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Imprese di trasporto stradale.
Imprese di trasporto ferroviario.
Compagnie di trasporto marittimo.
Operatori terminalisti.
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Vantaggi e svantaggi del ciclo complesso.
1. Viene ricercato il modo di trasporto ottimale in relazione al carico da trasportare dando origine
a vantaggi di produzione e vantaggi di costi esterni; vengono ricercati il modo di trasporto e la
dimensione del veicolo adatti al volume di traffico; in base alla distribuzione geografica e alla
confluenza dei flussi possono configurarsi ingenti economie di scala.
2. Aumentano i costi di terminal, i tempi di viaggio e di trasbordo e la vulnerabilità dei nodi,
mentre diminuisce l’affidabilità
Molto spesso i vantaggi compensano i costi.
Lo sviluppo del ciclo complesso economico.
Ri-localizzazione delle risorse produttive dovuta all’aumenti dell’interscambio mondiale.
Economie di scala dei veicoli Soprattutto navi.
Carichi piccoli da origini e per destinazioni disperse più numerosi a causa della diffusione
dei trasporti specializzati Disaggregazione.
Trasporto “capital intensive” Alti costi fissi e necessità di investimenti.
Innovazioni tecnologiche di manipolazione e movimentazione dei carichi con un
conseguente abbattimento dei costi/tempi di terminale Efficienza.
Ciclo complesso, produzione ed utenza.
Scambio efficienza-efficacia.
+/- costi
+/- tempi
+/- affidabilità
La struttura del mercato è cruciale per la diffusione dei benefici dell’intermodalità verso gli utenti.
Il sistema hub-and-spoke.
Veicoli “feeder” Trasportano singole partite fino ad un nodo di raccolta e di interscambio con il veicolo
principale, fino al nodo di smistamento.
Nel ciclo plurimodale, infatti, nelle due o più fasi del trasporto si utilizzano modi diversi (la tratta iniziale
è solitamente stradale, mentre quella principale può essere marittima, ferroviaria o aerea).
Distanza e convenienza del ciclo complesso.
I volumi maggiori fanno maggiore ricorso all’intermodalità, a parità di distanza percorsa.
Pendenza = costi chilometrici. Nel primo grafico costa meno il
trasporto con ciclo complesso, mentre
nel secondo quello con ciclo semplice:
ciò è dovuto alla distanza tra il punto A e
il punto B, ma anche dalla distanza dal
punto B al punto D Diminuisce l’inclinazione del tratto centrale di bb’ ed il valore critico della distanza AB oltre al
quale è conveniente il trasporto intermodale.
Se ragioniamo per dimensioni crescenti del carico e del veicolo, le pendenze cambieranno a seconda
delle economie di scala del modo di trasporto utilizzato; ad esempio per il trasporto su gomma (camion)
le economie di scala sono pressoché inesistenti, mentre nel trasporto marittimo sono notevoli.
Economie di scala e ciclo complesso forte.
Non ci sono limitazioni sul lato dell’offerta, ma sul lato della domanda, troppo piccola per usufruire
di economie di scala Conformazione stabile della domanda.
Convenienza del ciclo complesso.
Percorso più lungo Costi complessivi.
Costo semplice OD: C + (tm1 * OD) + S, con tm1 = tasso chilometrico semplice.
Costo complesso OABD: C + (tm1 * OA) + T + (tm2 * AB) + T + (tm1 * BD), con C= caricazione, T
= trasbordo e S= scaricazione.
Un ciclo complesso è conveniente se tm1*(OD-OA-BD) – (tm2*AB) – 2T > 0, cioè ponendo AB = X e (OD-
OA-BD) = Y Y>(tm2/tm1)*X + (2T/tm1). Ogni relazione di traffico da
un’origine ad una destinazione
semplice ha un’alternativa
complessa più o meno
conveniente. Tale grafico mette
in relazione le componenti
economiche (costi di
produzione) dell’offerta con
quelle geografiche della
domanda senza tener conto
delle eventuali economie di
scala.
Se ne tenessimo conto, l’area del ciclo complesso aumenterebbe, anche grazie al tasso chilometrico del
trasporto “feeder” Rotazione verso il basso della Y = f(X). Se, invece, riducessimo i costi di
movimentazione e di trasbordo la retta si sposterebbe verso il basso parallelamente a se stessa, a parità di
pendenza.
Se, ancora, venisse modificato il coefficiente angolare (tm2/tm1) la retta ruoterebbe verso l’altro o verso
il basso, proprio come in presenza di economie di scala.
Anche se non ci fossero modifiche dal punto di vista dell’offerta, nelle lunghe distanze si tenderebbe ad
adattare comunque un ciclo complesso, questo grazie anche alla distanza economica, alla dimensione
delle partite e alla dispersione dei flussi.
Il ciclo complesso vuole ridurre il costo di trasbordo dei nodi ed evitare la frammentazione dei rapporti
tra caricatore e altri soggetti, così da formare un ulteriore aggiunto con la gestione del ciclo stesso.
