Appunti dell'intero corso di Neuropsichiatria dell'età evolutiva
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ESTRATTO DOCUMENTO
-condizioni di crisi idiopatiche o primarie, senza cause organiche, con frequenti basi genetiche; alta frequenza di
familiarità per epilessia. Qui rientrano anche quelle a eziopatogenesi psicologica; prognosi più spesso positiva, le più
frequenti in età evolutiva
Rapporto tra cause di epilessia ed età di insorgenza delle crisi:
-prima infanzia, entro i 3 anni, le più frequenti sono le acquisite, secondarie, legate a traumi da parto, malformazioni etc
condizioni che alterano la struttura cerebrale; prognosi peggiore
-nei bambini più grandi 4-5 fino a ado: forme idiopatiche più spesso, su base genetica con prognosi migliore, spesso
transitori
-età adulta: secondarie, o da tumore, o da trauma, quindi con prognosi peggiore
LA CLINICA DI QUESTE CRISI:
COS’è UNA CONVULSIONE? Contrazione muscolare involontaria, tonica se rimane sostenuta nel tempo oppure
interrotta, cioè clonica se l’aumentato tono muscolare si frappone a un rilassamento del tono stesso, ossia trema, ha
degli “scatti”.
NB: Alcune crisi epilettiche comunque sono NON convulsive, ossia con atonia, rilassamento muscolare. Ricordare.
Le convulsioni non sono solo su base epilettica, non solo dunque dovute a alterazione scarica elettrica cerebrale ma
anche crisi occasionali date da alterazioni termiche o metaboliche (es. ipoglicemia, poco calcio nel sangue, poco
ossigeno, rialzo termico importante etc): crisi convulsive non epilettiche. Nessun alterazione elettrica qui. No epilessia,
solo convulsione.
Capire il tipo di crisi riconduce alla parte del cervello interessata e dunque alla terapia:
-crisi generalizzate: crisi a partenza da ambo gli emisferi, che possono essere convulsionanti o non convulsionanti;
situazioni di assenza, niente coscienza da pochi istanti a pochi minuti senza altri sintomi correlati oppure crisi
miocloniche in cui c’è contrazione delle singole fibre muscolari, quindi non visibili a occhio nudo (es. miocromie
palpebrali) oppure ancora crisi atoniche, con perdita del tono muscolare (es. svenimento). Queste crisi generalizzate
possono partire come generalizzate oppure come crisi focali ma poi espandersi ai territori corticali circostanti e
collegati; solitamente c’è una perdita di coscienza fin dall’inizio della crisi; le più frequenti sono quelle tonico-cloniche,
contrazione-rilassamento alternato della muscolatura di tutta la regione corporea (le più pericolose; spesso anche la
lingua, che a volte ottura le vie respiratorie); se le crisi dura più di qualche minuto manca la ventilazione, pericoloso. Le
pseudo crisi da conversione mimano queste crisi di grande male spesso: la differenza è che nella maggior parte dei casi
non diventano blu.
Le assenze tipiche sono invece chiamate crisi di piccolo male, tipiche dei più piccoli, età scolare (le altre tipiche ado e
età adulta), pochi secondi di durata, spesso non percettibili quindi oppure se associate a lievi miocromie palpebrali;
buona prognosi con terapia farmacologica; no convulsioni ma perdita di coscienza brevissima.
Crisi miocloniche, toniche (contrazione continuata) o atoniche (perdita tono muscolare)
-Crisi parziali o focali: da zona cerebrale precisa, manifestazioni legate a area interessata; spesso il soggetto rimane
cosciente durante la scarica; se la scarica rimane localizzata si parla di c.p semplici, altrimenti si dice complessa (la
scarica si propaga ma limitatamente; non sempre con perdita di coscienza) oppure secondariamente generalizzata (si
irradia anche all’altro emisfero, sempre con perdita di coscienza)
NB: Slide più approfondite ma basta ricordare: cos’è convulsione; quando la definiamo tonica, tonico clonica, crisi non
convulsive e 3 situazioni: assenze, atonia, o mioclonia.
Classificazione internazionale di epilessie e sindromi epilettiche:
-crisi di epilessie parziali: semplici, complesse, secondariamente generalizzate
-crisi di epilessie generalizzate: convulsive o non convulsive
in questa classificazione si tiene uno spazio per le sindromi speciali, condizioni in cui la convulsione è legata a
situazioni specifiche, non propriamente forme epilettiche, eziologia diversa (metabolismo, alterazioni termiche etc)
per predire evoluzione, prognosi:
-quando sono primarie, quando causa genetica, quando esordio (da scolare a ado) con prognosi migliore, quando
elettroencefalogramma tra una crisi e l’altra è positivo: fattori prognostici positivi
-crisi nei primi anni di vita o adulta; cause organiche; no terapia farmacologica ; risonanza e tac mostrano alterazioni,
quindi epilessie secondarie: indicatori di prognosi sfavorevole
Slide con tracciati di crisi epilettica:
-epilessia benigna, focale, con prognosi positiva: attività abb omogenea a livello delle varie aree; lobo destro, crisi
puntiformi, epilessia focale, no tutta struttura cerebrale implicata
-altra: rappresentazione di epilessia generalizzata: tutte interessata da alterazione attività elettrica, continuativa
ogni elettrodo registra attività cerebrale della sua zona; 8 elettrodi
La base dell’alterazione elettrica cerebrale è stata scoperta a posteriori verificando l’effetto dei farmaci antiepilettici: si
è ipotizzato che l’alterazione epilettica fosse legata a una disregolazione dell’attività elettrica dentro e fuori …
Alterazione della carica tra dentro e fuori dalla cellula che però prevede un ritorno poi una volta passato lo stimolo
elettrico; nelle crisi epilettiche non c’è tale ritorno, la membrana rimane polarizzata, non torna alla condizione neutra
quindi i neuroni continuano a scaricare; infatti gli antiepilettici aiutano a mantenere la carica negativa dentro e fuori
dalle cellule, una molecola cioè che ristabilizza la polarità dentro e fuori dalla cellula; l’eccessiva scarica neuronale è
cioè legato a una incapacità delle membrane dei neuroni di mantenere differenza di carica fra dentro e fuori e di
ripolarizzarsi.
Letteratura sempre più consistente in cerca dei disturbi psicopatologici associati all’epilessia. Causa comune a livello
neurologico? Campioni per ora troppo eterogenei. Forse ci sono 2 filoni nella psicopatologia comorbida all’epilessia,
una con una base neurobiologica comune, un’altra invece che pensa al disagio psichico come un disturbo reattivo
all’insorgenza dell’epilessia (fattore stressogeno) – spesso sintomi ansioso-depressivi.
FENOMENI PAROSSISTICI NON EPILETTICI
Concetti base per l’esame. Definizione, diagnosi, classificazione, al massimo sapere quelli di natura psicogena.
Clinicamente mimano l’epilessia ma non sono epilettici (senza meccanismo di scarica alterata dunque). Diagnosi con
stesse procedure per l’epilessia (valutare la manifestazione clinica, il contesto etc ma soprattutto
l’elettroencefalogramma discrimina fra epilessia o non). Questi fenomeni ne mimano solo la manifestazione clinica e si
distinguono in 3 macrocategorie, di cui ci interessa ovviamente la terza:
-manifestazioni nel sonno
-nella veglia
-di natura psicogena (IMPORTANTI): pseudoconvulsioni; episodi psicotici, allucinazioni; attacchi di panico; attacchi
di rabbia (condizioni di crisi pantoclastiche o agitazione psicomotoria non controllabile, difficile però da confondere
davvero con crisi epilettica…)
le allucinazioni nei disturbi psicotici: psicotico o crisi epilettica?
Consultazione diagnositico-terapeutica con il bambino e l’adolescente: motivazione al trattamento e alleanza
terapeutica con il paziente e i genitori
Peculiarità della consultazione in età evolutiva. Winnicott, non esiste bambino senza la madre. Ovvero un bambino è
sempre inserito in un ambiente. Si intende ambiente affettivo-relazionale, quindi soprattutto le relazioni primarie, quel
contenitore che dà significato e permette lo sviluppo psichico del bambino.
3 attori in gioco in questo caso, bambino/adolescente e due genitori, anche quando un genitore è assente.
L’ambiente: consideriamo i genitori con i loro assetti emotivi, il loro mondo intrapsichico; consideriamo inoltre il
mondo interpersonale di ciascun genitore; sono aspetti imprescindibili e intrecciati; fantasie riguardo al proprio figlio
(bambino immaginato e gap con bambino reale); l’esser stato figlio del genitore e l’immagine dei propri genitori e
della relazione (aspettative, idealizzazioni etc).
IL RICONOSCIMENTO DEL RUOLO DELLA RELAZIONE: ci muoviamo in questo caso in ambito psicodinamico.
I contributi di Winnicott son stati fondamentali: l’autore che più ha considerato il mondo reale oltre la realtà
intrapsichica in ambito psicoanalitico.
Tre aspetti centrali da tener presente nella consultazione in età evolutiva.
-sviluppi della teoria psicoanalitica: importanza e riconoscimento dato all’intreccio tra mondo intrapsichico e
interpersonale, visti come entrambi fondamentali per l’individuo
-infant research: contributo recente importante, in merito alla psicologia dello sviluppo ma anche le modalità di entrare
in relazione tra bambino e caregiver: intersoggettività primaria, capacità di essere un soggetto in relazione fin dai primi
momenti.
-cambiamenti sociali: negli ultimi anni studi recenti sottolineano come 1 bambino su 10 abbia una problematica
psicopatologica. Psicopatologia intesa come legata alla relazione primaria e a una relazione idiosincratica.
