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LA STESSA COSA LA POSSIAMO APPLICARE ALL’OFFERTA DI MONETA
La nostra offerta MS è una variabile nominale. Ma l’offerta aumenta in termini reali è data
da MS rapportata al livello generale dei prezzi.
Se la banca centrale decide una offerta di moneta pari a 100, se i prezzi sono alti (per
esempio l’indice è 100) l’offerta di moneta in termini reali è MS/PA100/100 1
Se invece i prezzi sono bassi (facciamo l’indice uguale a 1), l’offerta in termini reali è
MS/PB 100
100/1
Io ho due storie diverse in termini di offerta di moneta in termini reali a seconda che i
prezzi siano alti o bassi.
L’equilibrio sul mercato monetario non dipende solo dall’offerta nominale di
moneta. Se i prezzi variano, a seconda che sono alti o bassi o in termini nominali
il tasso di infazione sia lato o basso, cambia la storia.
Come cambia la storia sul mercato monetario?
Disegniamo la domanda di moneta MD, l’offerta di moneta MS coi prezzi alti quindi MS/PA
100/100=1 (iA tasso di interesse se i prezzi sono alti).
Se i prezzi sono bassi l’offerta di moneta in termini reali è MS/PB 100/1=100 (indice
basso).
L’offerta di moneta in termini reali cambia a seconda che ci si trova in una situazione di
prezzi alti o bassi.
In altri termini, il livello generale dei prezzi a parità di offerta nominale di
moneta, l’offerta di moneta in termini reali è decisamente differente e dunque è
differente l’equilibrio che si ha sul mercato monetario.
In caso di prezzi alti tasso di interesse alto. Quindi le imprese faranno meno
investimenti e DA sarà minore.
In caso di prezzi bassi tasso di interesse bassi. L’iniezione di liquidità i termini reali è
maggiore e quindi le imprese saranno incentivate a fare investimenti e quindi DA sarà
maggiore.
L’effetto tassi di interesse è un ulteriore meccanismo che contribuisce a spiegare la
relazione inversa tra livello di prezzi o tasso di inflazione e DA e quindi livello del reddito.
Dunque la curva AD è la relazione che interviene tra DA e il livello dei prezzi o la
variazione del tasso di inflazione.
EFFETTO RICCHEZZA
I primi due sono sufficienti (terzo è facoltativo)
6 dicembre 2017
MERCOLOEDI’ 7 FEBBRAIO PARZIALE MACROECONOMIA
A-C 10:30 Dovrebbe essere aula S. Agostino (?)
Tempo a disposizione fino alle 12:00
3 domande di macroeconomia , non più di 55 minuti
D-K 12:00 FINO ALLE 13:30
CURVA AS
È una novità: perché nei modelli fatti fino a ora consideravamo dato il livello dei prezzi,
non immaginiamo che i prezzi potessero variare e quindi non ci preoccupavamo di
spiegare i fattori che determinano il livello generale dei prezzi. Quindi la seconda variabile
è a variazione dei prezzi o il tasso di inflazione.
- Vediamo quali fattori influenzano e alla fine determinano il tasso di inflazione-
Immaginano che i prezzi dipendano dai costi di produzione, e che i costi di produzione
dipendano dai costi salariali (salari e stipendi, cioè costo del lavoro).
Salari costi prezzi
Se interpretiamo questa sequenza in senso dinamico possiamo dire che la
variazione dei salari monetari determina la variazione dei costi di produzione e
quindi la variazione dei prezzi.
Naturalmente conta anche la tecnologia: immaginiamo che un sistema economico adotti
tecnologie molto raffinate per cui c’è una elevata produttività del lavoro; a parità di salario
o variazione di salari se cresce molto la produttività del lavoro, l’impatto sui costi di
produzione è più contenuto e dunque a parità di produzione il tasso di inflazione sarà
basso.
Attenzione però: la produttività del lavoro nei nostri sistemi economici, salvo patologie,
non dipende da ritmi del lavoro normali, ed essenzialmente dipende dalle tecnologie
produttive (aggiornate, sofisticate, buona ordinazione del lavoro). Tutto questo pacchetto
di fattori è dato nel breve periodo.
Data la condizione sociale che rende diffuso e accettabile un certo ritmo nell’attività
ceteris paribus’
lavorativa, data la tecnologia, e quindi ‘ (a parità di tutte le altre
circostanze) su queste complesse variabili che naturalmente cambiano, ma cambiano nel
lungo periodo. Nel breve periodo queste variabili le possiamo considerare date.
Resta vero, a questo punto, che date queste variabili varie la variazione dei salari
determina la variazione dei prezzi, cioè del tasso di inflazione.
Noi qui stiamo conducendo un’analisi di breve-medio periodo, non di lungo periodo.
Dobbiamo vedere come perché un’economia si può discostare o non si discosta dal
prodotto potenziale e dobbiamo vedere che cosa fare, quali politiche macroeconomiche
introdurre per, se necessario, riportare l’economia verso la piena occupazione.
Quindi nel breve periodo l’organizzazione produttiva, le tecnologie produttive
sono date, dunque il tasso di infazione dipende dalla dinamica dei salari
monetari, da come variano salari e stipendi. Se salari e stipendi corrono è chiaro che
correranno anche i prezzi e viceversa; se salari e stipendi al limite stanno fermi anche i
prezzi staranno fermi.
