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QUOTE
La disciplina parte all’art. 2468. Ogni socio è titolare di una quota, indipendentemente dalla
percentuale di partecipazione al capitale sociale. Eventuali aumenti o riduzioni della partecipazione
incideranno solo sul valore della quota, che è sempre e comunque 1. Le quote possono essere
diverse tra loro, mentre le azioni sono standardizzate, avendo tutte lo stesso valore nominale.
Le quote possono essere espresse o in una frazione rispetto al capitale o in misura percentuale o,
anche se meno frequente, nel valore nominale.
Le quote sono diverse dalle azioni anche perché sono divisibili. Peraltro le quote possono essere
oggetto di comproprietà. La quota non può essere rappresentata da azioni. E non può essere
oggetto di sollecitazione, con l’eccezione per le start-up innovative.
Normalmente le quote non sono rappresentate da un documento fisico. Il certificato di quota non è
la quota, è solo un documento di legittimazione, quindi individua il soggetto che può beneficiare di
una certa posizione o di un certo status.
Si è molto discusso sulla natura giuridica della quota. Si è arrivati a dire che si tratta di un bene
immateriale. Si è discusso perché vi era il problema della pignorabilità della quota, ammissibile
solo se si tratti di un bene. Dicendo che è un bene immateriale se ne consente la pignorabilità.
Il punto da cui partire è l’art. 2468, in particolare il comma 2. Vi sono due aspetti che vengono in
rilievo: i diritti sociali, che di regola, spettano in misura proporzionale alla partecipazione posseduta
dal socio. Unica eccezione è quella dei diritti particolari dei soci. I diritti particolari sono indicati nei
commi 3 e 4 che fa salva la possibilità che lo statuto riservi a soci diritti riguardanti
l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili. L’eccezione è quella che lo statuto
preveda particolari diritti che possono riguardare solo l’
amministrazione della società o la
distribuzione degli utili. Come regola generale fa riferimento ai diritti amministrativi, mentre come
deroga ai diritti di amministrare. Le due cose si combinano dicendo che con riferimento ai diritti di
amministrare lo statuto potrebbe ad esempio prevedere che il socio si attribuisca il diritto di essere
amministratore a vita della società. Questa clausola è valida.
Altra cosa che potrebbe prevedere l’atto costitutivo è che uno o più amministratori verranno scelti
da un particolare socio. Questa potestà di scelta è una deroga all’esercizio del diritto di voto. Gli
amministratori verrebbero nominati in sede decisoria da parte dei soci, invece il socio deroga i
diritti di esercizio del voto attraverso una facoltà che deriva dall’atto costitutivo. Oltre a questi
potrebbe poi avere anche ulteriori diritti, per esempio legati al riservarsi un diritto di veto rispetto a
determinate operazioni.
Altro aspetto è la distribuzione degli utili. Potrebbe voler dire che si potrebbe prevedere una
postergazione nelle perdite a favore del socio o una non proporzionalità tra la sua quota e il diritto
di partecipare agli utili.
Si è discusso su una particolare questione, cioè, essendo gli utili uno dei diritti patrimoniali
(assieme al rimborso delle quote), ci si chiede se questi diritti possono riguardare il rimborso delle
quote, parlando di utili in senso ampio. La soluzione starebbe nel fatto che in ogni caso questi diritti
particolari non potrebbero incidere sul rimborso del valore nominale della quota, ma solo
sull’eventuale surplus .
Il comma 4 dice che salvo diverse disposizioni dell’atto costitutivo e quanto previsto dal comma 1,
art. 2473, i diritti particolari possono essere modificati solo con il consenso unanime dei soci. Vi è
la regola per cui i diritti particolari possono essere modificati solo all’unanimità. Vi è una possibile
eccezione del “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo” che può quindi prevedere che siano
modificati a maggioranza.
Inoltre viene fatto salvo quanto di sposto dal comma 1, art. 2473, che si occupa di recesso. Il diritto
di recesso scatta quando vi è una decisione che riguarda una delle ipotesi previste dove c’è
qualcuno che non ha partecipato alla decisione perché astenuto, assente o dissenziente. Ci si
troverebbe a poter modificare i diritti comunque a maggioranza, salvo il diritto di recesso del
dissenziente (perché se c’è unanimità non c’è diritto di recesso). La tesi maggioritaria sostiene che
il rinvio all’art. 2473 si riferisca al caso in cui lo statuto preveda la modificabilità a maggioranza. La
dottrina sostiene che si fa riferimento alle ipotesi in cui la modificazione sia indiretta. X es. se
vengono attribuiti altri diritti ad altri soci. In questo caso non si intaccano i diritti del primo socio, ma
magari così facendo si incide indirettamente sui suoi diritti particolari. 20/10/2015
Trasferibilità delle quote. Mentre le azioni sono cose, quindi vi è la materialità; le quote non
hanno una loro fisicità, non sono beni materiali. Per quanto riguarda la trasferibilità delle quote ci
riferiamo all’art. 2469, che dà la regola generale per cui le partecipazioni sono liberamente
trasferibili per atto tra vivi o mortis causa, salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo.
