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INFARTI

Non sono molto frequenti nel fegato perché nel fegato arrivano due circolazioni; arriva l’arteria

epatica e la vena porta.(concetto importante!) Le due circolazioni viaggiano sempre separate,non

c’è mai nessuna anastomosi fra i rami della vena porta e i rami della arteria epatica prima di

arrivare al sinusoide. Questo per un motivo molto semplice: il fegato riceve la maggior parte di

sangue dalla vena porta, che ha un tasso di ossigeno basso, ma è molto grande, ma ha la pressione è

bassa perché è un circolo venoso. L’arteria epatica porta sangue ossigenato, la quantità di ossigeno è

circa il 5% di tutto il sangue che arriva al fegato, ma la pressione è alta (120 al cuore più altri 20 cl,

saranno 140 o più). Quindi se questi due sistemi fossero in comunicazione, il sangue andrebbe

subito dall’arteria alla vena. il sangue si mescola solo nel momento in cui si riversa nel sinusoide.

Per avere l’infarto non basta la legatura dell’arteria epatica o della vena porta perché in ogni caso

avremmo sufficiente sangue dall’altro vaso; quindi nell’ambito dei distretti epatici, se si ostruisce

un ramo dell’arteria epatica o della vena porta, noi non avremo nessun risultato. Gli infarti si

verificano quando c’è la contemporanea ostruzione sia dei rami dell’arteria che dei rami della vena.

Questo succede per esempio nei soggetti che hanno delle coagulopatie(DIC), in questo caso avremo

infarti multipli con aspetto a cartina geografica.

Mostrato in un immagine anche l’Infarto emorragico o di Rattone - Zahn (andateveli a studiare!)

MALATTIE DISMETABOLICHE

(dovete studiarle perché vengono chieste agli esami ma io non ve le illustro!)

Due grossi capitoli: quelle su base genetica(intesa in senso lato,cioè non solo geneticamente

determinate ma anche per alterazioni di alcuni enzimi, che poi possono provocare una malattia

dismetabolica):

• Porfirie: riguardano la sintesi del gruppo eme, che voi sapete essere sintetizzato in vari

passaggi a partire da molecole molto semplici con una serie di enzimi. Ci sono malattie

caratterizzate dalla formazione di prodotti intermedi idrosolubili (si fermano sulla cute e

danno un tipico colore rosso, quando il soggetto si espone alla luce solare, per attivazione di

questi prodotti intermedi che si depositano sulla cute) che vengono accumulati nella milza o

nel fegato.

• Glicogenosi:malattie legate al mal funzionamento o assenza di enzimi implicati nella sintesi

di glicogeno. Alcune di queste malattie sono molto comuni come quella di Von Gierke

(glicogenosi di primo tipo, benigna, ma abbastanza frequente), in cui manca la glucosio 6

fosfatasi, quindi una volta coniugato il glucosio con il fosfato non viene liberato il fosfato

per avere la glicemia e quindi sono soggetti che quando non mangiano hanno la glicemia

bassissima. Poi c’è la Malattia di Pompe che riguarda l’alfa glicosidasi che si trova nei

muscoli e questi soggetti muoiono entro 2-3 anni perché anche il muscolo cardiaco è

influenzato dal fatto di non poter utilizzare il glicogeno.

• Mucopolissacaridosi: caratterizzate sempre dalla incapacità di sintetizzare o metabolizzare i

mucopolisaccaridi che sono fondamentali per i connettivi, soprattutto quelli specializzati

come la cartilagine, le ossa, le membrane basali. Nelle mucopolisaccaridosi abbiamo sempre

difetti ossei: la faccia (parliamo di gargoilismo: mandibola bassa, lingua protrudente, zigomi

sporgenti → simili alle maschere Gargoyle delle cattedrali gotiche). In qst caso c’è sempre

un’epatosplenomegalia per accumulo nel fegato.

• Lipidosi: ad esempio dovute ad accumulo di lipidi complessi.

• Amiloidosi: non è congenita, ma viene assimilata perché la produzione di preamiloide viene

stabilizzata attraverso il fattore dei macrofagi che è deficitario in questi soggetti e quindi

viene poi depositata l’ amiloide

• Emocromotasi: primitiva o secondaria. Quella secondaria si verifica nei soggetti che

presentano una malattia emolitica cronica (bambini talassemici curati solo con trasfusioni

nel giro di 10 anni presenteranno cirrosi epatica emocromatosica x accumulo di ferro). Però

ci sono anche le emocromatosi congenite che sono quelle che derivano dall’incapacità di

usare una barriera; sapete che la apoferritina e la transferrina sono degli enzimi che

catturano il ferro a livello intestinale e lo trasportano nel sangue; quindi, se c’è un disturbo

di questi enzimi, l’organismo continua ad accumulare ferro soprattutto di origine intestinale;

voi sapete che del ferro che passa attraverso l’intestino meno del 10% viene assorbito perché

c’è una sicurezza x non far accettare più ferro.

• malattia di Wilson o degenerazione epato-lenticolare: dovuta ad un disturbo della

ceruloplasmina che trasporta il rame e quindi c’è un disagio a livello dei nuclei grigi della

base (i bambini sono atassici, non riescono a fare i movimenti più fini, hanno tremori),

hanno un arco corneale di rame e danno del fegato (andate a leggervele!).

