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Una bambina fino a quel momento silenziosa nota, inquieta,
che alcune persone si esprimono solo attraverso la violenza. Eric
sottolinea, dubbioso, che effettivamente qui si potrebbe litigare.
Nathalie decisa: "Quando ci conosceremo meglio!". Ivan: "E' vero
che quando conosciamo il carattere degli altri, conosciamo i loro
punti deboli e sappiamo come attaccarli. Ma, se colui che
attacchiamo è amico di tutta la classe, c'è il rischio di avere tutti
contro". Il terapeuta: "Questo è ciò che pensate che potrebbe
succedere qui?". Christelle: "Ma lei ci difenderebbe?" e Ivan
aggiunge: "Lei farebbe l'arbitro, non come nello sport, ma per
impedirci di farci del male". Dopo qualcuno preciserà che il signor
P. non è qui per incoraggiare la lite, ma piuttosto per raccoglierne i
pezzi, per fare in modo che il gruppo si comprenda perché se c'è
una lite ogni 5 minuti è inutile che esista un gruppo.
Noi capiamo che attraverso questa breve sequenza di un
gruppo costituito, per la maggior parte, di bambini su un versante
di patologia nevrotica, l'adulto è immediatamente investito di una
funzione limitante e protettiva. Egli deve essere abbastanza forte
per proteggersi dalle conseguenze dell'aggressività che
ostacolerebbe il funzionamento del gruppo. Egli è il punto di
riferimento delle paure di straripamento pulsionale e di una
eccessiva eccitazione legata alla rivalità, e alle angosce di
abbandono, riattivate dalla gruppalità.
Comunque sia, questi bambini possiedono un buon livello
linguistico, essi possono interrogarsi sulla situazione, condividere
le loro idee e presentare i loro fantasmi. Questo lavoro di
simbolizzazione permette concretamente l'elaborazione ed evita il
passaggio all'atto. Questo segnale specifico è sicuramente
collegato al fatto che, in questo tipo di gruppo di bambini, la
problematica nevrotica resta dominante. Abbiamo l'impressione
che questi bambini abbiano già potuto interiorizzare stabilmente
delle funzioni genitoriali sufficientemente differenziate che
assicurino loro dei limiti interni affidabili. Ciò permette loro di
integrare, quasi in modo naturale, la funzione contenente del
quadro, come farebbe un gruppo di adulti. Si tratta di bambini con i
quali il lavoro di gruppo sulla formazione del contenitore non è
indispensabile e i contenuti possono, come vedete, essere
affrontati subito.
Secondo esempio
Il gruppo terapeutico è composto da 4 bambini, Alexandre,
Anthony, Jimmy e Mathieu e dallo psicoterapeuta, ed è alla
quindicesima seduta.
Dopo una interruzione dovuta alle vacanze scolastiche, i
bambini si ritrovano nella sala d'attesa e, molto eccitati, corrono
verso la sala del gruppo. Quando il terapeuta arriva, i bambini sono
già pronti a litigare per appropriarsi delle figurine degli animali
messe a loro disposizione. L'elefante grande e quello piccolo
hanno subito affascinato Anthony, che è un gemello, che grida:
"Sono dei fratelli!" e oggi il coccodrillo, con una grande bocca
aperta e denti aguzzi, attira tutti i partecipanti. Tutti lo vogliono, se
lo strappano, ma il coccodrillo è solido. Quando, per ripicca, il
coccodrillo viene buttato per terra con violenza, con un gesto di
rabbia distruttiva, esso resiste e rimbalza.
L'analista spera di trovare riscontro tra i 4 bambini, tutti
sistemati in famiglie di accoglienza per l'"Aide Sociale à l'Enfance"
e tutti con una problematica abbandonica. Allora l'analista tenta un
intervento per mettersi in contatto con la collera che potrebbe
essere stata "abbandonata" da molto tempo. Non si fa nulla, i
bambini sono sempre più eccitati, ignorano la proposta dell'adulto
e si ritrovano come indistinti in questo violento corpo a corpo.
Confrontato con questo caos, egli vorrebbe utilizzare la sua
autorità di adulto, ottenere un momento di calma visto che egli sa
che i rumori si ripercuotono lungo i corridoi dell'istituzione... In tal
modo egli non riprodurrebbe, allora, la condotta abitualmente
repressiva degli adulti, con cui questi bambini si confrontano
continuamente? Non significherebbe rispondere attuando una
controidentificazione proiettiva della loro onnipotenza? Come è
possibile essere psicoterapeuta e fare riferimento alla psicoanalisi
in un simile momento? Egli si sente sprovveduto, impotente, non
capisce più niente. Ma, ben presto, egli non cercherà più di capire,
si lascerà invadere da un vago sentimento di abbandono. Ecco che
allora il caos insorge nella sua testa, poi il vuoto...I bambini, che il
terapeuta non vede più, continuano a litigare per il coccodrillo. Il
terapeuta si ricorda dell'immagine di un altro coccodrillo di quando
egli era bambino. Egli era stato turbato e rapito dal racconto del
piccolo elefante disubbidiente che al margine del fiume Limpopo si
era visto afferrare la cima del suo piccolo naso dal coccodrillo
cattivo. Diciamo che è così che gli elefanti si sono ritrovati forniti di
questa enorme proboscide. L'immagine di Mathieu che faceva
finta, durante le sedute precedenti, di tirarsi su il pene in modo
provocante si sovrappone a questo ricordo. Eccolo tornato nel
gruppo!
