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La scuola stoica
Rispetto alla scuola epicurea si ricorda solo la figura di Epicuro, mentre per quanto riguarda quella stoica ci sono Zenone di Cizio, che la fonda, e altre figure quali Seneca, Epitteto, Marco Aurelio e la scuola stoica ha conosciuto tante fasi.
La scuola stoica influenzerà la filosofia nell'esperienza storica romana e la filosofia epicurea influenzerà uno dei massimi esponenti a Roma che è Lucrezio.
Il principio della realtà per gli stoici si chiama LOGOS. La loro fisica non è assimilabile a quella materialistica degli epicurei, perché per gli stoici tutto ciò che esiste è animato da questo principio immateriale, questo fuoco presente in tutti gli esseri e si chiama logos e permea da sé tutto ciò che esiste. Tutto è animato grazie a questo principio che giace in ciascuno. Ma questo principio, pur essendo presente in tutte le cose, lo è in maniera differente. Vi sono cose che contengono
più logos e altre che ne hanno un po’ di meno. Per gli stoici tutto il mondo permeato di logosè organizzato gerarchicamente in base alla quantità più o meno alta presente di logos. Il logos esisteanche nelle pietre, poi in maniera più consistente nelle piante, poi negli uomini, … .Gli uomini, se hanno il logos anche se non tutti nella stessa quantità, saranno per natura esseri sociali, equesta è una grande differenza rispetto al pensiero degli epicurei. C’è infatti questo logos che li lega,anche se c’è chi ne ha di più e chi meno. Dunque questa società, se tutti gli uomini hanno il logos, non haconfini: parliamo di COSMOPOLIS, si va oltre. L’orizzonte della società è universalistico, e tutti gli uominidel mondo sono legati. Nonostante ciò la società sarà organizzata in maniera diversa in base alla quantitàpresente di logos e in base ai
legami di vicinato: ci saranno dunque la città, il regno, l'impero, che si intersecano.
In questa teoria dobbiamo fare attenzione perché, anche se ci sono dei germi di fratellanza, le distinzioni e le gerarchie sono però molto rigorose: la differenza tra l'uomo saggio e non saggio è grandissima. Gli uomini non saggi, anche se hanno il logos, da soli non potrebbero fare niente, neanche comandare sé stessi e non saranno dunque uomini liberi.
La felicità per gli stoici coincide con apatia, che è l'assenza di dolore. La via, l'ascesi che il saggio stoico cerca di adottare prevede dunque la capacità di controllare e disciplinare le proprie passioni per arrivare ad un'assenza di dolore che non è fisica come prima, ma bisogna controllare le passioni: a-patia significa assenza di passioni. Ciò fa parte dell'azione virtuosa.
La politica è il luogo in cui la socievolezza si dispiega e proprio
In ubbidienza alla presenza del logos che permea tutte le cose, vi è anche una legge universale che domina tutti gli esseri e che rivela quella che gli stoici chiamano "legge naturale". L'ubbidienza ad essa, presente sempre e dovunque, che partecipa a tutte le cose, assicura la felicità. Solo i saggi conoscono a pieno il contenuto di essa e solo loro riescono a cogliere davvero qual è l'ordine del mondo, che è un ordine gerarchico, e che in base a quest'ordine gerarchico del mondo, poiché è permeato da questa legge, consegna ai saggi una serie di doveri, di compiti che tutti gli uomini devono svolgere. La morale stoica è una morale del dovere, che impone dei compiti da svolgere a tutti gli uomini, a cui ottemperare per controllare le passioni. La giustizia è dunque la conformità alla legge di natura. Questo logos non è lo stesso, è solo comparabile al primo, ma mentre l'altro è trascendente,
questoesaurisce sé stesso tutto nella realtà ed è immanente al mondo: non c'è una trascendenza del logos e tutto è risolto al proprio interno. Dal punto di vista etico questo comporta un problema abbastanza serio.
Il fattore del dovere è dunque estremamente rilevante nella prospettiva stoica: l'uomo stoico raggiunge la felicità sia rispettando la legge di natura, il logos, sia compiendo i doveri che grazie alla propria ragione è in grado di riconoscere guardando alla natura, ricavando grazie al proprio logos la legge di quel logos universale che permea di sé ogni cosa in diversa misura.
È la razionalità dell'individuo che favorisce la possibilità per lui di essere felice, e di raggiungere l'apatia, l'assenza di dolore e allontanamento dalle emozioni che significa accentuare il profilo razionale dell'uomo: si rispetta il principio del logos.
Il logos assegna dei
doveri a ciascuno, e solo compiendo il proprio dovere si possono dominare le passioni e quindi accedere all'apatia, ovvero la felicità per gli stoici, la ragione che esercita la funzione suprema. Prima che a dominare gli altri il saggio stoico pensa sia indispensabile dominare sé stesso e le proprie passioni. La chiave di queste due correnti filosofiche epicurea e stoica è l'indirizzamento al singolo e al benessere dell'individuo, anche se questa poi si riverbera nella comunità, anche poiché agli occhi della scuola stoica vi è un rimbalzo nel piano sociale. Per gli epicurei manca il richiamo sociale. Mentre il saggio epicureo rifugge a qualunque possibilità di esercitare forme di potere, il saggio stoico non cerca il potere, tuttavia nel caso la situazione e le persone che vivono nel suo tempo lo richiedano, non disdegnerà di impegnarsi e fare i conti col mondo che riguarda l'arte di governo e politica.chetendenzialmente spinge lo sguardo da sé stesso agli altri. Nonostante ciò non si sottrarrà in quel caso al compito richiesto.
