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LOGICAMENTE INDIPENDENTI.
Per Ricouer ciò non vale per le azioni umane, infatti non posso esplicitare i motivi
della mia azione senza collegarlo all’azione stessa. Si tratta di una causa non
perlopiù di ordine logico, nella quale c’è sempre un’implicazione tra
huminana,
motivo e progetto.
ANSCOMBE
Nel primo caso appare l’ordine della CASUALITà, nel secondo quello della
MOTIVAZIONE.
Ricoeur: netta contrapposizione tra causa e motivo, che per quanto ci riguarda è alla
“bio” e di quelle “psi”,
base dei differenti dispositivi concettuali delle scienze
rappresenta una dicotomia insostenibile.
In un’ottica dialettico-costruttiva abbiamo a che fare con un continuum i cui estremi
sono rappresentati da una CAUSALITà SENZA MOTIVAZIONI (es. tumore
cerebrale) e da MOTIVAZIONI SENZA CAUSALITà (es. mossa scacchi).
È evidente che la maggior parte degli accadimenti umani si situerà nel mezzo, tra un
causalità che chiede di essere spiegata e una motivazione che chiede di essere
compresa.
Neuropsicopatologia all’ordine naturale e a quello psicologico, lungi dall’essere
La duplice appartenenza
una nuova forma di dualismo ontologico, è invece ben configurabile nel quadro di un
costruttivo DUALISMO SEMANTICO.
La neuropsicopatologia può trarre beneficio dalla dialettica tra causalità fisica e
motivazione umana, tenendo conto che quest’ultima è comprensibile soltanto
attraverso la mediazione della storia di vita.
Ai fini eziopatogenetici, la duplice appartenenza del nostro esserci all’ordine fisico e
a quello psichico ci permette di configurare un CONTINUUM
NEUROPSICOPATOLOGICO ai cui estremi troviamo delle CAUSE
eziopatogenetiche e dei MOTIVI eziopatogenetici.
NEUROPSICOPATOLOGIA come DISCIPLINA ERMENUTICA. Il problema
riguarda il criterio che consente di collocare una specifica neuropsicopatologia in
questa o quella parte del continuum.
Il criterio temporale, non è di per sé sufficiente, visto che vale sia per la spiegazione
causale à la Hume, sia per la spiegazione in termini di motivi e ragioni (Ricoeur).
Il criterio della traccia neurale è parimenti insufficiente: la mente non è un’aggiunta
al corpo, pertanto la presenza di una traccia neurale può essere la causa, una semplice
oppure l’effetto di un’esperienza.
co-occorrenza,
Il criterio che meglio discrimina tutte quelle situazioni cliniche che diagnostichiamo
come organiche o funzionali è dato dal ruolo che gioca l’identità del paziente nel
veicolare questo o quel disturbo.
Lo storico dispiegarsi di una specifica storia di vita è la condizione necessaria per
rendere conto della genesi di quello specifico disturbo, oppure no?
È proprio la maggiore o minore importanza della SPECIFICA STORIA DI VITA del
paziente nel fare emergere la patologia che ci consente di definire i due estremi
neuropsicopatologici di tipo STORICO o NON STORICO (Liccione, 2005).
4. individuale (trauma cranico).
5. secondo narrativa.
riconfigurare l’esperienza
In entrambi i casi possiamo avere delle manifestazioni psicologiche che prevedono
degli osservabili. Infatti la differenza fondamentali non consiste nei modi
dell’alterazione neurale o nell’entità della sofferenza, ma nel fatto che le patologie
non storiche producono un cambiamento che non è veicolato dai modi di essere
(storici) del paziente.
Il continuum neuropsicopatologico
La sofferenza psicologica origina per di più da un’alterazione del senso di stabilità
ad una forma di alterazione dell’identità. L’identità personale non
personale dovuto
può essere slegata dall’identità narrativa. La mediazione di quest’ultima tra
medesimezza e ipseità dipende dalla precedente dialettica pre-riflessiva tra ipseità e
alterità, quindi tra i modi di emozionarsi prevalentemente INWARD o OUTWARD.
I modi del racconto (riflessivi) dipendono dai modi di fare esperienza di sé, e la
frattura identitaria è un’alterazione dell’identità tra esperienza e racconto. Può
accadere che alcune esperienze vengano SOLO PARZIALMENTE
RICONFIGURATE, o DEL TUTTO NON RICONFIGURATE, perché
eccessivamente discrepanti con la propria identità in quello specifico momento di
vita.
Esistono alcune neuropsicopatologie la cui eziopatogenesi è a monte rispetto ai
di riconfigurazione narrativa e di formazione dell’identità personale. Si tratta
processi
di PATOLOGIE DELL’IPSEITà. Le conseguenze emotivo-comportamentali non
dipendono dai modi dell’identità personale, poiché non solo ne precedono la
formazione, ma non ne impediscono la realizzazione. Ad esempio le persone con
Sindrome di Down possono avere un coerente senso di identità personale, nei limiti
di una diversa complessità esperienziale che si traduce, identitariamente, in una
diversa complessità narrativa. L’estremo delle patologie non storiche coincide con le
patologie dell’ipseità.
