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DIGITALE FUORILEGGE
Supporti video consumer: cronologia
1975: Betamax (nastro magnetico / analogico)
1976: VHS (nastro magnetico / analogico)
1979: LaserDisc (disco ottico / analogico e digital)
1982/83: CD (disco ottico / digitale)
1987: CD Video (disco ottico /digitale)
1993: VCD (disco ottico / digitale)
1995: DVD (disco ottico / digitale)
LaserDisc
Nel 1979 Philips lancia LaserDisc. Nonostante la qualità immagine e audio superiore al
VHS, i Laserdisc furono superati dalle VHS a causa del prezzo troppo alto e della
scarsità di dispositivi per la registrazione.
Il formato VCD: 1993 10
Il VCD misurava 12cm di diametro e poteva essere riprodotto su computer o players dedicati,
anche se visivamente il risultato era scarso. Essendo il VCD un CD-Rom, poteva
accogliere solo circa 60min di un video digitalizzato, usando la compressione MPEG-1. Un
film di oltre 2h dunque, non sarebbe entrato in 2 dischi, quindi ne serviva un terzo (oppure si
tagliava il fim, come spesso accadde).
VCD: alcuni problemi
Vari miglioramenti furano fatti negli anni, ma con una risoluzione di 352x240 pixels erano vari
i limiti di qualità immagine:
non meglio di un nastro VHS
più fastidiosa del VHS: blocchi e scatti
alcuni VCDs erano riformattati per la visione (magari 4:3), ma questo comprometteva
ancor più l’immagine, dato che c’erano ancora meno linee per l’immagine
Per gli studios, il maggior problema era che un VCD poteva essere facilmente copiato, sia
su disco che su nastro.
Dal VCD al DVD
Considerati questi limiti, il VCD non aveva futuro nei mercati evoluti occidentali. Con
una mossa che anticipò lo switch dalla risoluzione digitale 1.3K a 2K, le majors di
Hollywood decisero di stabilire una qualità standard superiore per i film su dischi
ottici. Alleate, imposero vincoli sulla lunghezza, sulla qualità dell’immagine, sulla compatibilità
con i sistemi audio superiori e sulla protezione dei contenuti.
DVD come overshoot
Nel 1995 nasce il DVD.
Il DVD fu un ‘’overshoot’’ in quanto stimolò la diffusione del VCD. co-
Mentre preparavano il DVD e i suoi protocolli di compressione MPEG-2, Sony e i suoi
developers diedero in licenza il formato inferiore (VCD) alle aziende asiatiche. Nel 2000, il
reddito pro capite in Cina era circa 1500 dollari, mentre un DVD player economico costava
circa 200 dollari. Il mercato cinese, per quanto vasto, non poteva permettersi dischi e
player DVD.
Il VCD visto dalla Cina
Dal punto di vista cinese, però, il VCD era un grande miglioramento rispetto al nastro in
quanto più economico, portatile, più facile da usare, ma soprattutto, era un sogno per la
pirateria: se la qualità del VHS peggiorava di copia in copia, ogni copia digitale era invece
identica alla traccia originale.
VCS: il boom in Cina
Mentre l’economia in Cina cresceva, il mercato dei VCD esplose: nacquero centinaia di
players.
aziende produttrici di dischi e Per i produttori elettronici cinesi era molto semplice
playes players
convertire gli audio CD in VCD e battere sul prezzo i modelli di importazione.
Un VCD player made in China costava 30 dollari; era presente in circa 1/3 delle famiglie
urbane; oltre 500 aziende producevano VCDs. releases
Sebbene le aziende occidentali si dedicassero a mettere in commercio delle ufficiali
in formato VCD, il VCD finì per diventare il massimo rappresentante della pirateria
povera nei paesi asiatici.
C’è da dire che le aziende occidentali, probabilmente, non avrebbero comunque potuto
soddisfare il mercato asiatico poiché per generare vendite servono produttori locali,
distributori e negozi. Perciò, la scelta di trascurare l’area a rendere il VCD, di fatto, lo standard
regionale, non fu solo solo una scelta di tipo strategico.
VCD come tecnologia disruptive 11
laserdiscs
Di fatto, il VCD diventò disruptive: per i consumatori asiatici, i erano troppo cari,
le VHS erano in confronto meno comode. Con una presenza tanto vasta di titoli – anche se per
lo più illegali – disponibili in quel formato, il VCD stravinse.
I VCD scivolarono facilmente nella tradizione delle proiezioni pubbliche di films in formati
nontheatrical.
players Variety
Dei milioni di cinesi venduti, molti furono installati in quelle che chiamò
‘’illegal video projection rooms that had screened pirated videos and movies not previously
shown in China’’. public video venues
Nel 1994 in Cina esistevano oltre 150,000 che mostravano nastri VHS,
Laserdisc e VCD.
Nel 1995 la pirateria fu valutata all’incredibile tasso del 100% del mercato cinese.
Non solo in Cina: Taiwan, Filippine, Malesia, Vietnam, ma anche India e America Latina. In
video
piccole e grandi cittadine, vari imprenditori organizzarono ‘’sale cinema elettroniche’’:
parlors o auditoriums che proiettavano dischi, di solito piratati, per un pubblico pagante.
nontheatrical theatrical
Ancora una volta, un formato era diventato , stavolta grazie alla
tecnologia digitale.
Il VCD, oggi : Asia player
Lo sviluppo di DVD meno costosi, ha in qualche misura ridotto l’interesse
per i VCD in Cina. Tuttavia le novità continuano ad uscire anche in quel formato. In Hong
Kong, i VCDs vendono il triplo dei DVDs; i nuovi titolo si vendono a circa 4 dollari, mentre
quelli più vecchi di un anno a 3. Il noleggio è più vivace di quello dei DVDs, al costo di meno di
1 dollaro.