EPATOPATIE TOSSICHE

Ci sono un sacco di farmaci che non si possono somministrare nei soggetti epatopatici o bisogna

dimezzare le dosi nei soggetti anziani,perché anche i farmaci vengono elaborati dal fegato e quindi

possiamo avere dei danni tossici; ma oltre ai farmaci anche altre sostanze che sono presenti in

natura tipo i funghi (Amanita Phalloides, che porta necrosi epatica) o il fosforo o il nichel. Quindi ci

sono diverse sostanze che possono produrre un danno epatico. Ci sono molti meccanismi d’azione

con cui i farmaci o le altre sostanze tossiche attaccano il fegato. Alcune come il cloroformio danno

un danno diretto alle cellule; mentre altre danno un danno mediato perché interferiscono con gli

enzimi (per esempio l’alcol). Io mi soffermerò solo sull’epatopatia alcolica che è quella su cui si

dicono un sacco di cavolate. È diversa la competizione enzimatica che si ha quando il farmaco

utilizza gli stessi enzimi che vengono utilizzati per altre cose. Per esempio l’ittero di una donna in

gravidanza è dovuto al fatto che gli estrogeni competono con gli enzimi della biliogenesi quindi

quando gli estrogeni aumentano, il fegato non ha un carico di enzimi sufficiente per smaltire l’uno e

l’altro. Ci sono dei farmaci che creano un danno vascolare, cioè che danneggiano l’endotelio (per

esempio gli steroidi anabolizzanti, usati per aumentare la massa muscolare). Ci sono dei farmaci che

non sono tossici, che non sono dose dipendente, cioè farmaci che agiscono anche a piccolissime

dosi; in questo caso o c’è un danno immunologico cioè alla terza o alla decima o alla quindicesima

somministrazione si sono creati degli anticorpi che poi producono un danno epatico, oppure

idiosincrasici cioè alla prima somministrazione c’è un grave danno epatico perché il fegato non

possiede gli enzimi necessari alla metabolizzazione di quel tossico.

allora qual è la conclusione di tutto questo discorso prima di lasciare al vostro studio personale la

questione?se i meccanismi d’azione sono tanti è chiaro che il quadro morfologico sarà differente

perché se un danno è immediato o mediato noi avremo la necrosi degli epatociti o la rigenerazione

degli epatociti che sarà ad es una rigenerazione grassa; se invece è da competizione enzimatica

avremo ittero; se è un danno vascolare possiamo avere la peliosi epatica(allargamento focale dei

sinusoidi) oppure iperplasia dell’epitelio, oppure angiosarcomi(tumori dei vasi); se è un danno

immunologico possiamo avere anche granulomi. Quindi la conclusione è che è difficilissimo fare

diagnosi di epatopatia tossica, ci vogliono persone che hanno una certa esperienza perché il quadro

che noi possiamo avere non è mai specifico; cioè io posso avere un’idea da una biopsia epatica che

la lesione sia da epatite virale e in realtà è un danno tossico. Allora ci vuole un’attenta anamnesi, ci

vuole un colloquio fra clinico e patologo per evitare diagnosi sbagliate. Tenete presente che dire “io

ho fatto i marcatori virali e sono positivi” può essere deleterio perché le malattie dismetaboliche

sono molto più frequenti nei soggetti che hanno un’epatite virale. Quindi dare la Clotromazina ad

uno che non ha virus C e darla ad uno affetto da virus C, è più probabile che l’epatopatia tossica

vada sul secondo e quindi il clinico, avendo dalla sua il dato di laboratorio, è convinto di avere a

che fare con un’epatopatia virale e non con un’epatopatia tossica.

L’epatopatia alcolica rappresenta la forma più importante, soprattutto per incidenza; tenete

presente che in alcune nazioni l’epatopatia alcolica è al primo posto; se noi facciamo un’indagine

sulla cirrosi nelle nostre regioni, l’eziologia più frequente è quella virale; se la facciamo nei paesi

anglosassoni in cui il virus è molto scarso, al primo posto avremo l’epatopatia alcolica. Come

sapete c’è un abbassamento progressivo dell’età dei pazienti che soffrono di epatopatia alcolica

perché ci sono molti più giovani che bevono.

La patogenesi dell’epatopatia alcolica è molto discussa; sicuramente il meccanismo patogenico più

importante è quello dell’interferenza con il sistema di ossigenazione delle cellule (il sistema NADP)

con formazione di superossidi, attivazione del coenzima A perché l’alcol viene convertito in acido

acetico e quindi attiva il coenzima A per la sintesi dei grassi e quindi tutto un sistema che obbliga la

cellula a lavorare in carenza di ossigeno e in sintesi degli acidi grassi con ovviamente un grave

danno della cellula. Però, tenete presente che l’etilista cronico di solito ha altre opportunità per

uccidere il suo fegato, per esempio mangia poco e mangia poche proteine, di solito può essere

portatore di virus C. Quindi secondo me la patogenesi dell’epatopatia alcolica è quasi sempre

multifattoriale. La esatta definizione di che cosa sia un’epatopatia alcolica non c’è.

Secondo me questo è il gruppo di lesioni più significativo per quanto riguarda l’epatopatia alcolica:

esistono alcune lesioni che sono obbligatorie mentre altre sono specifiche ma non caratterizzanti

(cioè possono essere presenti o no):

lesioni caratterizzanti: clearance epatocitaria (normalmente l’epatocita ha citoplasma granuloso

ed eosinofilo e questa eosinofilia è dovuta alla quantità di proteine e quindi di enzimi che la cellula

sintetizza per poter lavorare; quando la cellula è sofferente non è più capace di

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A.A. 2014-2015
98 pagine
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SSD Scienze mediche MED/08 Anatomia patologica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marksquare di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Anatomia patologica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Resta Leonardo.