Consultazione:
FASI DELLA CONSULTAZIONE
• richiesta: modalità; solitamente telefonica: è il genitore che contatta, dunque il primo interlocutore; occasione
preziosa di raccolta di informazioni
• primo colloquio con i genitori: possono anche essere più di uno, sono fondamentali in quanto permettono di
raggiungere determinati obiettivi (vedi dopo)
• colloquio con il bambino/adolescente
• test psicodiagnostici: approfondiscono le informazioni del colloquio; in neuro si usa il Rorschach con gli
adolescenti ed altri
• eventuali colloqui neuropsichiatrici: può essere un’esigenza, dipende dalla valutazione del clinico; passaggio
delicato perché l’introduzione di una nuova figura permette di discriminare, utile in situazioni gravi per
eventuali terapie farmacologiche
• eventuali test di livello: valutazione della dimensione cognitiva
colloquio di restituzione: momento importante in quanto si cerca di trasmettere ai genitori che cosa si è osservato, le
considerazioni della consultazione e un eventuale indicazione terapeutica
FINALITA’ DELLA CONSULTAZIONE DIAGNOSTICA:
conoscere, capire il disagio, raggiungere un orientamento; valutazione clinica e diagnosi psichiatrica; processo sempre
complesso, ancor più in età evolutiva, indicazioni sia dall’adulto che dal bambino
costruzione dell’alleanza terapeutica: utilizzare questo primo momento per costruire un alleanza di lavoro col bambino
e con i genitori
finalità terapeutica: possibilità di fare interventi di chiarificazione e significazione
ALLEANZA DI LAVORO: operatore-paziente-genitori
Marcelli e Bracconier, hanno cercato di delineare varie situazioni:
-assenza di motivazione in tutti e tre i membri o al massimo solo in uno; non è possibile intraprendere un percorso
-due alleati almeno, con motivazione al trattamento, ma un terzo senza; in questo caso è possibile costruire un contesto
di consultazione diagnostica, forse non un progetto di terapia
-motivazione in tutti e tre, possibilità di progettare una consultazione e uno sviluppo terapeutico
1)RICHIESTA PER PRESSIONE ESTERNA:
Es. scuola, tribunale, medico di base… richiesta di consultazione esterna. Che motivi di fondo? Dobbiamo chiederci che
motivazione c’è di fondo, quanto anche i genitori riconoscano un disagio e la necessità di prendersene cura. Sono
situazioni in cui a volte i limiti delle figure genitoriali fanno sì che non sia possibile chiedere direttamente un aiuto
-problematica psicopatologica dei genitori, limiti culturali o fragilità strutturali : LIMITAZIONI INDIVIDUALI dei
genitori
-DIFFICOLTA’ CONCRETE: economiche, ….
2)RESISTENZE ALL’ALLEANZA DA PARTE DI UNO DEI DUE GENITORI
Spesso succede che uno dei due genitori non senta l’esigenza di percorso terapeutico per molte ragioni:
-sentimenti di inadeguatezza che rendono difficile chiedere aiuto di un professionista ritenuto capace, adeguato, gelosia
verso terapeuta
-sentimenti di colpa per delegare ad altri la cura del proprio figlio
-profonda identificazione con la difficoltà del proprio figlio: bisogno interno: può comportare agiti quando la propria
sofferenza diventa insopportabile; può rendere difficile il riconoscimento della problematica e quindi difficoltà nel
raggiungere contesto di valutazione
-rischio per la coppia coniugale
3)RICHIESTA DIRETTA:
si affidano, chiedono aiuto; situazione ottimale per mettere in campo i nostri strumenti per aiutare i genitori ad investire
lo spazio del colloquio come spazio di pensiero su sé e sul figlio.
PERCHé ALLEARSI COI GENITORI?
Difficoltà di tenere a mente sempre tutti gli attori in gioco. Serve alleanza con tutti; necessità di identificarsi con tutti i
soggetti in gioco.
SEPARARE GLI SPAZI: Prevista separazione degli spazi per colloqui di consultazione in età evolutiva. Rappresenta
lo scheletro della finalità del nostro lavoro.
DOPPIO POLO DEL PROCESSO DI SEPARAZIONE-INDIVIDUAZIONE: riedizione vitale di tale fase per lo
sviluppo psichico dell’individuo, che coinvolge sia i genitori sia l’adolescente. Soggetto di separazione individuazione
non è solo il soggetto, ma anche i genitori: doppio polo. Anche loro devono imparare a separarsi e reindividuarsi in un
nuovo ruolo individuale. Substrato della consultazione: delusione narcisistica di perdita di un ruolo, di ammettere il
problema etc, i genitori devono reinvestire o investire diversamente la dimensione individuale e coniugale. I genitori
quindi non sono semplici invianti, anzi sono anch’essi pazienti.
OBIETTIVI DEL RAPPORTO CON GENITORI:
-raccolta anamnesi, fisica e psichica dello sviluppo del bambino; idea dello sviluppo e della relazione con i genitori;
eventi di vita etc
-idea della personalità dei genitori; informazioni dunque sulla relazione col bambino
-immagine del figlio e aspettative in merito; quota narcisistica da indagare
-eventuali anomalie nella comunicazione, stile e modalità comunicative della relazione
-accoglienza di rabbia (spaesamento, non riconoscimento del figlio) e senso di colpa (responsabilità)
-alleanza terapeutica (obiettivo trasversale e costante); anche il genitore deve sentirsi accolto e non giudicato
IMPLICAZIONI: far emergere bisogni e difficoltà sia dei figli che dei genitori. Mirare a pensare insieme e individuare
possibili soluzioni. Il narcisismo del terapeuta è molto sollecitato: il terapeuta non deve dare soluzioni, ma è solo uno
strumento, è il genitore che ha risorse e conoscenze sul figlio: collaborazione, lavorare insieme
GENITORI E TERAPEUTA:
FIDUCIA: trasmettere l’idea di non voler rubare il ruolo di genitori; far decadere timore giudizio su modalità
educative; il clima deve essere di libertà di espressione; far decadere il timore di designazione patologica, idea di non
cercare colpevoli ma solo comprensione e soluzioni; accettazione della frustrazione di non sapere tutto del figlio (prima
adolescenza), i segreti sono vitali; rinuncia al desiderio di conoscere tutto del figlio. Il clinico deve mostrarsi come
strumento: ciò fa cessare la paura. Devono poter emergere i bisogni del genitore ma anche i punti di forza, risorse etc
L’ADOLESCENTE:
“è sia carne che pesce”: contrapposizione tra bisogni di regressione e di età adulta. Due aspetti in conflitto tra di loro,
espongono a grande difficoltà, necessità di poterli sostenere e aiutarli nell’integrazione.
QUALE MOTIVAZIONE?
Riconoscimento e consapevolezza di un disagio
Preoccupazione per il proprio stato psicologico: siamo noi a preoccuparci e non più la mamma e il papà
Capacità di osservarsi e descriversi: spesso si ottiene a fine trattamento
La difficoltà con adolescenti problematici: costruire e mantenere l’alleanza; facciamo parte degli adulti vissuti in
maniera persecutoria: serve saper calibrare la tecnica. Sensibili al non verbale, è importante monitorare questi aspetti
per facilitare l’incontro. La difficoltà è che per gli adolescenti gli adulti sono incoerenti (caduta delle idealizzazioni
infantili, espone ad un lutto dell’adulto infallibile su cui contare; frequenti attacchi al terapeuta; timore di essere
manipolati: si stanno cercando di costruire, di trovare identità, l’incontro con l’altro può apparire minaccioso; dobbiamo
porci come adulti diversi, con obiettivi differenti; lavorare con adolescenti significa stare nel qui e ora, difficilmente si
affrontano aspetti infantili, evitati attivamente o inconsapevolmente. Pur tenendo presente la storia, si sta nel presente.
Incontro transferale: immediatamente l’adolescente sperimenta e porta contenuti affettivi di relazioni passate; la tecnica
dice di non interpretare, serve significare piano piano gli eventi del qui e ora dentro e fuori dalla terapia. Espone a
rischi, richiede cautela ma è anche una grande risorsa, può permettere un incontro riparativo: terapeuta può essere
idealizzato o identificato come adulto diverso dai genitori; aspetto pericoloso per gelosie e svalutazioni è utile
preparare i genitori a certe dinamiche.
ESPERIENZA EMOZIONALE CORRETTIVA: diversa possibilità relazionale. Ci si augura di poter offrire un
nuovo modo di stare insieme, di significare ciò che accade.
Uno degli strumenti più importanti è fornire delle contro-identificazioni: Senise, 1990; provare a identificarsi con
l’adolescente per poi fornirgli una sorta di specchio, di lettura di ciò che sta accadendo; controidentificazione con il
terapeuta identificato con lui : aiuta a legare parti di sé; spesso il genitore rimanda immagini sfocate o distorte: con noi
il paziente deve poter raccontare sia le difficoltà che i propri sogni, passioni e ciò che più lo caratterizza (mondo
interno); aiutare a pensarsi e rimettere in moto la circolazione degli affetti; sviluppare una propria motivazione al
trattamento.
COME VALUTIAMO LA FAMIGLIA?
Strumenti di valutazione da abbinare al colloquio.
LTP: LAUSANNA TRILOGUE PLAY: molto utilizzato in sviluppo, anche in fase prenatale; procedura videoregistrata,
valuta la dimensione intersoggettiva e delle abilità familiari triadiche. Coinvolge anche i fratelli. 4 fasi: un genitore
inizia a giocare o organizzare col bambino, l’altro osserva; poi si cambiano di ruolo; poi tutti i membri interagiscono per
il compito insieme; infine i genitori parlano tra sé. Ciascuna fase permette di osservare aspetti specifici dei pattern
interpersonali. Nella prima fase e nella seconda si può osservare la relazione genitore-figlio e come l’altro riesce a stare
in osservazione non partecipante senza uscire dalla dinamica. Poi possiamo osservare come va la triadicità e infine
ultima fase info sulla dimensione cogenitoriale e autoregolazione dell’adolescente.