Il VCD resta comune anche nel resto del mondo, incluse India e Africa: l’industria del cinema
in Nigeria (‘’Nollywood’’), è interamente legata ai formati consumer, quasi non esistono sale e
i films in digitale oggi sono venduti e mostrati interamente in DVD o VCD.
VCD: riassunto
Il VCD è importante storicamente perché:
- prima soluzione digitale significativa per la proiezione di film
- illustra bene come per tecnologia si debba intendere ben più dell’oggetto: pensato per
uso domestico, il VCD è stato assorbito in pratiche sociali e abitudini che si erano già
imposte ai tempi del videotape.
- Formato fuorilegge in Occidente, il VCD ha consentito la pirateria su larga scala.
- Nel mentre, ha reso possibile la prima esperienza di massa al mondo di cinema
digitale.
Proiezione digitale: sfida ai rigori
Fine anni ’90: i 2 standard della proiezione digital
big players,
Diversi come Eastman Kodak, avevano sviluppato soluzioni, ma a fine anni
1990s emersero 2 tecnologie, come opzioni principali per la proiezione in digitale.
Entrambe avevano avuto applicazioni in schermi commerciali (es: video giganti per eventi
sportivi), ma furono adattati alle sale cinema.
Le 2 soluzioni:
DLP : Texas Instruments Digital Light Processor: era a prima vista un singolo chip
quadrato di circa 1 pollice che conteneva 1,3 milioni di piccoli specchi, ciascuno largo
solo 0,16 millimetri. Questi specchi assumevano posizioni differenti circa 50.000 volte
ogni 24° di secondo, creando variazioni in tinta e luminosità.
LCLV : Liquid Crystal Light Valve : era la soluzione alternativa, sviluppato dagli
ingeneri della Hughes Aircraft Corporation per scopi militari. L’azienda elettronica 12
partenership
giapponese JVC strinse una con la Hughes per esplorare gli usi consumer
di questa tecnologia.
La Minaccia Fantasma
1999, sfida: The Phantom Menace, 1999
Le proiezioni digital ‘demo’ di servirono come ‘’contest’’ fra i
due sistemi.
La proiezione fu davvero un momento rilevante a cui fu data molta enfasi con operazioni di
comunicazione di spessore. Gli spettatori delle proiezioni erano esclusivamente professionisti
del cinema.
La sfida: comparare i 2 (3) sistemi
La pellicola fu trasferita da una versione in HD con risoluzione 2K in files per la proiezione. Per
proiettare il file venne fatta la scelta di comprimerlo in una risoluzione dell’immagine di 1.3K.
La dimensione del file era di 360GB che fu spezzato in 20 dischi da 18GB l’uno.
Vennero preparare due versioni del film, ciascuna ottimizzata per ognuno dei due
sistemi di proiezione. In sala proiezione, un proiettore Texas Instruments e uno Huges/JVC
furono accesi, e posti accanto a un impianto 35mm. I tecnici comparivano e regolavano i
transfers per renderli il più possibile simili tra loro e con la pellicola.
Dopo l’esperimento
Dopo la l’esperimento, JVC comprò la maggioranza delle quote dalla Hughes per la
tecnologia Light Valve, e annunciò di volerla sfruttare. Anche se la soluzione in realtà non
prese gran che piede.
La Texas Instruments invece, decise che avrebbe dato in licenza la sua tecnologia a max 3
produttori.
Sony offrirà sistema competitivo alternativo solo nel 2005.
Altri film in proiezione digitale
Toy Story 2,
Other films, like were tested later in 1999 on a few screens. Most used the DLP
equipment, which gained advantage in the market.
Nel frattempo, Lucas…
A valle della proiezione, da un lato Lucas esce da questa esperienza demo con grande
soddisfazione personale: è riuscito a dimostrare che esiste una tecnologia per
proiettare in digitale e che funziona. Lucas decide allora decide di passare a pianificare
gli step successivi: il nuovo obiettivo diventa quello di dimostrare che tutto questo è utile a
risparmiare in tempo e denaro. Egli si costruisce l’aspettativa che nell’arco di pochissimo
tempo sarà possibile proiettare in digitale in migliaia di schermi.
Il dibattito sul nuovo ‘’standard’’
Da un lato c’è chi dice che la qualità tecnica di cui si dispone è ottimale e bisogna
dunque iniziare a investire. Dall’altra parte c’è chi sostiene che la qualità non è
ancora pienamente soddisfacente. Queste posizioni diverse sono delle posizioni tipiche
del mondo occidentale.
In Asia questo tipo di dibattito non persiste, si passa direttamente all’acquisto della
release
tecnologia senza aspettare l’uscita di nuove più stabili. Quasi tutti i 200
schermi/sistemi digitali del mondo si trovavano in Asia. Per i paesi meno sviluppati la qualità
tecnica di cui si dispone, è comunque meglio di quello che c’era prima. Come per il VCD,
la tecnologia viene adottata non perché buona, ma perché ‘’più che sufficiente’’. In oltre, un
film a bassa risoluzione è facilmente piratabile. 13
E-cinema >> D-cinema: il ruolo
storico della distribuzione.
Gli obiettivi (falliti) di Lucas
Lucas sperò di far uscire Star Wars: Episode II – Attack of the Clones su 2000 schermi digitali
negli USA. In realtà, quando uscì nel 2002, il film finì su soli 63 schermi