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La misura dell’omocisteina è utile in ambito neonatologico e come prevenzione secondaria. Da molti anni,
alla lista dei più noti fattori di rischio per patologie cardiovascolari e cerebrovascolari, quali fumo,
ipertensione, obesità, dislipidemie, si è aggiunta l’iperomocisteinemia. anche se si avvalora l’ipotesi che Hcy
sia un determinante aterogenico, per giustificare il debole successo della terapia con vitamine B e folati
bisogna supporre che quest’ultima abbia degli effetti avversi che annullano il potenziale beneficio derivante
dalla diminuzione della Hcy. Possono essere chiamati in causa tre diversi meccanismi. Il primo riguarda il
ruolo svolto dall’acido folico nella sintesi della timidina e, attraverso di essa, nello stimolo alla proliferazione
cellulare, che a livello di placca ateromatosa risulterebbe dannosa. Il secondo meccanismo coinvolge
direttamente la Hcy; infatti, ad alte concentrazioni di Hcy si accompagna un basso potenziale di metilazione,
ma la terapia con folati e vitamine B provoca un aumento delle possibilità di metilazione anche a carico di
particolari regioni del DNA, un fenomeno che recentemente è stato implicato nel processo di formazione
della placca. Infine, il terzo possibile meccanismo, sempre collegato con l’aumento della possibilità di
metilazione, è dato dalla metilazione della L-arginina a dimetilarginina. Quest’ultima inibisce l’attività
dell’ossido nitrico sintetasi, favorendo il danno dell’epitelio vascolare da radicali liberi. Un ruolo importante
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nella ricerca sulla Hcy come fattore di rischio cardiovascolare è svolto dagli studi di genetica, che hanno
evidenziato vari genotipi relativamente al gene che codifica MTHF reduttasi, uno degli enzimi della via
metabolica della Hcy.
Nell’ambito della ricerca, la misura della Hcy può essere eseguita per studi epidemiologici e per la valutazione
di carenze vitaminiche e di malnutrizioni. Nell’ambito della prevenzione, la misura della Hcy per lo screening
delle patologie cardiovascolari nella popolazione generale non è invece raccomandata. Più miratamente, nei
soggetti con patologia cardiovascolare o in soggetti ad alto rischio di eventi cardiovascolari, la misura della
Hcy può essere impiegata a fini prognostici. Qualora tali soggetti presentino valori di Hcy >15 μmol/L, essi
devono essere considerati ad alto rischio e ricevere specifiche indicazioni per il controllo dei più tradizionali
fattori di rischio cardiovascolare. le indicazioni cliniche per la determinazione della Hcy sono limitate a:
• sospetto clinico di omocistinuria,
• pazienti con pregresso VTE o ATE giovanile, all’interno di uno screening trombofilico,
• pazienti con iperomocisteinemia severa (ed eventualmente moderata) sottoposti a trattamento
sostitutivo con acido folico e vitamina B12.
In questi casi, le concentrazioni di Hcy vanno controllate dopo 2 mesi di terapia e successivamente 1-2
volte/anno, parallelamente alla valutazione del quadro clinico del paziente. La misurazione della Hcy non è
raccomandata per lo screening delle patologie cardiovascolari nella popolazione generale.
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17/04/18
Diabete mellito
Il diabete è uno stato eterogeneo di condizioni patologiche che riguardano principalmente alterazioni del
metabolismo dei carboidrati, causato da un deficit di insulina assoluto (tipo 1) o relativo (tipo 2), che provoca
iperglicemia. È una patologia che se ben controllata garantisce uno stile di vita accettabile, se mal gestita
può causare delle complicanze di diverso tipo, che sono raggruppate in:
- microvascolare: retina, nefrone -> cecità, insufficeinza renale
- macrovascolare: ictus, infarto, piede diabetico
le conseguenze del diabete abbassano l’età media di aspettativa di vita e possono portare a morte. Nei
diabetici il rischio di cecità è 10 volte superiore ai non diabetici. È una malattia che ha una prevalenza elevata
e molti indicano il diabete come una “pandemia”. I nativi americani, indiani pima, sono affetti da diabete per
quasi il 50% della popolazione e sono molto studiati. Questo parallelismo tra obesità e diabete può essere
correlato in diversi modi, coppie obese possono portare alla nascita di bambini obesi, in quanto molto spesso
le persone obese presentano insulino-resistenza, dove l’insulina risulta essere poco efficace per l’entrata del
glucosio nel muscolo. L’insulina, in gravidanza, è in grado di attraversare la placenta e a causa della sua
funzione mitogena porta alla formazione di bambini sovrappeso. Ci sono condizioni anche dove persone
obese possono avere figli sottopeso, dove questo è correlato ai “thrifty” genes (geni risparmiatori). Questi
geni durante l’evoluzione si sono sviluppati in relazione a vantaggi metabolici per immagazzinare energia.
Il 6% della popolazione italiana è affetta da diabete. Il diabete è una malattia a lenta evoluzione e quindi la
diagnosi non è facile. L’intolleranza al glucosio può evolvere a diabete, può anche regredire e aumenta con
l’aumentare dell’età. In Italia ci sono due società di diabetologia: AMD e SID che sono responsabili della
stesura degli standard italiani per la cura del diabete mellito. Lo screening deve essere fatto su tutti i pazienti
di età superiore ai 45 anni di età ogni tre anni.
