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P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 100 per esborsi ed
euro 3.500,00 per compensi oltre spese generali e accessori di legge.
↪ Valutando il caso, la Cassazione considera i problemi familiari del lavoratore, entrando così in gioco degli
elementi estranei al rapporto obbligatorio.
La Cassazione ha accertato che il giudizio svolto dai giudici di merito è corretto e sufficientemente
approfondito: il giudizio guarda alle condizioni familiari del lavoratore, a ciò che è stato rubato, come e
quando ecc. La situazione è tale da valere come ATTENUANTE per la condotta del lavoratore: la condotta
in esame NON E’ TALE DA ESSERE RITENUTA GIUSTA CAUSA, in quanto il comportamento, per
come ricostruito dal giudice, non lede la possibilità di adempimento in futuro: non è sufficiente a
mettere in discussione che in futuro il lavoratore non adempirà ai suoi obblighi contrattuali —> è evidente il
favor verso il prestatore di lavoro: questa giurisprudenza di Cassazione tende a ridimensionare l’idea della
giusta causa come elemento che interrompe il rapporto. Tende a valutare non solo in sé il comportamento,
ma il comportamento all’interno della condotta complessiva, in relazione alla possibilità di adempiere
rispetto al contratto.
Questo controllo del giudice si esprime addirittura nel valutare la condizione soggettiva psicologica
temporanea del prestatore di lavoro —> l’apprezzamento del giudice su questo tipo di condotta può variare.
Analizziamo bene l’ultimo passaggio nel quale la Corte parla di fiducia:
La situazione è idonea ad escludere quel pregiudizio all’affidamento del datore sull’esatto adempimento
delle prestazioni future in cui si concreta il vincolo fiduciario.
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Il VINCOLO FIDUCIARIO è qualcosa di giuridicamente inespresso dall’ordinamento, non c’è una norma
che parla di vincolo fiduciario. È un principio che i giudici ricavano dal modello e da quell’idea che sta alla
base della collaborazione nell’impresa —> poiché noi due collaboriamo entrambi abbiamo un interesse
comune, che in realtà è espresso attraverso quel rapporto fiduciario che si innesta nel rapporto obbligatorio
che perdura nel tempo. Per cui la fiducia, nell’adempimento futuro, è quella che se viene meno porta a
ritenere ammissibile il licenziamento.
Esempio: sono dipendente di una compagnia aerea e lavoro per essa come pilota: sono un pilota eccezionale,
puntuale e bravo. Dal punto di vista del vincolo fiduciario sono eccellente. Poi si scopre che quando atterro a
Rio de Janeiro, la sera mi diverto consumando sostanze stupefacenti. È un problema? NON riguarda
l’adempimento della prestazione lavorativa!
Eppure la compagnia aerea mi licenzia perché dice che questo mio comportamento mette in discussione il
vincolo di fiducia, e in particolare mette in discussione l’affidamento sull’esatto adempimento delle
prestazioni future.
La giurisprudenza in questo caso d à ragione all’azienda: il comportamento non è un inadempimento, non c’è
una lesione del rapporto obbligatorio, ma c’è qualcosa di esterno al rapporto di lavoro considerata talmente
grave da ritenerla una giusta causa di licenziamento → non una cosa avvenuta in passato, ma una cosa legata
al futuro, legata all’affidamento sugli adempimenti futuri.
Esempio: licenziamento di un dipendente per giusta causa: si è comportato male, ma ha sempre avuto una
condotta impeccabile dal punto di vista lavorativo; il lavoratore ha avuto una storia con la moglie del datore
di lavoro. Si può licenziare un dipendente perché ha una relazione con la propria moglie? In questo caso i
giudici furono in dubbio sulla decisione da rendere: alcuni dettero ragione al datore di lavoro in quanto il
collaborare nell’impresa implica un vincolo fiduciario, che nel caso di specie era venuto meno —> anche se
questo è esterno all’adempimento della prestazione di lavoro.
2 TRIB. DI BOLOGNA – SEZ. LAVORO: PROCEDIMENTO 2631/2012
Questo è uno dei primi casi post-Fornero; è un caso di primo grado del Tribunale di Bologna.
PQM
Il giudice dichiara l’illegittimit à del licenziamento intimato da Atla srl a Catalano Pietro ed ordina la
reintegra di Catalano nel posto di lavoro e nelle mansioni, o in mansioni equivalenti.
Il giudice, in base alle norme della legge Fornero, applica la reintegra.
Il fatto che ha dato luogo al licenziamento è documentale (scambio di mail) e non contestato dalle parti; nello
specifico è accaduto che un superiore gerarchico del ricorrente (= lavoratore licenziato) ha inviato allo stesso
una mail interna con delle informazioni lavorative “per favore, controlla questi disegni […]”; il ricorrente
(lavoratore) risponde alla mail; nello stesso giorno il superiore risponde imponendo al lavoratore di
specificare la data di consegna del progetto (non può dire “forse arrivo a consegnare il 24”: il datore di
lavoro risponde che o consegna il 24 o fa a meno di dirlo se sa di non riuscirci!). Il dipendente risponde
ancora in malo modo, dicendo che non è possibile pianificare nei dettagli la consegna del progetto (“parlare
di pianificazione nel gruppo Acti è come parlare di psicologia con un maiale. Nessuno ha il minimo sentore
di cosa voglia dire”) —> A questa mail consegue il licenziamento.
