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GLOBALIZZAZIONE

Fin dal suo affermarsi nel discorso pubblico e scientifico all'inizio degli anni '90, il termine globalizzazione ha alimentato due generi di rilievi: chi ne sottolineava la novità per marcare la presenza di una frattura storica evidente e occorsa dall'effetto combinato dell'espansione globale del capitalismo finanziario, delle innovazioni tecnologiche nell'ambito dei trasporti e delle telecomunicazioni, dei processi di deregolamentazione degli spazi statali; chi ne sottolineava invece le continuità, in forma di nuova accelerazione o nuova fase, con il processo storico di espansione del capitalismo su scala globale.

Il dibattito antropologico non ha fatto eccezione, aggiungendo a questo sfondo tematico nuove preoccupazioni:

  1. il tema delle trasformazioni del locale inserito in un contesto globale e interessato da fenomeni di massa e transnazionali diversificati (dai flussi di persone ai flussi culturali) = problema di scala
  2. il tema degli...
oggetti di studio e della loro definizione concettuale, resa ardua poiché i confini fra comunità e gruppi locali, gruppi etnici e tribali, popolazione e territorio, sono tutti diluiti entro contenitori quali le nazioni o i rappresentanti transnazionali. Oggi siamo in presenza di spazi e gruppi mobili, de-territorializzati, translocali. Il tema della metodologia, sempre più orientata verso una ricerca multisituata, "in movimento", rivolta all'analisi di reti sociali distribuite su spazi ampi. I testi proposti sono orientati più verso l'aspetto di continuità del fenomeno oggetto di studio. Nel primo testo Mintz intende seguire la storia dello zucchero per mostrare il profondo legame fra storia europea e storia coloniale, e come la modernità abbia radici nel mondo coloniale, più che in quello europeo, come di solito si pensa in una prospettiva eurocentrica. Nel secondo testo Amselle mette in guardia su come l'enfasi sul termine.

La globalizzazione può oscurare i rapporti di potere e gerarchia che essa stessa definisce e sottolinea come i cambiamenti che porta non rappresentino una sfida dal punto di vista delle novità, ma sul piano epistemologico in relazione alle categorie attraverso cui l'antropologia guarda al mondo. Le realtà studiate dall'antropologia sono forse sempre state "globali". In un mondo che è sempre stato costituito da connessioni, l'opposizione tra locale e globale, particolare e universale, perde di significato, poiché il primo termine si è sempre costruito attraverso appropriazioni e rimodulazioni del secondo e viceversa.

L'accento sulla discontinuità ha tuttavia anche una specifica valenza, come evidenziato da Appadurai in "Modernità in polvere", il quale rileva "una frattura nel tenore generale delle relazioni fra le società" dovuta ai fenomeni di comunicazione e

migrazione di massa… i quali alimentano una nuova immaginazione globale che ha la capacità di disegnare nuovi mondi = continua prod di differenze VS tesi dell'omogeneizzazione globale MINTZ : Storia dello zucchero La maggior parte della gente nella regione caraibica, discendente della pop aborigena amerinda e di coloro che vennero nei Caraibi dall'Europa, dall'Africa e dall'Asia, vive in zone rurali e si dedica all'agricoltura. Fare ricerca tra loro significa quindi lavorare in campagna e interessarsi alla loro produzione agricola. Le popolazioni caraibiche si sono sempre trovate coinvolte in un mondo più vasto di quello che si presentava alla loro esperienza immediata: questa regione è stata sin dal 1492 impigliata nel controllo imperiale. Questa dimensione coloniale è fondamentale per le ripercussioni che ha avuto a livello locale e in termini di relazione fra locale e globale, fra metropoli e colonia. Bisogna chiedersi in che modi, al dilà di quelli ovvi, il mondo esterno e quello europeo sono diventati interconnessi o addirittura congiunti; quali forze, oltre a quelle militari ed economiche, abbiano mantenuto questa intima interdipendenza e come i profitti fluissero nella direzione stabilita da coloro che esercitavano il potere. Da ciò l'interesse per le storie dei prodotti locali: per ciò che concerne la regione caraibica nel suo insieme, il bene più richiesto da tutte le parti del mondo in tutte le epoche è lo zucchero. Nel corso di diversi secoli la produzione saccarifera mondiale ha mostrato e ancora mostra la più notevole curva di crescita fra tutti i prodotti alimentari sul mercato mondiale. Mintz si chiede come tale crescita sia spiegabile e perché il dolce sia un gusto così desiderabile. ES: Portorico, Barrio Jauca, villaggio di tagliatori di canna = storica produzione di canna da zucchero (e zucchero in diverse forme) da esportazione. La canna da zucchero.è una pianta curiosa, addomesticata per la prima volta in Nuova Guinea, raffinata per la prima volta in India, portata nel Nuovo Mondo da Colombo. A Portorico la gente consumava la pianta senza sapere come si potesse ottenere dalla pianta lo zucchero bianco e granuloso, e senza sapere chi ci fosse dietro ad una domanda tanto alta di zucchero, ma consapevole dell'esistenza di un mercato mondiale dello zucchero. Gli abitanti di Barrio Jauca erano braccianti agricoli che non possedevano né terra né alcuna proprietà produttiva e che dovevano vendere il proprio lavoro; erano dei lavoratori salariati, la loro fabbrica era il campo aperto delle piantagioni. Quello che consumavano era prodotto da altri. Piantagioni = forma di attività economica più caratteristica di questa regione del mondo, in cui a partire dal XVI sec sono state introdotte e riempite di schiavi africani. Il mistero del passaggio dalla canna di zucchero allo zucchero bianco non riguardava

Soltanto il mistero dell'araffinazione tecnica ma anche il fatto che persone sconosciute erano state legate attraverso lo spazio e il tempo da una catena di legami di produzione invisibile, oltre che da una serie di evidenti rapp pol-eco. Lo zucchero diviene così il simbolo di un processo storico che ha coinvolto popoli, culture, sostanze in legami sempre più stretti... e per certi versi confusi.

