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Esperimento sul DNA

Per l'esperimento vengono preparati due controlli, utilizzando i DNA omologhi. In una cuvetta verrà inserito il DNA del ceppo di studio e nell'altra il DNA di riferimento, entrambi per una quantità di 75 microgrammi. Infine, in una nuova cuvetta verranno inseriti i due DNA eterologhi, in quantità dimezzata in modo che la somma sia di 75 microgrammi.

Le cuvette vengono inserite nello spettrofotometro (tarato con il tampone) e viene letto il valore iniziale di assorbanza (circa 1,5). Successivamente, vengono impostati i due step di temperatura. Nel primo step avviene la dissociazione completa del doppio filamento di DNA a 98°C per 5 minuti. Nel secondo step si utilizza la temperatura calcolata di riassociazione.

Una volta raggiunta la temperatura desiderata, si registra la diminuzione di assorbanza. Di solito, 30-40 minuti sono sufficienti. Successivamente, si calcola quanto impiegano i campioni a riassociare per il 50%. Il tempo impiegato dai due DNA omologhi (rappresenta il 100% di omologia) viene poi messo in comparazione con...

il DNA in una soluzione di cloruro di cesio e centrifugando. In questo modo, il DNA cromosomale si separerà dalla soluzione, mentre i plasmidi rimarranno in sospensione. Successivamente, è possibile utilizzare l'elettroforesi per separare i plasmidi in base alle loro dimensioni. I plasmidi più piccoli migreranno più velocemente attraverso il gel, mentre quelli più grandi si muoveranno più lentamente. In questo modo, è possibile determinare la presenza e la dimensione dei plasmidi nel ceppo microbico. Una volta estratto il DNA plasmidico, è possibile utilizzarlo per ulteriori analisi, come la clonazione o la sequenziamento del DNA. La presenza di plasmidi in un ceppo microbico può essere indicativa di caratteristiche specifiche, come la resistenza agli antibiotici o la capacità di produrre determinati metaboliti. Pertanto, la valutazione della presenza di plasmidi è un passo importante nella caratterizzazione di un ceppo microbico.

punto un'ultracentrifugazione in gradiente con cloruro di cesio, per un tempo di 48 h a 60.000 giri, inserendo nella soluzione anche bromuro di etidio. Alla fine del processo, si irradia con lampada a raggi UV e noteremo la presenza di due fasce in base alla loro densità, con una siringa preleveremo quindi solo il DNA plasmidico che ha una densità minore rispetto al cromosomale ed è rimasto più in alto nella cuvetta.

Questo campione però contiene un'alta concentrazione di bromuro di etidio e cloruro di cesio quindi andremo a effettuare un lavaggio con solvente che separa il bromuro di etidio e una dialisi per eliminare il cloruro di cesio (durante circa un giorno e una notte). Al termine della dialisi avremo un DNA diluito quindi lo precipiteremo con etanolo, successivamente valutiamo il numero di bande presenti.

Se troviamo tre bande, esse sono tutte e tre dei plasmidi differenti posseduti dal ceppo, differiscono fra loro per il PM. Per determinarlo

uso un marker a PMnoto e lo inserisco nelle tasche di caricamento; dopodiché si misura la distanza di migrazione di ogni banda e si rapporta al log del suo PM fino ad ottenere la retta di taratura e i pesi molecolari dei plasmidi. Inoltre, durante il processo qualche molecola plasmidica in forma CCC può essersi disavvolta nella forma OC (Open Circle), quindi può essere che uno stesso plasmide lo troviamo sia in forma CCC che OC. Per questa ragione occorre un metodo che ci permetta di capire quanti sono effettivamente i plasmidi in un ceppo senza confondere gli stessi ma di due differenti forme: per farlo si usa l’elettroforesi bidimensionale.

Si effettua la prima corsa come in una normale elettroforesi, dopodiché il gel è posto a contatto con soluzione di bromuro di etidio e irraggiato con raggi UV, in questo modo si desidera che il 50% delle forme CCC venga convertito in OC. Il gel viene ruotato di 90° e viene effettuata una nuova elettroforesi,

quindi le bande migreranno verso il basso. Nel momento in cui andremo a rilevare le bande fluorescenti vedremo che alcune si sono sdoppiate: questo significa che originariamente la molecola era tutta in forma CCC. Se non vedo un sdoppiamento o il trattamento è inadeguato oppure è troppo drastico e tutta la forma CCC si è convertita in OC. Quindi solo le bande che si sono sdoppiate nella seconda corsa sono da considerare plasmidi in forma CCC inizialmente presenti. PCR: Polymerase Chain Reaction Essa consiste nell'amplificazione in vitro di porzioni di DNA attraverso l'uso di una polimerasi, essa ci ha permesso di capire cosa la cellula fa in vivo. Per questa reazione viene usata una DNA polimerasi che si chiama Taq polimerasi (estratta da MO termofilo). Nella prima operazione che si effettua il doppio filamento viene separato nei due filamenti ad una T° di 95° costituendo il DNA stampo, dopodiché si necessita di un innesco (primer) per far partire