Compiti diversi a seconda dell’età del bambino. Fino a 7 anni si gioca col lego. Poi si chiedono compiti diversi, es.
organizzare un compleanno, una gita etc… idea della best performance. Permette di osservare limiti e risorse. Finalità
sia cliniche che di ricerca. Permette di essere integrato alla valutazione clinica psicodinamica pur avendo un
background anche sistemico-relazionale. Tecnica del video feedback: rivedere insieme al genitore ciò che accade. Si
osserva sia la dimensione intrapsichica, che sintomatologica, che relazionale, interazionale.
PRONTUARIO PER IL FUTURO TERAPEUTA:
-importanza di percorso personale, con analisi e formazione
-svolgere frequenti viaggi nella propria adolescenza
-evitare dotte interpretazioni con l’adolescente soprattutto, mette distanza eccessiva non permette identificazione
-aiutare a leggersi senza fornire informazioni precostituite
-utilizzare livelli preconsci, quindi non solo contenuti ma anche aspetti meno cognitivi
-aiutare a sostare nel dubbio e nell’ambivalenza, vale anche per noi terapeuti, l’importanza di non risolvere, non
saturare, restare in una posizione di possibilità
I DISTURBI DELL’ATTACCAMENTO
Come sono nati? Quali le origini in letteratura? Quali le evoluzioni e le ridefinizioni?
E’ una categoria diagnostica, presuppone presenza di psicopatologia (a differenza ovviamente degli stili di
attaccamento, meramente descrittiva, non necessariamente indice di psicopatologia).
TEORIA DELL’ATTACCAMENTO, principi di Bowlby e la Ainsworth: range di comportamenti (ricerca di vicinanza,
esplorazione…) all’interno di una relazione di attaccamento; quest’ultima è osservabile fin dalla primissima infanzia,
tra il neonato e il caregiver. Nella relazione di attaccamento si osservano due poli: il caregiver e il bambino; ci si
riferisce alla disponibilità del CG vs il bambino e alla ricerca di tale conforto e disponibilità da parte del bambino; si
osservano i movimenti degli attori nella relazione. I modelli di attaccamento sono gli stili con cui il bambino manifesta
l’attaccamento. Si guardano le situazioni di separazione e ricongiungimento. I comportamenti messi in atto possono
essere divisi in categorie, ad esempio con la Strange Situation (che presuppone separazione, estraneo,
ricongiungimento).
Il disturbo dell’attaccamento fa parte di una categoria diagnostica, dunque ambito psicopatologico: in presenza di un
DA siamo in una categoria diagnostica che presuppone una sofferenza psicopatologica, diagnosi frequente in
neuropsichiatria infantile, perché è una diagnosi che si fa nella seconda infanzia soprattutto, per poi essere accantonata
nel tempo. Le diagnosi dell’infanzia evolve poi nel tempo verso la remissione o verso il cambiamento della diagnosi.
I DISTURBI DELL’ATTACCAMENTO
Storia e sviluppo del costrutto: la teorizzazione dei modelli di attaccamento precede quella di disturbo.
-Disturbo dell’attaccamento: comparsa 1980 col DSM III. In letteratura vi sono tutta una serie di studi che non
venivano ancora utilizzati per parlare di disturbo dell’attaccamento ma descrivevano una serie di sofferenze simili a
quelle che venivano descritte nei disturbi dell’attaccamento di tipo disinibito. Già la Freud aveva descritto il
comportamento di alcuni bambini, definiti bambini senza famiglia (bambini con grande deprivazione di cure,
istituzionalizzazione). Questi bambini sembravano non mostrare una sorta di protezione nei loro confronti, ponendosi
agli adulti in maniera indifferenziata, quasi non avessero la possibilità di relazionarsi a una figura elettiva
differenziandola da sconosciuti.
Successivamente, studi in letteratura simili su bambini adottati, che anche in questo caso avevano passato i primi mesi
o anni in istituti: comportamento disinibito con gli altri.
Oggi l’interesse sui disturbi dell’attaccamento valuta anche altri campioni, riscontrabili in bambini in affidamento o in
adozione. Oggi sappiamo che vi sono tantissime variabili, con grandi differenze nella popolazione di questi bambini
legate alle primissime relazioni (qualità delle relazioni, periodo deprivazione, inizio, etc. )
Se oggi andassimo a rivedere le prime descrizioni del DSM 3, troveremmo una serie di discrepanze col concetto
odierno di disturbo dell’attaccamento:
-differenze rispetto al tessuto sociale, che influisce sulla prevalenza e sull’incidenza.
-percorso scientifico e di studi rispetto alla categorizzazione di tali disturbi; nel DSM 3 venivano diagnosticati prima
degli 8-9 mesi di vita. Noi sappiamo che coincidono questi mesi con l’angoscia dell’estraneo: dunque se un bambino è
sprovvisto della possibilità di angosciarsi non può mettere in atto comportamenti altrimenti fisiologici (in realtà non è
evolutivamente subentrata ancora una tappa fondamentale!). il DSM 4 infatti invece inizia a introdurre una serie di
criteri diagnostici più accurati per descrivere il DA: sono stati inseriti criteri più precisi, che abbiamo tutt’ora nel 5; la
differenza principale è che nel 4 viene introdotta la distinzione in due sottotipi:
non si parla più solo di da di tipo disinibito, ma viene introdotto il sottotipo inibito (forte ritiro e assenza di ricerca del
CG in momenti di necessità di protezione e conforto).
Importanza dello sguardo materno, sia nella primissima infanzia che poi nelle sue ricadute sull’età adolescenziale e
adulta. La rassicurazione dello sguardo materno è fondamentale per l’esplorazione.
I DISTURBI DELL’ATTACCAMENTO secondo il DSM 5 e ICD 10
Differenza principale nel DSM 5: l’ICD 10 ha mantenuto le due categorie (inibito/disinibito), mentre il DSM 5 parla di
disturbi REATTIVI DELL’ATTACCAMENTO, all’interno dei disturbi legati a stress o traumi; i due sottotipi sono
diventati :
-disturbo reattivo dell’attaccamento (inibito)
-disturbo da impegno/ingaggio sociale disinibito
NB: ci può essere una relazione disfunzionale madre-bambino ma non necessariamente si tratta di un disturbo
dell’attaccamento
-sufficientemente buona: tempo di latenza e dunque frustrazione necessario, educativo; i genitori e le frustrazioni sono
una palestra per la vita
su slide criteri diagnostici per diagnosi D. REATTIVO DELL’ATTACCAMENTO:
-severa inibizione e ritiro emotivo vs caregiver adulto: forte incapacità di relazione col CG, con rara o minima ricerca di
rassicurazione in situazioni stressanti e rara o minima risposta alle rassicurazioni (sono bambini non rassicurabili quasi)
-disturbo sociale ed emotivo persistente con almeno due di questi elementi
minima sensibilità sociale ed emotiva per gli altri (difficoltà severa di poter avere una relazione affettiva, calda con gli
altri)
affetti positivi limitati
frequenti aspetti irritabilità inspiegabile, tristezza o timore, anche in interazioni non minacciose
-cure estremamente insufficienti, ad esempio
abbandono sociale o forte deprivazione in termini di persistente assenza di una base emotiva che rispondesse ai bisogni
di protezione, stimolazione e affetto
cambiamenti ripetuti di CG primari che limitano la possibilità di formare legami stabili (es affidamenti multipli)
crescita in contesti che limitano gravemente la possibilità di formare legami selettivi
-le cure (deficitarie) descritte nel precedente criterio possono essere responsabili del comportamento disturbato descritto
nel primo criterio (possibile concatenazione)
-non devono essere soddisfatti i criteri per il disturbo dello spettro autistico (bambini impossibilitati a soddisfare quei
criteri ma per altre cause)
-il disturbo è evidente prima dei 5 anni
-ha un età di sviluppo di almeno 9 mesi
ICD 10:
mantiene diciture inibito/disinibito chiamandole
DISTURBO REATTIVO DELL’A: quanto detto in merito al sottotipo inibito o ai disturbi reattivi dell’attaccamento del
DSM 5
DISTURBO DISINIBITO DELL’A: socievolezza superficiale e indiscriminata, no selettività verso figure di
attaccamento; corrisponde a quanto detto in merito all’attaccamento disinibito
Sia nel DSM che nell’ICD è fondamentale che tale disturbo persista in diverse situazioni sociali. Es. nido, scuola
materna mostrano relazioni deficitarie con precise caratteristiche, altrimenti il disturbo è nella relazione madre-bambino
(!!!) i progetti terapeutici cambiano!
NB: Un accudimento patologico non comporta necessariamente un disturbo dell’attaccamento: anche in caso di
maltrattamento non necessariamente si sviluppa un D. dell’attaccamento. Differenziare anche se siamo in un disturbo
dell’individuo o della relazione: sia il DSM che l’ICD 10 richiedono che questo disturbo sia evidente in differenti
contesti, ciò significa che non si sviluppa solo nella relazione col CG (disturbo dell’individuo, la diagnosi di da è
caratteristica dell’individuo). L’assunto di base prevede che la diagnosi di disturbo non sia confinato a una determinata
relazione attuale, sebbene possa derivare da una specifica relazione patogena passata.