L’iperglicemia è dovuta al fatto che il glucosio non riesce a penetrare nei tessuti periferici (muscolare e
adiposo) in quanto l’insulina non agisce correttamente. Questa è deputata all’espressione della GLUT4 che
media l’entrata del glucosio. In carenza di insulina o insulino-resistenza il glucosio entra poco nei tessuti
periferici e questi devono ricavare ATP mediante vie alternative. Negli adipociti i lipidi vengono degradati e
gli acidi grassi vengono portati al fegato e il glicerolo che si ottiene può essere trasformato in fruttosio che
può essere immesso nella glicolisi e portare alla formazione di ATP. Il controllo della glicemia è sotto
regolazione ormonale. L’insulina viene prodotta dalle cellule beta delle isole del langherans e facilita la
formazione di proteine, di lipidi, inibisce la glicolisi e la gluconeogenesi. Il glucagone è secreto dalle cellule
alfa del pancreas e contrasta l’insulina in maniera pulsatile. L’ormone della crescita e il cortisolo contrastano
l’insulina secondo ritmi circadiani.
Se la glicemia scende fino a 65g/dl viene mandato in circolo glucagone che promuove un alzamento della
glicemia. L’ipoglicemia, dove la glicemia si abbassa al di sotto dei 40g/dL causa letargia, coma e convulsioni.
L’ipoglicemia è una causa di mortalità molto diffusa nei bambini del terzo mondo.
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Il diabete di tipo 1 è di tipo autoimmune dove
si ha la presenza di anticorpi autoimmuni diretti
contro antigeni di membrana delle beta-cellule.
Alcuni antigeni dell’MHC hanno un effetto più
alto di diabete di tipo I, causando un rischio
maggiore del 6-7%. I parenti di primo grado con
asseto genetico noto hanno un rischio del 6%.
Infiammazione delle isole di Langherans porta
ad insulite, dove i linfociti T si infiltrano nelle
cellule.
Il diabete è una malattia a lenta evoluzione e
nel tipo I per un certo periodo di tempo, la
massa delle beta cells è costante, ma successivamente inizia a diminuire. Ma solo dopo un certo intervallo
di tempo compaiono i sintomi classi, come l’iperglicemia, ha sete, dimagrisce, urina molto.
Nel diabete di tipo II si ha una persona sovrappeso o obesa e mangiando di più rispetto alle sue necessità
energetiche sviluppa insulino resistenza, che stimola il pancreas a produrre più insulina che è però molto
inefficace. Si instaura un circolo vizioso di iperinsulinemia -> insulino resistenza -> iperglicemia. Vi sono
diverse ipotesi a riguarda, virologiche, inquinanti, ambientali. Anche nel diabete di tipo II la massa beta
cellulare diminuisce. Nel paziente diabetico le isole di Langherans sono ricche di spazi vuoti, in quanto si
assiste ad uno sbilanciamento delle attività cellulari: replicazioni, accrescimento, apoptosi. Nel caso di
diabete di tipo II incrementa il fenomeno apoptotico mentre le capacità di replicazione e di neogenesi sono
costanti. I diabetici vengono distinti in neo-diagnosticati e di lunga durata.
La classificazione del diabete mellito può essere divisa in diverse tipologie. Questa classificazione è di tipo
eziologica. Il diabete di tipo II si ha un gruppo eterogeneo di soggetti dove la causa precisa è ancora ignota
che però sono caratterizzati da insulino-resistenza e relativamente insulino-deficiente. Negli altri tipi di
diabete si hanno difetti genetici della funzionalità beta-cellulare, difetti genetici dell’azione insulinica,
malattie del pancreas esocrino, endocrinopatie, malattie indotte da farmaci (come il cortisone) o sostanze
chimiche, infezioni, rare forme di diabete immuo-mediato, altre sindromi genetiche a volte associate al
diabete. Il diabete di tipo I è caratterizzata da uno scenario di aggressione immunitaria contro le beta cellule,
che solitamente era associato all’età giovanile, ma ad oggi si è scoperto un Latent autoimmune DIabetes of
the Adult LADA che ha prevalenza del 10% del diabete dell’adulto, con età di esordio generalmente superiore
ai 35 anni, quadro d’esordio lento ed attenuato, sviluppo graduale di insulino dipendenza, frequente
presenza di anticorpi antiGAD.
Diabete gestazionale è definita come una condizione di alterata tolleranza al glucosio che si verifica per la
prima volta in gravidanza. Si verifica in oltre il 5% delle gravidanze. È molto importante riconoscerlo perché
le persone affette possono andare incontro a problematiche gravi durante il parto, eclampsia, difetti nel
bambino e molti nascono precocemente. Non si sa perché si manifesti questa forma di diabete.
Esistono diversi sistemi che sono in grado di valutare l’oscillazione della glicemia durante la giornata: di notte
la glicemia diminuisce e risale al mattino, secondo un effetto definito Alba, dovuto al cortisolo. L’ipoglicemia
notturna è più accentuata nei pazienti diabetici. Queste osservazioni hanno portato allo sviluppo dell’ipotesi
di un “sensore del glucosio”. Ad oggi tutti concordano che il sensore del glucosio sia la glucochinasi, che
viene espressa prevalentemente nel fegato, nel cervello e nelle beta-cells. Il gene può essere processato in
maniera diversa. La glicemia a digiuno non è uguale in tutte le persone. Recentemente è emerso che vi siano
dei fattori genetici, dei polimorfismi, che determino la variabilità della glicemia a digiuno. Sono state
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descritte delle forme di diabete rari, MODY, che si p