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IL GIUSNATURALISMO

1. I tratti fondanti del giusnaturalismo moderno

Il pensiero giusnaturalistico seicentesco punta a individuare un complesso di diritti soggettivi ritenuti propri di ogni essere umano in quanto tale e quindi patrimonio intangibile dell'umanità, una serie di diritti soggettivi irrinunciabili e da tutelare indipendentemente dalle strutture politiche, religiose e sociali a cui appartengono gli uomini.

Il Giusnaturalismo postula l'esistenza di norme di diritto naturale, superiori a quelle del diritto positivo vigente in un dato contesto storico e temporale, ovvero l'esistenza di regole giuridiche applicabili ovunque e non solo in un singolo ordinamento giuridico.

Questo "diritto naturale" consiste in una serie di regole auto-evidenti di giustizia e di valori etico-sociali universali, che hanno il loro fondamento nella natura razionale dell'uomo.

Queste regole 'extra-legali' della convivenza umana, che in quanto

sono necessariamente e in quanto sono valide per l' genere umano, si contrappongono alle regole dei sistemi di diritto positivo, che non sono altro che il prodotto della volontà del singolo legislatore. Al contempo, riconoscere l'esistenza di un significa porre un limite invalicabile al potere legislativo statale, nel senso che il diritto 'positivo' emanato dall'uomo deve ritenere come certi e irrinunciabili determinati valori riconducibili al diritto naturale superiore. Sebbene appaia a prima vista semplice definire il contenuto specifico del diritto naturale, ecco che non c'è mai stata una totale concordanza di opinioni fra i vari giusnaturalisti: ciò che sembrava un esempio evidente di diritto naturale per taluni, non lo era per altri. Se sul diritto alla vita non c'erano problemi, la proprietà individuale era invece considerata da alcuni un diritto

naturale dell'uomo e da altri una violazione al principio naturale del comune godimento dei beni. Si pensi anche alla schiavitù: per alcuni essa violava il diritto naturale a essere liberi, ma altri ritenevano di poterla giustificare ricollegandola alla proprietà sulle cose.

Alla base del diffondersi del Giusnaturalismo vi sono state: crisi-ladell'universalismo cristiano-cattolico, crisi dei sistemi politici e giuridici tradizionali.

Di fronte alla divisione religiosa dei popoli europei, un tempo uniti dalla fede comune, e al conseguente dilagare delle guerre di religione, e di fronte al crescente potere assunto dallo Stato e dalla legislazione statale nel disciplinare i rapporti fra gli uomini, il Giusnaturalismo si proponeva di individuare i diritti fondamentali o innati dell'uomo nei confronti dei quali le varie autorità politiche e religiose potevano optare per due opposti approcci:

  1. considerare l'esistenza tali diritti sul piano astratto,

come un limite ‘naturale’ - superiore, astratto eindefinito - al proprio operare

2. riconoscere ufficialmente l’esistenza di tali diritti e elencarli concretamente in norme positive

Il problema si complicava passando dal piano dell’individuo a quello della società e ai rapporti tra gliStati: ci si chiedeva fino a che punto i governi degli Stati dovessero riconoscere non solo i diritti degliindividui viventi all’interno dei confini statali, ma anche i diritti degli altri Stati.

2. Il pensiero di Ugo Grozio (1600)

L’olandese Ugo Grozio è considerato il padre fondatore e iniziatore del pensiero giusnaturalisticomoderno e della Scuola del diritto naturale. La sua fama è frutto della pubblicazione del De iure belliac pacis del 1625.

Il diritto positivo vigente in un certo luogo deve essere considerato come il frutto di un’operazionerazionale condotta dall’uomo, il risultato di un’operazione creativa dettata e guidata

dalla ragione. Inquanto tale, il diritto positivo creato dagli uomini guidati dalla ragione deve considerarsi valido anche qualora Dio non dovesse esistere, il che equivale a "secolarizzare" il fondamento di legittimità del diritto che è individuato da Grozio nella ragione umana, piuttosto che nella volontà divina. In Grozio i termini 'Dio' e 'Natura' sono pensati in modo separato e il fondamento del diritto naturale non risiede nella divinità, ma nella razionalità. Afferma anche l'esistenza di un "diritto naturale", inteso come il prodotto di un modo razionale di ragionare, e che è alla base di ogni tipo di diritto positivo creato dall'uomo nel corso dei secoli all'interno dei vari Stati. Le regole di questo "diritto naturale" derivano tutte da 3 assiomi (postulati giuridici, principi cardine) di cui non è necessario dimostrare la fondatezza o ragionevolezza, ma che

devono regolare sempre e comunque l'operato umano, trattandosi di regole di condotta da cui l'uomo può derivare con l'aiuto della ragione tutti gli altri precetti del diritto naturale:

  1. bisognava mantenere fede ai patti
  2. mai impossessarsi delle cose altrui: non rubare e restituire il maltolto o il profitto indebitamente tratto
  3. non arrecare mai danni agli altri e risarcire i danni causati per propria colpa (risarcimento economico)

