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In età scolare il compito di sviluppo riguarda, oltre lo sviluppo fisico che diventa più graduale, soprattutto lo
sviluppo cognitivo e morale
Nella prima adolescenza e poi nella adolescenza vera e propria la trasformazione è accelerata dal punto di
vista della maturazione sessuale e vediamo anche una riorganizzazione a livello del sistema nervoso, che
portano a una riorganizzazione anche di una serie di rapporti, per es generazionali e tra pari.
I compiti che affronta il giovane adulto sono una progressiva maggiore autonomia dai genitori, una identità
sessuale sempre più strutturata e una capacità sempre più ampia di intrattenere relazioni intime con i proprio
partner
In quella che viene definita prima età adulta, dai 25 ai 40 anni circa, abbiamo un progressivo consolidamento
del senso di sé legato a relazioni sentimentali sempre più stabili, alla capacità di generare dei figli e a
realizzazioni lavorative che sono sempre più soddisfacenti con la costruzione di uno stile di vita molto
personale.
Nell’età adulta media i compiti disviluppo sono la gestione della carriera, il mantenimento e la cura della
relazione di coppia e della vita familiare nell’ambito di una certa stabilità dell’assetto della personalità del
soggetto.
Nell’età adulta avanzata troviamo una ridefinizione dei ruoli sociali, lavorativi e famigliari con una possibile
restrizione di questi ruoli che però si accompagna ad un possibile incremento delle capacità riflessive e
introspettive del soggetto, che possono portare a una accettazione della vita e anche a uno sviluppo di un
punto di vista personale sulla morte
Questi aspetti si consolidano anche nella tarda età adulta con una riorganizzazione del sé del soggetto
rispetto ai cambiamenti fisici ed emotivi legati all’età
Lo sviluppo può essere visto anche come transizione tra diversi periodi evolutivi, ad esempio molti ricercatori
hanno evidenziato l’importanza del periodo di transizione dall’adolescenza all’età adulta come un momento di
massima riorganizzazione che comporta la progressiva separazione dal mondo pre-adulto costituito
soprattutto dalla famiglia di origine, la costruzione di nuove relazioni e nuovi attaccamenti e la riorganizzazione
anche del sé.
Un altro periodo di transizione importante è quella dei 30 anni, con una maggiore capacità del soggetto di
esplorare con sicurezza il proprio ambiente, una stabilizzazione della personalità e quello che viene definito
diventare se stessi, una progressiva personalizzazione di sé
Un’altra transizione è quella della mezza età che permette di entrare nell’età adulta media con nuovi processi
di individuazione
I processi di cambiamento e riorganizzazione della vita del soggetto passano anche attraverso gli eventi della
vita che vengono definiti stressanti e che implicano un fronteggiamento dello stress molto spesso producendo
riorganizzazioni della personalità. Eventi stressanti possono essere un lutto, un divorzio, il matrimonio, la
perdita del lavoro, il pensionamento, la gravidanza. Tutti questi eventi hanno l’effetto di modificare l’assetto del
soggetto producendo una nuova riorganizzazione.
Sequenza tipica di reazione che si può avere rispetto a eventi stressanti di rilievo come un lutto
particolarmente significativo: può esserci una reazione di passività quasi di paralisi, può emergere poi una
reazione emotiva intensa che può virare tra una situazione di picco positivo o negativo e una minimizzazione
delle emozioni provate, per andare poi verso una progressiva accettazione della realtà e ricerca di significati
rispetto a questa realtà interveniente che può portare a un processo di integrazione da parte del soggetto
dell’esperienza vissuta nell’ambito della propria organizzazione della personalità.
Le strategie di coping possono essere di diverso tipo: centrate sul cercare di modificare l’ambiente o centrate
sul modificare il sé e quindi su ristrutturazioni delle rappresentazioni dell’assetto cognitivo o anche sull’utilizzo
di risorse interne o fonti di sostegno per fronteggiare lo stress.
IL SISTEMA INTERSOGGETTIVO
Se vediamo per esempio un bambino e una mamma che si sorridono a 3 o 4 mesi di vita, si guardano in modo
reciproco esprimendo emozioni positive, possiamo ricondurre questa comunicazione a un segnale di
regolazione emotiva riuscita: la mamma ha consolato il bambino che riprende a sorridere ed è anche lei
contentacolleghiamo questa comunicazione al sistema motivazionale dell’attaccamento, volto a fornire
protezione fisica e soprattutto emotiva al bambino. Oppure possiamo vedere questa comunicazione emotiva
come segnale di una riuscita condivisione di una emozione positiva ad esempio gioia e quindi collegarla al
sistema motivazionale dell’intersoggettività, volto alla connessione e alla condivisione di stati mentali emotivi
con l’altro.
Possiamo dire che il sistema di comunicazione affettiva che il bambino mette in atto nei primi mesi di vita può
essere ricondotto a due sistemi motivazionali: quello dell’attaccamento, il bambino piange e sorride in funzione
di ottenere una regolazione emotiva dalle figure di attaccamento oppure sorride, esprime emozioni positive o
negative allo scopo di condividere degli stati affettivi con l’altro nell’ambito di una situazione di coordinazione
emotiva e di un dialogo emotivo che può essere anche caratterizzato dall’imitazione del partner,
dall’alternanza di turni e da situazioni in cui c’è un’attenzione visiva reciproca tra il bambino e il suo partner.