La DNA polimerasi, essi sono delle corte catene che devono essere complementari agli estremi della regione che voglio amplificare. I primer hanno una loro direzione e se sono omologhi al filamento si legheranno nella direzione opposta, permettendo di delimitare la regione che voglio amplificare. La DNA polimerasi agisce in direzione 5’ 3’ quindi essa si andrà a legare al filamento nel punto 3’. Il limite della PCR è che bisogna conoscere gli estremi della regione da amplificare (sequenza primer) altrimenti non si avrà amplificazione. Una volta inseriti i primer dovremo fornire una T° idonea all’associazione del primer con il filamento omologo (sotto la Tm), essa viene calcolata per i primer come 4 x (G+C) + 2 x (A+T). Si abbassa leggermente la T° (3°) per fa avvenire la riassociazione e successivamente impostare la temperatura di sintesi del nuovo filamento, essa va dai 72 ai 75° con dei tempi di circa 1 minuto.

Alla DNA polimerasi

Dobbiamo fornire i dNTP (desossi nucleotidi trifosfato), possono essere aggiunti all'inizio insieme a DNA stampo, coppia di primer e la DNA polimerasi termostabile. Per far avvenire l'amplificazione dobbiamo utilizzare il termociclatore, in vassoietti viene posta la provetta contenente la miscela di reazione (10-20 microlitri), verranno eseguiti più cicli di amplificazione che permettono di ottenere un' amplificazione esponenziale della regione desiderata. Con questo strumento imposto tre step di T°: denaturazione, appaiamento del primer e sintesi nuovo filamento. Solitamente si compiono circa 20-25 cicli, che avvengono nell'arco di poche ore, ottenendo 10^10 copie della regione target; alla fine dell'amplificazione si fa una verifica del processo con un'elettroforesi su gel di agarosio. E' importante conoscere prima dell'amplificazione il tipo di regione da amplificare e il PM, inoltre il risultato dell'amplificazione sarà

sempre un frammento lineare e non circolare. Durante l'amplificazione viene anche inserito un controllo negativo, per evitare che ci sia stata contaminazione da parte di patogeni del materiale da amplificare, quindi inseriremo nel termociclatore anche una provetta contenente i reattivi della miscela ad eccezione del DNA stampo, a fine amplificazione non dovremo avere nessuna banda per questa provetta in modo da essere sicuri che nessun altro DNA sia venuto a contatto con la DNA polimerasi.

Il primo ciclo di amplificazione non è specifico, ma lo diventerà dal secondo ciclo in poi, perché i due primer vanno a legarsi uno sul filamento e l'altro sull'altro filamento, quando inizia l'amplificazione la DNA polimerasi si lega e inizia la sintesi, ma non trova un segnale di stop perché il mio DNA stampo è molto più lungo della mia regione che voglio amplificare. Dal 2° ciclo in avanti però inizierà la specificità.

del processo perché avrò anche i due filamenti di neosintesi che fungono da stampo (questi finiscono perché da una parte avevano legato i primer). I due primer stampo originali rimanendo nella miscela daranno origine per ogni ciclo a filamenti aspecifici, ma saranno notevolmente minori rispetto ai filamenti della regione che ho voluto amplificare, la regione amplificata viene chiamata amplicone. Oltre ad una PCR che amplifica la regione interna ai primer possiamo anche fare in modo di ottenere un'amplificazione divergente. Progettazione dei primer: Quando si devono costruire i primer, assumiamo di conoscere la sequenza della regione da amplificare, queste informazioni sono ottenute da banche dati genomiche che permettono di ottenere la sequenza di determinati geni. Ci viene fornita solo la sequenza in direzione 5' -> 3', i due primer si chiamano forward e reverse. Il primer Forward avrà sequenza uguale a quella del filamento superiore e si legherà.all'inizio del filamento complementare, mentre il Reverse si appaierà al filamento superiore e determinerà la fine della regione da amplificare. STRATEGIE DI IMPIEGO DI PCR: Sonda specie-specifica: È di grande utilità qualora si voglia ricercare la presenza o assenza di una determinata specie microbica attraverso una semplice amplificazione. Conoscendo una particolare sequenza di geni o una regione di quella specie (codificante o non), che non è contenuta in altre specie, questo mi consente di individuarla e di amplificarla solo e soltanto se il mio MO appartiene a quella specie. Non per tutti i MO però è possibile mettere a punto una PCR specie-specifica. Questo tipo di PCR è qualitativa perché permette di verificare la presenza o meno di un MO: avviene in poco tempo estraendo il DNA totale dalla matrice, allontanando i prodotti che potrebbero interferire. Avendo a disposizione la coppia di primer specifici per il MO andremoe conservata. Questi primer universali vengono utilizzati per l'identificazione tassonomica di un isolato.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
25 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher stefanogerna di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biotecnologie genetico molecolari e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Fortina Maria Grazia.