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TU+LUI/LORO.
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Esso offre rispetto al tu alcuni vantaggi:
Essendo un collettivo, il lettore empirico ha una maggiore libertà nel
sentirsi chiamato in causa, di riconoscersi o meno. A seconda dei
casi, può sentirsi un interlocutore diretto o esterno alla comunicazione;
Possibilità di poter trattare il singolo come un insieme, di proiettare sui
singoli componenti le proprietà del gruppo.
Resta inteso che, poiché il VOI include un TU, anche la comunicazione alla
seconda alla seconda persona plurale è una comunicazione che mima la
comunicazione face-to face. Non è detto però, che questa sia sempre la
scelta migliore: quella di accorciare le distanze non è da considerare una scelta
di default.
you cannot return the merchandise until you receive written approval
Meglio: customer may return merchandise with written approval
Oppure:
Il contenuto informativo è lo stesso, ma le due frasi sono formulate in modo
diverso. Che differenza c’è?
La prima essendo molto diretta, assume un tono piuttosto minaccioso e
potrebbe mettere il lettore in una situazione di disagio. Questo effetto è dato
can.
anche dalla presenza del verbo modale La seconda frase è più vaga e
lascia al lettore la libertà di sentirsi coinvolto o meno.
Non è sempre necessariamente detto che l’uso della seconda persona sia la
scelta migliore. Occorrerà valutare di volta in volta mettendosi dalla parte del
cliente.
Alcune volte, è preferibile introdurre l’immagine del nostro interlocutore
in modo mediato attraverso l’uso della TERZA PERSONA. Essa rientra tra
i ruoli discorsivi e ha delle proprietà: la terza persona è l’assente, colui che
rimane esterno alla relazione discorsiva. Rimanendo esterno, non può
prendere la parola, dunque non avrà un ruolo attivo e non potrà mai dire io.
Questo significa che non potrà affermare la propria soggettività, la
propria identità.
Che la terza persona abbia queste caratteristiche ce lo dimostrano alcuni usi
linguistici. Spesso, gli adulti, quando parlano con i bambini piccoli che non sono
‘’vuole la pappa questo bel
in grado di parlare, gli parlano in terza persona. Es:
bambino?’’ Questo perché il bambino non può rispondere e non può prendere
parte alla conversazione. Quindi istintivamente lo si mette nel ruolo di colui che
non prende parte alla comunicazione. Allo stesso modo, quando non si vuole
parlare direttamente a una persona che comunque è presente, introdurre
l’immagine dell’interlocutore in terza persona è una mossa per manifestare il
fatto che non si vuole avere un dialogo e si tratta l’interlocutore come se fosse
assente. La terza persona rimane ai margini. Questi ruoli discorsivi prevedono
determinate possibilità per l’ente a cui vengono applicati.
Trenitalia, una pagina che pubblicizzava alcuni servizi. L’unica parte in cui si
parla in terza persona è quella che parla dei servizi per disabili. Il resto è
tutto in seconda persona singolare – e non è un caso.
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Anche tra la seconda persona e la terza è possibile effettuare degli SWITCH
che si riferiscono all’immagine proiettata dell’interlocutore.
Tutti i buongustai amano i sapori autentici, perciò ti piacerà la Pizza XY.
storytelling
Utilizzando bene gli switch è anche possibile creare uno .
Nonostante ci sia la possibilità di dare del LEI, non è una cosa molto comune
nella comunicazione mediale. Accade però soprattutto per i brand di lusso i
quali sentono la necessità di porre una certa distanza tra il messaggio e il
cliente. Il problema è che in realtà questa comunicazione risulta innaturale e
quindi abbastanza difficile da gestire (es: errore di traduzione dal francese di
Hermes).
Lo switch è qualcosa che ci viene naturale, ma proprio per questo dobbiamo
cercare di controllarlo.
La strategia enunciativa può essere utilizzata come strumento
persuasivo. Le espressioni valutative possono orientare le interpretazioni
all’interno di un testo che si presenta come oggettivo.
I risultati di una serie di ricerche in ambito di marketing commerciale si sono
occupati di valutare scientificamente gli effetti percepiti delle variazioni
linguistiche, con particolare riferimento alle variazioni del tono di voce e dei
pronomi.
I consumatori, nell’esprimere un giudizio sull’ente che comunica circa la sua
comunicazione e l’affidabilità, sono influenzati dalla percezioni •
A seconda dell’immagine di relazione di vicinanza che il consumatore ha con
l’ente che gli propone questa comunicazione, esso si attenderà un certo stile
comunicativo. Più la sua conoscenza del brand è astratta, più esso si aspetterà
uno stile informale – e viceversa. Questo è collegato al fenomeno
dell’antropomorfismo del brand – ovvero i consumatori si relazionano con i
brand nello stesso modo in cui si relazionano con le altre persone. Questo
meccanismo quindi, crea delle attese sui comportamenti nei consumatori. La
valutazione della coerenza, influenza il giudizio e la disponibilità,
l’atteggiamento nei confronti del brand stesso.
le persone siano più sensibili agli effetti
Altre ricerche dimostrano come
impliciti delle scelte linguistiche quando si soffermano a ragionare sul
messaggio, quando cioè elaborano l’informazione trasmessa con un maggiore
impegno cognitivo. Questo riporta al fenomeno dell’auto-riferimento.
