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APPLICAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI
La misura cautelare viene applicata a seguito di un rapporto a due tra PM e giudice (PM chiede e
giudice risponde), non vi è spazio per l’imputato. Vi è una regolamentazione che traduce la
garanzia della riserva di giurisdizione perché la disciplina codicistica riserva al giudice
applicazione, modifica, regola della m.c. mentre la norma costituzionale ammetterebbe potere del
PM.
L’impulso è riservato al PM. Il giudice non può maturare da solo la decisione perché non ha
materiale disponibilità degli atti investigativi. Vi sono alcuni casi, invece, in cui il giudice ha la
possibilità di decidere senza l’impulso del PM. 13/02/2015
L’eccezione è riferita alle vicende successive che possono coinvolgere misure cautelari già
applicate, per cui si può avere la sostituzione migliorativa o la revoca, quando il giudice ha la
disponibilità del fascicolo, nelle situazioni indicate: momento in cui si svolge l’interrogatorio di
garanzia immediatamente successivo all’applicazione della misura, quando un giudice viene
interpellato ai fini della proroga delle indagini, quando il giudice è nell’udienza predisposta per
l’incidente probatorio, quando è nell’udienza preliminare e nell’udienza dibattimentale. Sono tutti i
casi in cui il giudice conosce gli atti. Il giudice non ha necessità di impulso del PM. Qui siamo solo
nell’ambito di una misura già applicata.
Vi è un caso sopravvenuto nel 2001 con l.128/2001, intervento denominato pacchetto sicurezza
nel filone delle iniziative per garantire la sicurezza. Il legislatore introduce il c.2 ter in cui stabilisce
che si attribuisce al giudice, in caso di condanna in appello, il potere di applicare senza richiesta
del PM la misura cautelare a condizione che esistano esigenze cautelari e che il procedimento
attenga reati con arresto obbligatorio in flagranza e che colui che viene condannato sia recidivo
reiterato.
Il giudice dell’appello dispone sempre le misure cautelari. Il sempre è stato letto nella prassi e
applicato come autorizzazione a decidere senza l’impulso del PM. È l’unica occasione in cui il
giudice fa a meno dell’impulso. Il procedimento applicativo vede questa dinamica. Ciascuno di
questi punti è stato ritoccato dalla l. 232/1995. Il panorama era quello successivo alle indagini di
tangentopoli che avevano visto una conquista di supremazia del PM, un appiattimento del giudice
e marginalizzazione della difesa. il legislatore del 1995 interviene a ripristinare un equilibrio.
Ridimensiona il ruolo del PM, rafforza la garanzia del giudice e potenzia l’intervento difensivo.
Il pubblico ministero viene ricondotto nella fisionomia di soggetto titolare dell’accusa. Al PM
vengono attribuiti obblighi che in origine non aveva. Era una disciplina apprezzata. Il PM nella
richiesta esibiva al giudice ciò che riteneva. La norma originaria attribuiva un potere di selezione
degli elementi a corredo della richiesta sia circa l’accusa, ma anche elementi a discarico. Il PM
poteva decidere di non produrre elementi a discarico.
Viene riscritta la previsione dicendo che il PM seleziona secondo convenienza gli elementi a carico
ma non potrà tenere nascosti gli elementi a discarico che ha acquisito nell’ambito delle indagini. Il
difensore può acquisire elementi a favore e ha la legittimazione a portarli al giudice nell’equilibrio
delle parti.
Il PM dopo l’applicazione della m.c. può fare l’interrogatorio e di solito lo faceva prima
dell’interrogatorio di garanzia. Questo interrogatorio del PM aveva finalità investigativa. La norma
introdotta impedisce al PM di interrogare colui che sia stato sottoposto a m.c. prima
dell’interrogatorio di garanzia. Si è tenuto conto del fatto che il PM potrebbe avere urgenza, allora
è autorizzato a chiedere al giudice di accelerare l’interrogatorio, e dovrà compierlo entro 48 ore. Si
riequilibra così il gioco delle parti.
Un intervento si registra anche con riguardo al giudice per rinvigorire il suo ruolo di garanzia. L’art.
291, c.1 bis è una norma non prevista in origine che vietava al GIP di applicare la misura meno
grave di quella richiesta espressamente dal PM, sicché il giudice era costretto ad assecondare la
richiesta del PM laddove avesse riscontrato gravi indizi di colpevolezza. Questo giudice era anche
“bendato” perché il giudice non conosceva gli elementi a discarico che il PM non aveva reso noti.
Questa norma è stata abrogata dalla legge del 1995. Il giudice oggi non può comunque applicare
una misura più grave perché vale il principio della domanda.
Il rafforzamento del giudice si riscontra anche nell’art. 292 in cui il legislatore rafforza gli obblighi di
motivazione dell’ordinanza cautelare. Deve esplicitare il percorso dagli elementi di prova alla
decisione. Si prevede un obbligo analitico di motivazione. Tutti i punti discussi nell’applicazione
della misura cautelare sono punti su cui il giudice deve motivare. Deve poi spiegare le ragioni per
cui abbia ritenuto non rilevanti gli elementi addotti dalla difesa. Questo è un punto significativo
perché attua una stretta correlazione tra motivazione dell’ordinanza cautelare e motivazione della
sentenza.