I ricercatori parlano di due diverse modalità di sistemi intersoggettivi: intersoggettività primaria che caratterizza
i primi mesi di vita ed è centrata sulla condivisione di stati emotivi e una intersoggettività secondaria centrata
su scambi comunicativi tra i l bambino e i suoi caregiver di tipo cooperativo che ha la finalità di condividere
significati, anche se a livello preverbale, relativi non solo allo scambio duale ma anche alla relazione con
l’ambiente e con gli oggetti che lo compongono.
Bruner, Schaffer, Kayel , Trevarthen e Stern evidenziano che il neonato fin dai primi mesi di vita ha una
competenza interazionale socio-emotiva e ciò fa ipotizzare che esista una sorta di pre-adattamento del
neonato alla relazione con il partner umano.
Uno dei sdegnali che dicono ciò è il fatto che il bambino ha una competenza imitativa molto precoce, fin dalle
prime settimane di vita e addirittura dai primi giorni se un volto umano si rivolge al bambino faccia a faccia a
una piccola distanza rispetto al viso del neonato enfatizzando alcune mimiche del volto, come l’apertura della
bocca, i movimenti delle sopracciglia, il neonato è in grado di imitarlo precocissimamente dopo pochi istanti.
Inoltre il neonato già nei primi mesi di vita è molto interessato ai comportamenti imitativi che la madre mette in
atto verso di lui.
Caratteristiche dell’intersoggettività primaria: comunicazione molto centrata sul volto, chiamata faccia a faccia
caratterizzata da una regolazione dell’attenzione reciproca mediata dagli sguardi, il bambino guarda la
mamma, la mamma guarda il bambino con alternanza di turni in questa comunicazione e il bambino infine
tende a un certo punto a distogliere lo sguardo, comunicazione con un suo ritmo e una sua sequenza tipica, si
conclude per poi eventualmente riattivarsi. L’alternanza dei turni caratterizza anche la situazione di
allattamento. Trevarthen parla di proto-conversazione del bambino, che già a tre mesi vocalizza e fare alcuni
movimenti delle labbra e della lingua come se stesse parlando.
Un’altra caratteristica dell’intersoggettività primaria è il fatto che il bambino si aspetti risposte contingenti dalla
madre e quando ciò non avviene mostra reazioni di sorpresa o, come per l’esperimento del volto immobile,
una strategia volta a modificare la situazione inaspettata, per esempio tende a intensificare la sua
comunicazione per riattivare quella materna. Un altro aspetto significativo è il fatto che il bambino è capace già
dopo i 2 mesi di vita di esprimere le emozioni di base, come tristezza, collera, sorpresa, gioia, ma è anche in
grado di discriminarle nella madre e reagire ad esse.
Il neonato ha una tendenza alla connessione emotiva con l’altro basata sulla sua capacità di essere
consapevole dei suoi stati emotivi e degli stati emotivi altrui. Questa competenza è rinsaldata dal fatto che la
mamma tende a rispecchiare e a marcare gli stati emotivi permettendo al neonato di riconoscerli e
appropriarsene sempre di più. Reddy: il neonato diventa consapevole del proprio sé e dei propri stati emotivi
in funzione dell’attenzione intenzionale dell’altro, dal sentirsi oggetto dell’attenzione dell’altro.
Funzioni dell’intersoggettività primaria: condivisione, coordinazione degli stati emotivi col caregiver che crea i
primi nuclei affettivi del sé infantile; funzione organizzante rispetto al bambino, se la connessione non avviene
o viene sospesa anche momentaneamente si può vedere una disorganizzazione del bambino, il bambino dai 2
mesi sorride quando è in contatto fisico col caregiver, coordina la sua attenzione con quella dell’altro, ma si
distrae, si disorganizza quando l’adulto non è responsivo, addirittura a livello posturale; creazione di schemi di
“essere con”, schemi di interazione che saranno alla base dei futuri legami di attaccamento.
Schemi di “essere con”Terminologia usata da Stern: RIG, rappresentazioni generalizzate delle interazioni tra
bambino e caregiver, schematizzazioni a diversi livelli di scambio per esempio legati al gioco, all’accudimento,
all’essere consolato, schemi di queste esperienze e degli affetti correlati; script, copioni prestabiliti che il
neonato interiorizza e si aspetta che accadano nel momento in cui viene attivato uno scambio di un
determinato tipo. Il bambino schematizza episodi prototipici di “essere con”, codificati a diversi livelli, sensorio,
motorio, percettivo e anche affettivo.
Già nel primo semestre di vita, si creano modelli di interazione ricorrenti e prevedibili che saranno alla base di
quelli che la teoria dell’attaccamento definisce modelli operativi interni di attaccamento. Schemi che predicono
l’attaccamento del bambino a 12 mesi. Forma di conoscenza relazionale legata a una memoria molto precoce
che il neonato ha già nel primo anno di vita: memoria procedurale implicita che riguarda le modalità di essere
con l’altro.
Intersoggettività secondaria, dal quinto- sesto mese di vita, centrata sulla condivisione di intenzioni e sign