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La chiamata in garanzia

La seconda parte dell'art. 106 si occupa della chiamata in garanzia e consente alla parte di provocare l'intervento in giudizio di un terzo contro il quale propone una domanda di condanna con la quale fa valere il proprio diritto ad essere garantita. La garanzia infatti è quel fenomeno che ricorre ogni qualvolta per legge o per contratto un soggetto ha nei confronti del terzo un diritto ad essere tenuto indenne dalle conseguenze patrimoniali che conseguono alla soccombenza nel processo. Si distingue tra garanzia propria, che si suddivide a sua volta tra garanzia reale e garanzia personale, e garanzia impropria.

La garanzia REALE è garanzia dell'efficacia del trasferimento di un diritto reale o di credito. In questi casi il diritto ad essere tenuto indenne è legato al trasferimento di un diritto e sorge quando un terzo avanza pretese incompatibili.

La garanzia propria si definisce PERSONALE quando la fonte del diritto di garanzia è

una vicenda obbligatoria con più condebitori solidali. Alla base di questa specifica garanzia vi è quindi una situazione di coobbligazione solidale, quindi il coobbligato che abbia adempiuto per intero avrà infatti diritto di regresso nei confronti degli altri debitori, pari alle quote interne del debito di ciascuno. Il diritto alla garanzia propria dipende dall'esito dell'azione principale e sorge solo in caso di esito sfavorevole alla parte garantita. Proprio per questo il diritto alla garanzia potrà sì essere sin da subito dedotto in quel giudizio con una domanda di condanna del garante che sarà però proposta in via condizionata per il caso di vittoria della controparte del garantito. Con la definizione IMPROPRIA si designa un fenomeno diverso dalla garanzia, a quella accostabile solo per alcuni profili procedurali, in particolare la garanzia impropria incorre quando i diversi rapporti giuridici siano connessi solo per la comunanza di.

questioni e non anche per il titolo, per l'oggetto o perché corre tra loro un rapporto di pregiudizialità/dipendenza. Il diritto fatto valere con la domanda impropriamente detta di garanzia infatti è un distinto ed autonomo rapporto rispetto a quello oggetto della domanda principale e può esistere per l'esito di quella. Pertanto nei casi di chiamata in garanzia impropria, le cause tra loro cumulate, rivestono un carattere giudiziale indipendente.

La giurisprudenza ammette il ricorso alla chiamata in causa ex 106 seconda parte anche in ipotesi di garanzia impropria, tuttavia in questi casi la chiamata in causa del terzo sarà possibile solo se il giudice della causa principale sia competente per territorio e valore per la causa di garanzia. In altre parole non opera qui l'art. 32, non vi è dunque la deroga di competenza per ragioni di connessione. La diversa profondità tra propria ed impropria emerge se si guarda la strutturazione.

dei nessi correnti tra queste due domande e quella principale. La domanda di garanzia propria è una domanda subordinata che sarà esaminata nel merito solo nel caso in cui l'esito della principale si riveli pregiudizievole per il garantito, se invece il garantito risultasse vittorioso rispetto alla domanda principale, la domanda di garanzia non potrà essere decisa nel merito ma si considererà assorbita. La domanda di garanzia impropria non è condizionata o subordinata a quella proposta in via principale, proprio perché il diritto che il convenuto fa valere nei confronti del chiamato è autonomo, sicché il giudice dovrà sempre decidere su entrambe le domande. Le modalità attraverso le quali il terzo può essere chiamato in garanzia sono le stesse della chiamata in causa. LA CHIAMATA IN GARANZIA PER ORDINE DEL GIUDICE L'art 107 disciplina l'ingresso nel giudizio di un terzo su ordine del giudice. Il terzo

diverrà parte a seguito di una decisione del giudicante ma saranno le parti originarie a dover procedere materialmente alla chiamata in causa del terzo tramite la notifica. Il giudice quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un terzo al quale la causa è comune ne ordina l'intervento; da ciò emergono due presupposti: 1- l'opportunità della chiamata, la necessità rilevata dal giudice, 2- la comunanza di causa. La prima è discrezionale, mentre la comunanza è ancorata ad una ricostruzione dei rapporti giuridici che intercorrono tra le parti ed il terzo. La circostanza che il concetto di comunanza di causa sia identico al 106 e al 107 non deve però indurre a comprendere nel novero dei terzi che potranno essere chiamati a partecipare per ordine del giudice tutti coloro che potrebbero essere chiamati su istanza di parte. Infatti la nozione di comunanza di causa è posta dal 107 a contatto con un

Il potere discrezionale del giudice di far mutare la sfera giuridica soggettiva del processo. Il principio dispositivo impone una lettura restrittiva del concetto di comunanza di causa in rapporto alla chiamata per ordine del giudice. Bisogna tenere conto del fatto che l'ingerenza del giudicante tende a venire giustificata in ragione della tutela del terzo.