Il giudice sa degli elementi difensivi perché il PM deve esibire elementi a discarico e il difensore è
obbligato a produrre al giudice elementi difensivi di cui il giudice terrà conto.
Il ruolo difensivo è stato rafforzato. Ciò è avvenuto con il rafforzamento dell’ interrogatorio di
garanzia regolato dall’art. 294 . Il nome è stato dato dalla prassi. La funzione di garanzia è mettere
a disposizione del giudice le motivazioni della difesa che ha ignorato nel momento della decisione
sulla misura cautelare (perché la richiesta era solo del PM). La disciplina originaria era carente,
perché era previsto solo dove fossero stati applicati custodia in carcere o arresti domiciliari e solo
in fase investigativa. Questa legge interviene regolamentando in modo più puntuale i tempi
dell’interrogatorio di garanzia. I tempi devono essere circoscritti, si differenziano in base alla
misura. Per l’imputato in custodia cautelare in carcere si ha immediatamente e non oltre i 5 giorni,
per le altre il tempo è 10 giorni dalla notifica del provvedimento. la medesima legge riguarda anche
le misure interdittive, le quali esigono l’effettuazione dell’interrogatorio di garanzia. Essa non
rimuove le incongruenze. L’incongruenza che cerca di rimuovere riguarda il contatto immediato tra
la persona sottoposta e il difensore. Si contempla tuttavia un differimento. La norma originaria
diceva che poteva essere rimandato di 7 giorni (quindi dopo l’interrogatorio di garanzia). Può
essere rimandato per eccezionali ragioni di cautela nei confronti del difensore, si teme qualche
collusione. La giurisprudenza si è preoccupata di restringere l’applicabilità della norma. La legge
del 1995 abbassa il tempo di possibile differimento a 5 giorni. L’altro punto critico vede il legislatore
creare un’incongruenza: se manca l’interrogatorio nel termine prestabilito, la misura cautelare
perde efficacia, si prevede una sanzione per il mancato interrogatorio. L’interrogatorio è previsto
per tutte le misure, la sanzione solo per arresti domiciliari e custodia cautelare in carcere. La Corte
Costituzionale interviene nel 2001 a rimediare all’incongruenza, estendendo l’effetto sanzionatorio
anche alle misure interdittive, quindi attualmente in relazione a tutte le misure cautelari predisposte
è previsto l’obbligo di interrogatorio di garanzia e la sua mancanza comporta la decadenza della
misura.
Questa novità della legge del 1995 si inserisce in una linea di tendenza favorita dalla Corte
Costituzionale che ha esteso l’interrogatorio di garanzia. Non è previsto espressamente nel caso in
cui sia applicato in giudizio.
L’ultima garanzia da menzionare riguarda anche l’interrogatorio di garanzia. La regola prevede che
in generale un interrogatorio nei confronti di un soggetto in detenzione svolto fuori udienza (fuori
dal controllo pubblico) vi è un obbligo di verbalizzazione integrale e registrazione fonografica e
audiovisiva e dove manchino queste modalità di documentazione le dichiarazioni sono totalmente
inutilizzabili.
È prevista per rafforzare la trasparenza dell’interrogatorio e la genuinità delle dichiarazioni rese.
L’intervento difensivo nell’ambito dell’interrogatorio, fino al 2001 era facoltativa. Dal 2001 la l.
63/2001 che traduce processualmente le garanzie del giusto processo prevede l’obbligatorietà
della presenza del difensore a pena di nullità. Si deve tener presente che l’intervento normativo del
2001 riduce gli ambiti del diritto al silenzio, ammette che l’imputato vi rinunci, per la delicatezza
della scelta viene prevista la presenza del difensore.
VARIAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI
Una variazione dovuta a una misura più o meno grave e la revoca. La variazione della m.c. è
fondata sulla variazione dei requisiti che sono richiesti da idoneità e proporzionalità. Può esservi
anche aggravarsi di esigenze cautelari con un conseguente intervento peggiorativo, anche in
seguito a trasgressione delle prescrizioni imposte, si può disporre una misura più grave o il cumulo
di più misure. Il legislatore ha stabilito che per quei reati è stabilita solo la custodia cautelare in
carcere.
Revoca e modifica migliorativa esigono una richiesta del PM, l’interrogatorio dell’interessato non è
obbligatorio. Nel caso di modifica peggiorativa l’interrogatorio sarà effettuato dopo la sostituzione.
Una riflessione va fatta sulla revoca. Il giudice deve disporre la revoca alla stregua di una
valutazione dei presupposti. C’è una valutazione discrezionale del giudice.
Vi sono cause di estinzione relative agli adempimenti correlati al momento applicativo:
• Mancato interrogatorio nel termine prefissato , con la perdita di efficacia del titolo cautelare
allo scopo di garantire all’imputato l’interrogatorio che deve essere fatto in stato di libertà,
per impedire di addossare l’imputato le colpe dell’ufficio, ma dopo l’interrogatorio la misura
si può applicare.
• Scadenza della durata fissata dal giudice quando sia disposta per pericolo di inquinamento
delle prove.
Possono anche essere emanati provvedimenti che fanno venir meno il motivo delle esigenze
cautelari:
• Archiviazione
• Sentenza di non luogo a procedere
• Proscioglimento nel dibattim