Il terapeuta capisce, in quel momento, che i bambini non
litigano più e lo guardano incuriositi, il suo mettersi in disparte li
riporta, forse, come se si trattasse di uno specchio, ai loro
sentimenti di abbandono. Anthony è di fronte al terapeuta e
sorridendo teneramente gli porge il coccodrillo! Stupito, egli si
sente domandare: "Le piacerebbe sapere perché gli elefanti hanno
una proboscide?". Ora i bambini sono seduti vicino a lui ed egli
racconta una storia. Attenti, i bambini recitano la storia con tutte le
figurine. Nelle settimane successive, la storia sarà richiesta, i
bambini non si lasceranno, come se fossero legati da questo
involucro narrativo. Progressivamente, nasce una attività di
pensiero condivisa che si traduce, tra l'altro, nell'organizzazione di
giochi e nella realizzazione di disegni comuni. Ma il piccolo
elefante che disobbedisce, abbandonato dalla mamma, salvato e
protetto dal gruppo degli animali, scapperà, sempre, dal cattivo
coccodrillo, dopo tante peripezie. I bambini affrontano così la
problematica dell'abbandono, contenuti dalla rappresentazione del
gruppo, che è simbolizzato dal gioco con le figurine.
Avendo scelto di riferire questo momento di un gruppo
terapeutico di bambini di 6 anni che presentino delle patologie
limite, noi vorremmo sottolineare questo doppio ruolo che lo
psicoterapeuta/psicoanalista è condotto a rivestire, perché l'avvio
di un incontro gruppale possa basarsi sulla condivisione degli
affetti al di là della differenza generazionale. Questo momento di
regressione permette di mettere in relazione l'infantile dell'analista
con la problematica dei bambini. Per questa ragione, egli deve
accettare di trovarsi di fronte alla regressione formale del suo
pensiero, di fronte all'ignoto, perfino di fronte ad elementi
disorganizzati. Il terapeuta non avrà timore di lasciarsi inglobare
nel caos descritto durante la seduta presa come esempio. Vivendo
questo momento di abbandono, senza rifugiarsi in qualche
movimento difensivo, egli può avvicinare l'esperienza del vissuto
dei bambini, confrontandosi con il trauma non conosciuto dovuto al
disinvestimento nella figura materna.
Terzo esempio
Per ciò che riguarda gli adolescenti, abbiamo osservato che il
gruppo di pari si forma contro l'adulto, con l'obiettivo di produrre
una separazione dal nucleo familiare, troppo soffocante e che li
infantilizza.
Gli adolescenti si ritrovano a vivere tra loro un'esperienza vicina
all'illusione gruppale. Nell'insieme, questa esperienza di
onnipotenza tenta di annullare la distinzione tra i sessi, così come
la differenza generazionale. Nel gruppo terapeutico, dove questa
fase si sviluppa più rapidamente che con i bambini, il lavoro sarà
basato essenzialmente sull'elaborazione di questa illusione e sul
suo superamento.
Tuttavia, la posizione dell'adulto è molto difficile da trovare: sia
che venga rifiutato, sia che partecipi all'illusione tenendo un
atteggiamento seduttivo da amico. Infatti, secondo la nostra
esperienza, se il terapeuta assume il ruolo dell'analista che ascolta
e che dà senso, gli adolescenti si ammutoliranno rapidamente
durante tutta la durata della seduta. Al contrario, avranno il piacere
di comunicare tra di loro, sia nella sala di attesa, sia per la strada,
in assenza dell'adulto. Quando il terapeuta cercherà di avvicinarsi,
partecipando agli scambi, i pazienti gli ricorderanno di mantenere
la giusta distanza, come il successivo esempio vi dimostra.
Dopo diverse settimane, in un gruppo di cinque ragazzi e di
due ragazze tra i 14 e i 15 anni, tutti condividono la stessa
esperienza con i computer e i videogiochi e utilizzano un
vocabolario da esperti, come se si trattasse di una magica
trasformazione, di fusione di personaggi ove è annullata la
differenza generazionale... il discorso del gruppo evoca la totale
onnipotenza. Nel momento in cui il terapeuta è ridotto alla mera
funzione di spettatore, egli si confronta con un'altra cultura e si
sente estraneo e, nel contempo, affascinato da un mondo a lui
sconosciuto.
Egli tenta, allora, di allearsi, chiede delle spiegazioni, gli
adolescenti lo guardano sorpresi, come se si fossero dimenticati
della sua presenza. A questo punto uno di loro gli spiega, molto
gentilmente, che questi giochi sono destinati ai ragazzi, un altro
aggiunge che sono giochi pericolosi per gli adulti, visto che se si
fanno prendere la mano, poi, non sono più capaci di smettere e un
altro precisa di aver sentito parlare di una persona che, per questa
ragione, era divenuta pazza.
E' evidente che ognuno resta al suo posto, nonostante lo
scambio abbia un carattere ludico. Al termine della seduta, tutti
stringono calorosamente la mano del terapeuta, dicendogli: "Alla
prossima settimana". Più tardi, l'elaborazione dei fantasmi difensivi
di onnipotenza sarà possibile grazie alle possibilità offerte dai
videogiochi e dalle immagini virtuali.
In occasione dell'assenza di un paziente, il terapeuta lamenta,
sorridendo, l'impotenza del "Centro" che non possiede un
computer abbastanza potente per riprodurre l'immagine virtuale
della persona assente in modo che il gruppo sia completo. Ne
seguirà un reale lavoro di analisi del funzionamento degli
adolescenti,