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MODALITA’ DI RIFIUTO DEL CIBO

ANORESSIA DA INERZIA: bambino sazio subito, comincia a metà pranzo rifiuta il cibo senza crisi né segni di

agitazione; ad esempio durante l’allattamento tiene in bocca il latte o lo butta fuori

ANORESSIA DA OPPOSIZIONE: ostilità nei confronti del cibo, bambino sereno nelle altre aree di funzionamento

EPIDEMIOLOGIA

Poche ricerche disponibili (al contrario dell’ A. con esordio adolescenziale), non risulta chiaramente identificata la

prevalenza dei casi di anoressia nella popolazione infantile; sia per il differente coinvolgimento delle persone che

riportano i dati sia perché per ottenere stime più attendibili della diffusione, sarebbe necessario distinguere tra disturbi

transitori, dalla presenza di una vera e propria patologia. Manca la cultura nel mondo pediatrico rispetto a questo

disturbo.

Comunque si stima che nei primi 3 anni possa riguardare circa il 25% dei bambini con normale sviluppo psicofisico a

parità di sesso (in generale i disturbi alimentari, non solo anoressia)

FORME CLINICHE DI DISTURBO ALIMENTARE

-RUMINAZIONE: ripetuto rigurgito e rimasticazione del cibo senza che sia dovuto a una condizione gastro intestinale

o ad un'altra condizione medica generale. Se non è presente ritardo mentale grave, è indice di significativo disagio

emotivo; prime descrizioni risalgono a anni 30, bambini in orfanotrofi, anche con ritardo mentale; adesso è più

frequente come osservazione e non necessariamente legata al ritardo mentale. Hp: ritorno dell’oggetto, aspetto

depressivo-melanconico; dopo il contatto con l’oggetto questo è stato perduto, quindi il ritorno del latte (e quindi del

contatto con la madre perduta) fa risperimentare al bambino qualcosa che non c’è più

-PICA: tendenza a mangiare sostanze non commestibili; comune nel primo anno di vita, comportamento di

esplorazione dell’ambiente; se compare in età successive si parla di pica, si vede spesso nei casi di grave ritardo o nei

DPS; se presente in assenza di queste problematiche indica grave disagio emotivo.

EPILESSIA IN ETA’ EVOLUTIVA

Ordine neurologico a livello di eziologia; ma ponte con diagnosi psichiatriche a livello di diagnosi differenziale (vedi

sindromi da conversione e altri disturbi che clinicamente mimano l’epilessia); fra le patologie più diffuse in età

evolutiva (sotto i 18 anni), tanto da essere considerata una problematica di sanità sociale. Range vario di forme di

epilessia:

-base idiopatica, prognosi migliore

-base organica o di tipo secondario, a volte prognosi molto negative, farmacoresistenza importante, spesso intervento di

microchirurgia mirata alla sede cerebrale dove è stato individuato il focus della epilessia

Interessa l’1% della popolazione generale, molto maggiore per i minori 18. Il 75% prima dei 20 anni, 1/3 sotto i 5, per

questo disturbo tipicamente pediatrico.

Patologia cronica, ad eziologia variabile, che si caratterizza per la presenza di crisi convulsive o non; classicamente si

associa alla crisi convulsiva (convulsioni tonico cloniche) ma altre sono atoniche, senza cioè contrazione muscolari,

scosse, tremori etc

Cosa sottende a livello neuronale questa sintomatologia clinica? Abnorme scarica elettrica a livello della corteccia

neuronale. I neuroni che solitamente prevedono il passaggio dello stimolo elettrico attraverso la membrana cellulare e

l’assone e una ripolarizzazione della membrana, nel caso di epilessia continuano a scaricare in una data sede cerebrale.

A livello clinico si manifesta come l’espressione di quella funzione: es corteccia motoria scarica sintomo epilettico sarà

movimento continuo ritmico involontario a un qualche livello, oppure livello di aree sensoriali dà crisi epilettica in

forma ad es di allucinazioni visive etc… solitamente non hanno una causa specifica puntuale che scatena la partenza

dell’eccessiva scarica, ma si è individuato dei fattori precipitanti (favorenti, attivanti) in soggetti predisposti:

-cambiamenti di luce : passaggio buio-luce o cambiamenti di luminosità

-stanchezza e mancanza di sonno, periodi non regolari a livello di sonno-veglia…

E’ fondamentale inquadrare la crisi: origine primaria o secondaria? Scarica puntiforme a livello di corteccia

(sintomatologia puntiforme, es arti inferiori) oppure si propaga ed influenza le aree circostanti (es. tutti i distretti

corporei implicate)? Crisi focali o crisi secondariamente generalizzate dunque (nelle prime di solito rimane cosciente,

nelle seconde no…)?

E’ importante registrare la crisi con l’elettroencefalogramma perché inquadrare la crisi differenzia l’intervento da

mettere in atto.

Per la diagnosi di epilessia:

-anamnesi e esame neurologico e psichico (come si verifica?quando? sempre nello stesso momento? Da solo? In

compagnia? Con danni secondari o no? C’è perdita di coscienza o no? Etc etc) ci orienta anche nella diagnosi

differenziale (es. nelle crisi da conversione sempre in pubblico e non si fa mai male….)

-serve una conferma encefalografica; ci sono alterazioni tipiche delle onde cerebrali patognomoniche di crisi epilettica.

Elettroencefaloframma può essere o meno alterato dopo una crisi epilettica, perché deve essere alterato nel momento in

cui clinicamente la crisi si manifesta, dopo non necessariamente. Ci sono oltretutto alcuni elettroencefalogrammi alterati

non indicativi di una patologia epilettica. Unico vero indicatore è quello durante una crisi.