Com’è possibile che si metta in moto uno stesso tipo di relazione in più contesti? MOI, strutture cognitive che il
bambino internalizza che fanno riferimento a una serie di attese per prevedere il comportamento degli altri e formulare
valutazioni rispetto a sé e agli altri. Ma la questione rimane aperta.
Che relazione fra i disturbi dell’attaccamento e le classificazioni dell’attaccamento?
Teoria dell’A, elaborata da Bowlby per primo parla di predisposizione innata a sviluppare relazioni cosiddette di
attaccamento con le figure genitoriali primarie, che svolgono una funzione di protezione dai pericoli e attribuiscono alla
realtà esterna e interna valore . si formano modelli operativi interni che permettono di interpretare, prevedere,
pianificare. Ci aiutano perché sono tranquillizzanti, impressione di controllo su cosa succederà.
Con la Aisw, teorizza 4 tipi di modelli di attaccamento
-modello sicuro: il più funzionale. Figure protettive capaci di conforto e contenimento. Risposte adeguate di protezione
dopo richieste; separazioni tollerate; esplorazione dell’ambiente su base di accessibilità materna
-modello insicuro-evitante: cg che respinge di fronte alla richiesta di conforto e protezione; difficoltà a poter accedere
al conforto, si impara progressivamente a farne a meno; convinzione che non si troverà disponibilità alle nostre richieste
di aiuto; indifferente apparentemente alle situazioni di separazione/ricongiungimento, la distanza da l’altro è come se
garantisse la massima vicinanza possibile (meno disturbo la mamma, più sono certo di avere una relazione con lei)
-insicuro-ambivalente: comportamenti con elevata ricerca di prossimità accanto a comportamenti di espulsione; hanno
sperimentato rifiuti e in situazioni analoghe accettazione: non hanno sperimentato coerenza e dunque faticano ad
averne, risposte imprevedibili ricevute e rimesse in atto; molto vigili verso le figure di a; rabbia e accondiscendenza
alternate; l’accesso alla figura di a è imprevedibile, né facile né sicuro ma nemmeno impossibile; ambivalenti nei
momenti di separazione/ricongiungimento
-modello disorganizzato disorientato: il più compromesso; non hanno scopo nei loro comportamenti; sono
contraddittori, interrompono bruscamente le loro strategie, quasi ne fossero privi; campioni ad alto rischio, collegati al
maltrattamento infantile; campioni a basso rischio collegati a lutti o traumi non risolti nel genitore. Conflitto
irrisolvibile tra tendenza a rivolgersi al genitore per rassicurazione ed il fatto che è proprio il genitore a far paura:
inibizione, emozioni che travolgono la capacità di organizzare un comportamento coerente.
Quale legame tra disturbi e classificazione dell’attaccamento? Sono aspetti differenti. Un conto è la classificazione dei
disturbi, un altro la descrizione degli attaccamenti. Posso avere un modello di a. disorganizzato senza necessariamente
avere un disturbo dell’attaccamento: non è detto ad esempio che abbia sperimentato un’assenza di cure! È una
differenza QUALITATIVA non quantitativa
PSICHIATRIA PSICODINAMICA: fondamenti teorici e organizzazioni di personalità (Kernberg e co)
Approccio psicodinamico: integrazione dei fondamenti della psicologia dell’io, del sé, delle relazioni oggettuali
(inconscio, storia personale, rappresentazioni oggettuali, distorsione dello sviluppo di alcune strutture psichiche)
Evoluzione del concetto di malattia mentale: origini nella concezione freudiana di conflitto come base della malattia
mentale, frutto di forze inconsce opposte tra loro per obiettivi differenti.
Successivamente: presenza di un deficit, malattia mentale come dimensione di sofferenza basata sulla deficienza o
carenza di determinate strutture psichiche. Anticamera delle basi neuroscientifiche dei deficit psicocomportamentali.
Sofferenza della disregolazione delle relazioni personali: cattiva percezione di sé in relazione agli altri.
Queste le prospettive da integrare rispetto alla definizione di malattia mentale.
Principi fondamentali dell’orientamento psicodinamico: interesse posto al sintomo nel suo riferimento rispetto al
funzionamento intrapsichico dell’individuo; non interessa tanto una descrizione di sintomi e segni ma il senso e i
significati rispetto al funzionamento psichico. Determinismo psichico: nel definire un disturbo clinico l’idea è quella di
comprendere il significato che esso ha, niente è casuale. Importanza delle esperienze passate: dal prototipo relazionale
madre-bambino in poi, tutto l’ambiente è fondamentale. Il temperamento rientra comunque in un modellamento
possibile rispetto all’ambiente. Transfert e controtransfert: riattivazione di organizzazioni interne passate
dell’individuo. La resistenza si riferisce all’opposizione al cambiamento con la finalità di evitare vissuti spiacevoli.
PSICHIATRIA INFANTILE AD ORIENTAMENTO PSICODINAMICO:
-definizione di difese nevrotiche (psico dell’io: Freud S, A: io e difese ; Hartmann, Erikson, Jacobson, Kris… io e
ambiente; Freud, modello topografico, modello tripartito, conflitto tra istanze; mondo interno come conflitto di cui il
sintomo è il risultato della relativa angoscia e della difesa; Anna si muove dalle pulsioni alle difese – quelle nevrotiche;
gli altri si sono occupati delle funzioni dell’io libere da conflitti e pulsioni, quelle di adattamento all’ambiente; Erikson
cerca di fare un parallelismo fra fasi di sviluppo psicosessuale e l’adattamento psicosociale*)
-difese psicotiche (teoria delle relazioni oggettuali)
-organizzazione border
*meccanismi di difesa: risposta automatica individuale, involontaria, tentativo di rispondere a stimolo di stress interno
o esterno; funzionano senza sforzo volontario né consapevolezza tendenzialmente; spesso ognuno si specializza
utilizzando in modo caratteristico sempre le stesse difese. Tendono a svilupparsi lungo un continuum di adattamento-
disadattamento. Alcune classificazioni “orizzontali” considerano il meccanismo di difesa “a comparsa”: i primi più
primitivi, i successivi più maturi; un altro criterio è invece il verticale, ogni difesa di per sé può essere più arcaica
psicotica o più nevrotica.
-RIMOZIONE: modalità con cui si elimina dalla dimensione conscia qualcosa di spiacevole, inaccettato, automatico e
inconscio; (tipico isteria)
-SPOSTAMENTO: (tipico fobia) si sposta sentimenti, impulsi, desideri inaccettabili su altri (base del transfert)
-FORMAZIONE REATTIVA: tenere lontano un desiderio o un impulso inaccettabile adottando un tratto di carattere o
comportamento diametralmente opposto
-ISOLAMENTO DELL’AFFETTO: l’ideazione e l’affetto vengono separati, meccanismi che vanno di pari passo con
l’intellettualizzazione (es. funzionamento isterico o funzionamento post-traumatico)
-ANNULLAMENTO RETROATTIVO: pensiero magico in cui un’azione viene agita per capovolgere o cancellare un
pensiero o un affetto
-SOMATIZZAZIONE: trasferimento e espressione fisica di un sentimento doloroso, nessun elaborazione psichica o
simbolica; il corpo funziona al posto della mente; tipiche dei bambini
-CONVERSIONE: espressione somatica di una dimensione intrapsichica ma in questo caso la rappresentazione è
simbolica, il corpo funziona come la mente
-REPRESSIONE, ALTRUISMO , SUBLIMAZIONE, UMORISMO: alcuni autori li considerano meccanismi di difesa
altamente evoluti
Repressione: bandire consciamente dalla mente pensieri o sentimenti inaccettabili
TEORIA DELLE RELAZIONI OGGETTUALI:
M. Klein: analisi infantile, la teoria dell’oggetto prende il posto della teoria delle pulsioni (ora le pulsioni sono
secondarie alla relazione, la pulsione esiste perché c’è l’oggetto). Continuo processo di introiezione proiezione di
oggetti o relazioni. Difese cardine: introiezione, proiezione, scissione, diniego. Critiche ricevute: eccessiva enfasi a
pulsione di morte, attenzione a fantasia …
Il bambino viene al mondo in una dimensione di autismo primario, no altro da sé, angoscia di annichilimento da cui ci
si difende con negazione e proiezione
-Fase schizoparanoide: oggetto vissuto scisso; angoscia di danneggiamento; scissione, introiezione, proiezioni
-Fase depressiva: il bambino percepisce l’oggetto come intero, l’angoscia principale è il senso di colpa , associata al
desiderio di riparazione.
Il mondo interno (prima luogo di conflitto) ora è contenitore delle relazioni oggettuali e delle rappresentazioni; non
esiste una relazione diretta tra oggetto e rappresentazione dell’oggetto. Il conflitto è fra rappresentazioni. I successori
della Klein hanno controbilanciato l’enfasi sul mondo interno cercando di dare credito alla dimensione ambientale,
reale.
MECCANISMI DI DIFESA PSICOTICI:
-SCISSIONE: processo inconscio che separa attivamente sentimenti e rappresentazioni di sé e degli oggetti
contraddittori
-PROIEZIONE
-IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA
-DINIEGO: disconoscimento diretto di dati sensoriali traumatici, dispercezione della realtà; negazione: preconscia,
recuperabili
PSICOLOGIA DEL SE’
-fondatore: Kohut, anni 70-80
-dimensione delle relazioni interpersonali, reali, che per K manterrebbero stima e coesione di sé
K. parla di bisogni narcisistici primari, teorizzati sulla pratica clinica: sono emersi 3 grosse categorie di bisogni primari,
fisiologici di ognuno, nei primi anni di vita e la risposta a essi permette o meno una futura evoluzione sana
dell’individuo.