Prima ipotesi, terzi che sono titolari di un rapporto legato da un nesso di dipendenza permanente rispetto a quello oggetto di giudizio. In questi casi il terzo è comunque soggetto agli effetti conformativi del giudicato, sicché attraverso la chiamata gli si consente di partecipare con la propria attività difensiva alla formazione del convincimento del giudice e di rimediare a condotte negligenti delle parti.

Inammissibile invece la chiamata ad opera del giudice del terzo che avrebbe potuto assumere la veste di litisconsorte dal lato passivo, essendociò in contrasto con il principio dispositivo, poiché

verrebbe dedotto adopera del giudice un rapporto tra il terzo e l'attore che quest'ultimo ha scelto di non dedurre. Invece nelle ipotesi di chiamata del giudice riguardanti un terzo pretendente, la chiamata sarebbe finalizzata a tutelare le parti originarie del processo, sia l'attore che il convenuto. Questa chiamata si giustifica in ragione dell'impatto limitato che tale chiamata avrà sull'oggetto del processo, infatti l'ingresso del terzo determina un ampliamento solo relativo dell'oggetto del giudizio, perché si tratterà pur sempre di stabilire chi sia l'effettivo titolare del rapporto giuridico. L'art 107 non sembra poter trovare applicazione nelle normali ipotesi di connessione per titolo o oggetto, però vi può essere un ambito di possibile ampliamento del tema decidendum, quello della chiamata per ordine del giudice del vero legittimato passivo. Questa chiamata avvantaggia l'attore poiché.

consente l'intervento coatto del terzo indicato dal convenuto come vero legittimato passivo, anche nel caso in cui per l'attore sia ormai decorso il termine perentorio per chiedere l'autorizzazione alla sua chiamata. Però la giurisprudenza non si limita ad ammettere questo tipo di chiamata ma afferma che a seguito della chiamata, il giudice possa condannare il terzo anche nel caso in cui l'attore non abbia espressamente rivolto una specifica domanda nei suoi confronti. Questa decisione tuttavia si pone in contrasto con il principio dispositivo, appare dunque corretto riconoscere che se a seguito della chiamata l'attore non svolge alcuna chiamata nei confronti del terzo, il giudice non potrà condannarlo autonomamente ma dovrà limitarsi a rigettare la domanda proposta dall'attore nei confronti del convenuto.

18- Continenza di causa e litispendenza

Come sappiamo uno dei presupposti processuali che riguarda l'oggetto del giudicato è

La mancanza di una precedente sentenza passata in giudicato sullo stesso diritto oggetto del giudizio. Se quest'ipotesi manca opererà l'effetto preclusivo del giudicato ovvero il ne bis in idem, quindi il giudice pronuncerà anche in questo caso una sentenza che accerta la mancanza del suo potere/dovere di decidere il merito della lita per mancanza del presupposto processuale, dato dall'assenza di un precedente giudicato sullo stesso diritto.

Un altro presupposto processuale che concerne l'oggetto del giudizio è quello della mancata litispendenza. Si ha litispendenza quando viene proposta nuovamente la stessa domanda, che è già stata proposta (ma non ancora decisa in via definitiva) davanti ad un altro giudice. A questa fattispecie si riferisce l'art 39 comma 1, che stabilisce che la pendenza della lite davanti ad un giudice diverso è sinonimo di diversità dell'ufficio giudiziario: infatti se la domanda venisse

proposta una seconda volta davanti ad un diverso magistrato che però appartiene allo stesso ufficio giudiziario davanti al quale pende già la lite, si avrà non un'ipotesi di litispendenza, ma la riunione dei due giudizi avanti al magistrato di quell'ufficio. Per valutare se ricorre identità di domanda si deve fare riferimento agli elementi individuatori delle medesime. La situazione è allora simile a quella che si verifica in ipotesi di ne bis in idem, con la differenza che nel caso della litispendenza non c'è ancora un giudicato ma la stessa causa è già pendente presso un altro giudice. Se non operasse l'istituto della litispendenza la domanda verrebbe istruita e poi decisa da due giudici diversi, col risultato che l'ordinamento creasse un procedimento antieconomico perché vi sarebbe la possibilità di giudicati contrastanti. Per tale ragione l'art. 39 co.1 prevede che il giudice che si avveda.che la stessa causa a lui proposta è già pendente presso un altro giudice dovrà rilevare d'ufficio la litispendenza e pronunciare con una ordinanza di rigetto in rito della domanda nuovamente proposta. Solo il processo iniziato per primo potrà continuare e giungere a pronuncia di sentenza. L'art. 39 co.3 detta i criteri per valutare quale dei due processi sia nato prima, la cosiddetta prevenzione; si deve fare riferimento all'atto introduttivo del giudizio. In particolare se si tratta di atto di citazione si avrà riguardo al momento della sua notificazione, mentre se si tratta di ricorso si deve fare riferimento al momento del deposito dell'atto in cancelleria. Si distingue dalla litispendenza la figura della continenza tra cause, che ricorre quando una delle due cause è più ampia dell'altra o perché comprende per intero il suo oggetto (continenza quantitativa), ovvero perché è ido
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A.A. 2020-2021
111 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher CriUniTn di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Baccaglini Laura.