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Morandi mostrano come il linguaggio metafisico possa essere appreso da un

pittore lontano dalle esperienze di Carrà mostrando le diverse declinazioni che

il linguaggio metafisico può assumere. L’estrema pulizia formale, superfici

nitide e contorni chiari rendono oggetti anche banali lontani dalla loro realtà

quotidiana. All’interno delle nature morte ci sono delle contraddizioni che

mostrano lo studio attento delle opere di De Chirico: ci sono effetti che non

possono essere giustificati in modo razionale. In un dipinto, “Natura morta”

(1919) di Morandi c’è una scatola di legno al cui interno viene posta la testa di

un manichino (manichino sostituto dell’uomo era tipico di De Chirico): la

natura morta chiusa in una scatola che la isola dal mondo circostante. In un

dipinto di Carrà, “Natura morta con squadra”, si vedono contraddizioni nelle

proiezioni delle ombre, servono a dare una dimensione non realistica. Morandi

lavora in modo analogo: ombre interne alla scatola ed ombre esterne alla

scatola: ciò che rende inquietante l’opera è la densità delle ombre, che

sembrano essere quasi trasparenti (e non scure come ci si immaginerebbe);

altri elementi, come una sfera sospesa nel vuoto, complicano ulteriormente la

comprensione. In un altro dipinto, “Natura morta” (1919), si vede la custodia di

un orologio da tavolo, una sfera e un listello appoggiati su una scatola, il tutto

posto su una struttura che sembra fare da proscenio. Il sistema delle ombre è

ancora contraddittorio (ombra triangolare del pezzo di custodia a sinistra); la

palla sembra incassarsi nello sfondo quando in realtà è molto lontana dallo

sfondo. In un’altra opera di Morandi, “Natura morta” (1919): un manichino,

una bottiglia (dipinta con tempera bianca), sullo sfondo ci sono più cornici appoggiate alla parete. Sono

oggetti che appartengono al mestiere dell’artista. Sironi, nel 1915 era entrato nel movimento futurista,

amico di Boccioni. Andò in guerra e in quel periodo non poté esporre. Nel

1919 si trasferisce a Milano, ormai centro fondamentale dell’arte italiana:

qui mette a punto la sua prima stagione metafisica. In un suo dipinto, “La

lampada” (1919-20) propone una scena di per sé abbastanza banale: un

interno domestico, con una figura femminile che sta accendendo una

lampada. L’effetto metafisico viene dato dalla piramide piantata sul tavolo,

che introduce un interrogativo molto potente all’interno del dipinto: c’è

qualcosa che non funziona secondo la logica ordinaria e cha fa accedere il

dipinto ad un significato altro. La figura femminile, eccetto pochi

indumenti, è nuda facendo aprire un altro interrogativo: una donna nuda in

una situazione domestica del genere è strana. Un elemento seduttivo e un

interno domestico creano una frizione che contribuisce all’enigma di

questa opera. Nel Manifesto del 1909 Marinetti aveva parlato del disprezzo

della donna, di non voler fare il nudo in pittura: nel 1919 si vede invece Sironi, ancora vicino al movimento

marinettiano, proporre un nudo. Di fatto lo stesso Marinetti nel 1919 rivede alcune delle sue posizioni,

appoggiando le cause femministe. La figura femminile è impertinente nel proporre la sua nudità nel dipinto

di Sironi: indossa i tacchi alti, erano accessori estremamente seduttivi, costavano tantissimo e

sottolineavano in chiave moderna la forza seduttiva della donna. Inoltre interessante è notare la

capigliatura della donna: ha capelli tagliati corti, alla “garçon”, indossati dalle donne che rivendicavano la

loro autonomia. La definizione marcata dei chiaroscuri, il corpo umano impostato come un manichino, la

misteriosa piramide sul tavolo contribuiscono a far appartenere quest’opera al linguaggio metafisico. Il

linguaggio metafisico si diffonde anche in ambito tedesco. Una rivista italiana “Valori plastici” fondata nel

1918 (ci sarà fino al 1922), dove scrivono fra gli altri di De Chirico e Carrà e dove vengono pubblicate alcune

loro opere. L’arte metafisica è un linguaggio che nasce dall’Italia e non ha debiti d’oltralpe come il

futurismo. Mario Broglio, fondatore della rivista, organizza una tournée che tocca alcune città tedesche.

Nel 1916 a Zurigo era nato un nuovo movimento artistico, il dadaismo. La Svizzera era estranea alla guerra

che aveva coinvolto tutti gli altri stati europei. Nel 1916 la guerra aveva raggiunto l’acme, impantanandosi

nella guerra di trincea. Dada nasce non a caso da artisti e poeti di diversa provenienza, artisti che in Svizzera

si rifugiano. Non era nato come un fenomeno di banale irriverenza sulla scia delle provocazioni futuriste:

era un gioco disperato quando tutto attorno sta crollando. La definizione “dada”, diversamente dalle altre

etichette che hanno un loro ben preciso contenuto, non ha un contenuto che si possa definire con

sicurezza. Secondo alcuni il termine nasce dalla particella affermativa russa “da” ovvero “si”: quindi il

movimento dichiarerebbe una disponibilità totale all’esistenza, rispondendo si ad ogni cosa. Per altri il

termine deriva dal francese “dada’” ovvero il cavallo a dondolo usato dai bambini, quindi legato alla

dimensione ludica, irriverente anche verso la concezione dell’arte (si depriva l’arte della possibilità di

