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VANTAGGI:
caratteristiche meccaniche elevate (PS: è un getto!)
ottima resistenza alla corrosione (per sfregamento)
SVANTAGGI:
alto costo
bassa resistenza a fatica (in presenza di difetti metallurgici)
impossibilità di lavorazione per deformazione plastica
Leghe di cobalto per deformazione plastica
VANTAGGI:
ottime caratteristiche meccaniche
buona resistenza alla corrosione
SVANTAGGI:
alto costo
presenza di Ni
complessa tecnologia di produzione
Leghe di cobalto
- corrosione in fessura = Al di sotto della testa delle viti
- corrosione per sfregamento = Solo quando i contatti interfacciali sono
sottoposti a sollecitazione
Proprietà meccaniche dei differenti biometalli
Metalli utilizzati nel corpo umano: acciai inossidabili
Metalli utilizzati nel corpo umano: leghe di cobalto
Metalli utilizzati nel corpo umano: titanio e leghe di titanio
La mia sister del cuoricino .
Degrado ossidativo e corrosione dei materiali metallici nel corpo umano
Dal punto di vista delle proprietà meccaniche i materiali metallici sono
senz’altro ottimi e fra i più idonei per la sostituzione di parti del corpo. Dal
punto di vista però della resistenza al degrado, l’utilizzo di metalli può
comportare dei problemi: ossidazione, corrosione e degrado nel tempo.
Nell’ambiente corpo umano solo i metalli nobili (Au, Pt) non sono corrodibili (il
metallo è più stabile dei propri ossidi), ma oltre ad aspetti legati all’elevato
costo, tali metalli hanno caratteristiche meccaniche insufficienti.
Tutti gli altri metalli (compresi Ti, Fe, Co, Ni, Cr) sono termodinamicamente
suscettibili alla corrosione nell’ambiente del corpo umano.
L’ambiente del corpo umano, al quale i biomateriali sono esposti per tempi
lunghi, può essere descritto come un mezzo acquoso nel quale sono presenti
anioni, cationi, sostanze organiche e ossigeno disciolto.
I principali cationi presenti in esso sono Na+, K+, Ca2+ e Mg2+; i principali
anioni sono Cl-, fosfati (HPO4 2-), carbonati (HCO3 -) e tracce di solfati (SO4
2-). Le sostanze organiche sono tutte le proteine e lipidi che influenzano le
velocità cinetiche di corrosione del materiale.
La concentrazione di ossigeno disciolto, che influenza l’aggressività
dell’ambiente nel sangue venoso, è pari a circa 1/4 di quello presente in aria.
Il PH all’interno di questo sistema è circa 7,4 (neutro), ma in particolari
condizioni di infiammazioni, in seguito a interventi chirurgici, può abbassarsi a
valori compresi fra 4 e 5 rendendo in tal caso l’ambiente acido, che è
favorevole all’innalzamento della cinetica di corrosione. Non si tratta dunque
di un ambiente statico ma dinamico influenzando più o meno il fenomeno
della corrosione.
Tutte le leghe impiantabili sono caratterizzate dalla presenza di elementi che
passivano il materiale (Cr2O3-ossido di cromo, TiO2-ossido di titanio), cioè
sono in grado di formare uno strato protettivo nei confronti di potenziali
aggressioni. Anche gli altri materiali sono in grado di farlo, per esempio il ferro
che a contatto con l’acqua forma la ruggine, ma evidentemente gli strati di
ossido che si formano non hanno le caratteristiche richieste, infatti la ruggine
non aderisce perfettamente al ferro sottostante, si sgretola facilmente, per cui
non riuscirà a proteggere il metallo dal fenomeno della corrosione. Per
passivazione si intende infatti la tendenza dello strato di ossido a proteggere,
grazie a delle determinate caratteristiche, il metallo sottostante, più che alla
formazione dello strato stesso.
Dal momento che i materiali metallici sono utilizzati principalmente per la
sostituzione di tessuti duri, essi lavoreranno in condizioni di sottosforzo
meccanico (anca). Tutto ciò che è legato allo sforzo perciò può aumentare le
cinetiche di degradazione, rende i meccanismi di degradazione più veloci.
Concetto analogo a quello dei polimeri.
Ci sono casi in cui lo strato riesce a riformarsi dopo essersi sgretolato, in altri
invece non riesce a formarsi dando inizio alla corrosione.
Essendo la corrosione un fenomeno superficiale è possibile, attraverso
adeguati accorgimenti, modificare la superficie per renderla più resistente alla
corrosione senza modificare le proprietà di bulk necessarie (proprietà
meccaniche).
All’interno del corpo umano inoltre si devono prendere in considerazione una
serie di fattori:
• I dispositivi sono spesso usati in condizioni di stress meccanico
• L’ambiente biologico non è costante (variazione di PH, variazione di livelli di
ossigeno, attività cellulare)
Bisogna considerare non solo la perdita delle proprietà del dispositivo ma
soprattutto l’entità di rilascio di ioni metallici nel corpo.
I meccanismi di corrosione dei metalli
La forma di corrosione più pertinente relativa ai materiali metallici impiantati
nel corpo umano è quella della corrosione in ambiente acquoso.
Avviene una reazione elettrochimica sulla superficie metallica esposta ad
un’elettrolita acquoso.