-Bisogno di rispecchiamento: approvazione, protezione, riconoscimento, porta al valore di se, al senso di sé coeso
-Di idealizzazione: bisogno di idealizzare la figura di riferimento, se da essa ci si sente protetti; evolve poi in un senso
di coesione e unità del sé
-Di gemellarità: di confondersi con l’atro, desiderio fusionale, desiderio imitativo
Tali bisogni secondo gli psy del sé permangono a vita, anche se evolvono.
Se cure adeguate:
-un sé grandioso diventa sane ambizioni
-l’idealizzazione viene interiorizzata come sicurezza interna, ideali, valori propri
altrimenti: tali bisogni non evolvono, il sé rimane congelato e incline alla frammentazione.
Gli oggetti-sé: ruolo che gli altri hanno vs il sé e i suoi bisogni. Per K sono funzionali al benessere del sé, più che
persone sono funzioni. Maturazione e crescita : oggetti sé maturi o arcaici. La terapia mira a rafforzare l’autostima e la
coesione.
Controversie sulla definizione di sé: slide
Sempre di più gli autori hanno parlato di io e ambiente per definire il sé.
KERNBERG E IL SE’: ORGANIZZAZIONI DI PERSONALITA’
Il sé per K è una dimensione integrata nell’io, che può essere modificato da esperienze relazionali o di vissuti interni; è
dinamico, non fisso. Definisce 3 punti cardine per declinare le diverse organizzazioni di personalità: l’esame di realtà,
legato all’io in relazione all’ambiente; l’integrazione dell’identità e le relazioni oggettuali; le operazioni difensive
(nevrotiche, psicotiche)
NEVROSI
PSICOSI: esame di realtà compromesso, senso di identità frammentato, angoscia, difese disadattive, arcaiche, quindi
psicotiche (scissione, diniego etc…)
BORDERLINE: definizione più recente; al confine fra le altre due; esame di realtà integro (discerne fra dentro e fuori)
però le rappresentazioni sé non sé sono scisse in buone e cattive, non integrate; difese arcaiche; fa diagnosi la scissione
ESAME PSICHICO: quali dimensioni considerare? Vedi slide
Le allucinazioni, soprattutto nel bambino, vanno indagate, difficilmente vengono colte spontaneamente
Linguaggio anche va indagato perché è una cartina tornasole del pensiero. Tutto ciò che lo caratterizza ci parla del
pensiero
-L’ideazione si valuta soprattutto per povertà/ricchezza e per armonia/frammentazione
Contenuti: deliri oppure ossessivi, aggressivi, depressivi….
-Affettività: capire se è alterato in senso U o D o se è stabile o meno
-Comportamento psicomotorio: due polarità grosse: rallentamento o iperattività
-VALUTAZIONE PSICODINAMICA : vedi slide
ESTER BICK: INFANT OBSERVATION
Applicazione nella clinica della prima infanzia dell’infant observation:
nella clinica della prima infanzia una condizione essenziale nel lavoro col bambino piccolo e la famiglia è osservare le
dinamiche del bambino nella relazione con i genitori e con noi. E’ dunque uno strumento formativo (non clinico) e
importantissimo per noi clinici che ci insegna il processo dell’osservazione, che tornerà utile anche nel lavoro con
adolescente e adulto (…) è una modalità di procedura lavorativa da acquisire.
E. Bick, psicoanalista inglese ha fondato questa metodica lavorativa di osservazione: consente, attraverso
l’osservazione, di andare in profondità nella comprensione di un neonato come persona, in varie situazioni di vita
quotidiana, mettendoci in contatto con la sua vasta gamma emozionale, dall’angoscia esistenziale alla felicità di vivere.
Ci aiuta a capire con immediatezza le esperienze precoci dei piccoli. Significa andare a casa di un neonato,
settimanalmente, e osservarlo nel suo ambiente e nelle sue relazioni significative. E’ un osservazione neutrale: stare a
casa, essere ospitati un’ora a settimana in rigoroso silenzio, senza intervenire, dare consigli, partecipare. La nostra
presenza è comunque importante per la neomamma, seppur non attiva. L’osservazione può variare:
generalmente è 0-2 anni: periodo di cambiamenti fondamentali ed enormi
si osserva il neonato, i genitori, l’ambiente e noi stessi: stendiamo un protocollo in cui scriviamo tutto quello che
abbiamo osservato e come ci siamo sentiti. Poi portiamo il protocollo nel gruppo dell’infant observation, condotto da un
esperto, che fa lavorare il gruppo a partire dalla lettura dei protocolli. Supervisione e condivisione del lavoro, lavoro di
gruppo fondamentale, non si può lavorare da soli: abbiamo difese, possiamo essere stanchi, distratti, serve l’apporto di
altre osservazioni. Osserviamo il bambino, ma osservando anche i suoi adulti, compresi noi stessi, entriamo in contatto
con aspetti nostri e dei genitori che sono aspetti nuovi, siamo vergini alla presenza di questo nuovo nato.
Il neonato è un essere attivo, in grado di percepire stimoli compatibili con il livello del loro sviluppo; l’IR utilizza
metodi sperimentali di laboratorio per studiare lo sviluppo del bambino, riportando poi tali risultati nell’ambito della
teoria e prassi psicoanalitica: è tutto integrato, si parla adesso di neuropsicoanalisi. L’IR : Stern (2002) e collaboratori
hanno dimostrato che fin dalla nascita siamo programmati per relazionarci con gli altri (confutando le tesi del
narcisismo primario e le fasi autistiche del neonato……). La psicologia infantile dell’osservazione ha dato molti
contributi clinici:
-attenzione scrupolosa ai minimi dettagli: in ogni ambito: emotività, interazione sociale, sfera cognitiva, motoria, del
linguaggio….
-osservazione del contesto: dimensione sociale ed emotiva del comportamento studiato; attenzione a precisi particolari
del contesto globale che parlano del significato del comportamento di un bambino per lui
-studio della continuità genetica: la struttura dell’individuo: considerare anche aspetti neurobiologici è importante, ogni
aspetto sia dello sviluppo mentale che fisico è un elemento di una sequenza evolutiva sviluppatasi gradatamente
(continuum); comportamento come processi mentali non sui generis, ma con sequenzialità precisa; lo sviluppo è un
andamento non uniforme che può avere anche delle crisi: ad esempio imparare a camminare modifica in modo
essenziale il mondo del bambino ed è l’esito di una serie di graduali acquisizioni; parlare invece è una capacità che
inizia nelle prime settimane di vita (primi suoni come prime forme di comunicazione, pianti forti, versetti….)
E. Bick: a fine gravidanza si concorda con la neomamma un appuntamento di un’ora a settimana, spiegando le
motivazioni (percorso formativo); stiliamo un protocollo; un esempio di protocollo: osservazione puntualissima, a tratti
maniacale e assolutamente neutrale (movimenti del capo, delle mani, respirazione, suzione, descrizione dei passaggi
dalla veglia al sonno e viceversa, commenti della madre etc….); livello di concentrazione altissimo, si scrive dopo
l’osservazione.
Oscillazione fra movimenti di avvicinamento e allontanamento, amore e aggressività, fisiologici.
Osservazione non giudicante, deve stimolare la riflessione nei genitori, che devono imparare a parlare con il loro
bambino e non del loro bambino. Spesso il sintomo origina per mancanza di adeguata comunicazione, i genitori non
capiscono i veri bisogni del neonato. È la costanza del fraintendimento che porta alla problematica.
La consultazione partecipata è invece una valutazione clinica, modalità interattiva, partecipativa, in cui si osserva il
comportamento del bambino nel nostro spazio ambulatoriale. Questo ci permette di vedere le dinamiche in atto e le
problematiche del bambino o della famiglia che determinano un particolare sintomo per il quale siamo stati chiamati. La
famiglia solitamente porta un sintomo; nella consultazione dobbiamo tenere in considerazione tantissime cose:
• lo sviluppo neurobiologico del bambino
• fragilità del bambino
• genitori, la loro storia psichica, il significato di quel bambino preciso (non siamo mai gli stessi genitori con
bambini diversi e in momenti diversi), rapporto con genitori, fratelli
• storia della gravidanza
• storia di coppia QUADRI NEVROTICI
Problematiche ansiose da DSM IV o V e ICD10, declinate in diverse patologie; sono disturbi psichici che non
prevedono una causa organica, interpretati dalla psicoanalisi come difesa da un conflitto a livello di istanze
intrapsichiche del soggetto; sintomo come compromesso fra istanze contrapposte nel raggiungimento degli obiettivi.
-Dal pt di vista psichiatrico, della psichiatria descrittiva: distinte dalle psicosi rispetto ad alcune caratteristiche:
l’eziologia: psicogena nelle nevrosi, spesso organica nelle psicosi; la gravità; il test di realtà (alterato nella psicosi,
adeguato e integro nelle nevrosi); adattamento sociale (sempre compromessa gravemente nelle psicosi, alterato nelle
nevrosi).
-Sintomi e segni nevrotici: ossessioni, comp, fobie, ….
-Oppure come organizzazione di personalità: con difese evolute (nevrotiche), oggetto intero, relazioni oggettuali
interiorizzate intere (+/-) e identità integrata.
!!! Cambia il punto di vista a seconda che l’approccio sia descrittivo-comportamentale o psicopatologico
(funzionamento di personalità, criteri di Kernberg)
Ansia: sintomo base, declinato in varie forme; caratterizza i disturbi nevrotici; uno degli affetti di base, con funzione
primariamente adattiva: mette l’individuo in allerta rispetto a una minaccia o un evento ambientale; al giusto livello
migliora le prestazioni (facilita concentrazione etc) oltre un certo limite diventa patologica, inibisce, congela, paralizza i
processi mentali (DAP e DOC)
Quando parliamo di ansia ci riferiamo molto allo stress e ai circuiti dello stress: avere in mente alcuni elementi di base:
quali aree a livello neurobiologico coinvolte nei circuiti di stress, che regolano la risposta ansiosa?
