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LE DUE EDIZIONI
Il castello dei destini incrociati è il titolo di un'opera che ha una doppia fase di elaborazione, ben evidente in due edizioni che sono l'esito di questi due momenti: una prima edizione del '69 e una seconda del '73.
La prima è un'edizione d'arte (l'editore Franco Maria Ricci è particolare che pubblica libri d'arte), in un volume molto grande che non ha al centro il testo di Calvino, ma la riproduzione del mazzo visconteo dei tarocchi di Bergamo e New York: il libro si chiama infatti Tarocchi e al suo interno compare anche l'opera di Calvino. Guardando l'indice di questa edizione si percepisce che Il castello dei destini incrociati è solo una parte di un tutto più ampio: c'è uno scritto di premessa chiamato "L'editore al lettore", poi si trova il testo di Calvino (le cui pagine di testo sono alternate alle pagine in cui si riproducono immagini dei tarocchi).
Ci sono poi degli scritti in merito ai tarocchi stessi e infine una descrizione di Calvino. Protagonisti sono sicuramente i tarocchi, posti sempre sulla pagina di destra, poiché cattura maggiormente l'attenzione del lettore; anche lo stesso testo di Calvino costruisce la narrazione intorno alle carte.
La seconda edizione del '73 è pubblicata come di consueto ne I supercoralli di Einaudi, in un volume dalle normali dimensioni e al cui centro sta proprio Il castello dei destini incrociati; ci sono poi delle piccole riproduzioni sintetiche delle carte, ma in questo caso sono i tarocchi ad accompagnare il testo e non il contrario come nella prima edizione.
In questa edizione del '73 troviamo una nota dell'autore, posta alla fine come commento per spiegare anche la storia e l'origine di questa opera. Anzitutto, ci dice che dei due testi che compongono il volume, Il castello è stato pubblicato per la prima volta nel '69 nel volume
Tarocchi di Ricci e che le piccole riproduzioni delle carte presenti nel libro sono fedeli a quelle originali presenti nell'edizione '69 (questo tranne per le carte del Diavolo e della Torre).
L'edizione '73 include anche il testo La taverna dei destini incrociati: non sono due testi distinti, infatti Calvino ce li ha voluti presentare comunque in un unico testo. Sono due parti autonome ma con una serie di rimandi l'una all'altra. Anche La taverna fa riferimento ai tarocchi: a differenza de Il castello che fa riferimento ai tarocchi viscontei del 1400, però, La taverna si riferisce ai tarocchi di Marsiglia del 1700. Mentre i tarocchi viscontei sono preziosissimi, i tarocchi marsigliesi sono invece di uso comune, semplici carte da gioco: ciò avrà una rifrangenza diretta sui contenuti dei due testi e sul valore interpretativo di essi.
LA COSTRUZIONE DEL RACCONTO CON I TAROCCHI
Calvino dice che l'idea di usare i tarocchi come una
macchina narrativa combinatoria gli è venuta da un seminario sullestrutture del racconto, tenutosi nel '68 (precede quindi l'edizione del '69 e anche Le città invisibili del '72). Calvino rimane affascinato da questi discorsi, ancora una volta di natura scientifica, e da essi ricava soprattutto l'idea che "il significato di ogni singola carta dipende dal posto che essa ha nella successione di carte che la precedono e la seguono" ancora una volta cfr. con strutturalismo, un oggetto come parte di un tutto che ha il suo significato nel rapporto con gli altri elementi. Calvino dice di aver fatto un uso del tutto creativo dei tarocchi, perché dice di averli guardati con "l'occhio di chi non sa cosa siano, per interpretarli secondo un'iconologia immaginaria". Calvino ha usato questi tarocchi disponendoli come scene successive di un racconto pittografico, partendo dai tarocchi marsigliesi: dice di aver primadisposto casualmente i tarocchi uno di fianco all'altro e di essersi messo a scrivere delle storie nel momento in cui le immagini accostate gliele ispiravano. Con queste carte marsigliesi, però, Calvino dice di non essere riuscito a trovare un ordine nella storia. Stava per arrendersi, quando Ricci gli propose di scrivere un testo per il suo volume sui tarocchi viscontei: a questo punto si rese conto che non poteva utilizzare quanto già scritto, perché le miniature 400esche erano troppo diverse dalle carte popolari marsigliesi, sia perché alcuni arcani erano differenti, sia perché le figure rappresentate nei due mazzi presupponevano delle società diverse l'una dall'altra. In rapporto ai tarocchi 400eschi, Calvino dice che gli venne spontaneo il riferimento letterario dell'Orlando furioso, perché le miniature di Bembo, seppur precedenti di un secolo il testo di Ariosto, rappresentavano bene il mondo visuale della.fantasia ariostesca. Calvino provò allora a costruire delle storie coi tarocchi ispirandosi all'Orlando furioso, storie che si incrociano tra loro: ottenne così una sorta di cruciverba fatto di figure, in cui ogni sequenza si può leggere in due sensi. In poco tempo, Il castello era così pronto per la pubblicazione: riscosse il consenso di alcuni scrittori e critici congeniali e fu analizzato con rigore scientifico su riviste internazionali. Questo successo spinse Calvino a ripubblicare l'opera nella