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Erasmo scrisse gli Adagia: raccolta di proverbi latini e greci pubblicata per la prima volta a Parigi
nel 1500, si inserivano nella tradizione umanistica dei libri dei loci communes, cioè dei libri che
raccoglievano frasi celebri di grandi autori, ad esempio citazioni tratte dalle opere di Cicerone
sull’amicizia, vecchiaia, amore etc. I libri dei loci communes erano insomma raccolte di frasi scritte
da autori famosi soprattutto della classicità, molto utili per chi scriveva di mestiere, per diplomatici,
capi di stato e gerarchie ecclesiastiche.
Erasmo conosceva perfettamente le opere latine e greche, avendo avuto la fortuna di poter girare le
biblioteche di amici umanisti, e concepisce gli Adagia come opera di sintesi della cultura classica.
È una raccolta che lui aggiornerà continuamente nelle varie edizioni: dagli 800 proverbi della prima
fino a quella curata da Manuzio del 1508 che ne conterrà il doppio. Difatti, lui continua a
raccogliere materiale che mette da parte per riutilizzarlo nelle edizioni successive, fino all’ultima
edizione del 1536 prima della sua morte.
Nel 1507 egli scrive una lettera ad Aldo Manuzio, dicendogli di voler venire in Italia per scrivere
una nuova arricchitissima edizione degli Adagia, ritenendo che il luogo più adatto e rinomato in
Europa dove andare per poterlo fare fosse proprio la sua stamperia a Venezia.
E’ una lettera del 28-11-1507, fonte importantissima.
Aldo Manuzio aveva introdotto per la prima volta nell’editoria il greco, compiendo un’operazione
molto importante nell’utilizzare codici greci, visto che molti intellettuali greci avevano lasciato la
propria patria dopo la caduta di Costantinopoli ed erano venuti a Venezia per cercare lavoro.
Manuzio era già punto di riferimento a Venezia, poiché nel 1507 era stato il primo a puntare sul
greco oltre che sul latino, Aldo aveva avuto possibilità di accedere ai codici antichi delle famiglie
veneziane più importanti con cui era entrato in contatto (Manuzio non era veneziano), accedendo a
biblioteche ricche di codici greci arricchite dall’arrivo degli esuli greci e cretesi: Manuzio colse
l’occasione per venire a contatto con umanisti che parlavano il greco come Angelo Poliziano,
facendo diventare la sua stamperia un punto di riferimento anche per la lingua greca. Infatti
stampare in greco era qualcosa che alcuni tipografi italiani avevano già cominciato a fare, ma questi
avevano stampato pochissimi libri al di fuori di Omero: non si conosceva nulla della filosofia e
delle scienze in greco se non per traduzione latina. Manuzio però si rifiuta di pubblicare opere che
non fossero in latino anche in originale c’è un cambiamento concettuale.
Così egli fece fare un carattere greco da un artigiano investendo molto denaro.
Nella lettera di Erasmo a Manuzio il primo riferendosi al mestiere del secondo parla di una
“Dottrina tutt’altro che comune”, perché nessun stampatore era anche umanista.
Manuzio invece prima di cominciare l’attività di stampatore era stato insegnante privato di lingue
antiche dei rampolli delle corti italiane, dunque lui stesso era uno studioso, un umanista, aveva
scritto un libro di grammatica greca per le sue lezioni private. A un certo punto dà una svolta alla
sua vita, lui, che era di Bassiano vicino a Roma, (in realtà si non si soffermava mai a lungo nel suo
paese natale in quanto era un uomo itinerante spostandosi sempre di corte in corte), quando arriva a
Venezia, non sa stampare, ma si mette in società con uno stampatore professionista, faceva l’editore
e sceglieva i collaboratori, ritagliandosi un ruolo da intellettuale nel mondo dell’editoria.
Ecco perché Erasmo dice così, gli riconosce il fatto di essere un umanista prima di essere uno
stampatore, e tratta Manuzio come se fosse un suo pari.
Venezia è già un centro importante dell’editoria e Aldo lo sceglie non a caso, ma proprio perché era
il luogo più attivo dell’editoria italiana.
Comincia la sua attività di stampa nel 1494: non essendo lui di Venezia, era fondamentale che
trovasse persone del luogo con le quali fare la società, che fonda con uno stampatore veneziano già
affermato cioè Andrea Torresani, di cui Aldo sposerà la figlia. Fondare una società con questo
grande stampatore, tuttavia, non risolveva i problemi tecnici, dato che serviva del capitale, sicché i
due trovano un terzo socio, figlio di un ex-doge, e quindi appartenente a una famiglia patrizia
veneziana molto importante, la famiglia Barbarigo, che mette gran parte del capitale per la società.
Manuzio stampa moltissimo in lingua greca sin dall’inizio: è una strategia che aveva in mente sin da
subito quella di proporre testi in greco, perché sa benissimo che tutti già stampavano in latino e
proprio per questo lui non si cimenta in questo mercato almeno in un primo momento, mentre in
seguito produrrà anche lui classici latini.
Comincia nel ’94 e fino al ‘98 pubblica quasi esclusivamente testi in greco.
Si fece riconoscere come l’editore umanista per eccellenza, portando alla luce autori greci mai
pubblicati in Europa: questo fa di lui un Ercole come leggiamo anche dalla lettera di Erasmo.