Grozio formula poi la teoria dello "stato di natura" e del "contratto sociale", che nel Giusnaturalismo ha la funzione di assegnare un'origine "contrattuale" sia allo Stato che al sistema dei rapporti privati. Per Grozio è esistito in una lontanissima epoca preistorica uno "stato di natura", cioè una forma di convivenza fra uomini anteriore alla società organizzata con le forme di uno Stato moderno: in quello "stato di natura" gli uomini vivevano nella

stato di natura, creando un ordinamento politico-istituzionale. Questo nuovo sistema prevede la creazione di uno Stato, con un governo centrale che detiene il potere e stabilisce le regole per la convivenza sociale. In questo nuovo contesto, vengono introdotti dei diritti e delle leggi che regolano i rapporti tra gli individui e garantiscono la sicurezza e la giustizia. Viene istituito un sistema di proprietà privata, che permette agli individui di possedere e gestire i propri beni. Tuttavia, questa trasformazione comporta anche dei limiti alla libertà individuale. Gli individui devono sottostare alle leggi e alle regole stabilite dallo Stato, che possono limitare alcune delle loro libertà personali. In cambio, però, viene garantita la sicurezza e la protezione dei diritti di tutti i cittadini. In conclusione, il passaggio dallo stato di natura a uno Stato politico-istituzionale comporta una limitazione della libertà individuale, ma garantisce anche la sicurezza e la giustizia per tutti i cittadini.'statodi natura': stipulano tutti insieme un contratto sociale, cioè un accordo con cui decidono dirinunciare a una parte dei loro diritti naturali e delle loro libertà naturali, in modo da conferire a un nuovo ente giuridico, lo Stato, il compito di tutelare le loro vite, i loro beni e i loro interessi. Con il contratto sociale gli uomini conferiscono a un singolo individuo, cioè a un sovrano, il compito di far rispettare gli interessi di ciascuno: in vista del perseguimento dell'utilità comune gli uomini decidono di stipulare un patto con cui trasferiscono a un sovrano il potere di far rispettare coercitivamente gli interessi individuali, determinando così il passaggio dallo 'stato di natura' allo 'stato civile'. Nel 'contratto sociale' vengono indicati i diritti e i doveri delle parti, cioè sia i diritti dei singoli che il sovrano deve garantire sia i poteri del sovrano cui

L'individuo si assoggetta. Ne consegue che il fondamento del potere politico non sta più in una legittimazione divina, ma nella volontà dei consociati stessi, che liberamente decidono di stipulare con il sovrano un accordo. Essi rinunciano alla loro libertà naturale, che dovrebbe essere assoluta e illimitata, ma è in realtà ormai impraticabile, per poter godere di una libertà civile, più limitata, ma certa.

3. Thomas Hobbes (1600)

L'inglese Thomas Hobbes scrive un'opera intitolata il Leviatano (1652) in cui afferma, come Grozio, che è possibile teorizzare l'esistenza in una lontana epoca preistorica di uno "stato di natura" antecedente lo "stato civile". Hobbes ha una visione più pessimistica dello "stato di natura": per lui è un mondo dominato dal caos e dalla violenza, dove vale la legge del più forte, quella secondo cui homo homini lupus.

(l'uomo è un lupo per gli altri uomini). In questo stato di natura domina la paura e non la pacifica convivenza, perché ogni uomo è mosso dal desiderio di avere tutto ciò che ritiene buono e utile, mentre respinge e allontana da sé ciò che considera cattivo e dannoso. Per ottenere tutto ciò che considera buono e vantaggioso per sé, ogni essere umano utilizza tutti i mezzi di cui dispone. E poiché gli uomini hanno tutti la medesima aspettativa di conseguire i medesimi vantaggi e di godere degli stessi beni, si innesca una competizione incessante per ottenere ricchezze, onore e ogni altro potere, generando rivalità, inimicizie e guerre.

In questo stato naturale l'uomo vive in una continua condizione di guerra, ossia in uno stato dominato dalla paura continua per la propria sicurezza: ognuno cerca di conservare la propria vita, anche a costo di danneggiare gli altri. È allora la paura a spingere gli uomini a

reagire stipulando il pactum societatis: un contratto sociale con cui gli uomini si accordano fra loro per rinunciare ai loro diritti naturali in modo irrevocabile, trasferendoli in capo allo Stato, ossia al sovrano. La pace e la sicurezza sono possibili solo con la costituzione di un forte potere a cui tutti gli individui sono soggetti e che abbia i mezzi per fare rispettare le sue volontà. Tale contratto sociale è descritto da Hobbes come un "contratto a favore di terzi", ovvero un reciproco scambio di prestazioni da cui derivano solo dei benefici e non degli obblighi a favore di una terza parte, esterna al contratto, ovvero lo Stato: per i sudditi il patto è irrevocabile, perché prevede doveri e obblighi cui adempiere irrimediabilmente e sempre; il sovrano non è parte del contratto, bensì solo il beneficiario (né Gorzio) di quanto deciso dai contraenti, e quindi egli non è in alcun modo vincolato dal patto, non può

Il sovrano non può essere mai deposto dai sudditi (anche se agisce in modo tirannico) e ha il diritto a essere ubbidito sempre: i sudditi devono assoluta obbedienza al sovrano, mentre il sovrano ha tutti i diritti e nessun dovere nei confronti dei sudditi.

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
58 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher _niicoless_ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Elementi di storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Rondini Paolo.