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I PRINCIPI DI POLITICA

Parte della riflessione dell'autore consistette nella volontà di spostare l'attenzione dal numero di

persone che detengono il potere alla quantità di potere detenuto da tali persone, mettendo in luce la

necessità di limitare tale potere attraverso le necessarie precauzioni.

La Rivoluzione francese partì inizialmente come moto di libertà ma nel giro di alcuni anni, come la

maggior parte delle rivoluzioni, degenerò in una dittatura. Costant si domandò quali fossero le

ragioni di tale avvenimento, partendo dal presupposto che la Rivoluzione fosse frutto di un percorso

culturale strettamente connesso all'Illuminismo. Egli fece, pertanto, un bilancio dell'eredità

derivante dalla cultura illuminista individuando alcuni aspetti positivi e negativi.

Aspetti positivi:

in seguito all'esperienza illuminista non fu più possibile prescindere dall'idea di progresso,

• ciò implicava l'assunto che le cose umane potessero sempre cambiare per il meglio;

grazie all' influsso illuminista presero forma le due Dichiarazioni dei diritti umani del 1789 e

• del 1793.

Aspetti negativi:

l'Illuminismo non riuscì mai a definire quali dovessero essere i limiti del potere pubblico,

• nè di conseguenza a dare una definizione lineare di libertà: per Montesquieu "libertà"

significava poter fare tutto ciò che le leggi non vietano; Constant fece notare che in questa

definizione non veniva specificato che cosa la legge potesse vietare, infatti potenzialmente

essa avrebbe potuto vietare ogni cosa.

L'idea era quella secondo cui l'espandere all'infinito la cultura dei diritti avrebbe

condotto ad un restringimento della libertà stessa: il potere (per Constant) doveva essere

limitato indipendentemente da chi lo detenesse; il governo, anche se impersonato dal popolo

stesso, non avrebbe dovuto avere la facoltà di legiferare su determinati aspetti della vita

umana;

67 Libertaria dal 1789; dispotica dal 1793. 29

Carresi Irene Alessandra

Constant criticò alcune idee di Rousseau - pur nutrendo una forte ammirazione nei suoi

• confronti: il principio della sovranità popolare doveva essere limitato; autori come Rousseau

ritenevano che sarebbe bastato dare il potere al popolo per rendere ognuno libero. Per

Constant, la concessione di una parte del potere al popolo poteva essere considerata una

garanzia, ma non sarebbe mai stata sufficiente a creare la libertà, in quanto non

necessariamente il popolo avrebbe preso le giuste decisioni. Inoltre, era necessario tenere

conto del fatto che nella pratica il potere effettivo sarebbe stato detenuto da pochi.

Constant va considerato un teorico del liberalismo, non della democrazia, in quanto egli accettava sì

il principio della sovranità popolare, ma avrebbe voluto il voto ristretto solamente ad una certa parte

di popolo.

La libertà dunque, per Constant, corrispondeva al poter fare tutto ciò che gli individui hanno

68

diritto di fare e la società non ha diritto di proibire . In particolare, egli faceva riferimento a:

libertà individuale;

• diritti di varia natura delle minoranze: esse dovevano essere rispettate dal potere pubblico in

• quanto tali;

lo Stato avrebbe potuto occuparsi solamente di pochi ambiti come l'ordine pubblico, le imposte, la

giustizia, le opere pubbliche, la difesa (...) e non avrebbe dovuto legiferare su altro.

LA LIBERTA' DEGLI ANTICHI PARAGONATA A QUELLA DEI MODERNI (1819)

Per Constant, l'errore dei rivoluzionari francesi fu quello di pensare di poter promuovere la

concezione di libertà degli antichi all'interno del mondo moderno, nonostante ci fosse un divario

enorme tra questi due mondi - sia in senso pratico che per quanto riguarda la stessa idea di libertà.

Per gli antichi, essa significava far parte della città, ovvero poter esercitare il potere politico

69

all'interno della società. Non esisteva dunque il concetto di libertà individuale ma solamente

quello di libertà politica, ovvero il poter prendere parte alle decisioni collettive.

A rendere possibile la libertà degli antichi concorrevano, per il pensatore, tre caratteristiche della

società del tempo:

1. essa era relativamente piccola a livello demografico, di conseguenza era ancora possibile

l'esercizio della democrazia diretta;

2. gli schiavi svolgevano parte del lavoro al posto dei cittadini, permettendo a questi ultimi di

partecipare attivamente alla vita della città;

3. il terzo punto è strettamente connesso ai due precedenti: si trattava di città militariste,

necessariamente e costantemente in guerra le une contro le altre. La guerra era l'occupazione

principale dei cittadini liberi, tuttavia essa occupava solamente alcuni periodi dell'anno,

lasciando il tempo per l'esercizio delle attività collettive e allo stesso tempo permettendo

l'acquisizione di nuovi schiavi (punto 2).

Per quanto riguarda la libertà dei moderni, Constant fece un'acuta analisi non solamente della realtà

oggettiva della società del suo tempo, ma anche dei rischi intrinsechi ad essa a livello politico:

le città sono fondate sul commercio e il cittadino vuole occuparsi degli affari privati: la libertà dei

moderni consiste nell'avere libertà individuale e privata. La politica è divenuta così rappresentativa

in quanto non vi è più sufficiente tempo da dedicare ad essa e gli stati sarebbero comunque troppo

grandi perché i cittadini possano occuparsene direttamente.

