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POLIMERI DI ACIDI NUCLEICI
Esistono delle applicazioni come biomateriali da utilizzare per il drug delivery
oppure per legare pezzi di DNA che servono a dare indicazioni al
metabolismo cellulare.
PROTEINE PARTICOLARI
Per esempio la seta che ha proprietà incredibili. Essa si studia da molto
tempo. Ha un’ottima biocompatibilità e ha ottime proprietà meccaniche. Altri
sono per esempio il collagene e gelatina
MATERIALI COMPOSITI
Essi sono fatti da due materiali distinti. Uno che svolge la funzione di matrice
e l’altro che svolge la funzione di rinforzo. L’obbiettivo dei compositi è quello
di ottenere delle proprietà che non hanno i materiali puri. Le due fasi sono
chiamate rispettivamente fase continua (matrice) e fase discontinua (la parte
riempitiva), in realtà si può ottenere un sistema in cui ho entrambe le fasi
continue ma è difficile da ottenere. La matrice è quasi sempre un polimero
mentre il rinforzo può essere di vario tipo, in generale indipendentemente
dall’applicazioni posso essere particelle per esempio minerali (HA per
esempio per la rigenerazione ossea) oppure possono essere particelle la cui
funzione non è prettamente meccanica ma di biosignallig (per esempio il
biovetro, quindi per esempio uno scaffold polimerico che contiene sferette di
biovetro), posso avere come rinforzo anche fibre naturali e biodegradabili
(canapa), oppure per altre applicazioni, che non siano biomediche, introduco
un rinforzo di metallo. Per applicazioni biomediche si possono trovare rinforzi,
sotto forma di fibre, realizzate con materiale polimerico, ed avere due
polimeri che costituiscono i polimeri. La soluzione più ovvia per applicazioni
biomediche è quella di utilizzare come rinforzo i materiali ceramici o qualche
volta minerali ossei (di cadavere o di bovino caricati dentro la matrice). I
compositi sono molto utilizzati in ambito odontoiatrico; si ha una matrice in
polimero o prepolimero fotopolimerizzabile che contiene dentro una pasta
che imula la struttura, la proprietà e l’estetica dello smalto, che
essenzialmente è fatta da cristalli di vetro e silice. Il polimero, che non è
biodegradabile, serve a rendere il sistema modellabile e poi viene a
solidificarsi in sito.
CHIARIMENTO
Abbiamo parlato di rinforzo in questi compositi; quado parliamo di proprietà
meccaniche bisogna fare riferimento soprattutto a quale applicazione ci si stia
riferendo. Nell’ambito dei compositi il riferimento principale è il polimero (gli
scaffold si realizzano in materiale polimerico) quindi anche se utilizziamo i
materiali ceramici come rinforzo (e spesso vengono utilizzati con rivestimento
per le loro scarse proprietà meccaniche), essi hanno proprietà maggiori
rispetto a quelle dei polimeri, per cui si posso utilizzare come rinforzo. Quindi
aggiungere il 5-10% di una polvere ceramica aumenta le proprietà di un
polimero. In realtà se parliamo di un sistema rigenerativo le proprietà
meccaniche che mi servono devono essere il più vicine a quelle de tessuto
come l’osso, ma la mia idea è che utilizzo uno scaffold (come quelli in
ceramica porosa) per stimolare la rigenerazione dell’osso e quindi alla fine le
proprietà meccaniche non sono poi così tanto rilevanti. Quindi se guardo il
tutto con un approccio di tissue eng. immagino che prendo il componente che
costituisce il costituente fondamentale dell’osso, lo utilizzo per fare un
sistema biomimetico e che abbia delle proprietà che “si avvicinino” a quelle
dell’osso.
Altro problema è legato alle fibre. Il concetto sta nel fatto che potrà avere
delle fibre mal bagnate dalla matrice e che quindi comporterebbero una
diminuzione delle proprietà, ma anche del tipo di fibre che inserisco; per
esempio non posso inserire delle fibre che non biodegradino a meno che
l’idea non sia di un biovetro che non si degradi ma si integra con l’osso. La
progettistica in termini di proprietà meccanica non si approfondisce più di
tanto quando si parla di ingegneria tissutale. Utilizzo quindi sempre anche gli
stessi polimeri come pla e pga pcf, e filler in genere minerali.
Capitolo 3.
Tecnologie per la produzione di
Scaffold
STRATEGIE DEL DESING DI SCAFFOLD
Parliamo delle tecnologie con le quali si producono gli scaffold.
Qualitativamente l’immagine precedente spiega le proprietà meccaniche in
funzione del tempo. Ho per esempio un sistema, un biomateriale che si
biodegrada e perde le sue proprietà, e contemporaneamente un sistema che
si forma in vitro e in vivo e che acquista proprietà. Queste due cinetiche
devono essere tali da non causare fallimenti e deve garantire la
rigenerazione del tessuto e la scomparsa del dispositivo. Le strategie che
posso applicare per la rigenerazione sono diverse tenuto conto dell’approccio
differente tra medicina rigenerativa (in vivo) e tissue engineering (in vitro e poi
in vivo); posso per esempio infatti impiantare lo scaffold direttamente in vivo
senza ricoprirlo di cellule. O al contrario far accrescere una colonia cellulare
sullo stent in vitro e poi successivamente impiantare.