Questi due modi di giungere alle problematiche emotivo-comportamentali di tipo
storico e non storico rappresentano il modo di tradurre neuropsicologicamente il
nostro specifico essere-nel-mondo, e la nostra duplice appartenenza al mondo fisico
delle cose e a quello storico dell’esserci.
Il livello della progettualità
I criteri diagnostici della progettualità sono le variabili relate al nostro con-esserci-
Se l’uomo è sempre
nel-mondo. più di quel che è, essendo un progetto-gettato, ossia
si rapporta pre-riflessivamente alle cose, allora il mondo ci si appalesa senza spazi di
manovra non necessariamente condivisibili dagli altri con-esserci. Possiamo dire che
un’adeguata possibilità d’azione (pc come
una persona, nel non riconoscere
portacenere), ci è parzialmente estranea, ossia non condivide con noi determinati
modi di rapportarsi alle cose. Il progetto, inteso come struttura che determina un certo
spazio di manovra all’interno del quale posso agire, prevede gradi variabili di
complessità prospettica. Lo spazio di manovra e le mie possibilità d’azione non
riguardano solo l’interazione con le cose ma i miei modi di essere progettato verso gli
altri e il futuro. I miei progetti, e quindi il mio mondo, non essendo una costruzione
individuale di senso ma un modo di esserci e di con-esserci, prevedono agli occhi
degli altri una maggiore o minore conformità a talune regolarità.
La compromissione del funzionamento e i modi della progettualità: considerazioni
secondo la diagnostica nosografico-descrittiva
ai fini della soluzione del problema dell’eccesso di falsi positivi
Nel DSM-IV-TR,
nelle operazioni diagnostiche, una bona parte dei disturbi deve prevedere la presenza
di una componente di <<disagio clinicamente significativo o significativa
compromissione del funzionamento sociale, lavorativo ecc>>.
L’ ICD-10 prevede dei criteri diagnostici che nella maggior parte dei casi non fanno
specifico riferimento alle compromissioni del funzionamento, e si basa su uno
schema quasi-causale
Dal 2001 ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Dsabilità e
della Salute) valutano e classificano la salute e la disabilità in due elenchi principali:
Funzioni e Strutture Corporee e Attività-Partecipazione. È basato su un approccio
<<bio-psico-sociale>> , nel quale la salute viene valutata secondo tre dimensioni:
biologica, individuale e sociale. Questa classificazione appare più consona alla
visione della neuropsicopatologia. Sembra che la diagnosi nosografico-descrittiva,
nel momento in cui abbandona una rigida dimensione materialista riduttivista in base
alla quale ogni disturbo consegue, casualmente, a qualche primaria alterazione
organica, si avvicini a una visione dell’essere umano come progetto-gettato.
Per Heidegger, che il mondo sia la totalità delle possibilità d’azione implica che per
l’essere umano rapportarsi a se stesso non significa rapportarsi riflessivamente a un
soggetto atemporale, a un nucleo d’identità che si mantiene costante e che
accompagna tutte le sue rappresentazioni, bensì al proprio poter-essere, cioè alle
proprie possibilità d’azione, e quindi al proprio aver-da-essere a partire dal proprio
aver già e dal proprio esser-già. Le possibilità sono nel mondo, storicamente
determinate. Di conseguenza l’autocoscienza dell’uomo non sorge quando l’io riflette
su se stesso, bensì quando si rapporta alla vita che ha da vivere, cioè a quello che
Heidegger chiama l’aver-da-essere, il futuro. Esistere per l’uomo non significa
soltanto vivere, essere qualcosa di presente, ma rapportarsi a se stesso in quanto
poter-essere, cioè non come una realtà, bensì come a una possibilità.
L’accesso al mondo come rete coerente di rimandi e il livello della progettualità
La possibilità di diagnosticare una persona come deficitaria, in assenza di alcuna
alterazione dell’identità personale e senza la presenza di qualche forma di sofferenza
psicologica, risulta possibile solo alla luce di una valutazione in terza persona delle
sue possibilità di accedere al mondo.
Se essere-nel-mondo significa essere un progetto-gettato, allora possiamo
immaginare differenti modalità di accesso alla rete coerente di rimandi (RCR) e alla
conseguente possibilità di azioni e di passioni in essa dispiegata. Se il senso di una
cosa è la sua possibilità d’azione, il David di Michelangelo apre l’azione-passione
artistica, ossia la possibilità di una fruizione estetica che si realizza nella piacevolezza
della sua contemplazione. alle cose secondo coerenti possibilità d’azione,
Se il progetto è il modo di rapportarsi
ogni nostra azione-intenzione diventa comprensibile da parte degli altri basicamente a
partire dalla RCR nella quale tutti viviamo. La possibilità di comprendere le
intenzioni dell’altro deve necessariamente conseguire ai suoi modi di agire e di patire
all’interno di una condivisa RCR.
Altri aspetti ci aiutano a fare diagnosi e comprendere la psicopatologia.
Uno di questi è la progettualità. L’essere sempre oltre o la sua diminuzione può
produrre patologia? La memoria prospettica è la visione più computazione del livello
della progettualità (noi siamo sempre proiettati nel futuro secondo questo o quegli
obiettivi). Tutto questo può causare patologia.
Se la progettualità viene meno si p