20-10-16
Qualcun altro prima di Manuzio si era già cimentato nella stampa in greco ma senza quell’ampiezza
di orizzonti di Aldo, quella capacità di scegliere buoni autori; egli vantava una preparazione
umanistica che gli consentiva di fare scelte giuste, e si circondava di uomini che condividevano lo
stesso sogno di portare alla luce buoni autori. Era un mondo, il suo, fatto di tanti collaboratori: a
Venezia arrivavano tanti fuoriusciti greci su cui Manuzio poteva contare.
Nell’edizione del 1508 degli Adagia (una sorta di antologia del classicismo greco-latino) la prima
riga del frontespizio contiene il nome dell’autore Erasmo (è cancellato, dato che verrà messo
nell’indice dei libri proibiti e quindi censurato).
Erasmo era andato a Venezia per rinnovare il suo libro, infatti ne raddoppia i proverbi: in quei mesi
a Venezia lavora nella biblioteca, nella stamperia di Aldo dove trova codici, studiosi che gli danno
suggerimenti su come migliorare il suo libro.
L’ancora e il delfino diventano il simbolo di Aldo Manuzio, sono la rappresentazione grafica del
motto, della marca tipografica di Manuzio, a cui Erasmo dedica una parte della nuova edizione
degli adagia, inserisce dei proverbi che riguardano anche Manuzio, lasciando tracce quindi della sua
permanenza a Venezia.
es. herculei labores le fatiche di Ercole: Erasmo racconta il perché esista questo modo di dire
prendendo spunto dalla mitologia greca e, a un certo punto della descrizione, afferma che il lavoro
che lui si accinge a fare è una grande impresa come una delle fatiche erculee, che è stata resa
possibile dall’aver potuto usufruire di un luogo straordinario, la biblioteca più ricca e servita, cioè
quella aldina.
Insomma, praticamente nel bel mezzo del motto delle fatiche di Ercole lui racconta il suo lavoro di
dare vita alla sua opera grazie all’aiuto prezioso di Manuzio.
Proseguendo, spiega poi che il suo lavoro di ‘tirare fuori’ citazioni dai testi classici non è affatto
facile come invece accusavano i suoi critici: egli compie una selezione all’interno di un patrimonio
artistico letterario, cercando i migliori. Si capisce che quando parla di ercole Ersamo parla di sé
stesso, lui che ha affrontato una mole di lavoro così grande da solo.
Tornando all’ancora e il delfino, sono la rappresentazione del motto festina lente (=affrettati
lentamente) quasi un ossimoro, è il motto 1001 dell’edizione del 1508 degli Adagia, era il motto
che caratterizzava la marca di Manuzio. Erasmo racconta l’origine di questo motto in un modo
straordinario, facendo un’operazione di mitizzazione di Aldo.
Manuzio non usa subito questa marca, nel’94 non c’è ancora, si vede per la prima volta nel 1502,
quando Aldo pubblica un’antologia di poeti cristiani in latino, con la
quale si fa conoscere come stampatore in possesso di una sua marca
editoriale, in un momento in cui gli stampatori avevano cominciato
ad usare simboli, accompagnati da motti, per differenziarsi l’uno
dall’altro. Erasmo, così, dice di aver trovato per la prima volta quella
frase, festina lente, nella commedia di Aristofane I cavalieri: in greco
il motto in realtà risultava speude takeos (affrettati velocemente)
solo in seguito verrà trasformato nella forma ossimorica che era
appunto festina lente, affrettati lentamente.
Erasmo analizza anche il suo valore dal punto di vista etico il motto
insegnava una lezione che tutti i futuri principi, governanti dovevano
imparare, cioè che la fretta e l’ostinazione provocano più danno che
vantaggi: gli Adagia, infatti, erano utilizzati nelle scuole, in quanto
contenitori di forti insegnamenti morali. Erasmo procede poi per
esempi, parlando di uomini il cui temperamento impulsivo arrecò loro dei danni, e di uomini al
contrario che seppero contenersi e aspettare il momento giusto, es. Quinto Fabio Massimo che,
temporeggiando, aveva saputo salvare Roma, affrettandosi lentamente appunto.
Compie infine una mitizzazione di Aldo Manuzio: Erasmo dice che questo motto è ora giunto a un
suo terzo possessore, dopo che in passato lo avevano fatto proprio Augusto per primo sulle monete
e Tito Vespasiano per secondo, cioè ad Aldo Manuzio “non senza disegno e assenso degli dei”. Ad
Aldo l’idea di utilizzare questa frase era venuta da una moneta che pare recasse proprio quel motto
regalatagli da Pietro Bembo, che non solo gli procurava codici ma a cui era anche legato in
amicizia.
Il simbolo dell’ancora e del delfino non è una marca parlante (gioco di parole sul nome del
tipografo) come era invece “Testa nera”, ma una simbologia parlante.
Erasmo era stato accolto molto bene da Manuzio a Venezia, dopodiché egli va a Basilea e il suo
stampatore di riferimento diventa Froben fino alla sua morte del 1536.
Manuzio stampa come prima cosa una grammatica greca: lui era un uomo colto, aveva insegnato
nelle corti italiane, e sa riconoscere il fatto che il greco antico lo sappiano solo in pochi, gli stessi
umanisti lo sanno con difficoltà, per questo fornisce uno strumento utile per impararlo.
Manuzio scrive sempre degli avvertimenti ai lettori nel frontespizio, fra questi annuncia quali libri
pubblicherà in seguito, e nella grammatica greca dice che il suo intento è offrire opere in lingua
originale in un ambito in cui pochi si erano avventurati.
Questo suo desiderio di pubblicare grammatiche, soprattutto all’inizio della sua attività, è legato al
suo precedente ruolo di maestro: Aldo non