Nonostante le piantagioni di zucchero non rappresentassero un investimento sicuro (alto rischio), il costante aumento di domanda fece prosperare il settore, ciò specialmente a partire dal XVIII sec, ovvero dal momento in cui furono disponibili gli strumenti nec per introdurre il prodotto in un mercato di massa.

A causa della politica mercantilista inglese, lo zucchero smise di essere effettivamente e ufficialmente un prodotto di lusso solo dal XIX sec, quando ormai era chiaro che i circuiti commerciali chiusi tipici del sec precedente non sarebbero durati a lungo, specie di

fronte all'avvio della produzione di zucchero di barbabietola in Europa... l'industria zuccheriera anglo-caraibica si aprirà così al mondo, e lo zucchero divenne la prima merce esotica prodotta, esportata e venduta in vasta scala. È innegabile l'influenza che lo zucchero esercitò sui gusti europei (anzi mondiali!). Ciò che interessa particolarmente è l'organizzazione delle piantagioni, realtà produttiva sui generis; queste imprese agricole appaiono infatti come una sintesi fra il campo e la fabbrica, unendo di fatto il bruto lavoro agricolo con una profonda maestria artigianale. Invero, a causa dei legami fra taglio, macinatura, bollitura e cristallizzazione, i vari step produttivi dovevano essere perfettamente sincronizzati ed eseguiti, con conseguente sviluppo di un'attentissima programmazione al vertice e di una disciplina ferrea alla base. La specializzazione di capacità e mansioni, la divisione.

La produzione di manodopera in turni e in squadre, l'importanza data alla puntualità e alla disciplina, e infine la separazione netta fra produzione e consumo, lavoratore e utensili... sono tutte caratteristiche solitamente associate all'industria europea del XVIII e XIX secolo, ma che qui ritroviamo con almeno due secoli di anticipo.

Quando si prende in considerazione l'evolversi di questo processo, diventa sempre più plausibile il fatto che la piantagione fosse già un'impresa industriale quando in Europa la produzione di manufatti (eccetto navi e in parte tessuti) si svolgeva ancora nel settore dell'economia domestica.

Eppure le piantagioni vennero a lungo considerate come un sottoprodotto dello sviluppo industriale europeo, piuttosto che come elemento integrante di un generale processo di sviluppo dalla bottega alla fabbrica.

Il legame fra gli schiavi dei Caraibi e i proletari europei era un legame produttivo, e quindi anche un legame di consumo, creato da un unico sistema di.

Cui entrambi erano parte. Entrambi producevano e entrambi consumavano poco più di ciò che producevano. Entrambi erano espropriati dei loro attrezzi.

Secondo alcuni autorevoli studiosi essi formano in realtà un unico gruppo differendo soltanto nel modo in cui partecipavano al sistema internazionale di divisione del lavoro che altri avevano creato per loro.

In tutto ciò va aggiunto che a lungo resistette l'associazione zucchero - schiavitù: dopo le lotte per l'emancipazione venne fatto ricorso a fonti di manodopera esterne ma politicamente facilmente accessibili (manodopera di immigrati) zucchero = una delle forze demografiche più potenti della storia.

Ciononostante la manodopera usata nei Caraibi rimase composta per lo più da gente locale e la relazione fra zucchero e ambiente tropicale fu mantenuta, sinanche dopo il decollo della barbabietola da zucchero.

Ed è stato mantenuto anche lo stesso tipo di relazione.

con la metropoli, da cui si importa la maggioranza dei beni finiti, cosa che crea e mantiene una dipendenza economica storicamente affermata.

AMSELLE : La globalizzazione e il futuro della differenza culturale

La visione secondo cui il nostro pianeta sarebbe in via di omogeneizzazione sia economica sia culturale civiene direttamente dai ricercatori americani che ritengono che il nostro mondo sia sottoposto a un processo di globalizzazione (crescita degli scambi commerciali, multinazionali, innovazioni tecnologiche etc).

La globalizzazione fa scomparire la questione sociale, quella della lotta fra classi, e la questione territoriale per sostituirle con le guerre identitarie (culturali o religiose) sempre più numerose.

Es. Jihad = risposta all'imposizione di modi di produzione e di consumo universali (cit Barber)

Certi studiosi prospettano futuri e inevitabili conflitti, inevitabili perché non sembrano esserci alternative oramai al sistema economico esistente, di cui è

possibile analizzare gli effetti ma niente di più. Insomma, tutti concordano nel riconoscere l'evidenza della globalizzazione, ma non tutti concordano sugli effetti: per alcuni il futuro è uno scontro di culture, per altri è una mescolanza.
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Publisher
A.A. 2017-2018
34 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eioads di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Quaranta Ivo.