-AMIGDALA: responsabile dell’espressione della paura condizionata, ossia in risposta a precisi stimoli; area connessa
moltissimo con molte altre aree altrettanto modulate nella regolazione e espressione emozionale; è importante perché da
qui partono i segnali prioritari per l’attivazione dell’asse I–I-S (HPA)
-IPPOCAMPO: inibisce l’azione; sonda i livelli di cortisolo e a seconda di essi (eccessivi o ridotti) regola, inibendolo, il
circuito HPA, diminuendo lo stimolo proposto dall’amigdala su tale asse. Più cortisolo, più recettori occupati
nell’ippocampo, maggiore inibizione dell’asse. Una iperattività dell’amigdala e quindi dell’asse e quindi elevati livelli
di cortisolo, oppure una ipoattività ….. base genetica, immunitaria, ambientale può disequilibrare amigdala e
ippocampo e quindi l’asse HPA e quindi dare elevati livelli di cortisolo.
L’equilibrio fra amigdala e ippocampo corrisponde all’equilibrio nell’asse HPA. Questo asse attraverso una catena di
stimolazioni fa produrre sostanze (corticotropina, ACTH) … il cortisolo agisce nella corteccia prefrontale (correlati
funzionali come il controllo del comportamento, giudizio, problem solving, funzioni esecutive…) nell’ippocampo
(memoria, ideazione, apprendimento) e nell’amigdala (regolazione emotiva e attribuzione di significato all’esperienza e
ai ricordi delle esperienze). Questi si alterano in condizioni di ansia e stress.
Disordini nevrotici secondo ICD e DSM, epidemiologia: prevalenza intorno al 10% negli 0-18
La sintomatologia è diversa da quella in età adulta: somatizzazione vs sintomi isterici (la prima più tipica dell’età
precoce rispetto alla conversione)
Si può trattare sia di comparsa di sintomi anomali oppure permanenza di sintomi fisiologici (come l’ansia di
separazione, fisiologica vs i 3 anni; rituali, fobie, ossessioni, compulsioni più normali nel bambino se moderate ma se
permangono diventano sintomi)
Comorbilità e evoluzione: tanto più il bambino è piccolo più la comorbilità è tipica rispetto alle età successive.
FATTORI DI RISCHIO O PROTEZIONE:
FR: problematiche genetiche o temperamentali (intesi come risultante biologico-ambientale)
FR contestuali: modalità di relazione intrafamiliari improntati all’iperprotezione, messaggi potenti rispetto alla
minacciosità del mondo ma anche aspetti di attaccamento insicuro
FP: competenze personali del soggetto di coping (rispondere e trovare soluzioni a stress e esperienze negative)
riscontrabili su base multifattoriale (genetica, ambientale ..)
ANSIA E ANGOSCIA: STUDIO CLINICO
Differenziarle:
ansia: sentimento penoso vs qualcosa di percepito minaccioso che sta per accadere, vissuto di disagio vs qualcosa di
non rappresentato, spiacevole
angoscia: livello di rappresentazione aumentato , perché comprende una dimensione corporea che facilita la
rappresentazione di tale vissuto
paura: condizione in cui lo stato di disagio ha un definito oggetto
obiettivo: trasformare in paura le dimensioni di ansia e angoscia, che non hanno rappresentazione dell’oggetto fonte di
disagio
CLINICA DELL’ANSIA : importante guardare l’età del bambino
-ETA’ PREVERBALE: tipologia del pianto manifesto; atteggiamenti di ipervigilanza associati a viso immobile;
difficoltà a rilassarsi e adattarsi alla presa dell’adulto, bambini irrequieti; spostamento corporeo di un disagio psichico
-ETA’ PRESCOLARE E SCOLARE: manifestazioni più legati a comportamenti interpretabili e di cui il bambino riesce
a comunicare qualcosa in merito al suo disagio; inquietudine vs futuro, irritabilità, rabbia, rifiuti, capricci, richieste di
vicinanza, rassicurazione…. Possibilità di sovrapporsi di crisi di angoscia acuta, scatenate da fattori esterni o interni
-ANSIA E NEVROSI IN ADOLESCENZA: più simile all’adulto e vicino alle classificazioni ICD DSM; comorbilità
elevata, continuità con l’età precedente (evoluzione classica da ansia sociale in età precoce a DAP, FOBIA scolastica)
SINTOMI NEVROTICI IN ETA’ EVOLUTIVA: diverse età diversa prevalenza e caratteristiche
-3-6 ANNI, PERIODO EDIPICO: comportamenti fobici e rituali
-da scuola primaria fino a 11 anni più o meno: PERIODO LATENZA: inibizione e condotte ossessivo-compulsive
-periodo adolescenziale: condotte ossessivo compulsive e fobiche centrate sul corpo, inibizione intellettiva, relazionale
e fantasmatica; spesso iperattivazione comportamentale per boicottare la dimensione del pensiero
CLASSIFICAZIONE DELLE NEVROSI
Avere un’idea dei quadri maggiori
ICD 10: sindromi nevrotiche; SEZIONE F (disturbi mentali) 40-48 sezione dei disturbi nevrotici F40-48 ;
-SINDROMI FOBICHE (fobia sintomo prevalente) altre sindromi ansiose in cui l’ansia è il sintomo cardine;
-sindromi ossessivo compulsive (ossessioni e/o compulsioni)
-sindromi di adattamento (successive a traumi) vs sindromi di maladattamento (fisiologiche rispetto a eventi stressanti
ma non traumatici)
-sindromi dissociative o da conversione
-sindromi somatoformi (espressione corporea del disagio dove non c’è una dimensione di simbolizzazione del conflitto)
-altre sindromi nevrotiche
questa sezione dell’ICD 10 si riferisce all’età adulta!!!!!! Da mutuare per i bambini in funzione dell’età; esiste una
sezione per l’infanzia ma è insufficiente per poter descrivere e diagnosticare i disturbi in età evolutiva.
DISTURBI D’ANSIA CARATTERISTICI IN ETA’ EVOLUTIVA
-DIST DI PANICO: attacco di panico (paura intensa e immotivata che nel bambino non ha di solito l’andamento
dell’adulto in 10 minuti; tipica ansia anticipatoria con timore dell’attacco e evitamento delle condizioni collegate al
primo evento di panico; se si cronicizza diventa un comportamento cronico di evitamento); sintomi di panico riferibili:
dispnea, sensazione di fiato corto, sbandamento, capogiro, tremori, sudorazione, disfagia nella deglutizione, nausea e
disturbi addominali (!!! Tipici) depersonalizzazione e derealizzazione, vampate di caldo o freddo, dolore toracico,
tachicardia, paura di morire, impazzire, perdere il controllo; l’attacco di panico si tratta solitamente con la psicoterapia
ma spesso anche con terapie farmacologiche soprattutto nei periodi iniziali
-ANSIA DI SEPARAZIONE: uno tra i più frequenti; importante perché in età successive ritorna seppur con forme
diverse; ansia inappropriata vs separazione da casa o da soggetti a cui si è attaccati; esordio prima dei 18 anni, influenza
negativamente le componenti di adattamento, inserimento sociale etc; ,manifestazioni riferite: malessere sia al momento
della separazione (dall’ambiente di vita o da una persona) sia al solo pensarci; persistente ed eccessiva preoccupazione
riguardo ai principali personaggi di attaccamento o che succeda loro qualcosa; come una necessità di rimanere legato
all’ambiente familiare, ai riferimenti; fa diagnosi anche l’iperpreoccupazione rispetto a ciò che può accadere
nell’ambito familiare; rapporto con la scuola; andamento fisiologico: esordio fra 7 e 12 mesi, picco vs 18 mesi (fase
riavvicinamento della Mahler) dovrebbe scemare fra 3 e 5 anni (si può rievocare l’oggetto mamma anche in sua
assenza)
-FOBIA SOCIALE: dimensione fobica legata soprattutto a situazioni in cui il bambino si confronti con estranei,
situazioni non note, non rassicuranti; spesso tali manifestazioni si associano a chiusura, poca attività, inibizione; tenere
sempre presente l’età di sviluppo del bambino; timidezza fattore di rischio; ansia sociale vs fobia sociale: differenza
data da grado di evitamento; conseguenze importanti in termini di compromissione di performance, socializzazione,
integrazione; spesso associata a depressione, abuso di sostanze, evitamento scolastico
-FOBIE SPECIFICHE: simili a quelle dell’adulto; oggetto fobico o condizione fobica vs cui il pensare, l’avvicinarsi
promuove una forte componente di ansia e evitamento attivo
-DPTS: eventi stressanti origine di vissuto molto grave, che ha a che fare con l’integrità fisica, il pericolo di vita,
l’impotenza; paura intensa, orrore; non è solo l’entità dell’evento che comporta la traumaticità dello stesso, ma anche la
tempistica (ad esempio imprevedibilità, velocità non danno la possibilità nemmeno temporale di adattarsi); persistente
rivivere e rievocare l’evento; spesso anche nel gioco; aumentata reattività persistente. Deve esser passato più di un mese
dall’evento o dall’inizio della manifestazione clinica
-DOC: idee ripetitive, intrusive che comportano un’elevazione dei livelli di ansia e che portano a cercare di inibirle
tramite compulsioni; c’è un doc prevalentemente ossessivo, uno prevalentemente compulsivo; spesso nei bambini c’è
una compulsione senza ossessione; ha una elevatissima componente genetica (4 volte di più nei parenti di primo grado)
egodistonia lo differenzia dal delirio; grave compromissione e disagio (un tempo lunghissimo dedicato a rituali); segnali
che possono far venire in mente l’instaurarsi di tale disturbo: molte ore dedicate ai compiti, ai lavaggi, troppa carta
igienica, ossessioni per germi, sporco…. QUADRI PSICOTICI
Psicosi: segni e sintomi psicotici che definiscono quadri clinici ma anche la dimensione di funzionamento psicotico
(organizzazione di personalità, Kernberg)
(Quadri borderline verranno brevemente introdotti solo a livello di organizzazione di personalità)
Le psicosi richiamano condizioni con caratteristiche eziologiche, sintomatologiche, di esame di realtà e adattamento
sociale molto più gravemente compromesse che nei nevrotici; frequente base organica (a differenza delle nevrosi).