Tac e risonanza magnetica per vedere se eventualmente è secondaria a una alterazione cerebrale (es infiammazione

membrane cerebrali etc..); si ricerca la causa a livello di struttura cerebrale.

Imaging cerebrali e altre indagini sul metabolismo cerebrali.

Importante distinguere tra malattia epilettica (patologia specifica, con eziologia definita, alterazione a livello di

conduzione degli impulsi elettrici cerebrali, produzione di crisi; ci può essere un controllo delle crisi con terapia

farmacologica) invece l’encefalopatia epilettica è una condizione più complessa in cui le crisi epilettiche sono anche la

causa dell’encefalopatia stessa: progressivo deterioramento delle funzioni cerebrali dovute alle crisi stesse (solitamente

degenera nel tempo e in cui le crisi epilettiche non sono mai completamente governate ma permangono; forme

farmacoresistenti solitamente). Inoltre è importante distinguere per quanto riguarda l’eziopatogenesi:

-condizioni in cui le crisi sono sintomatiche o secondarie, ossia sintomo di una alterazione organica a livello cerebrale

(tumori, traumi, infezioni alle meningi, traumi da parto, quindi alterazioni del tessuto cerebrale che fa una eccessiva

scarica elettrica); forme che con causa organica con almeno 50% dei casi con prognosi sfavorevole, ossia serve se va

bene una politerapia (con effetti collaterali pesanti soprattutto a livello neuropsicologico) se va male le crisi non sono

controllate (con problemi di adattamento o inserimento sociale).

-condizioni di crisi idiopatiche o primarie, senza cause organiche, con frequenti basi genetiche; alta frequenza di

familiarità per epilessia. Qui rientrano anche quelle a eziopatogenesi psicologica; prognosi più spesso positiva, le più

frequenti in età evolutiva

Rapporto tra cause di epilessia ed età di insorgenza delle crisi:

-prima infanzia, entro i 3 anni, le più frequenti sono le acquisite, secondarie, legate a traumi da parto, malformazioni etc

condizioni che alterano la struttura cerebrale; prognosi peggiore

-nei bambini più grandi 4-5 fino a ado: forme idiopatiche più spesso, su base genetica con prognosi migliore, spesso

transitori

-età adulta: secondarie, o da tumore, o da trauma, quindi con prognosi peggiore

LA CLINICA DI QUESTE CRISI:

COS’è UNA CONVULSIONE? Contrazione muscolare involontaria, tonica se rimane sostenuta nel tempo oppure

interrotta, cioè clonica se l’aumentato tono muscolare si frappone a un rilassamento del tono stesso, ossia trema, ha

degli “scatti”.

NB: Alcune crisi epilettiche comunque sono NON convulsive, ossia con atonia, rilassamento muscolare. Ricordare.

Le convulsioni non sono solo su base epilettica, non solo dunque dovute a alterazione scarica elettrica cerebrale ma

anche crisi occasionali date da alterazioni termiche o metaboliche (es. ipoglicemia, poco calcio nel sangue, poco

ossigeno, rialzo termico importante etc): crisi convulsive non epilettiche. Nessun alterazione elettrica qui. No epilessia,

solo convulsione.

Capire il tipo di crisi riconduce alla parte del cervello interessata e dunque alla terapia:

-crisi generalizzate: crisi a partenza da ambo gli emisferi, che possono essere convulsionanti o non convulsionanti;

situazioni di assenza, niente coscienza da pochi istanti a pochi minuti senza altri sintomi correlati oppure crisi

miocloniche in cui c’è contrazione delle singole fibre muscolari, quindi non visibili a occhio nudo (es. miocromie

palpebrali) oppure ancora crisi atoniche, con perdita del tono muscolare (es. svenimento). Queste crisi generalizzate

possono partire come generalizzate oppure come crisi focali ma poi espandersi ai territori corticali circostanti e

collegati; solitamente c’è una perdita di coscienza fin dall’inizio della crisi; le più frequenti sono quelle tonico-cloniche,

contrazione-rilassamento alternato della muscolatura di tutta la regione corporea (le più pericolose; spesso anche la

lingua, che a volte ottura le vie respiratorie); se le crisi dura più di qualche minuto manca la ventilazione, pericoloso. Le

pseudo crisi da conversione mimano queste crisi di grande male spesso: la differenza è che nella maggior parte dei casi

non diventano blu.

Le assenze tipiche sono invece chiamate crisi di piccolo male, tipiche dei più piccoli, età scolare (le altre tipiche ado e

età adulta), pochi secondi di durata, spesso non percettibili quindi oppure se associate a lievi miocromie palpebrali;

buona prognosi con terapia farmacologica; no convulsioni ma perdita di coscienza brevissima.

Crisi miocloniche, toniche (contrazione continuata) o atoniche (perdita tono muscolare)

-Crisi parziali o focali: da zona cerebrale precisa, manifestazioni legate a area interessata; spesso il soggetto rimane

cosciente durante la scarica; se la scarica rimane localizzata si parla di c.p semplici, altrimenti si dice complessa (la

scarica si propaga ma limitatamente; non sempre con perdita di coscienza) oppure secondariamente generalizzata (si

irradia anche all’altro emisfero, sempre con perdita di coscienza)

NB: Slide più approfondite ma basta ricordare: cos’è convulsione; quando la definiamo tonica, tonico clonica, crisi non

convulsive e 3 situazioni: assenze, atonia, o mioclonia.

Classificazione internazionale di epilessie e sindromi epilettiche:

-crisi di epilessie parziali: semplici, complesse, secondariamente generalizzate

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
39 pagine
SSD Scienze mediche MED/39 Neuropsichiatria infantile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher guianerli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Neuropsichiatria dell'età evolutiva e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Gatta Michela.