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Lavoisier, e tenta di spiegare la mente umana con un modello chimico: egli
afferma che il risultato di tale processo di associazione non è solamente
sommativo, infatti, una molecola d’acqua possiede alcune proprietà nuove ed
emergenti che gli atomi che la hanno formata non presentavano, ed ugualmente
avviene nella mente, dove ha quindi luogo un processo generativo. La mente ha
quindi un ruolo nella trasformazione del materiale empirico; introduce quindi il
concetto di chimica mentale, per cui i prodotti della mente sono
qualitativamente diversi dagli elementi dalla cui composizione derivano.
o Empirismo
Mill crede che la conoscenza si basi sull’esperienza (conoscenza a-posteriori), e
perciò critica ogni forma di conoscenza a-priori (cioè ogni forma di conoscenza non
basata sull’esperienza), come per esempio la metafisica e la religione, che danno una
visione stabile del mondo, ignorando completamente il manifestarsi dei fenomeni.
Marx
o Vita, Comunismo e Origini
Karl Heinrich Marx nasce a Treviri, in Germania, nel 1818; è stato un filosofo, un
economista, un un sociologo, politico, nonché ideatore del comunismo. Tuttavia,
la maggior parte delle sue pagine trattano più la critica del capitalismo che il
comunismo in sé: il comunismo non ha una teoria dello stato, non ha una teoria
delle istituzioni, non si sa come applicarlo, e tutti coloro che ci hanno provato non si
sono basati su alcun sistema ideato da Marx, proprio perché Marx questo sistema
non l’ha mai ideato, o perlomeno non lo ha mai trascritto. Perciò è complicato
attribuire la colpa delle esperienze reali del socialismo al marxismo.
Le sue idee si basano su:
la filosofia tedesca, Hegel in particolare, da cui riprenderà la dialettica.
economia inglese, come Smith e Ricardo, che criticherà, perché la loro
economia non è una scienza neutrale, ma un appoggio ideale al capitalismo.
e Furrier, e l’anarchismo
politica francese: socialismo utopico di Saint-Simon
socialista di Proudhon.
o Materialismo Storico e Dialettico
Secondo la teoria del materialismo storico, le forze motrici della storia risiedono in
fattori di tipo economico o materiale. Alla base del materialismo storico c’è la
dialettica, che Marx riprende da Hegel, a cui riconosce di essere stato il primo a
comprendere l’importanza delle opposizioni; Marx era un “giovane hegeliano”, o
“hegeliano di sinistra”, ossia era membro di quel gruppo di allievi che interpretavano
la frase del maestro “tutto ciò ch’è reale e razionale e tutto ciò ch’è razionale è reale”
come “tutto ciò ch’è giusto dev’essere realizzato”, quindi in senso rivoluzionario; si
contrapponevano ai “vecchi hegeliani”, o “hegeliani di destra”, che al contrario la
interpretavano come “tutto ciò ch’esiste è giusto, in quanto manifestazione di una
verità più profonda”, quindi in senso assolutamente conservatore. In Hegel, la
dialettica è la legge dello sviluppo della realtà e consiste in 3 momenti
fondamentali: un'affermazione che funge da tesi, una negazione che funge da
antitesi, e il superamento di una e dell'altra che funge da sintesi. Marx critica
Hegel di "idealismo" per non aver colto che le opposizioni che muovono la
storia sono materiali e reali, e non ideali o concettuali, il soggetto della dialettica
devono essere le classi sociali e la struttura economica, e non lo spirito assoluto.
In base a questa impostazione nella società capitalistica la borghesia è la tesi, il
proletariato è l'antitesi e il comunismo è la sintesi (risultato inevitabile).
“Das Kapital”
o “Das Kapital” (1867)
Nel Marx opera la sua analisi del sistema capitalistico. Lo fa
distinguendo innanzitutto tra forze produttive, rapporti di produzione, e il modo di
produzione. Le forze produttive sono tutti quegli elementi che vengono impiegati nel
processo di produzione, cioè forza lavoro, mezzi di produzione, conoscenze tecniche
e scientifiche. Lo sviluppo delle forze produttive ha però creato due schieramenti
contrapposti: gli sfruttati e gli sfruttatori, infatti secondo Marx uno dei problemi del
capitalismo è la presenza di classi sociali, che sono definite in base alla posizione e
al ruolo che i suoi membri hanno all’interno del sistema produttivo. Emerge così
una caratteristica fondamentale del materialismo storico, ossia l'assoluta
centralità del conflitto ("La storia di ogni società sin ora esistita è sempre stata la
storia di lotte di classe"). I rapporti di produzione sono rapporti che intercorrono fra
uomini che lavorano, essi sono inevitabili, e soprattutto statici, perché dipendono da
chi ha potere, e chi ha potere ha interesse nel preservarli così come sono.
La combinazione delle forze produttive e dei rapporti di produzione costituisce il
modo di produzione di una società, detto anche "struttura", sulla quale sorge
una sovrastruttura giuridica e politica.