Possiamo considerare i quadri psicotici all’insegna della psichiatria descrittiva: deliri, dispercezioni, allucinazioni
fanno diagnosi; rispetto invece all’organizzazione di personalità invece si parla di esame di realtà alterato, meccanismi
difensivi arcaici, identità frammentata e relazioni personali con oggetti parziali, scissi.
Diagnosi di psicosi: percezione della realtà esterna deformata o test di realtà inadeguato (fra dentro e fuori, il proprio
pensiero o percezione è la realtà, non sono ideazioni criticabili); aspetti di personalità frammentati, immagine di se e
affettività variabili fra dimensioni emotive ipertrofiche a coartata, appiattita. La distinzione tra appartenenza ed
estraneità è alterata, sia a livello di confini psichici che fisici. Deliri, allucinazioni, bizzarrie sono segni legati a un
funzionamento psicotico; una modalità comunicativa alterata : è compromessa, cioè anomala, l’intenzionalità
comunicativa; disadattamento sociale; lo psicotico è egosintonico (dunque spesso non chiedono aiuto, mancano di
consapevolezza).
CLASSIFICAZIONE TRADIZIONALE:
-psicosi organiche : origine infettiva, invecchiamento, tossiche ….
-psicosi endogene / funzionali, cioè senza causa biologica; condizioni maniaco-depressive o schizofreniche
-psicosi reattive : un fatto, evento, stress era connesso cronologicamente con l’esordio sintomatologico (da lutto, da
shock….)
CLASSIFICAZIONE ATTUALE (ICD 10, DSM 5)
-sindromi e disturbi psichici di natura organica
-sindrome e disturbi da uso di sostanze psicoattive
-schizofrenia e sindromi deliranti (forme endogene tradizionali)
-sindromi affettive
FRA DSM E ICD10: forte connotazione criteriale del DSM; ICD 10 invece accento sul disturbo e maggiore libertà
nella formulazione diagnostica (più flessibile)
PSICOSI IN ETA’ EVOLUTIVA:
prevalenza 1%, più frequenti nei maschi; età evolutiva sintomatologia atipica: criteri adulti non applicabili su bambini
(es. demenza come sintomo e rarità del delirio in età prepuberale, più uditive che altri tipi); ci sono anche elementi che
assumono carattere psicopatologico a seconda dall’età: es. fantasticherie (se permangono dopo i 5 anni più o meno
senza distinzione fantasia/realtà diventano un sintomo…); presenza di familiarità (genitori, nonni, zii) e quadri
premorbosi
CLASSIFICAZIONE DELLE PSICOSI IN ETA’ EVOLUTIVA
Non esiste; di solito si fa riferimento in base all’età a psicosi precoci (sotto i 5) psicosi della latenza e psicosi
adolescenziali (dopo i 12-13)
PSICOSI PRECOCI
-per alcuni autori l’autismo non è una psicosi; altri fanno rientrare in questo spettro anche lo spettro autistico
DSM 4
_AUTISMO INFANTILE
_AUTISMO ATIPICO
_SINDROME DI ASPERGER
_SINDROME DISINTEGRATIVA DELL’INFANZIA
il DSM 5 modifica la concezione del disturbo autistico: parla di spettro, con alcune caratteristiche di base (difficoltà di
comunicazione, atipie comportamentali e di interesse) concependolo su un continuum da basso a alto funzionamento in
cui elementi che discernono: linguaggio, QI, adattamento sociale.
SINTOMI GENERALI:
-alterazione delle competenze relazionali, comunicative, comportamentali (spesso segnalati già al 1, 2 anno di materna
per mancata integrazione nel gruppo)
-ritiro sociale e isolamento
-crisi d’angoscia, labilità affettiva
-inibizione o iperattività (alterazioni motorie)
-disturbo del linguaggio (sempre presente, a livello di senso comunicativo quanto meno; manca di reciprocità o
comunque è anomala)
-accessi di collera con intolleranza alla frustrazione
-deficit cognitivo molto frequente anche se non sempre presente; alcuni studi di follow up hanno dimostrato che la
chiusura e l’isolamento inevitabilmente comporta il favorire dell’alterazione cognitiva (una sorta di conseguenza
dunque)
PSICOSI DELLA SECONDA INFANZIA
-ritiro e disinteresse o difficoltà di socializzazione più evidente
-condotte psicomotorie: da estrema inibizione, rallentamento a condizioni di iperattivazione, discontrollo …
-alterazioni del linguaggio fino ad assenza del linguaggio (mutismo secondario spesso, sovrainvestimento del
linguaggio….)
-aumenta il disfunzionamento cognitivo (reattivo), involuzione delle competenze
-alterazioni di tipo nevrotico (sintomi barriera): fobie, ossessioni/compulsioni (attenzione, spesso impedirle in questi
bambini promuove lo scompenso!!!)
-manifestazioni di rottura con la realtà (alterazioni formali del pensiero, allucinazioni di solito uditive ….)
PSICOSI ADOLESCENZIALE
-vicina a quella dell’adulto
-deliri, allucinazioni, impoverimento intellettivo
-disadattamento sociale gravemente compromesso
prevalenza variabile (pop generale 1%) ma nella pop clinica fino al 15%, prevalenza sempre maschile; si sottolinea che
in questa età c’è una forte connessione con i compiti evolutivi fase specifici (identità, cambiamento corporeo,
sessualizzazione del corpo, perdita di parti del se e acquisizione nuove parti, investimento narcisistico vs oggettuale…..)
PSICOSI E PROBLEMA DEL CORPO:
quadri psicotici in cui il fulcro sintomatologico ha a che fare con una mancata aderenza al proprio sé soprattutto a
livello corporeo; deliri, bizzarrie comportamentali, disturbi del pensiero che riconducono alla difficoltà di accettare il
cambiamento corporeo; spesso a che fare con la sessualità; angoscia libera…
Aspetto che quadri sintomatologici e il loro significato sono fortemente connessi ai compiti evolutivi di questa fase:
processi identitari, cambiamenti fisici, psichici e relazionali.
...
psicosi e problema dl corpo
nucleo sintomatologico: mancata aderenza al proprio sè soprattutto nell’aspetto corporeo. Difficoltà di accettare il
cambiamento corporeo e aderire a nuova immagine. Spesso collegamento alla sessualità. Aspetto che si associa a
cambiamenti corporei è angoscia libera, non contenibile. Spesso deliri sul proprio corpo. Molti sintomi automutilatori
collegati a questa difficoltà ad accettare ed elaborare trasformazione corporea.
Problema legato a identità
Spesso sindromi deliranti che hanno a che fare con le origini. Deliri di filiazione ad esempio essere figli di extraterrestri.
Connessi alla sessualità (filiazione: essere prodotto della sessualità dei propri genitori).
Equilibrio investimento narcisistico-oggettuale
Ritiro e isolamento preponderante. Rapida caduta rendimento intellettuale. Dimensione che si autoalimenta: più sono
coartati più aumenta ideazione di un certo tipo (delirante).
ESORDIO
Acuto: più facile per diagnosi e prognosi migliore.
Subclinico
Cronico
Evidente che la maggior parte delle volte ci sono delle vicende che hanno ruolo importante nello slatentizzare la
manifestazione. Eventi emotivamente e soggettivamente traumatici.
DECORSO
Crisi psicotica acuta e schizofrenia ad esordio acuto
Ansia non ben definita ma pervasiva, libera. Timore di stare per impazzire, di perdere il controllo. Tutto ciò è
ingravescente.
Maggior parte delle volte quando diventa sindrome psicotica franca sviluppano deliri e allucinazioni. Stato
confusionale.
Ansia è l’unica cosa su cui si puòò lavorare in tempo perchè il resto dei sintomi sono “a caduta rapida”.
Possibile critica molto lucida di quanto successo. Si sente sollevato rispetto a una sorta di incubo in cui si trovava.
Quando prognosi non è buona si riduce fase acuta ma impoverimento cronico del funzionamento del soggetto.
Forme acute migliore prognosi. Spesso anticipate da modificazioni sfera relazionale. Viene riferito movimento di
ricerca di essere qualcosa di diverso rispetto a prima con forte ricerca di gruppi e attività differenti, oppure declino o
peggioramento del funzionamento generale, scolastico, sociale. Sintomatologia psicotica delirante centrata sul corpo e
dimensione sessualizzata del corpo.
Quadri a esordio lento e insidioso
Personaggi strani, con tratti schizoidi e schizotipici. A posteriori si definiscono segni prodromici rispetto alla
sintomatologia franca ma nel mentre sono considerati tratti comportamentali atipici, interessi particolari, ridotti contatti
sociali.