Nella Divina Commedia di Dante c'è un personaggio, Catone, che è stato stoico e la cui figura viene evocata nella Commedia. La libertà del saggio stoico in Catone si manifesta come suicidio (ripudio della vita stessa) non essendoci altri rimedi per risolvere le questioni spinose del tempo.
EPOCA ROMANA
Si tratta oggi del secondo dei colli, di cui tratta il giurista austriaco Paul Coshacker, nei quali la nostra civiltà europea si è soffermata. Dal Partenone giungiamo al Campidoglio.
La nostra civiltà ha ereditato la filosofia dalla Grecia Antica e la nostra attività giuridica, il diritto deriva invece da Roma. Questo fenomeno attraversa tutta l'esperienza umana.
Grazie alla tradizione romana antica si viene a spiegare l'esperienza politica attraverso il diritto. È il
dirittoche consente alla politica, all'arte di governo di manifestarsi. Pure i greci avevano forme giuridiche.C'è questa intersezione tra politica e diritto che dobbiamo agli antichi romani: società fondata sulfratricidio, sui principi del diritto. Non si conosce inizialmente una separazione del diritto dall'etica el'orizzonte religioso: le regole che presiedono alla vita della città hanno una valenza giuridica, politica, etica,religiosa. Il diritto nasce come sacro, che riguarda la pratica dei sacrifici che le città offrono alle divinitàper renderle benevole nei confronti dei cittadini e del proprio destino.Il fratricidio che ha dato origine della civiltà romana. Remo è stato ucciso perché non aveva rispettato unaregola di carattere sacro. Ogni città nasce stabilendo dei confini e Remo avrebbe dovuto costruire quellacittà segnando il confine.Di Roma conosciamo la data di fondazione: 753
C.Sappiamo anche che Roma i primi secoli fino al 509 era una monarchia come organizzazione del potere politico. Niccolò Machiavelli dice che se la figura di Romolo è stata importante, Numa Pompilio pure perché ha dato a Roma la religione, senza la quale non può esserci uno stato stabile e duraturo per Machiavelli. Istituzioni di tipo repubblicano, res publica dal 509 al 27 a.C. Principato da Ottaviano Augusto a Diocleziano 27 a.c. – 284 d.C. 284- 476 c’era il dominato, fino alla caduta dell’impero romano d’Occidente (476). Polibio (200-118 a.C.) Storico e storiografo: , che giunse come schiavo di guerra nel II secolo a.C.essendo nato nel 200 a.C. e apprezza in maniera peculiare l’organizzazione politico-giuridica che i romani hanno istituito nel corso del tempo. Egli scrive la storia di Roma enucleando una serie di date fondamentali e ammirando la grandezza che la civiltà romana assume nel tempo, che siaccompagna all'estensione progressiva sempre maggiore del territorio di Roma. Allargando i propri confini impone il proprio sistema giuridico anche alle altre città. Roma, come civiltà giuridica romana, era però anche tollerante, tanto tollerante che ogni regione e popolo conquistato venivano presediati dalle legioni, ma manteneva una serie di proprie tradizioni e le divinità dei popoli soggiogati erano incluse nel Pantheon romano. Grazie al proprio ius civile, ius naturale e ius gentium (le attuali relazioni internazionali, il diritto internazionale).
Roma è la civiltà del diritto, in cui la politica si esprime in forma giuridica e la concezione del potere e del potere politico poggia su saldi valori di tipo etico: 3 parole distinte con cui i latini dicevano l'oggi definito potere politico. Per i romani 3 parole esprimono la natura del potere: auctoritas, potestas e imperium. La prima è quella manifestazione del potere che non deriva
da altri, ma ha un radicamento etico. La persona autorevole si impone senza forza, si fa ubbidire senza usare la forza, perché gli si riconosce una caricatura etica che lo rende autorevole. L’auctoritas è il fondamento etico del potere stesso. All’auctoritas si oppone l’imperium, il potere che si esprime attraverso la forza. È l’imperium il potere detenuto dai capi dell’esercito, è il potere coercitivo vero e proprio, è quello legato all’imposizione dei tributi. La potestas infine è mediana, è quella capacità di imporre comandi usando una coercizione, ma non legata alla forza. È una via intermedia. Ciò che promana da chi detiene la potestas costituisce un obbligo che deve essere rispettato da chi è sottomesso. Queste tre manifestazioni del potere sono contemporaneamente presenti a Roma e associate a magistrature diverse. L’auctoritas si lega al senato, che è quel luogo in
cui siedono i rappresentanti dei patrizi, che esprimevano la continuità, l'eccellenza della società. Spettava proprio al Senato disciplinare la libertà che costituiva una delle cifre fondamentali della vita di