intervenire nella realtà). Rimane comunque l’impossibilità di dare una definizione univoca. Nel 1916 non

era uscito un manifesto che spiegasse la sua definizione, nonostante venisse pubblicata una rivista con il

nome “Dada”. Il Manifesto del dadaismo ci sarà soltanto nel 1918 con Tzaran: nel manifesto Tzaran delude

le attese; consapevole delle aspettative del pubblico Tzaran dice che dada non significa nulla. È

un’operazione molto scaltra, lasciando che dentro quel movimento possano entrare molte cose. Quello che

accade è effettivamente questo. Il dadaismo conosce una notevole espansione, garantita dalle riviste:

inoltre i protagonisti, ancora prima della fine della guerra, tornano nei loro paesi d’origine. Il dadaismo

tedesco si incrocia con l’esperienza metafisica: in questo modo il dadaismo tedesco si caratterizza in modo

particolare. Il dadaismo tedesco ha una diffusione molto ampia nel territorio nazionale: a Colonia, ad

Hannover, a Berlino, a Dresda. Diversamente dal dadaismo francese, più interessato alla dimensione

formale e linguistica, quello tedesco assume una connotazione politica sempre più consapevole. La

Germania era difatti uscita sconfitta dalla guerra: è in questa Germania, segnata profondamente dalla

tragedia della guerra, che gli artisti si trovano ad agire. Facendosi forte di una strumentazione linguistica

assumono una posizione critica nei confronti della realtà contemporanea. Hausmann, due opere: “Lo spirito

del nostro tempo” (1919) e “Dada siegt! (Dada trionfa)” (1919-20). La prima opera è una scultura, la testa di

De Chirico, Interno metafisico - 1917

un manichino di legno su cui sono innestati oggetti diversi: un metro da sartoria, un metro di legno

attaccato all’orecchio, una bussola alla sommità del cranio, vicino alla tempia il meccanismo interno di un

orologio; sono tutti strumenti di misurazione che stanno a mostrare la dimensione meccanicistica della

realtà che modifica la sostanza umana, la nozione di umanità. L’idea, già vista in De Chirico, viene qui

ulteriormente caricata. “Dada siegt!” (Dada trionfa, il titolo c’è anche nel dipinto) invece, c’è un interno con

strane presenze difficili da legare in un racconto continuo: ci sono molti oggetti meccanici, oggetti della

nuova realtà contemporanea. L’idea di far vivere in uno spazio privato un agglomerato di cose arriva da De

Chirico, come in “Interno metafisico” realizzato a Ferrara: l’interno viene dilatato dal quadro al centro

dell’opera, c’è una dimensione claustrofobica complicata dal gioco assonometrico in primo piano (il

pavimento della stanza diventa uno spigolo). La soluzione del dipinto nel dipinto viene ripresa da

Hausmann. 1920, Berlino: si tiene una mostra emblematica del mondo dadaista tedesco “Erste

Internationale Dada messe”. Messe significa fiera:

la fiera è un luogo dove si mettono in vendita gli

oggetti più disparati, non per forza caratterizzati

da valori estetici. Ci sono assemblaggi realizzati

sulla base di manichini: in uno di Hausmann

invece della testa l’artista colloca una lampadina,

la figura manca di una gamba e delle braccia, ha

una pistola ed ha una divisa militare (facendo

allusione alle condizioni dei mutilati di guerra,

spesso abbandonati al loro destino). Se si preme il

bottone giusto la lampada si accende: è una

critica alla vocazione militare della Germania. In

un altro manichino si vede la figura vestita da

militare con la testa di maiale. Il dadaismo è

politico, come nella stessa rassegna viene dichiarato attraverso i manifesti appesi. In una foto di questo

evento si vede un quadro di Otto Dix; in primo piano sulla sinistra vediamo Hannah Hoch, con il taglio alla

garcon. “Prager Strasse” e “Giocatori di Carte” di Otto Dix. Uomini a metà: l’uomo in primo piano di Prager

Strasse si sposta su un carrellino, un altro in secondo piano ha perso i piedi e un braccio sostituito da un

moncherino di legno; si vedono i passanti che fanno l’elemosina (misera, dando un francobollo: l’uomo che

dà l’elemosina, per i dettagli, si identifica come un uomo ricco). Gli uomini mutilati sono presentati interi,

gli uomini interi sono

presentati solo in parte:

c’è una contraddizione

che crea una tensione

nel quadro. Inoltre nella

vetrina sullo sfondo si

vedono le protesi; per

rafforzare l’assurdità

dell’opera nella vetrina a

sinistra ci sono delle

“protesi” cosmetiche

come i toupet. A sinistra,

in basso, c’è la mano di

un cieco che si muove

tenendo un bastone.

Sullo sfondo, sotto la

Otto Dix, Prager Strasse - 1920 Otto Dix, Giocatori di carte - 1920 vetrina delle protesi, c’è

una bambina deforme, nata così perché spesso al fronte i soldati avevano contratto malattie veneree,

passandole così alla moglie. Sul dipinto viene incollato un volantino con scritto “Juden Raus” (Via gli ebrei).

In un altro dipinto, “Giocatori di carte”, si vedono dei mutilati giocare a carte, le sedie si intrecciano con i

moncherini degli uomini: giocano come possono. Quelle che sembrano esagerazioni in realtà sono ritratti

realistici: realismo, quasi courbettiano, che si appropria degli elementi più scaltriti delle avanguardie (

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
89 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher n.y.313 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Rovati Federica.