La teoria del valore marxiana è basata sull’idea che il valore di una merce
dipende dalla quantità media di lavoro impiegata per produrre quella merce in
determinate circostanze di luogo e di tempo. Il ciclo economico dei modi di
produzione pre-capitalistici può essere riassunto tramite la formula M.D.M.(produco
merce, che vendo per denaro, che uso per comprare un'altra merce di cui ho
bisogno), il ciclo economico capitalistico invece, può essere riassunto tramite la
formula D.M.D. (investimento sulla forza lavoro, la quale produce una merce, che
rivendo a prezzo maggiore per ottenere un profitto), il primo ciclo valorizza il valore
d'uso di una merce, ossia l'utilità che quel prodotto soddisfa, il secondo invece
il valore di scambio, ossia la capacità che ha quella merce di essere venduta in
cambio di denaro o altri oggetti, invece di essere consumata immediatamente.
Com'è possibile però che il capitalista, partendo da una somma di denaro X, dopo
l'investimento si ritrovi con una somma pari a X+1? Questo valore aggiunto, che
Marx chiama "plusvalore", deriva dallo sfruttamento, e più esattamente
dal "pluslavoro", ossia la parte di lavoro non retribuita dal capitalista: Marx
immagina che la giornata lavorativa sia divisa in due periodi, quella del lavoro
necessario, in cui l'operaio lavora per guadagnare il proprio salario, e quella
del lavoro soverchio, in cui l'operaio lavora per il capitalista. Tuttavia il plusvalore
non coincide col profitto, per afferrare questo concetto è necessario conoscere la
distinzione fra capitale costante e capitale variabile: il primo è il capitale investito
per comprare i macchinari e tutto ciò di cui la fabbrica ha bisogno per lavorare, il
secondo è quello speso per comprare la forza lavoro (salari); il plusvalore tiene in
considerazione solamente i salari, ossia il capitale variabile, tuttavia, oltre alla spesa
per i salari, il capitalista ha anche le spese per la gestione della fabbrica (capitale
costante), e per questo motivo, il profitto non coincide col plus-valore.
Marx eredita la TVL da Ricardo, sviluppandola criticamente. Marx sostiene che per
Ricardo: del valore d’uso (ricchezza materiale
a) il lavoro umano è l'unica fonte attiva
concreta);
b) il lavoro umano è l'unica fonte del valore (ricchezza astratta, perchè il
“valore” non esiste in natura, è una convenzione).
Ora, per Marx, la TVL di Ricardo contiene un'ambiguità: Ricardo, infatti, non
distingue il lavoro umano nella sua duplice natura di lavoro concreto e di lavoro
astratto. Perciò per Marx la TVL di Ricardo necessita di alcune integrazioni.
Il lavoro umano in quanto lavoro concreto è qualitativamente indirizzato alla
produzione di specifici valori d’uso. In quanto tale, in ogni epoca storica, esso è
l'unica fonte attiva del valore d’uso. Il lavoro astratto è invece il lavoro umano che
non considera gli aspetti qualitativi e le determinazioni concrete, e, in quanto tale,
esso è fonte del valore (ricchezza astratta). Come fonte del valore, il lavoro astratto è
un'attività storicamente determinata. Perciò, la confusione tra lavoro concreto e
lavoro astratto determina la confusione tra una proprietà storicamente determinata
(creare valore e plusvalore) e una proprietà a-storica e naturale (creare valori d'uso).
Marx, perciò, rielabora la TVL di Ricardo. Le due proposizioni fondamentali di
Ricardo diventano: del valore d’uso, quindi della
a') il lavoro umano concreto è l'unica fonte attiva
ricchezza materiale concreta;
b') il lavoro umano astratto è l'unica fonte del valore, inteso come ricchezza
astratta.
Se i proletari vengono sfruttati dai capitalisti, perché non si ribellano? Questa
domanda richiede di analizzare le dinamiche di potere che si svolgono nella
sovrastruttura (ogni tipo di concetto non attinente ai rapporti economici): lo stato
mantiene il proletariato in una condizione subalterna con la forza, il diritto e
l'ideologia, infatti i borghesi lo utilizzano per reprimere le ribellioni, promulgare
leggi, e promuovere l'ideologia borghese, in sostanza, lo stato è lo strumento con cui
la classe dominante opprime la classe sfruttata. Secondo Marx ogni ideologia è una
mistificazione della realtà, una narrazione che giustifica i rapporti di forza.
I proletari costituiscono una classe sociale, tuttavia, il fatto di condividere la stessa
situazione non basta a dare impulso alla rivoluzione, è necessario invece che i
proletari acquisiscano una "coscienza di classe", ossia la consapevolezza di essere
sfruttati e del fatto che è il capitalista a dipendere da loro, e non il contrario.
Il principale problema che la classe proletaria ha è l'alienazione: il proletariato è
estraniato da sé sotto quattro aspetti differenti: alienato rispetto al prodotto, che non
gli appartiene, rispetto al suo lavoro, che lo rende uno strumento nelle mani del
capitalista, rispetto alla propria essenza, in quanto non si sente più un umano, e verso
il prossimo, perché è indotto a pensare che tutti gli uomini siano senza scrupoli come
è proprio la liberazione dell’uomo
i capitalisti. Il fine del comunismo, dice Marx,
dall’alienazione generata dal lavoro.
o Religione
Per Marx la religione è un’invenzione umana, causata dalle condizioni di
miseria materiale e spirituale in cui l’essere umano si trova per colpa del
capitalismo. Dir&agra