Unitizzazione (normalizzazione) dei carichi: innovazione organizzativa che raggruppa partite
di merci diverse fra loro per natura e dimensione in unità standard al fine di ricavare grandi
incrementi di produttività che hanno ridotto a loro volta il transito nei nodi e i costi di
movimentazione e manipolazione.
o Impianti specializzati di movimentazione/eliminazione impianti di movimentazione.
o Minimizzazione rotture di carico nel trasbordo.
o Nuove navi e attrezzature: containers, ciclo automezzo-traghetto (semirimorchio nella
stiva della nave+ ro-ro), cassamobile (container per il trasporto via terra), pallet
(piattaforma di legno dalla quale si scarica/carica la merce per mezzo di una gru di
banchina), ecc…
o Conseguenze: + produttività + velocità + dimensione ottima della nave
Unicità di gestione e controllo sull’intero ciclo (controllo, coordinamento e responsabilità):
creazione di una valore superiore a quello creato nel servizio di trasporto stesso. Molto
spesso, infatti, in quest’ultimo il valore si riduce a causa della concorrenza (P=MC). Non
sempre, comunque, ci guadagna l’utenza, ma l’organizzatore del ciclo; l’unico soggetto,
peraltro, con il quale l’utente può interloquire.
Se il costo del trasporto, in rapporto al crescente valore del bene trasportato, è divenuto irrilevante, allora
l’elemento determinante sarà il costo di produzione Produco dove mi costa meno per poi trasportare la
merce sul mercato (es: Cina); si pone il problema, poi, se è più conveniente trasportare materie prime via
mare oppure prodotti finiti via terra e sul ruolo del porto come centro ideale di trasformazione.
Oggigiorno, infatti, questa logica non esiste più, anzi, data la crescente meccanizzazione, occorrerà sempre
meno personale per muovere maggiori quantità di merci e aumenterà la disoccupazione Indotto
portuale dislocato in altre aree. Anche la struttura stessa del porto cambierà Passaggio da un porto a
pettine ad un porto a piazzale.
Il termine intermodale identifica
una gestione unitaria del ciclo, che trasferisce l’unità di carico da un veicolo all’altro più gli
annessi servizi logistici;
una frammentazione del ciclo in più viaggi (definizione meno usata).
La gestione unitaria fa sì che coloro che compiono il servizio di trasporto scarichino i rischi relativi
alla produzione del servizio e le rigidità di costo sugli operatori logistici, rinunciando ad una posizione
strategica. La sostituzione dei singoli componenti del ciclo intermodale diventa, così, più semplice
territorialmente e logisticamente.
In questo ambito le economie di scala e di scopo costituiscono forti barriere all’entrata e riducono
la concorrenza a favore di alleanze.
I nodi intermodali.
Funzioni localizzate nei nodi.
o Interscambio: movimentazione, consolidamento intermodale e intramodale, ecc…
o Logistica (non di trasporto) e stoccaggio: gestione del magazzino per attività industriali.
o Distribuzione: base per la diffusione di merci su ambito territoriale con un
mercato rilevante.
Terminali interni.
o Autoporto: operatori del trasporto stradale.
o Magazzino generale: prodotti alimentari con custodia.
o Piattaforma logistica: una sola tipologia merceologica.
o Centro merci: operatori ferroviari.
o Terminale intermodale: ferrovia + camion (senza VAS = servizi logistici ad alto
valore aggiunto).
o Interporto: ferrovia + altri modi con VAS.
Attività dei nodi Polarizzazione di attività economiche e indotto occupazionale.
o Terminale e servizio ai veicoli.
o Servizi al carico.
o Servizi alle persone.
o Servizi generali.
Autotrasporto.
L’autotrasporto italiano vanta di grandi imprese a Nord-Ovest e piccole-medie imprese a Nord-Est e nel
Centro-Sud, tutte molto sviluppate. Carente è, invece, il settore autostradale a Sud, a differenza di
quello settentrionale.
Vantaggi.
1. Sostanziale assenza di economie di scala a causa delle dimensioni modeste del veicolo. Se
aumenta il carico in maniera significativa, aumenta il numero dei veicoli. E’ possibile, però,
ottenere piccole economie di scala nell’organizzazione di una flotta molto ampia.
2. Tecnologia semplice e consolidata.
3. Struttura di mercato composta da un gran numero di offerenti.
a. Alta qualità/basso prezzo.
b. Atomizzazione/parcellizzazione dell’offerta.
c. Mercato estremamente/eccessivamente concorrenziale.
4. Investimenti legati al veicolo modesti Il settore ha bisogno di poco credito.
5. Flessibilità.
a. Geografico-infrastrutturale: raccolta e distribuzione capillare del carico Merci.
b. Volume di carico: a partire da volumi molto bassi, l’autotrasporto risulta conveniente.
c. Orario: l’autotrasporto, essendo basato sulle esigenze della domanda, risulta
massimamente flessibile nei tempi.
i. Risparmio dei tempi di attesa fino a che la distanza non diventa insostenibile.
ii. Rapidità ed affidabilità.
Svantaggi.
1. L’eccesso di offerta (offerta polverizzata), soprattutto in tempi di crisi, annulla qualunque possibilità
di extraprofitto Il profitto viene, quindi, integrato da sovvenzioni statali, spesso distorsive ed
inefficienti.
2. Se non ci sono margini di profitto, non è possibile investire in nuovi veicoli Costi variabili che
producono la stessa somma di denaro derivante da un investimento tecnologico.
a. + manutenzione.
b. + consumo.
c. + inquinamento.
3. Condizioni di accesso al settore e tariffe a forcella sfavorevoli.
Trasport