Il fatto che provoca il licenziamento è quindi il contenuto di quest’ultima mail mandata dal lavoratore.
Il giudice va a vedere come le parti hanno qualificato questo fatto: il licenziamento è stato effettuato sulla
base di un’asserita giusta causa (in relazione al contenuto offensivo della mail del ricorrente). Il giudice dice
che la qualificazione di questo fatto richiede la contestualizzazione del fatto medesimo e la sua collocazione
nel tempo e nello spazio della situazione psicologica dei soggetti operanti, nonché nella sequenza degli
avvenimenti [..]→ il fatto non rileva in quanto tale, ma rileva all’interno di una situazione più ampia. Non
conta la parola “maiale” , ma conta l’insieme degli elementi. Si va a vedere la situazione lavorativa prima del
fatto: ciò che conta è l’INSIEME DEGLI ELEMENTI.
Da una complessiva valutazione del fatto, dice il giudice, emerge con evidenza la modestia dell’episodio in
questione, nonché la sua scarsa rilevanza offensiva e il suo modestissimo peso disciplinare. In primo luogo
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il prestatore lavora già da anni nell’azienda, senza avere avuto alcun richiamo. In secondo luogo la frase
incriminata non è stata pronunciata a freddo in maniera pensata e deliberata nell’ambito di un’aggressione
verbale preordinata e finalizzata a ledere il prestigio aziendale, bensì è stata pronunciata in un evidente
momento di disagio conseguente da una parte al contesto di stress lavorativo del prestatore di lavoro da cui
]. A ciò si aggiunge che l
si evince che lo stesso era sotto pressione per le scadenze lavorative in essere [… o
stesso ricorrente ha dato atto dell’inopportunità della propria affermazione, porgendo le scuse per il proprio
comportamento —> il giudice guarda la questione ampliandola.
Da tale valutazione consegue, sotto il profilo della gravità del comportamento, che lo stesso non è idoneo ad
integrare il concetto di giusta causa di licenziamento ex art. 2119.
La giusta causa si valuta tenendo conto degli elementi che emergono dal contesto, non del fatto in sé.
06/03
Riepilogo: siamo all’osservazione di alcuni casi riguardanti la materia del licenziamento, che è il recesso del
datore di lavoro e che ha una disciplina positiva che si è evoluta nel tempo dal codice civile ai nostri giorni
che noi abbiamo osservato:
- dalla sua fase ascendente —> dal codice civile
- alla fase discendente —> in particolare nella nuova formulazione dell’art. 18 della legge 300/1970
successiva alla legislazione Fornero
Poi abbiamo visto la casistica giurisprudenziale —> importanza del ruolo del giudice nel concretizzare i
concetti generali (giusta causa, giustificato motivo, proporzionalità) e più in generale l’attività giudiziale che
presidia il controllo dei licenziamenti —> questo significa che il licenziamento è sottoposto a controllo
giudiziale = il giudice ha un ampio margine di indagine e valutazione sui fatti e sulla loro qualificazione
giuridica.
La valutazione dei giudici spesso non si limita al singolo fatto materiale per come questo fatto si presenta
nella realtà, ma sia una valutazione che va oltre, specialmente perché il rapporto di lavoro è considerato un
rapporto che si proietta nel tempo, nello spazio e nel contesto sociale.
———————
Tornando al caso del tribunale di Bologna …
Caso relativo allo scambio di comunicazione elettronica in un’azienda che si occupa di progettazione.
Scambio nel quale compare una mail contenente una frase molto forte messa nero su bianco da un
dipendente e rivolta alla struttura aziendale che viene considerata dal giudice come in realtà una frase
pronunciata nell’immediatezza di una mail del superiore, quindi in un momento di impeto. Viene considerata
come una risposta ad una mail aggressiva.
Viene depotenziata per arrivare alla conclusione che si è trattato di un comportamento non grave.
Quello che il giudice ci dice a conclusione di questa prima parte di ordinanza:
ne consegue sotto il profilo della valutazione di gravità del comportamento addebitato al ricorrente, che lo
stesso non è idoneo ad integrare il concetto di giusta causa di licenziamento ex art. 2119.
Concetto di giusta causa = concetto generale inserito nel codice civile, che viene reso concreto
dall’interpretazione del giudice. È giusta causa l’aver detto quella frase? La risposta del giudice è: non lo è
per le ragioni di lettura del contesto, del quadro interpretativo.
A questo punto il giudice passa alla questione relativa alla tutela applicabile —> fino a qui il giudice
analizza i fatti che vengono considerati dall’imprenditore come una giusta causa del licenziamento. Analizza
quei fatti per giungere alla conclusione appena illustrata (questi fatti non costituiscono giusta causa di
licenziamento).
Che cosa aggiunge il giudice subito dopo spostandosi sul piano della tutela e quindi dell’applicazione
dell’art. 18 legge 300/1970?
Questa decisione è resa dal giudice quando la legge Fornero è intervenuta a modificare l’art. 18: la legge
applicabile al caso di specie è l’art. 18 nella versione post Fornero. Quindi quale problema ha il giudice