Osserviamo dal punto di vista termodinamico la dissoluzione di un metallo
puro immerso in una soluzione acquosa del suo sale. Immergiamo una
bacchetta di ferro in una soluzione acquosa con cloruro di ferro:
Quando un metallo è posto in acqua salata, alcuni ioni
del metallo trovano le condizioni favorevoli da un punto
di vista energetico per passare, idratandosi, dal reticolo
metallico nella soluzione dando origine alla reazione:
Fe Fe2+ + 2e-
Tali condizioni favorevoli risultano dal bilancio delle
energie in gioco in ciascuno degli stadi:
metallo atomo ione ione idratato
A questi stadi corrispondono nell’ordine l’energia
reticolare, l’energia di ionizzazione e l’energia di idratazione.
I primi due processi assorbono energia il terzo la rilascia.
Affinché l’atomo passi in soluzione l’energia di idratazione deve superare
l’energia richiesta dagli altri due stadi, quindi affinché tutta la reazione possa
avvenire, è necessario che ΔG dissoluzione<0, con ΔG combinazione delle
tre energie.
Con il passaggio degli ioni in soluzione il metallo si carica negativamente e la
fase acquosa positivamente. Si crea così un doppio strato elettrico
all’interfase metallo/soluzione e di conseguenza si genera una differenza di
potenziale fra metallo (negativo) e soluzione (positiva).
Man mano che aumentano gli ioni Fe2+ presenti nel doppio strato, aumenta il
numero di essi (carichi positivamente) che tornano nel metallo che si carica
ancora di più negativamente.
Questo continua fin quando si giungerà ad un equilibrio dinamico, a meno
che non venga fornita energia continuamente. Tanto più l’equilibrio è spostato
verso destra, cioè più ioni vengono mandati in soluzione che quindi si carica
positivamente, tanto più alta sarà la ddp.
Se il metallo fosse immerso in acqua pura l’equilibrio sarebbe continuamente
turbato da azione convettive e diffusive del solvente che sposterebbero gli
ioni del metallo lontano dall’interfaccia sostituendoli con ioni H3O+, per
questo motivo si utilizza una soluzione contenente il sale del metallo in modo
che ci siano sempre ioni positivi disponibili all’interfaccia e l’equilibrio si
raggiunga velocemente.
Per capire quanto un metallo tende ad ossidarsi si osserva proprio la ddp.
Raggiunto l’equilibrio la ddp rimane costante ma non potendola misurare
sperimentalmente rispetto alla soluzione, si fa riferimento al potenziale di un
elettrodo di riferimento. Ogni metallo ha una sua tendenza ad ossidarsi in un
particolare ambiente. Il metallo che viene utilizzato per misurare la ddp è un
elettrodo di Pt perché non tende ad ossidarsi, per cui immergendolo in una
soluzione acquosa acida, avvengono la reazione di ossidazione e la reazione
di riduzione.
La maggiore o minore tendenza dei vari metalli a formare ioni in una
soluzione acquosa può essere valutata confrontando i loro potenziali di
ossidazione o riduzione con quello di una semicella standard a idrogeno.
Potenziali di elettrodo standard dei metalli
I potenziali di ossidazione/riduzione sono
confrontati con una cella standard di idrogeno. Il
voltaggio del metallo (Es.-Zn) è direttamente
misurato rispetto all’elettrodo della cella di
idrogeno. Lo zinco viene immerso in una
soluzione 1M dei suoi ioni a 25°C (condizioni
standard). In un secondo contenitore viene
immerso un elettrodo di Pt in una
concentrazione 1M di ioni H+.
Le due soluzioni sono collegate fra loro
mediante un ponte salino che permette il
passaggio degli ioni da una soluzione all’altra garantendone la continuità.
Quando vengono collegati si misura il potenziale tra le due celle e attribuendo
il valore zero al potenziale di reazione della semicella ad idrogeno si misura
direttamente il potenziale standard della reazione di semicella dello zinco.
Attraverso i valori dei potenziali standard è possibile analizzare la tendenza
dei metalli a ossidarsi. I metalli con potenziali standard negativi sono definiti
anodici rispetto all’idrogeno. Esempi: Fe (-0.44 V) tende a ossidarsi. I metalli
con potenziale standard di riduzione
positivi sono definiti catodici rispetto
all’idrogeno Esempi: Au (1.498 V) tende a
ridursi.
L’ordine del valore dei potenziali standard
dei vari metalli consente di sapere la
reattività di un metallo in soluzione
acquosa. Tanto più negativo è il valore del
potenziale tanto più il metallo tende a
cedere elettroni, ossidandosi (equilibrio
spostato verso dx).
Termodinamicamente, analizzando la
tabella, è possibile prevedere la tendenza
che ha un metallo ad ossidarsi. I metalli con potenziali standard più negativi
sono quelli che tendono più facilmente ad ossidarsi e vengono definiti
riducenti. Il litio è il metallo più riducente cioè quello che ha la maggiore
tendenza a ossidarsi.
Il fatto che un metallo abbia un valore di potenziale di riduzione alto è positivo
e ben voluto perché significa che la reazione è spostata verso dx, il materiale
si ossida e la passivazione avviene più velocemente e quindi il metallo risulta
protetto prima dallo strato di ossido. Grazie al potenziale di riduzione alto il
metallo è in grado di riformare lo strato di ossido anche nel caso in cui questo
strato si rompa.
Celle Galvaniche Macroscopiche con Elettrolita 1M
Consideriamo un elettrodo di zinco immerso in una soluzione elettrolitica di
un suo sale (ZnSO4) (1M); Esso avrà un suo valore di potenziale misurato
rispetto