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Commento
Cerchio settimo, terzo girone: ancora tra i violenti contro la natura. Incontro con un'altra schiera, da
cui si distaccano tre fiorentini: Iacopo Rusticucci, Guido Guerra, e Tegghiaio Aldobrandi.
Appartiene alla stessa categoria di peccatori Guglielmo Borsiere. La cascata del rivo bollente.
Virgilio getta la corda che cinge Dante nel precipizio da cui sale Gerione.
I rappresentati di questa nuova schiera sono tutti laici e tre di loro appartenenti alla classe dirigente
e il quarto, Guglielmo Borsiere, a stretto contatto con essa.
I tre fiorentini che si rivolgono a Dante appartengono alla generazione precedente a quella
dell'Alighieri e sono rappresentanti del ceto dirigente nobile di parte guelfa che partecipò al governo
del “primo popolo” cioè quello dei popolari insediato alla metà del 200 e spazzato via, con la parte
guelfa, nel 1260 dalla parte ghibellina nella battaglia di Montaperti.
Lasciati i tre fiorentini, i poeti raggiungono il ciglio del cerchio che si affaccia su di un burrone al
confine tra la violenza e la frode, ove si svolge il getto della corda: Dante slacciatosi dalla vita una
corda, con la quale voleva catturare la lonza incontrata nella selva, la consegna a Virgilio che la
lancia nel vuoto da cui emerge Gerione, il mostro simbolo della frode.
L'esegesi antica ritiene che la corda indichi la frode che Dante confesserebbe di aver impiegato per
praticare la lussuria e che ora utilizza con funzione di richiamo “omeopatico” per attrarre Gerione.