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Remotti pensa che tutti hanno bisogno e ricercano la stabilizzazione, è diverso però il mondo in cui questo
emerge come forma di consapevolezza. Alcuni potrebbero dire "no io non cerco la stabilità ma la sorpresa"
ma non è il mio punto di vista su me stesso che mi salverà dalla questione. Io posso osservare un certo campo
sociale e dire "queste persone che esaltano l'assenza di stabilità e la trasformazione forse in realtà hanno un
elemento di stabilizzazione senza esserne consapevoli".
La stabilizzazione può essere di due tipi: assoluta o relativa. Un esempio di stabilizzazione relativa: pensiero
di Pascal (che è quello tendenzialmente sposato dagli antropologi). Non è Pascal in toto che è un punto di
riferimento ma quel Pascal lì. Ci sono altre cose di Pascal che non possono essere riconducibili alla
visione/posizione dell'antropologo, ma questo punto si e ci interessa.
Stabilizzazione assoluta voluta da alcuni sistemi religiosi, non dalla religione in generale, anche il totemismo,
infatti è un sistema religioso eppure non ricerca la stabilizzazione assoluta.
Se il punto è "che cos'è una religione?", il totemismo, il Cristianesimo o l’Islam hanno tutte degli elementi
comuni che sono quelli sottolineati da Durkheim: San Gennaro per i napoletani, il casuario per noi del clan
del casuario, la sacra bottiglia per il corrispettivo clan etc. Se invece poi entriamo nel merito dei meccanismi
che utilizzano le varie religioni, il totemismo è stabilizzazione relativa, apertura alla molteplicità e il
Cristianesimo è, invece, un'altra storia, così come l'Islam.
Non è corretto dire che il totemismo (naturalizza la società e attribuisce un valore sociale alla natura) è un
fenomeno moderno, ma che avrebbe molto da insegnare al mondo contemporaneo però non è in senso stretto
un fenomeno moderno. Potrebbe però essere utilizzato come principio ispiratore. Il totemismo non rientra
nel concetto di modernità. Si può dire, secondo come si pone la domanda, che c'è una consustanzialità tra il
polo naturale e quello sociale che ha a che fare sia con la parte materiale sia con quella spirituale. Questo è
il modo migliore per smontare la convinzione tipica delle modernità tra il mondo degli uomini e quello della
natura. In un altro senso ancora si potrebbe dire "ma visto che Levi-Strauss parlava della correlazione tra
due sistemi di differenze, non è un modo per dire che ci sono comunque questi due sistemi che poi si mettono
in relazione?". Di ciò potremmo discutere. Però direi che il totemismo e la modernità stanno su due piani
differenti. La modernità infatti arriva, prende a schiaffoni il totemismo e lo relega nel bagaglio delle
superstizioni o delle credenze locali, nazionali.
Quando si vuole convincere qualcuno è improbabile ottenerlo se si parte da un insulto. Quando si tratta di
questioni spinose, con sovraccarico di posizioni, storie, culture, politiche (etc), l'unica maniera per sperare
che la controparte ci ascolti è di iniziare in un certo modo: con il massimo rispetto possibile dire "mi sento io
a disagio nel mio insegnamento perché percepisco la possibilità che la mia disciplina stia entrando in
conflitto con la sua cattedra, e le chiedo se possiamo parlarne". "È uno stratagemma", "non è sincero"
potremmo pensare. È però l'unica maniera per poter ottenere il dialogo. Si potrebbe anche pensare che
Remotti faccia così perché sa che ha una nuova prospettiva- relativista- che potrebbe avere ragione. All'inizio
del volume si dice che la prospettiva due (quella di Pascal e degli antropologi) può essere utile per
comprendere la prospettiva 1 (della stabilizzazione assoluta, la prospettiva dello strato roccioso etc). Non è
così. Avanti Remotti prenderà la prospettiva dell'uomo occidentale, della monogamia e dice "è la monogamia
ad avere un problema con la poligamia, non il contrario". La poligamia non è obbligatoria. Quando tu hai un
ventaglio aperto, in quel ventaglio ci può stare la controparte. La posizione relativista può provare a
comprendere l'assolutismo, non viceversa.
-tutti cercano la stabilità: agognata ma insolvibile
Chi la pensa come Remotti tende a partire da quella posizione dandola per scontata e mostra la ragione della
propria indignazione rispetto al protrarsi di certe posizioni della Chiesa. Remotti dice che spiega per quale
ragione assume quella posizione, non ha rilevanza che si indigni per le posizioni della Chiesa. Lui dà al lettore
informazioni per spiegare perché crede in quella posizione. Per questo è un libro di servizio, dice "i
fondamenti della mia argomentazione sono questi, ti aiuto a formarti un'opinione".
Abbiamo fatto fino ad ora riferimenti alla famiglia, ma potremmo studiare il libro senza toccare questo
argomento. Potremmo analizzarlo come "che cos'è il dogmatismo?", "che cos'è oggi la discussione intellettuale,
che natura ha?", "qual è il punto di vista di persone specifiche in contesti specifici".
Nella seconda e terza parte del volume si entra anche nel merito dei grafici, di come possono essere usati per
rappresentare una situazione.
"I am proud to be Catholic. What about you?"
