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ALCUNI CAPPELLI SURREALISTI

Dalì per Schiaparelli (1937)

Cappello che Dalì ha realizzato per Schiaparelli che è l'idea di un qualcosa realizzato alla lettera, come solo Dalì aveva il coraggio di fare: il cappello è un oggetto feticista, ma l'oggetto feticista per eccellenza è la scarpa a tacchi alti. Lui fa questa sovrapposizione e usa la forma della scarpa con il tacco, resa ancora più provocante dal colore rosso, e la applica ad un cappello, per cui si indossa una scarpa in testa. Si porta l'idea di feticismo in bella vista.

Si tratta di gesti così creativi e espliciti che rendono esplicito il pensiero che di solito è solo latente: è un oggetto simbolico che acquista un significato simbolico, e lui mette di fronte all'impossibilità di non pensarci.

Marcel Vertes, Pubblicità (1937)

Karl Lagerfeld, Cappello sedia (1985)

Il cappello entra nella tradizione, una tradizione che viene forzata:

Formattazione del testo

cappelli diventano dei veri e propri oggetti autonomi. È come se la signora si fosse messa in testa una poltrona. Bill Cunningham, Cappello (anni 1950)

Il suo cappello, invece, si trasforma in un mare con le onde e una barca. Marina Killery, Cappello (1985)

Il cappello, che di per sé ha una sua eleganza tradizionale, qui diventa una ninfea. Stephen Jones, Cappello (1984)

Con Jones si ha una vera e propria esasperazione: ciò che era usato come decorazione ha il sopravvento sul cappello stesso. Lo stesso modo di indossarlo in modo laterale e asimmetrico è fatto per dire che il cappello non serve per riparare dall'aria e dal vento, ma per abbellire e esaltare la bellezza femminile di chi lo indossa. Germaine Vittu, Cappello lattuga (1942)

Questa forma posizionata in testa fa abbastanza impressione. 87 I PIEDI NELL'IMPRESSIONISMO René Magritte, La filosofia nel boudoir (1947)

I piedi sopra le scarpe rappresentano un'idea molto forte e radicale. René Magritte

Modello rosso (1935)
Realizza la stessa cosa in due circostanze diverse, e c'è stato chi l'ha imitato.

Pierre Cardin, Scarpe da uomo (1986)
Queste scarpe vengono realizzate molto tempo dopo, ma sicuramente l'ispirazione è Dalì. La scarpa non è più ciò che copre il piede, ma è il piede che dà forma alla scarpa: è la scarpa che diventa piede e non il piede che indossa la scarpa.

GLI ANNI '50
Il Surrealismo inizia ufficialmente con la pubblicazione del manifesto del 1924, ma ha una lunga vita, perché si diffonde a livello mondiale e prosegue almeno fino agli anni '50. I grandi rappresentanti di questo movimento, come Breton, Magritte e Dalì, sono rimasti surrealisti per tutta la vita e hanno tenuta alta la bandiera del Surrealismo fino alla fine degli anni '60, anche se nel frattempo in arte e nella società ci sono state altre correnti, e il Surrealismo non era più il movimento

principale dei decenni. Negli anni '30 e '40 esplodono prima le dittature, poi la Seconda Guerra Mondiale e gli strascichi della guerra si protraggono fino alla fine degli anni '40. In arte e nella cultura gli anni '40 segnano l'entrata in scena dirompente degli Stati Uniti d'America, che diventano la nazione più potente e importante del mondo occidentale e si avvia il processo di americanizzazione.

Henri Cartier-Bresson, Images à la sauvette (1952)

Questa immagine rappresenta quello che Cartier-Bresson chiama l'istante decisivo e che segna l'estetica dell'immagine basata sull'idea di catturare un istante unico. Prima la ragazza non si trovava nel rettangolo di luce e un momento dopo sarà fuori: l'istante decisivo è proprio in questo senso. Al tempo stesso, un'immagine come questa cattura un mondo quotidiano, un mondo tornato ad essere estremamente umanista, con al centro l'uomo e i suoi

problemi di ordine quotidiano: è l'immagine della vita quotidiana, dell'uomo quotidiano. Non c'è più la tematica del desiderio, non c'è la spaccatura dell'inconscio. Robert Frank, Gli americani: parata (1955) Al tempo stesso un'immagine come questa ha qualcosa in più dell'istante decisivo e unico della bandiera che copre il volto della persona che sta guardando dalla finestra, perché c'è un aspetto di cancellazione: si ha il corpo quotidiano, ma anche la sua umiliazione, la sua casualità, la sua possibilità di poter essere negato in qualsiasi momento. William Klein, Bikini (1959) Altra dimensione della fotografia è quella che vuole dare il senso della realtà nella maniera più viva possibile: questa non è una fotografia che cattura una scena particolarmente significativa, ma una scena in cui ci si sente partecipe. L'espressione di questa ragazza.è provocatoria: è la giovinezza che umilia la vecchiaia che sta dietro di lei, il corpo bello e pulsante in contrasto ad un corpo stanco e abbandonato.

LA PUBBLICITÀ DEGLI ANNI ‘50

La pubblicità degli anni ‘50 segue un po’ questo andamento: il fenomeno più rappresentativo di questo decennio è quello che viene riferito al termine di testimonial.

