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CANTO XIII
Legenda:
Cecina e Corneto: Cecina è un fiume e un'omonima località in provincia di Livorno:
• Corneto è l'attuale Tarquinia (VT);
Celeno: predisse ai Troiani che si sarebbero ridotti a mangiare le proprie mense; il poeta
• sottolinea il particolare per dire che tali uccelli sono del malaugurio;
il gran ventre: il ventre è immaginato grande per la voracità;
• secondo girone: all'interno del settimo cerchio;
• orribil sabbione: quello dei bestemmiatori, sodomiti e usurai;
• Allor... colsi: descrive nelle sue fasi il movimento, che così si fa lento e titubante;
• il tronco: il ramo troncato;
• sangue bruno: rosso scuro;
• pur con la mia rima: allude all'episodio di Polidoro;
• inveschiare: “prendere con il vischio”, come si faceva per cacciare gli uccelli;
• ambo... Federigo: quelle dell'assenso e del diniego, segno di una forte influenza
• sull'imperatore Federico II di Svevia. La metafora ricorda San Pietro che ebbe le chiavi del
regno dei cieli;
la meretrice: l'invidia;
• ospizio di Cesare: la Reggia;
• Augusto: nome proprio per il comune “imperatore”;
• di tai membra di spiega: “si libera da tali membra” arboree; la domanda è volta a sapere se le
• anime dei suicidi riprenderanno i loro corpi dopo il giorno del giudizio;
spelta: varietà di farro poco pregiata perchè si sviluppa con facilità: allo stesso modo l'anima
• germoglia in qualunque posto cada;
Viene fuori con un sottile ramoscello e poi si trasforma in pianta selvatica;
• e al dolor fenestra: permettendo al dolore di sfogarsi attraverso le ferite provocate dallo
• strappo delle foglie:
per nostre spoglie: per riavere i nostri corpi, nel giorno del Giudizio;
• Lano: Arcolano di Squarcia Maconi, senese;
• le giostre dal Toppo: alla battaglia della Pieve del Toppo, ove Lano morì;
• 123: per nascondersi, si rannicchiò dentro un cespuglio;
• veltri: “levrieri”;
• ch'uscisser: cioè appena liberati e per questo particolarmente eccitati;
• 138: le parole di questi alberi escono insieme al sangue come un soffio;
• cesto: “ceppo”, cioè quel che rimane della pianta a cui sono stati spezzati i rami;
• I' fui: probabilmente parla il giudice Lotto degli Angli, o forse Rucco de' Mozzi, banchiere;
• l cener... rimase: allude alla distruzione di Firenze attribuita a Totila, ma con molte
• incertezze;
feci della mia casa una forca: cioè mi impiccai a casa mia.
•
Commento
Settimo cerchio, secondo girone: i violenti contro sé stessi e contro i propri beni. Tra i primi,
trasformati in piante, compaiono Pier della Vigna e un ignoto fiorentino; tra i secondi, inseguiti e
sbranati da nere cagne, Arcolano Maconi e Iacopo da Sant'Andrea.
Il secondo girone del settimo cerchio custodisce i violenti contro sé stessi e contro i propri beni. Il
suicidio non solo è un peccato contro natura perchè contrasta con l'istinto di conservazione, ma
arreca anche un danno alla comunità ed è un'offesa a Dio perchè ne rifuta il dono della vita e perchè
nasce dalla disperazione, cioè la mancanza della virtù e della speranza.
Gli scialacquatori sono distinti dai prodighi, in quanto i primi usarono una violenza distruttiva
contro il proprio patrimonio, laddove i secondi mancarono di continenza eccedendo nella liberalità.
Lo spreco delle proprie sostanze è una rovina si sé stessi.
L'invenzione della pena dei suicidi, che sono trasformati in piante, nasce dal rapporto della
specificità della colpa, secondo il quale chi si è privato del proprio corpo umano viene dotato di un
corpo meno nobile come è quello vegetale. Tale privazione continuerà fino al giorno del Giudizio,
perchè i suicidi non riprenderanno i loro corpi resuscitati, ma li appenderanno ai loro rami: il girone
si trasformerà in una macabra selva di impiccati, che rappresenterà il suicidio (il prototipo per
eccellenza del suicidio è Giuda che infatti si impiccò dopo aver tradito Cristo).
La trasformazione dell'essere umano in pianta è motivo classico e ovidiano e già i primi
commentatori ritenevano un allusione al suicidio.
La selva dei suicidi è abitata dalle Arpie, uccelli con il volto femminile, le quali come narra Virgilio
nell'Eneide, alle isole Strofadi aggredirono i Troiani e ne imbrattarono il cibo, costringendoli ad
andarsene. Ma prima una di loro, Celeno, predisse a Enea e ai compagni che si sarebbero ridotti a
mangiare le proprie mense.