Al comma 2 si fa riferimento alla possibilità che l’atto costitutivo prevede l’intrasferibilità assoluta
della partecipazione, cioè alla circostanza che l’atto costitutivo vieti il trasferimento della
partecipazione.
Una regola molto diversa la troviamo nella S.p.A. (art. 2355 bis, comma 2) per cui l’intrasferibilità
assoluta non si può prevedere, a meno che non si preveda anche un obbligo d’acquisto da parte
della società o un diritto di recesso da parte del socio, per consentire comunque al socio di uscire
dalla società.
Nella S.r.l., invece, le cose stanno diversamente perché nel caso in cui si preveda l’intrasferibilità
assoluta, il socio può esercitare il diritto di recesso, quindi intanto la clausola è valida ed efficace e
la legge consente il diritto di recesso.
Lo statuto nelle S.r.l. può prevedere che comunque il recesso non sia esercitato prima di due anni.
Nelle S.r.l. è possibile chiudere la compagine societaria.
La dottrina ha interpretato questa disposizione in modo rigoroso nel senso che questa regola si
applichi solo ai casi di intrasferibilità assoluta. Non rientrerebbe in quest’ipotesi l’intrasferibilità
temporanea della partecipazione e nemmeno l’intrasferibilità solo a favore di determinati soggetti o
limitazioni legate all’onerosità dell’atto di trasferimento. Tarando la clausola in modo che
l’intrasferibilità non sia assoluta, si sarebbe fuori da questa disposizione.
Le limitazioni sono l’intrasferibilità ed il problema del gradimento. Il gradimento mero è la
subordinazione del trasferimento alla mera volontà di un soggetto, che potrebbe essere un socio, il
consiglio di amministrazione oppure gli altri soci. Si parla di mero gradimento anche se vi è un
obbligo di motivazione. Perché non sia mero gradimento bisogna che vi sia una predisposizione ex
ante di determinati criteri (ma non è previsto quali siano. C’è poi un’altra ipotesi di gradimento,
detto “gradimento alla francese”, una particolare ipotesi che non rientra tra le ipotesi di mero
gradimento, laddove nel caso in cui si neghi il gradimento vi è l’obbligo di indicare un soggetto
disposto ad acquistare la partecipazione entro un determinato termine ed a parità di condizioni.
Altre ipotesi sono le clausole di prelazione. La clausola di prelazione nelle S.r.l. può avere una
regola particolare. In generale la prelazione implica che a parità di condizioni un soggetto sia
preferito rispetto a un altro. Nella S.r.l. questa prelazione può essere prevista a favore di un
determinato socio. Questo lo si ritiene ammissibile considerandolo un particolare diritto del socio. Il
fatto che vi sia diritto di recesso significa che vi è un dovere di comunicazione agli altri soci nel
caso il socio volesse vendere la partecipazione. Il singolo socio ha quindi sempre il diritto di
vendere la partecipazione, ma hanno diritto di acquistare gli altri soci, di qui l’obbligo di
comunicazione indicando tutti i termini della cessione. Si distingue poi tra prelazione propria e
impropria nel senso che se la prelazione è propria gli altri soci sono preferiti ai terzi acquistando
alle stesse condizioni che avrebbe acquistato il terzo, mentre la prelazione impropria implica che
nello statuto siano indicate già condizioni o prezzo a cui i soci possono acquistare le partecipazioni
indipendentemente dal prezzo a cui voleva vendere il socio. In ogni caso non siamo di fronte a
limitazioni assolute al trasferimento, quindi non c’è mai il diritto di recesso assoluto da parte del
socio.
Nel caso in cui siano previste limitazioni al trasferimento della partecipazione o ne sia disposta
l’intrasferibilità, cosa accade se il socio subisce un’esecuzione mobiliare?
[Può accadere che un socio abbia creditori particolari, laddove non adempia alle sue prestazioni, il
creditore può fare affidamento al suo patrimonio, in cui c’è la quota di partecipazione. Può il
creditore monetizzare questa quota oppure no?]
Nel caso della S.r.l. molte volte sono presenti queste clausole di intrasferibilità. Il legislatore ha
cercato una soluzione intermedia, art. 2471, comma 3, per cui se la partecipazione non è
liberamente trasferibile, se non si trova un accordo in cui si prevede o il trasferimento o il modo di
liquidarlo in altre forme, la vendita ha luogo all’incanto (vendita coatta), ma la vendita non ha
effetto se entro 10 giorni la società presenta un altro acquirente che compri allo stesso prezzo. Di
fatto il creditore particolare del socio non ha molte prospettive di soddisfazione per ciò che riguarda
la partecipazione.
La disciplina del trasferimento è contenuta all’art. 2470, rubricato efficacia e pubblicità e lascia
capire quanto sia complicato trasferire le quote perché si richiede un formalismo legato sia all’atto
di trasferimento, sia all’efficacia del trasferimento. Questo perché l’atto di trasferimento va fatto in
una particolare forma di cui al comma 2, ma l’effetto del trasferimento rispetto alla società è
subordinato alla pubblicità nel registro delle imprese. Quindi due sono gli adempimenti formali:
contratto di cessione e deposito del contratto presso il regis