo, che abbaglia e dunque

confonde e inganna, viene prescelto a costituire le cappe, piombo che pesa.

La pena fa sì che i peccatori ripropongano per l'eternità gli atteggiamenti che ebbero in vita, i

cappucci ingigantiti e calati sugli occhi, li costringono a guardare di sotto in su, nella tipica postura

dell'ipocrita; la lentezza nell'incedere, dovuta al peso delle vesti, appare a un'affettazione di decoro e

gravità e i pianti e i gemiti riproducono il piagnucolio di cui si servirono per impietosire il prossimo.

Nella bolgia d'improvviso compra l'immagine di un uomo nudo, crocifisso in terra con 3 picchetti: è

Caifas, condannato assieme al suocero Anna e ai farisei, a parodizzare il martirio di Cristo di cui

sono responsabili. Sopra di loro passa la processione.

Vi sono poi 2 moderni ipocriti rappresentati da due frati: Catalano de' Malvolti guelfo e

Loderingo degli Andalò ghibellino.

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Publisher
A.A. 2017-2018
5 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/13 Filologia della letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nora96_96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia dantesca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Bellomo Saverio.