Cosa c'entrano le arpie con il suicidio? = Le arpie erano assimilate alle Furie, e una Furia ottenebra
la mente di Amata, moglie di Latino, istigandola al suicidio (Eneide).
Esse si cibano delle foglie degli alberi, provocando dolorose ferite che costituiscono l'unico varco
alla voce dell'anima dannata, che esce mista al sangue.
La mancanza del verde, che è il colore della speranza, nelle piante potrebbe alludere al venir meno
di questa nel suicida, cioè alla disperazione che l'elemento essenziale nel peccato.
La dissipazione dei propri beni è punita con la dissipazione del corpo degli scialacquatori, fatto a
brani da nere cagne, che probabilmente rappresentano i creditori.
Il colore nero potrebbe rinviare alla loro natura diabolica.
L'immagine che tiene la scena è quella della caccia infernale nel quale la preda è l'uomo. Ma c'è un
richiamo al mito di Atteone, trasformato in cervo da Diana e sbranato dai propri cani: in lui si
vedeva un scialacquatore che per nutrire i suoi cani che tanto amava, aveva dilapidato le proprie
sostanze.
Il primo incontro di Dante è modellato sull'episodio dell'Eneide, nel quale Enea si imbatte nel corpo
di Polidoro, figlio di Priamo e ucciso a tradimento e lasciato insepolto sul lido. La sabbia con il
tempo ne ha ricoperto il cadavere e le frecce hanno germogliato. Quando Enea ne strappa alcune,
credendole semplici arbusti, ne fuoriesce sangue e da sottoterra, ode la voce del morto Polidoro che
si lamenta e chiede le dovute onoranze funebri.
Tuttavia gli uomini pianta danteschi presentano alcune differenze: le piante non fanno infatti parte
del corpo, ma sono delle accidentali estensioni e la sua voce non proviene dall'arbusto stesso ma da
sottoterra.
Il personaggio principale è il capuano Pier della Vigna, che fu il segretario di Federico II di Svevia
ma tuttavia fu poi condannato per alto tradimento e subì la pena dell'abbacinazione (accecamento) e
si suicidò sfracellandosi il capo contro il muro (un altra versione afferma che si sia gettato fuori
dalla finestra davanti al corteo dell'imperatore).
Terminata la conversazione con lui, subentrano inseguiti dai cani, due scialacquatori. Il primo è
Lano, probabilmente da identificare con il senese Arcolano di Squarcia Maconi e secondo i
commentatori antichi appartenne alla cosiddetta “brigata spendereccia” della quale si narravano
gesta all'insegna del lusso e dello sperpero e morì durante una battaglia alla Pieve al Toppo
(provincia di Arezzo).
Il secondo scialacquatore è Giacomo (Iacopo) da Sant'Andrea che possedette un ingente patrimonio
che però non gli evitò il fallimento ed era famoso per il suo gesto di lanciare le monete sul Brenta
per passare il tempo o quello di bruciare le case dei suoi contadini per vedere uno spettacolo di
fiamme.
Contesa tra Rucco di Cambio de' Mozzi Lotto degli Agli l'identità del suicida fiorentino che
compare alla fine sotto forma di cespuglio. Il primo fu un ricco banchiere e commerciante e il
secondo fu un giudice.
Nella prima parte del discorso Piero appare come uno spirito dominato dal sentimento dell'amore:
pone in evidenza i suoi sentimento di affetto e fedeltà nei confronti dell'imperatore. Nel linguaggio
vi sono elementi propri della lirica cortese amorosa.
Nella seconda parte del racconto di Pier delle Vigne al tema dell'amore subentra quello dell'onore
collegato al giuramento per confermare la sua fedeltà. Inoltre un altro carattere della personalità del
cancelliere è la magnanimità.
Alla rappresentazione del peccato concorre l'ambiente: i suicidi sono selva essi stessi ed è quindi la
selva che parla e allo stesso tempo costituisce lo sfondo naturale. Il bosco stregato funge da
correlativo oggettivo del peccato: incarna la negatività del gesto autodistruttivo contro l'istinto
naturale di conservazione. Infatti il bosco dei suicidi è privo di frutti, difficilmente penetrabile e
contorto.
L'aspetto macabro del suicidio viene visivamente rappresentato dal sangue bruno che fuoriesce dai
rami al posto della linfa. Inoltre le Arpie nutrendosi delle foglie si configurano come volatili
necrofagi.
Il realismo dantesco è quel procedimento per cui ciò che è frutto di fantasia viene descritto nei
modi e con la stessa precisione di un oggetto che appartiene alla nostra esperienza. (in questo canto
è molto evidente): si pensi all'indugio di Dante e Virgilio di fronte al pruno che ha appena finito di
parlare, dovuto all'impossibilità di riconoscere la fine di un discorso da un essere privo di
espressione e di gestualità o al giuramento dell'albero sulle proprie radici come un uomo avrebbe
fatto sulla propria testa.