E il tasso di variazione di salari e stipendi (salari per semplicità), il Ẇ, da cosa dipende?
Dipende dal tasso di disoccupazione. E il tasso di disoccupazione è una u ‘unemployment’
numero dei disoccupati/forza lavoro complessiva.
È plausibile immaginare che se la disoccupazione è eleva, se il tasso di disoccupazione
è elevato, in queste condizioni si può immaginare che i salari non aumentano di botto.
In fondo il salario è il prezzo della forza lavoro; se c’è una elevata disoccupazione vuol dire
che c’è una elevata offerta di lavoro rispetto alla domanda di lavoro espressa dalle
imprese. E quindi da questo punto di vista guardando il mercato del lavoro come a un
mercato normale (come il mercato delle mele) sappiamo che il prezzo non tende a salire
se c’è una elevata offerta di quella merce.
Quindi elevata disoccupazione vuol dire tanta gente che vuole lavoro, tanta gente che si
presenta sul mercato del lavoro dal lato dell’offerta.
E dunque in una situazione in cui la disoccupazione è elevata ci aspettiamo che i salari
crescono poco o non crescano affatto.
Il mercato del lavoro ha un notevole spessore istituzionale, perché nei nostri
sistemi economici i salari sono un prezzo contrattato. Quindi conta molto il potere
contrattuale del lavoro organizzato, dei sindacato.
Ma anche da questo punto di vista, guadando anche queste dimensioni istituzionali
complesse del mercato del lavoro, se c’è una disoccupazione elevata il potere contrattuale
dei lavoratori è basso. Noi possiamo ribadire una dinamica molto contenuta o ferma
dei salari in un contesto in cui la disoccupazione è alta.
Viceversa, in un contesto di bassa disoccupazione, in una situazione in cui il sistema è
in un equilibrio di piena occupazione, il tasso di variazione dei salari e dunque dei
prezzi è elevato.
In questo caso il mercato del lavoro diventa un mercato testo: le imprese si contengono i
lavoratori se c’è piena occupazione. Il potere contrattuale dei lavoratori organizzati è forte.
E quindi mano a mano che la situazione tende verso la piena occupazione e arrivata alla
piena occupazione, la dinamica dei salari e dei prezzi sarà più sostenuta.
SEQUENZA u Ẇ Ṗ
È molto importante perché una questione complessa viene così riassunta nei suoi aspetti
essenziali. Possiamo ipotizzare l’esistenza di una relazione tra disoccupazione, salari e
prezzi; tra disoccupazione, andamento/dinamica dei salari, quindi variazione dei salari, e
variazione dei prezzi, cioè inflazione.
Questa è una ipotesi plausibile, empiricamente verificata e molto importante. Possiamo
riassumerla in termini semplici.
Possiamo dire che il tasso di inflazione (Ṗ) è in funzione del tasso di disoccupazione u.
Cioè la dinamica dei prezzi, l’inflazione dipende dalla disoccupazione.
È una relazione inversa Ṗ = f(u)
Questa relazione prende il nome di CURVA DI PHILLIPS (1958 economista britannico,
neozelandese).
Se mettiamo sull’asse verticale il tasso di inflazione, e sull’asse orizzontale il tasso di
disoccupazione Phillips trova che tra queste due variabili esiste una relazione inversa.
Quanto più bassa è la disoccupazione tanto più corre l’infazione e viceversa.
Se la disoccupazione è bassa, il mercato del lavoro è più teso, salari e stipendi corrono di
più e il risultato è che il tasso di inflazione è alto e viceversa.
- IN SUO ONORE È CHIAMATA CURVA DI PHILLIPS -
RAPPRESENTIAMO GRAFICAMENTE LA CURVA AS
Cioè la relazione tra il tasso di inflazione e il livello del reddito (prodotto lordo del sistema).
È una curva cui andamento non è lineare; noi non possiamo per semplicità di analisi
assumere che la relazione sia lineare (cioè rappresentata da una retta) perché un conto è
per semplicità ritenere che la relazione sia rappresentata da una retta, e un conto è avere
argomenti teorici tali da renderci impossibile pensare a una relazione non lineare.
Questa curva dell’offerta aggregata non è altro, ha come contenuto informativo,
le stesse informazione che possiamo derivare dalla curva di Phillips.
Presenta la stessa relazione inversa riassunta nella curva di Phillips che noi avevamo
ipotizzato come una relazione più plausibile tra disoccupazione e inflazione.
Leggiamo il grafico nel suo significato economico: sull’asse orizzontale misuriamo il
prodotto lordo, vicino alla intersezione, all’origine degli assi siamo su livelli di PIL molto
bassi, molto contenuti. Questi livelli di Y stanno a indicare il sistema economico che è
andato ad infilarsi in una situazione di depressione, molto lontano dalla piena
occupazione.
Nella regione della curva orizzontale il PIL del sistema è molto contenuto,
dunque il tasso di disoccupazione è molto alto (siamo molto lontani dal
prodotto potenziale, dal reddito di piena occupazione).
Qui c’è una disoccupazione elevata e questa disoccupazione è prevalentemente
keynesiana o involontaria (la gente non sceglie di essere disoccupata perché preferisce
andare a pescare).
La sequenza è: elevata disoccupazione salari fermi tasso di inflazione contenuto.
(infatti l’inflazione rimane a livello basso, non si muove).
Possiamo anche vedere che all’aumentare della produzione, de