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CASO URGENDA

È un caso deciso dalla Corte suprema olandese (Aja) nel 2015. Da un lato abbiamo la fondazione Urgenda e dall’altro lo stato olandese (il ministero delle infrastrutture e dell’ambiente).

Urgenda chiede alla corte di pronunciarsi in merito a:

  • Sulla sussistenza del legame tra le emissioni di gas serra e le conseguenze negative dei cambiamenti climatici;
  • Accertare il fatto che gli attuai livelli globali di emissioni di gas effetto serra, in particolare di CO2, minacciano di comportare il riscaldamento globale superiore ai 2°C rispetto all’età preindustriale e quindi di avere conseguenze gravi e potenzialmente catastrofiche sull’ambiente. I paesi bassi contribuendo a questa emissione starebbero violando gli art. 2 e 8 della CEDU;
  • Chiede di accertare il fatto che le emissioni olandesi sono eccessive e ciò renderebbe illegali le emissioni di gas serra dei paesi bassi;
  • Il fatto che le emissioni avvengano sul
territorio dello stato e lo stato in quanto potere sovrano ha la capacità di gestire, controllare e regolamentare queste emissioni, significa che lo stato è responsabile per il livello totale delle emissioni e per la relativa politica ambientale. Questo obbligo di diligenza significa che nei Paesi Bassi dovrebbe essere realizzata una riduzione dal 25% al 40% entro il 2020. Questa riduzione non è solo necessaria per la realizzazione dell'obiettivo dei 2°C ma è anche la più efficace in termini di costi. Oppure, in alternativa, dovrebbe avere una riduzione di almeno il 40% entro il 2030. Il stato olandese sostiene che Urgenda non avrebbe alcun interesse a proporre l'azione nella misura in cui difende i diritti e gli interessi delle generazioni attuali o future in altri paesi. Inoltre, le rivendicazioni di Urgenda non sarebbero ammissibili secondo il codice civile olandese. Il stato olandese riconosce la necessità di.

Limitare l'aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C è l'obiettivo della politica ambientale dell'Olanda. L'Olanda sostiene di non avere alcun obbligo giuridico, né di diritto nazionale né internazionale, di adottare le misure suggerite dalla fondazione Urgenda. Inoltre, l'Olanda afferma che la sua politica climatica non è in contrasto con la CEDU e che l'accoglimento delle rivendicazioni di Urgenda interferirebbe con il potere discrezionale dello stato e danneggerebbe la sua posizione negoziale nella politica ambientale.

Per quanto riguarda l'ammissibilità della domanda di Urgenda, la corte ritiene che secondo il codice civile olandese una persona fisica o giuridica ha diritto ad adire al tribunale civile solo se ha un interesse proprio e personale sufficiente nella rivendicazione.

Sempre secondo il codice civile una fondazione o un'associazione con capacità giuridica può proporre un'azione al tribunale per la tutela degli interessi generali o degli interessi collettivi, nella misura in cui la fondazione o l'associazione rappresenti tali interessi di altre persone, sulla base degli obiettivi formulati nel suo statuto e a condizione che la persona giuridica interessata abbia compiuto sforzi sufficienti per avviare un dialogo con il convenuto al fine di ottenere il soddisfacimento delle sue esigenze. Per il tribunale, le rivendicazioni di Urgenda appartengono a questo gruppo di rivendicazioni ammissibili e inoltre è rispettato anche il requisito dell'obiettivo dello statuto perché lo statuto di Urgenda stabilisce che essa si adopera per una società più sostenibile, "a partire dai Paesi Bassi".una52il termine "società sostenibile" ha una dimensione limitazione territoriale. Infatti, internazionale e Urgenda può basare le sue rivendicazioni anche sul fatto che le emissioni olandesi hanno anche effetti su persone che stanno al di fuori dei confini nazionali. Inoltre, ha anche una dimensione intergenerazionale che si esprime nella definizione di sostenibilità che abbiamo visto nel rapporto Brundtland: lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere le capacità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Di conseguenza, difendendo il diritto, non solo delle generazioni attuali, ma anche di quelle future alla disponibilità delle risorse naturali e ad un ambiente naturale sicuro, Urgenda si impegna anche per gli interessi di una società sostenibile. La corte fa una panoramica su quella che è la situazione delle conoscenze scientifiche sul cambiamento climatico e la

La politica ambientale sul tema viene presa in considerazione dalla UNFCCC, la quale all'art. 2 stabilisce l'obiettivo della convenzione stessa: il raggiungimento della stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra nell'atmosfera per evitare pericolose interferenze antropiche con il sistema climatico.