A fronte di questo funzionamento caratteristico da sempre presente nel soggetto si incorre in un peggioramento:
accentuazione di comportamenti bizzarri fino a prima considerati tipici del ragazzo in questione, dimensione scolastica
disinvestita, cali dl rendimento. Condizione che delinea peggioramento su tutte le aree personali, sociali, di interesse e
di performance.
Estrema difficoltà di entrare in contatto con loro per due aspetti:
-egosintonia
-condizione di apatia e anedonia che rende difficile attivarli e agganciarli nelle varie dimensioni della loro realtà
pensiero frammentato e poco coerente: segnale di strutturazione del disturbo.
Forme croniche prevedono prevalenza di sintomatologia negativa. Da una parte rende difficile aggancio dall’altra è
tipica della strutturazione della psicosi.
SOTTOTIPI
• Paranoide: più difficile da agganciare, spesso farmaci (spesso messi nel cibo, imbroglio)
• Disorganizzato (tipico ricovero)
• Catatonico
• Indifferenziato (più sintomi presenti)
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Depressione maggiore con sintomi psicotici
Disturbo schizofreniforme
..
sindrome da discontrollo degli impulsi (può mimare alterazioni psicotiche)
allucinazioni da differenziare con epilessia (molto importante)
DA VALUTARE
-Precedenti anamnestici: se adolescente è stato bambino con sintomi di patologie limite e funzionamenti schizoidi,
presenza psicosi nel gentilizio, nascite premature con basso peso alla nascita
-La clinica: esordio (adolescenza maggior parte dei casi forma acuta). Funzionamento schizotipico ha a che fare con
forme progressive o subacute. Forme croniche difficili da conoscere e bizzarria del comportamento come allarme.
Elemento comune: angoscia libera, pervasiva portata dal soggetto come qualcosa di estremamente preoccupante (ho
paura di diventare pazzo--> indicativo di processo di frammentazione). Labilità emotiva, aggressività e oppositività.
Isolamento e fantasticherie spesso definite dai genitori come sempre presenti fin da infanzia, qualcosa che non si è
fisiologicamente ritirato verso i 5 anni con subentro esame di realtà. Tutti questi segnali quando li troviamo insieme ci
fanno preoccupare, non se si manifestano singolarmente.
-Il funzionamento mentale: aspetti legati all’io soprattutto in termini di debolezza. Caratteristiche di un io fragile, poco
consistente. Modalità di comportamento, pensiero e azione stereotipate. Difese arcaiche utilizzate in modo pervasivo.
Vissuti di vergogna, abbandono, paranoia più che colpa (colpa tipica posizione depressiva adolescenziale). Forte
fragilità narcisistica.Ansia che diventa angoscia libera è una delle connotazioni principali della psicosi in adolescenza.
-Trattamento: utilizzo farmaci, neurolettici e antipsicotici.
Prima fase: intervento che mira all’Io. QUADRI BORDERLINE
Origine del termine: 2 vie d’approccio che poi hanno formato un solo termine:
-definizione più antica, psichiatrica, tentativo di individuare segni e sintomi, segnali prodromici di schizofrenia;
semeiologia che inquadra sindrome (alterazione relazionale, comorbilità depressiva, tendenza all’agito, tendenza all’uso
di sostanze, all’autolesionismo, passaggi all’atto autoconservativi -tentati suicidi)
-ispirazione psicoanalitica: relazione transferale paziente terapeuta, individuazione di una distorsione in essa (Kernberg,
identità, esame di realtà, relazioni oggettuali e difese)
questa duplice visione è sempre da avere a mente, con le relative distinzioni dei sintomi che richiamano. Valutazione
psicodinamica e non solo diagnosi categoriale dsm.
Funzionamento borderline: sottende gran parte di psicosi et al;
Mahler: da autismo primario a condizione di fase di sperimentazione (1 anno, deambulazione indipendente,
esplorazione) 18-20 mesi ritorno alla base e ansia di separazione, periodo di riavvicinamento: va scemando nei mesi
successivi (dal 2 al 3 anno) fino alla costanza oggettuale e all’oggetto intero (3-4 anni) decresce angoscia di
separazione.
Gli autori che hanno studiato tale funzionamento hanno pensato che questi pazienti si fissino alla sottofase del
riavvicinamento, periodo in cui si teme di essere abbandonati, vissuti di ansia da separazione, incapacità di concepire la
madre come unitaria e di rappresentarla in sua assenza. Mancato passaggio alla costanza oggettuale.
Kernberg si è occupato molto di questo funzionamento: elevati livelli di aggressività e problemi comportamentali e
temperamentali, impossibilità dunque di tenere insieme le parti buone e cattive di sé e dell’oggetto: scissione e
proiezione e introiezione per mantenere in sé le parti buone e proiettare le cattive, pensando di avere controllo ma poi
sentendosi però perseguitato e minacciato dalle cattive. Ridotta capacità di integrazione: mondo interno con oggetti
parziali, oggetti contraddittori di sé e degli altri scissi e separati.
Altri autori: non tanto focus su costituzione ma su ambiente: madri disfunzionali, spesso border esse stesse, che
passano un potente messaggio nel primo sviluppo del bambino: o rimanere dipendenti ( e degni di amore) o andare
verso la separazione pena la perdita dell’amore. Vissuti depressivi ogni qualvolta si attiva verso l’autonomia. Secondo
questi autori, associati all’introietto materno gratificante vi sono rappresentazioni di sé altrettanto gratificanti, associati
alla proiezione m. non g, rappresentazioni di sé cattive e non gratificanti. Borderline come popolati di oggetti parziali
divisi in positivi o negativi sia rispetto a sé che agli altri (per evitare la dimensione del conflitto difficile da sostenere).
Accento su una aggressività costituzionale accentuata (K) accento su caratteristiche ambientali (al) e Adler infine:
modello del deficit: deficit cognitivo per cui non riescono a interiorizzare una rappresentazione dell’oggetto materno
come unitario, rassicurante, etc. i bambini border vivrebbero una continua deprivazione affettiva, non avendo una
rappresentazione materna completa e sufficientemente buona e adeguata e quindi nemmeno una visione di sé buona e
adeguata.
Scissione che mantiene attivamente separate parti di sé e dell’oggetto.
Varie critiche a queste posizioni:
-eccessiva importanza alla costituzionalità del bambino (aggressività) di K
-eccessiva importanza all’ambiente degli altri autori
-appoggiare un disturbo così articolato unicamente su un deficit cognitivo (Adler)
ASSETTI DIFENSIVI
-idealizzazione e svalutazione: la prima mantiene la scissione stessa, dipendenza da oggetto idealizzato ma in caso di
frustrazione movimento di svalutazione. Difficoltà di non scivolare nel funzionamento di scissione del paziente. O sei
da salvare o sei da condannare. Quando l’oggetto è frustrante scatta il timore dell’abbandono, della svalorizzazione di
sé proiettata, …livello controtransferale: assenza di continuità anche a questo livello, o totalmente positivo o negativo,
intervento terapeutico verso l’integrazione di rappresentazioni contraddittorie di sé e del mondo.
Onnipotenza: li fa sentire al riparo
Negazione degli aspetti contrastanti che attiva e sostiene la scissione e l’identificazione proiettiva.
-Dimensione della scissione nel percepire sé e l’ambiente, a cui corrisponde un’identità diffusa, non unitaria, come
anche l’altro. Diffusione di identità rilevabile da cronica sensazione di vuoto (non tristezza) percezioni multiformi di sé
che danno angoscia, atteggiamenti contraddittori non integrabili e spesso non consapevolizzati; dicono tutto e il
contrario di tutto senza rendersene conto; percezione e relazione con l’oggetto altrettanto scissa negli aspetti
contraddittori.
Io es e superio: io fragile, es impetuoso, super-io tirannico (dimensioni depressive specifiche)
intolleranza all’ansia, al conflitto, alla frustrazione, difficoltà a controllare gli impulsi, a prevedere le conseguenze;
difese arcaiche
eziopatogenesi: teoria del trauma: da un pt di vista epidemiologico è importante; storie di abuso o trauma sessuale/
fisico nei primi anni; o trauma importante, o spesso storie di microtraumi ripetuti nei primi periodi di vita
NB: non confondere funzionamento o organizzazione o struttura con DISTURBO DI PERSONALITA’
-disturbo di personalità: entità nosografica
DSM e ICD 10:
-DSM: modalità duratura di esperienza interna o comportamentale che si discosta notevolmente da aspettative della
cultura di appartenenza, disagio considerevole, pervasivo, stabile
-ICD: grave disturbo del carattere e delle tendenze del comportamento dell’individuo che deve coinvolgere diverse aree,
che deve esplicarsi in un disfunzionamento soprattutto relazionale e personale; diagnosi anche prima dei 18 (no DSM),
disadattamento sociale, cronicità
DIFFERENZE: la prima è più serrata nei criteri
PRINCIPALI DIMENSIONI CLINICHE E DIFFERENZE NEL DSM E ICD
-schizotipico: previsto da entrambe, dimensione clinica caratterizzata da disagio nelle relazioni, distorsioni e bizzarrie
di pensiero e concezione del mondo, peculiarità comportamentali. ICD 10 lo classifica come un disturbo psicotico, dà
una connotazione molto grave
-schizoide: entrambe; demotivazione e disinteresse apparente vs ambito relazionale, restrizione campo relazionale,
affettivo, empatico; no differenze di rilievo
-paranoide di personalità: no differenze di rilievo; diffidenza e sospettosità, ambiente minaccioso, atteggiamenti di
interpretazione negativa della realtà
-antisociale: no differenze rilevanti a parte il nome; mancanza di rispetto e violazione dei diritti altrui; nel DSM serve
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