Da tutto questo emerge come il grado (maggiore o minore) di vicinanza
percepito dal consumatore nei confronti dell’ente è un elemento chiave.
Esso influenza il cliente non solo perché egli si aspetterà un certo tipo di
comportamento, ma anche perché con un grado di vicinanza maggiore egli
sentirà il messaggio più vicino e quindi innescherà un meccanismo di
ragionamento sul messaggio.
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Da un lato bisogna quindi cercare di creare questa condizione di vicinanza, o
quanto meno di mantenerla. Dall’altro però, non bisogna forzarla perché
essa produrrà un comportamento che deluderà le attese del consumatore.
We are not the same as you and I.
Gli autori di questa ricerca hanno ipotizzato il fatto che un messaggio che abbia
un noi inclusivo abbia effetti diversi da quelle di un messaggio che contenga un
noi e un io. La comunicazione verrà percepita come gradevole o sgradevole a
seconda della vicinanza/distanza del cliente dal brand.
I nostri interlocutori reagiscono in maniera implicita alle scelte linguistiche. La
stessa scelta non produce tuttavia le stesse reazioni in tutti quanti.
La frase passiva è percepita come più formale che la frase attiva.
Martedì 16 aprile 2019
(13) Il corporate blog
Da un’indagine risulta che all’estero, soprattutto in Inghilterra, ma anche nelle
aree francofone, i siti web delle grandi istituzioni ospedaliere spesso
incorporano un blog. I grandi ospedali italiani pubblici invece, non hanno
un’area specifica dedicata a un blog e uno staff che si occupi di portare avanti
questo tipo di comunicazione. Ed è un peccato perché la blogosfera italiana è
classificata 4 nel mondo: esiste quindi un’audience potenziale. Circa il 30% dei
blog esistenti registrano un numero di utenti unici mensili tra i 10.000 e i
50.000.
I blog ospedalieri possono essere fatti ricadere nella più ampia categoria dei
corporate blog, che in realtà andrebbero tenuti più in considerazione poiché
presentano costi relativamente bassi rispetto ai benefici che ne derivano.
Un blog offre la possibilità di inserire al proprio interno tutta una serie di
prodotti multimediali, esattamente come una piattaforma social, ma offrono
in più anche la possibilità di sviluppare un discorso di più ampio respiro.
Inoltre, i lettori dei blog hanno un’attitudine diversa rispetto a quella dei social.
Infatti, la seconda tipologia di benefit che offre il blog è quello di una fruizione
più attentata e meno effimera, equiparabile a una conversazione che dura
nel tempo e non un messaggio spot. Intorno ai blog si creano comunità,
conversazioni e comunicazioni collegate all’argomento. I contenuti sono più
stabili, sono indicizzati meglio e sono in grado di raggiungere un’audience più
ampia e articolata. Il blog molto spesso offre il vantaggio di generare traffico in
primo luogo sul sito web che lo ospita e poi, indirettamente sui profili social
dell’azienda. I vantaggi di un blog inoltre, sono rafforzati nel caso di blog
ospedalieri perché i clienti hanno un bisogno specifico, un’urgenza particolare
in ambiti specifici.
Il blog è uno strumento flessibile perché oltre a supportare la comunicazione
esterna, può essere strumento utile anche per la comunicazione interna: team
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building, semplificazione dei passaggi difficili durante la vita di un’azienda
(riorganizzazione dell’azienda, adattamento ai cambiamenti…)
Ma l’aspetto fondamentale è l’abilità di saper dare voce alle persone che
sono l’azienda stessa e incarnare l’azienda.
Si individuano (2) tipologie di corporate blog:
BLOG INDIVIDUALE: tenuto da qualcuno che incarna l’azienda, come il
fondatore, il CEO o qualcuno di particolarmente legato alla vita dell’azienda;
BLOG COLLETTIVI o corali: tipologia di blog a cui partecipano una
pluralità di soggetti esperti. Nei casi migliori, questa tipologia di blog offre
spazio davvero a tutti: medici, paramedici, volontari e persone che a
qualunque titolo partecipano al raggiungimento dell’obiettivo, pazienti.
L’obiettivo di questa tipologia di blog è creare uno spazio in cui queste
persone possono interagire, non solo essere informati. Se ci si limita alla
funzione informativa, lo strumento non è sfruttato al massimo. Alla funzione
informativa occorre associarvi la funzione narrativa: raccontare la propria
malattia viene visto come uno degli strumenti di cura.
Cleveland Clinic, ospedale universitario dell’Ohio che occupa i vertici delle
classifiche sanitarie statunitensi. Il blog è stato aperto nel 2013 ed è
rapidamente cresciuto al punto che oggi viene gestito da uno staff di più di 20
persone. Questo blog è rappresentativo della tipologia più diffusa di blog
ospedalieri, quelli suddivisi per argomenti dove ciascun post è un post di taglio
trattamento informativo a cura di specialisti. La principale sfida nel realizzare
questo prodotto &eg