(1) (2)
(3)
Questa immagine è un pò più specifica. Essa spiega un approccio diverso,
dove si ha la percentuale di proprietà in funzione del tempo. La curva n.1
indica la perdita di peso molecolare, cioè il fatto che il mio polimero con una
certa cinetica va depolimerizzando. Ciò è dovuto ai contatti con i fluidi
corporei in cui si trova (che può essere sia in vitro che in vivo). La
diminuzione del peso molecolare non vuol dire perdita di peso, ma perdita di
proprietà meccaniche che non è accompagnato da nessun tipo di rilascio di
sostanze. Se guardiamo la perdita di peso nella curva n.2, essa avviene
molto dopo, quando già il PM è diminuito un bel po'. ciò vuol dire che delle
catene si stanno rompendo e statisticamente alcune si rompono alle
estremità piuttosto che a metà catena, e vengono appunti metabolizzati
cominciando il desorbimento del materiale. L’idea è che lo scaffold fornisce
un supporto dal tempo dell’impianto delle cellule fino al tempo in cui il tessuto
verrà ricostruito completamente. In altri termini immagino un impianto a 4
mesi in vivo, mentre al tempo zero ho il vitro. Dal tempo zero fino a 4 mesi
però è già cresciuto un neotessuto (vedi curva n.3) sul mio scaffold, che ha
delle proprietà importanti (circa 85%), quasi al 100% delle proprietà finali del
vivo. Fino al quarto mese il mio scaffold ha perso un po' del peso molecolare,
quindi è quasi totalmente integro in cui si è rigenerato un tessuto simile a
quello che avrò, magari derivante dalle cellule dello stesso paziente. Per cui
tutta la biodegradazione dello scaffold avviene in vivo. Lo scaffold offre quindi
un supporto meccanico e biologico e stimola la rigenerazione soprattutto per
lo stato in vitro, e vado poi ad impiantare un costrutto biologico/bioibrido
integro. La consistenza meccanica è consentita fino a quando il neotessuto
non si regge da solo (come avevamo visto per il grafico qualitativo). Da
quando comincia la vera biodegradazione infatti si può vedere che alla
intersezione della curva 2 con la curva 3 il neotessuto ha il 100% delle
proprietà. Tipicamente questa strategia appena descritta è utilizzata per i
tessuti molli. L’ i m m a g i n e s p i e g a u n a l t r o
approccio, tipicamente utilizzato per
i tessuti duri questa volta. L’impianto
è avvenuto a 15 settimane, quindi
analogo al caso precedente. Da
quando faccio la coltura a tempo
zero, a quando impianto passano
15 sett e le proprietà aumentano
comuque. A 15 sett il costrutto che
io ho ottenuto però presenta delle
caratteristiche meccaniche più
basse al cado precedente (circa 50%), mentre il peso molecolare comincia a
diminuire molto presto (nelle prime settimane) e a 15 settimane la
depolimerizzazione è andata così tanto avanti che addirittura (poiché la
perdita in peso è iniziata molto prima) che ho perso quasi completamente il
polimero. Sto impiantando anche qui un costrutto bioibrido dove però non c’è
più lo scaffold come entità sulla quale cresce il neotessuto. Impianto il
neotessuto in sé e per sé. Lo scaffold lo utilizzo esattamente per far crescere
questo neotessuto. Allora secondo questo approccio lo scaffold serve
soltanto in vitro e non in vivo. Dopo le 15 sett è rimasto soltanto il tessuto con
la memoria che lo scaffold ha impresso. La consistenza iniziale è consentita
solo nella fase iniziale, perché nel momento dell’impianto la consistenza
meccanica è data quasi completamente dal neotessuto e dal poco scaffold
rimasto.
I due approcci sono entrambi corretti ed essi spiegano i paradigmi degli
estremi delle due modalità. Un estremo (quello della tissue engineering) in
cui tutto quello che deve fare lo scaffold lo deve fare in vitro e poi, basta che
si sia formato un costrutto in vitro che sia sufficientemente sviluppato, si può
far avvenire tutto in vivo tutto il resto. E il secondo estremo (quello della
medicina rigenerativa) in cui lo scaffold (pieno di cellule in cui ho un minimo di
neotessuto) deve continuare ad agire in vivo. Lo scaffold deve comunque
esserci per conferire strutturalità in vivo.
5 Terapie per organi e tessuti mancanti
1) Trapianto
2) Autografting (da qualche vaso, dalla pelle, e non del cuore per
esempio)
3) Impianti permanenti (protesi)
4) sintesi in vitro
5) sintesi in vivo
4,5 sono due modi diversi per descrivere tissue e med rigenerativa, i
biomateriali sono utilizzati in 3,4,5 e la tissue è legata al 4 e 5 secondo le 2
strategie.
Questa immagine ci fa capire meglio l’approccio tra in vitro e in vivo (da un
punto di vista della rigenerazione). Nell’approccio in vitro faccio una coltura in
cui metto gli ingredienti classici (cellule, regolatori, lo scaffold), faccio un
tessuto (pluristrato nel caso della pelle), ed ho un biocostrutto pronto in cui lo
scaffold è quasi scomparso e posso impiantare nel corpo. Nell’approccio in
vivo prendo lo scaffol e lo impianto direttamente aggiungendo le cellule a
parte o inserendo dei fattori che richiamano le cellule del tessuto circostante
verso lo scaffold.
Iniziamo a parlare di Tecniche di preparazione degli scaffold. Una famiglia di queste nata
dall’approccio medico e che è stata poi convertita all’approccio di T.E è quella di utilizzare come
matrice extracellulare degli organi e dei tessuti de-cellularizzati. Abbiamo visto n