forma usuale dei suoi libri con Einaudi; prima voleva però finire di scrivere La taverna, costruendo coi tarocchi marsigliesi un "contenitore di racconti incrociati" così come aveva fatto ne Il castello coi tarocchi viscontei, ma è proprio questa operazione che non gli riusciva. A ciò si aggiunge anche una difficoltà nell'orchestrazione stilistica: Calvino voleva che la differenza tra gli stili figurativi.dei due mazzi di carte fosse riprodotta anche nello stile di scrittura, e si proponeva allora di abbassare ilcodice de La taverna, ma anche questo non gli riusciva. Calvino dice che a più riprese, negli anni tra il ’69 e il ’73, finì perricacciarsi in questo labirinto: il testo de La taverna, anche nella sua fase componitiva, si manifesta all’autore come unlabirinto da cui non riesce a uscire per trovare la soluzione di un testo per lui soddisfacente. Calvino ci racconta quindi lagenesi travagliata del suo testo, per finire dicendo: “Se mi decido a pubblicare La taverna è soprattutto per liberarmene”;non ci metterà mai più mano.Infine, Calvino ci dice che il libro avrebbe dovuto avere un terzo testo con un ulteriore mazzo di tarocchi, ma poiché erastanco di attingere a queste fonti decise di usare un materiale visuale più moderno, cioè i fumetti: questa era la base per Ilmotel dei destini incrociati,
che però non venne mai scritto, poiché Calvino dice: "Il mio interesse teorico ed espressivo per questo tipo di esperimenti si è esaurito, è tempo di passare ad altro". Il castello porta a compimento la fase della macchina narrativa combinatoria. Il fatto che in mezzo tra il '69 e il '73 si collochi Le città invisibili non è privo di significato: abbiamo Il castello del '69 caratterizzato dalla facilità di scrittura, mentre La taverna, in gestazione dal '69, riesce a tradursi in un testo pubblicabile solo dopo il passaggio da Le città invisibili, con cui l'autore costruisce una struttura narrativa perfetta, la quale però, come visto, rischia di condurre al nulla questo passaggio che Calvino inscena nel percorso narrativo de Le città invisibili resta di sfondo anche nel passaggio tra Il castello e La taverna. Alette: Nell'edizione del '73 troviamo una quarta dicopertina accattivante, mentre le alette riportano citazioni da recensioni fatte a Il castello del '69, ad es. di Manganelli e Arbasino, entrambi vicino alla neoavanguardia e allo sperimentalismo, scrittori difficili del secondo '900. anche questo suggeriva al lettore di non trovarsi di fronte a un testo facile.
da una recensione di Citati: ci viene detto che siamo lontani dalla dimensione del romanzo e della verosimiglianza.
IL TESTO DEL PRIMO RACCONTO: "IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI" troviamo anzitutto dei periodi molto lunghi, molti incisi, quindi un testo sintatticamente non semplice. L'inciso diverrà una cifra stilistica via via fondamentale in Calvino. Questa difficoltà è speculare a quella dell'io narrante nel decifrare il luogo in cui si trova. C'è un'immediata duplicità del luogo, che oscilla tra il castello e la taverna. Ciò che si evidenzia bene è il senso di turbamento.
smarrimento del personaggio, che, in un posto in cui dovrebbe trovare ristoro, trova subito delle inquietudini. Il personaggio si accorge poi che lui e tutti i commensali hanno perso la parola, strumento fondamentale nella comunicazione e nell'instaurazione di rapporti con gli altri. Appare poi un mazzo di tarocchi sul tavolo. I personaggi privi di parola usano i tarocchi per identificarsi, per dire "io", il primo passo per poter raccontare la propria storia. Quindi, chi racconta, prima di poter iniziare la storia, deve imparare a decifrare e leggere i tarocchi: i narratori che troviamo sono anzitutto dei lettori delle carte, degli interpreti. Il gioco di un io che legge, interpreta e racconta/scrive è sempre la chiave centrale di molti racconti calviniani: il rapporto io-mondo è spesso declinato in questa chiave di lettura o scrittura. L'atto di lettura e decifrazione non è solo quello che compiamo noi lettori reali nel leggere il testo, maè addirittura inserito in esso, con un gioco di scatole cinesi che diventa sempre più articolato. Nell’opera calviniana ricorrono spesso gli stessi temi: qui troviamo la costruzione di una struttura esatta e la riflessione sul rapporto io-mondo. Ne Il castello, inoltre, emerge anche l’interrogazione di Calvino sui fondamenti dell’identità individuale: già dal titolo, il “destino” indica lo svilupparsi di un’esistenza. Notiamo poi che la definizione della propria identità è anche una riscoperta di essa: i personaggi sono riportati a una condizione primitiva/preistorica, non essendo più capaci di parlare, e ciò ci riporta ad altri elementi calviniani: ad es. il personaggio Qfwfq, l’immagine del narratore orale delle Fiabe italiane, ecc. i personaggi si trovano in una situazione in cui devono partire da zero per raccontare una storia. Dopo l’avvio si susseguono diverse storie, le qualihanno una stratigrafia profonda di riferimenti letterari della tradizione.
Arrivando all'ultima parte del testo, si porta in primo piano quella fascinazione legata all'Orlando furioso detta prima,