La convenzione ha istituito l'IPCC, i cui risultati sono presi come punto di partenza per le decisioni della COP. Nei suoi rapporti ha stabilito che si sta verificando un cambiamento climatico a livello mondiale e che è molto probabile che le azioni dell'uomo, in particolare la combustione di combustibili fossili e la deforestazione, siano la causa principale del riscaldamento globale. Inoltre ha sottolineato il fatto che un aumento della temperatura rispetto all'età preindustriale causerebbe un cambiamento climatico globale oltre i 2°C che minaccerebbe l'ambiente e l'uomo, risultando pericoloso e irreversibile.

state esplicitamente riconosciute dagli stati parte alla convenzione, anche durante la conferenza sul clima del 2010 (accordi di Cancun). Di conseguenza la corte da come assodato l'obiettivo della riduzione della temperatura al di sotto dei 2°C. Tuttavia, vi è ancora incertezza scientifica sul come, dove, quando e in che misura si verificheranno gli effetti negativi. Di conseguenza la ricerca scientifica si concentra sulla regolamentazione del rischio e i rapporti del IPCC hanno descritto diversi scenari che offrono la visione delle conseguenze per un certo livello di emissioni e i costi per gli abbattimenti di esse. Nel rapporto del 2007 è stato stabilito che per evitare che ci sia un livello di emissioni tale da determinare cambiamenti irreversibili è necessaria una riduzione delle emissioni dal 20% al 40% entro il 2020 e del 80-95% entro il 2050. I paesi bassi si sono impegnati a raggiungere una riduzione del 17% entro il 2020 e si sono impegnati per la

riduzione del 40% per il 2030. L'obiettivo finale per il 2050 e quello intermedio per il 2030 in questo caso non sono oggetto di contestazione. La controversia si basa sul fatto se lo stato stia venendo meno al suo obbligo di diligenza perseguendo una riduzione inferiore a quella del 20-40%.

La corte cerca di capire se sussista un obbligo legale per lo stato nel senso della riduzione delle emissioni. Viene preso in considerazione l'art. 21 della costituzione olandese che impone allo stato un dovere di diligenza in relazione alla vivibilità del paese e alla protezione e al miglioramento dell'ambiente di vita. Tuttavia, secondo il tribunale questa regola non dà certezza sul modo in cui questo dovere debba essere esercitato, infatti è rimesso ai poteri discrezionali del governo.

Poi si considera la politica ambientale dell'UE, che si attua attraverso il ricorso di direttive, di armonizzazione minima in modo che l'intera unione abbia un livello di

protezione base è comunque consentito agli stati di stabilire norme più serie per i propri territori. In particolare viene presa in considerazione la direttiva ETS (emission trading system), sull' scambio di quote di emissioni di gas serra che prevede che la commissione europea determini il tetto massimo di CO2 per periodi di 5 anni. Il livello di emissione consentito allo stato viene assegnato sotto forma di quote di emissione. I paesi bassi si sono impegnati a ridurre il 21% le emissioni nel sistema ETS entro 2020 e il 16% per i sistemi non ETS entro il 2020. Viene poi preso in considerazione il diritto internazionale, in particolare la UNFCCC e il protocollo di Kyoto. Tuttavia, quando uno stato viene meno a uno degli obblighi nei confronti di uno o più stati parte alla convenzione ciò non implica che lo stato stia agendo illegalmente nei confronti di Urgenda. Infatti le disposizioni di questi due non hanno forza vincolante nei confronti dei cittadini e quindi.secondo la corte Urgenda non può basarsi direttamente sulla convenzione e sui relativi protocolli. La corte passa poi a considerare gli articoli della CEDU per vedere se vi sia stata una violazione dei diritti. Il primo è l'art. 2 (diritto alla vita): riguarda non solo i decessi derivanti direttamente dalle azioni degli agenti di uno stato, ma stabilisce un obbligo positivo per gli stati di adottare misure adeguate per salvaguardare la vita di coloro che rientrano nella loro giurisdizione. L'altro è l'art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare): protegge l'individuo dall'interferenza arbitraria delle autorità pubbliche, esso può anche implicare in alcuni casi l'obbligo per le autorità pubbliche di adottare misure positive volte a garantire i diritti sanciti da questo articolo. Dell'art. 8 i fattori ambientali devono incidere affinché una questione possa sorgere ai sensi direttamente sulla.

vita privata o familiare. Nel valutare se lo stato, con la sua politica climatica, stia violando i diritti personali di Urgenda, il tribunale ritiene che Urgenda in realtà non possa qualificarsi come vittima perché non soddisfa i requisiti di cui all'art. 34 CEDU per la proposizione del ricorso.

La corte ha sottolineato come in realtà la normativa nazionale, piuttosto che la CEDU, sia dell'ambiente più appropriata per affrontare la protezione generale.

Quindi, la corte conclude che un obbligo legale dello stato nei confronti di Urgenda non può derivare né dall'art. 21 della costituzione, né dalla direttiva ETS, né dalla CEDU e nemmeno dalla UNFCCC.

Resta da valutare se vi sia stata una violazione degli standard di diligenza.

La misura in cui lo Stato ha diritto a un margine di manovra è determinata dai doveri e dai poteri attribuitigli dalla legge. Ai sensi dell'articolo 21 cost., lo Stato dispone di un ampio potere.

discrezionale per organizzare la politica climatica nazionale nel modo che ritiene opportuno

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Publisher
A.A. 2019-2020
100 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher prugnafranci di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di diritto internazionale dell'ambiente e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Fodella Alessandro.