Sembra una sorta di difesa di un qualcuno che si sente accusato. Avere un punto di stabilità: l'essere cattolico.
Punto di partenza in cui io mi costruisco come uomo. Poi, idea di maggioranza/minoranza "sei con o contro
di me?". "What about you" invita a prendere posizione, richiama l'altro direttamente.
Metodo strutturalista: sostituiamo al sintagma un altro elemento. Togliamo Catholic e mettiamo "il casuario".
Avrebbe senso? No. Questo adesivo è più adeguato per un caso di stabilizzazione assoluta rispetto ad uno
relativo. È più sensato per un contesto dove c'è proselitismo rispetto a quello in cui si accettano le differenze
(come nel totemismo) che in un certo senso sono naturalizzate ma nello stesso momento sono esposte a questa
sorta di costante confronto con le alterità che sono lì vicino e che non sono degradate e degradanti in nessuna
maniera. Non esiste infatti il proselitismo del totemismo. Immaginate l'attività di evangelizzazione nel
contesto del totemismo non ha alcun senso.
C'è un aspetto paradossale del rapporto tra il cristianesimo e il concetto di famiglia. È un aspetto che è stato
studiato dagli storici delle religioni, dagli antropologi.
Bisogna avere chiara la distinzione tra cristianesimo e predicazione di Gesù. Gesù come figura storica,
differenza tra la sua attività, il suo successo, il suo organismo e il fenomeno religioso (il cristianesimo). Sono
due cose distinte soprattutto dal punto di vista degli studiosi laici. Molto banalmente, Gesù non ha fondato
la Chiesa. Cosa caratterizza, in particolare, l'attività di Gesù, Gesù storico? La sua attività come si svolgeva?
Come conquistava i suoi seguaci? Il suo movimento era itinerante. Andavano nelle "house halls" (delle casate),
si presentavano nel quadro di un meccanismo riconosciuto all'epoca: quello dell'ospitalità in un periodo di
"clientelismo" (fenomeno socio-politico-economico): ovvero c'erano dei patroni in relazione di scambio
(asimmetrica) con persone subordinate che davano prestazioni in cambio di sostegno, finanziamento,
protezione etc. L'ospitalità veniva letta come momento di scambio di reciprocità (elemento del dono io ti
do qualcosa e mi aspetto che venga ricambiato). Gesù arriva a casa delle persone chiedendo ospitalità, ma
cosa dà in cambio? Nulla di materiale. Dava in cambio la parola di Dio. Il movimento gesuano (chiamato
così per distinguerlo da quello cristiano) chiede ospitalità in cambio di niente e lo dice apertamente. Rompe
un'istituzione fondamentale, quella della reciprocità, rompe lo scambio. "Vengo, prendo e non ti do niente
ma mi ascolti perché porto la parola di Dio". Dal punto di vista della gestione delle risorse, della proprietà,
Gesù sta interrompendo lo scambio. È un atto rivoluzionario. Poi cosa fa? Non si ferma qui. Nella casa Gesù
ha come obiettivo della sua predicazione quello di ottenere la conversione: rendere cristiano. Questa
conversione di traduce in un'aspettativa: che le persone che lo ascoltano decideranno di seguirlo nel suo
movimento.
"Porta via membri della famiglia nel movimento itinerante". È una mossa destrutturante della stessa famiglia.
Il destinatario reale di Gesù era la fascia intermedia, dalla gioventù alla maturità. Di fatto, immaginando che
tutti lo seguano, vuol dire interrompere completamente quell'unità di produzione della famiglia e della
società, paralizzare. Vuol dire fare una rivoluzione, abbandonare le esigenze della vita terrena per seguirlo
in quel movimento che risiede nella predicazione stessa (non si pensa per forza e soltanto a qualcosa di
lontano, superiore e trascendente) è una vera rivoluzione. È una mossa importante che dall'altra parte lo
rende un personaggio scomodo. Gesù prende posizioni contro la famiglia, come se la famiglia fosse
un'istituzione che si oppone al suo messaggio (anche se questo è più alto, più inglobante). Il proselitismo di
Gesù parte cosi, destrutturando.
"What about you"= può assumere un'altra forma: io ti chiedo di trasformarti, di negare ciò che hai fatto fino
ad ora e diventare quello che io ti sto proponendo e facendo così confermi che il principio che hai assunto è
un principio assoluto. Nella stabilizzazione relativa questo problema molto spesso non c'è.
Troveremo delle tracce di tutto ciò nel volume di Remotti, ma non vuol dire che il Cristianesimo o l'Islam non
vadano bene, ma si tratta di trovare degli elementi analitici. Bisogna avere la capacità di individuare le
differenze, la capacità di osservare. Dopo questo, la capacità di valutare le differenze è rinviata ad un secondo
momento.
Movimento gesuano fu, da questo punto di vista, rivoluzionario perché inseriva movimento di flusso in una
struttura solidificata: rapporti di dare/avere. Lui, con il suo gruppo, dice di lasciare perdere e di mettersi in
cammino. Il cammino aveva lo scopo di convincere altra gente a mettersi in cammino e proseguire cosi.
Inserire flusso e movimento in qualcosa di solido (solidità). Gesù in quel momento si scontra con le istituzioni
dell'epoca (che avranno poi la meglio). Il suo movimento