68 Critica all'estensione dei diritti

69 L'unica eccezione, secondo Constant, era Atene, dove inziava a svilupparsi un certo individualismo. 30

Carresi Irene Alessandra

Il rischio maggiore che ne derivava, secondo l'analisi di Constant, è quello che i cittadini si

disinteressino completamente della vita politica, disertando da essa e ritirandosi completamente

nella sfera privata. Tuttavia, la vita politica è una garanzia per la libertà ed è imprescindbile da essa:

perdendo la libertà politica si perde anche quella individuale. 07.11.2018

[Nella vita delle persone, il potere pubblico andava diventando via via sempre più presente.

Nel 1800 lo Stato regolava i diritti sociali (mondo del lavoro – pensiero socialista); tematica del

desiderio reclamato come e trasformato in diritto.] 31

Carresi Irene Alessandra

9. ALEXIS DE TOCQUEVILLE (1805 – 1859)

Storico e uomo politico francese, tra i maggiori esponenti del liberalismo ottocentesco, ebbe

esperienza sia della Rivoluzione americana che di quella francese. Nel corso di quest'ultima la sua

famiglia fu perseguitata in quanto aristocratica.

Nel 1830 partì per un viaggio in America allo scopo di studiarne il

sistema penitenziario con un incarico conferitogli dal Ministero

degli Interni francese. Al tempo, gli Stati Uniti erano ancora un

paese fondamentalmente agricolo. Grazie alle informazioni

ottenute da questa esperienza, scrisse La democrazia in America.

Da una lettura superficiale, si potrebbe avere l'impressione che

Tocqueville fosse animato da un sentimento pantoclastico nella sua

denuncia delle mistificazioni della democrazia, tuttavia egli non fu

un antidemocratico e non criticò mai la democrazia in sé. In realtà

era dotato di uno spiccato senso critico, il quale gli permise di

prevedere alcuni risvolti futuri negativi che al tempo non

risultavano affatto evidenti, facendolo giungere alla conclusione

che la democrazia andasse per certi aspetti corretta. Notò anche che

la società europea si stava ormai muovendo nella stessa direzione

in cui si era mossa l'America, che la "rivoluzione democratica" era

già in corso.

Nel Nuovo Mondo fu colpito in particolare dall'equità delle condizioni di partenza: non esisteva

l'aristocrazia fondata sui titoli nobiliari e si stava affermando il principio dell'uguaglianza. .

Egli si considerava un nuovo liberalista: voleva che il liberalismo si adattasse alla democrazia.

Nonostante ciò, in essa non coglieva solamente aspetti positivi ma anche negativi:

Aspetti positivi:

c'èra grande mobilità sociale;

• era forte la mentalità della società civile, con particolare riguardo alla moltitudine di

• associazioni e di formazioni sociali;

la Costituzione aveva il primato assoluto su ogni altra legge, i giudici avevano la facoltà di

• dichiarare una legge incostituzionale in qualsiasi momento;

c'era una forte libertà di stampa.

Tuttavia, intuì che la democrazia quasi certamente sarebbe stata portata ad un livello estremo,

causando la nascita di una nuova forma di dispotismo: Tocqueville riteneva che, in nome del

principio di uguaglianza, i popoli sarebbero stati disposti a sacrificare anche la libertà stessa.

Il pensatore fu portato a queste considerazioni per il fatto di aver osservato ed essere stato colpito

negativamente dalla tendenza alla massificazione: riteneva che la maggioranza, per quanto limitata

dalle leggi, fosse prossima a causare un processo di inibizione del libero pensiero. In questo

contesto, la politica avrebbe preso la forma di "uno schieramento di persone mediocri che tentano

di soddisfare i gusti più volgari delle masse". 12.11.2018

Alle ipotesi sui possibili sviluppi negativi del mondo democratico, Tocqueville aggiunse una 32

Carresi Irene Alessandra

riflessione riguardante la nascente classe operaia: gli operai lavoravano in un mondo che, come

diremmo adesso, li alienava. Questo avveniva a causa di lavori ripetitivi che essi non

comprendevano: più si perfezionavano nella propria mansione più la loro umanità veniva degradata:

non appartenevano più a loro stessi ma al lavoro svolto. La disumanizzazione era aggravata dal fatto

che i datori di lavoro, in tale contesto, erano totalmente deresponsabilizzati.

Tocqueville propose alcuni mezzi per prevenire gli aspetti negativi dello sviluppo democratico

precedentemente citati:

la difesa della libertà di stampa;

• l'incoraggiamento del decentramento amministrativo allo scopo di evitare lo sviluppo di uno

• stato burocratico accentratore;

l'incoraggiamento dello sviluppo di una società vitale con pluralità e varietà di gruppi

• sociali.

E' oggettivo che Tocqueville abbia effettivamente individuato, nel 1800, alcuni dei grandi problemi

della società democratica contemporanea, tra cui la massificazione e l'eccesso di burocrazia. 33

Carresi Irene Alessandra

IL SOCIALISMO

[Nel senso storicamente più vasto, ogni dottrina, teoria o ideologia che postuli una riorganizzazione

della società su basi collettivisti

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Publisher
A.A. 2018-2019
56 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher irenecarresi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle dottrine politiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Berti Francesco.