Gina Avaganner e Gina Lollobrigida sono le grandi testimoni dell’efficacia del prodotto.

Il testimonial è un tema di riflessione importante che non va slegato al tema del corpo: il testimonial è prima di tutto la sua immagine, è qualcuno che non ha la competenza per testimoniare la funzione del prodotto e le sue caratteristiche reali, ma è il testimonial dell’immaginario, il testimonial del fatto che si può diventare in quel modo.

Poiché loro sono famosi, noi attribuiamo loro una sorta di autorità che va al di

L'autorità reale che possiedono: siamo noi che li carichiamo di significato, più di quanto essi ne abbiano. Spesso, inoltre, sono attori o attrici che quindi hanno già nella loro immagine la spaccatura tra ciò che sono e ciò che recitano. Tutti questi temi quindi si riflettono sulla strategia del testimonial.

Nei decenni seguenti, quindi, si costruiranno anche dei falsi testimonial: ad esempio una persona inserita in uno spot pubblicitario viene caricata di una competenza che noi non possiamo verificare perché non la conosciamo. È quella che si chiama autoreferenzialità: è lo spot stesso che dice che una persona è esperta, e questo fa sì che il prodotto venga esaltato da un esperto senza un fondamento.

Irving Penn (1950)

In ambito fotografico della moda il grande Irving Penn fa da padrone in questo decennio insieme ad Avedon. Dentro un'immagine come questa va a confluire tutta un'estetica:

la donna, con l'abito che cade dalla spalla deformandola (senza quindi esaltare il corpo) diventa una forma che viene esibita portandola in primo piano. La fotografia taglia l'immagine all'altezza degli occhi, ma quel tanto che basta per vedere che lo sguardo si rivolge verso di noi, si esalta la bocca e il cappello fa da nero che fa balzare avanti la testa, e riprende un po' la forma della bocca. È un lavoro di composizione estremamente raffinato e efficace. Irving Penn (1950)

Basta uno sguardo cambiato per cambiare completamente l'immagine. L'originalità qui è dovuta ad un foulard annodato, in modo che da un lato scende e da un lato sale, e questa asimmetria viene ripresa dallo sguardo della modella, che va di traverso. Si ha un gioco di forme che colpisce. Irving Penn (1951)

Qui c'è in gioco il corpo in una maniera molto sottile e originale: il gesto solitamente ritenuto un po' volgare del togliersi il pezzo di tabacco

Della sigaretta senza filtro che resta sullalingua, che di solito si fa di nascosto, qui diventa il tema stesso dell'immagine, che lei fa con un'eleganza che diventa sottile ma anche sexy e elegante nella sua disinvoltura.

Il gesto manifesta i caratteri dell'abito stesso: elegante, geometrico e lussuoso, ma che si può portare con tutta la disinvoltura che si desidera.

Irving Penn, Corpo terrestre II (1949-50)

Mentre Irving Penn faceva queste pubblicità così raffinate che facevano di lui il protagonista delle copertine e riviste femminili più importanti del mondo, di suo, per finalità personali ed estetiche, realizzava una serie di nudi in cui c'è la sottolineatura della terrestrità, dell'essere terrestre dei corpi. Si tratta di corpi che non rispondono ai canoni della bellezza e delle proporzioni, ma sono sempre o abbondanti o sgraziati, né rispondono ai canoni delle posizioni che il fotografo fa assumere alle modelle.

90Penn lavora anche sulla stampa, esaltando ad esempio i contrasti: il nero ad esempio può essere completamente bruciato, in modo da non poter distinguere nulla all'interno di esso. Il nero si può ad esempio infilare tra le gambe del corpo andando a finire proprio dentro l'inguine, quindi anche con una carica forte dal punto di vista del rimando erotico. In altri casi ha sovraesposto il bianco in modo da cogliere le sfumature. I corpi vengono sempre fatti contorcere, in modo che i corpi vengono trasformati in un'altra cosa: si va dalla corporeità più terrestre a quella più astratta.

Richard Avedon (1955)

Questa è l'immagine più famosa di Avedon, in cui la modella si atteggia ad attrice e diva; in contrasto con gli elefanti, viene rappresentata l'eleganza contro l'animalità. Il tessuto che dalla cintura scende verso il piede è giocato con la proboscide dell'elefante.

Richard Avedon, Twiggy

Irving Penn rappresenta l'eleganza statica, compositiva e formale dell'immagine, Richard Avedon ha forzato nella direzione del movimento, della posa, della ricercatezza.

La modella in questo caso non si sta muovendo, ma la posizione è volutamente sgraziata, in contrasto con la bellezza e l'eleganza sua e dell'abito. Richard Avedon, Veruschka

Questo rappresenta un esempio del movimento tipico di Avedon (che riprende da Munkacsi, che aveva introdotto il movimento per le modelle nella moda).

Questo per dire che l'eleganza non deve trasformare la donna in un manichino, ma deve assecondare non solo il corpo della donna ma anche la sua volontà di autonomia, di persona attiva che non è un oggetto statico.

Richard Avedon, Liz Taylor (1964)

Realizza anche delle composizioni che sono molto vicine a Penn:

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Publisher
A.A. 2019-2020
124 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aeea11 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Comunicazione visiva e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Grazioli Elio.