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Razza e storia

I due testi raccolti "razza e storia" e "razza e cultura" furono chiesti dall'Unesco. Il primo fu scritto nel 1949, per lottare contro pregiudizi sociali; l'Onu cercava di radunare dati scientifici con due dichiarazioni di uomini di scienza: la prima legata alle scienze sociali, di Levis Strauss; la seconda ad antropologi, biologi e genetisti per dimostrare l'infondatezza del razzismo su basi scientifiche. Il secondo testo, sempre chiesto dall'Unesco nel 1971, era ancora relativamente al razzismo: era l'anno internazionale per la lotta contro il razzismo. Le due relazioni sembrarono contraddirsi: "razza e cultura" sembrava andare contro "razza e storia", mentre invece Levis Strauss prende atto che nel 1971 non si era arrivati a nulla. Nel '49 l'epoca, la storia, era piena di ideali e apriva speranze per il futuro, mentre quella del '71 appariva limitata nei suoi obiettivi. "Razza e storia" si rifà a Gobineau, considerato il padre delle teorie razziste. Per Gobineau, le grandi razze...

primitive che formavano umanità agli inizi bianca gialla e nera non erano tanto ineguali per valore assoluto ma diverse nelle particolari attitudini: x lui la tara della degenerazione era collegata al concetto di meticciato ed era destinata a colpire sulla lunga distanza tutta l'umanità.

Levis Strauss si pone una serie di domande sotto forma di contestazioni:

Prima contestazione: non si può fare semplice equivalenza tra razza e cultura perché le culture umane sono più numerose delle razze e perché due culture elaborate da popoli della stessa razza possono essere addirittura più distanti rispetto a due culture di popoli appartenenti a due diverse razze.

Seconda contestazione: Levis Strauss si chiede se la diversità delle culture costituisce vantaggio o inconveniente.

Terza contestazione: se non si vuole che l'uomo della strada si pone delle diversità nel valutare una persona giudicandola sulla base delle caratteristiche fisiche,

non dovrebbe operare neancheun giudizio di valore sulle diversità culturali che sono state prodotte. Parla in generale della diversità delle culture. Stabilire un inventario delle culture dell'umanità: è cosa difficile perché bisogna avere il parametro dello spazio e del tempo e s'impone la prima constatazione che in effetti che non le conosciamo tutte e soprattutto quelle perse indietro nel tempo. In tutte le società agiscono due forze in direzioni opposte: l'una tende al mantenimento del particolarismo; l'altra spinge verso la convergenza. Esempio delle lingue: alcune hanno la stessa origine e che tendono a differenziarsi (x es: neolatine). E poi lingue di origini diverse in territori contigui, tendono a somigliarsi (x es: russo caratteristiche ugrofinniche e turche). Anche il concetto di diversità è concetto relativo perché ogni cultura potrebbe dirsi davvero totalmente diversa se fosse stata

elaborata in totale solitudine e in totale isolamento geografico, ignorando completamente le altre culture. Ma in effetti non è mai stato così: ciascuna cultura interagisce con le altre. Etnocentrismo L'uomo raramente vede la cultura per quello che è e cioè un fenomeno naturale risultante dai rapporti diretti e indiretti tra le società. Il motivo di questa mancata obbiettività è legato al fatto che singolo uomo come singolo popolo valuta l'altro partendo dalle proprio esperienze. Gli antichi greci indicavano tutto ciò che non era greco come barbaro. La civiltà occidentale ha usato il termine selvaggio con la stessa accezione. Barbaro e selvaggio hanno stessa radice: qualcosa che non appartiene alla civiltà umana. Levis Strauss confuta questo tipo di atteggiamento proprio perché è limitato. Ogni civiltà presuppone essere la migliore e ritiene che tutte le altre civiltà siano tanto.

Peggiori quanto più differiscono dalla propria. Barbaro è l'uomo che crede nellabarbarie. Grandi sistemi religioso e filosofici contestato questo tipo di accezione, ma non basta arilevare che vi sono diversità, quantomeno fisiche che balzano agli occhi. Il difetto di religioni e filosofie è l'esser rimasto su piano astratto in quello che definisce falso evoluzionismo. Untentativo di sopprimere la diversità delle culture pur fingendo di riconoscerle. Si realizza tutto ciò perché si considerano i diversi stati in cui si trovano le società umane cometappe di un unico svolgimento che muovendo da uno stesso punto le deve far convergere verso lastessa meta. Ma non è così, perché significa non considerare le grandi variazioni che si verifica-no sul campo. Levis Strauss dice che evoluzionismo biologico è una cosa e lo pseudo evoluzionismo ne è tut-t'altra. Sul dato biologico si

può fare una analisi scientifica nelle sue singole tappe; quando invece si va sulla cultura la cosa si complica perché non abbiamo più a disposizione qualcosa su cui operare scientificamente (DNA -> cavallo genera cavallo) ma oggetti materiali e tutto al più stabili è lo strato in cui questo oggetto è stato trovato (un'ascia non genera un'ascia; né un'ascia diversa può essere stata generata da un'ascia primordiale). Non si possono mettere sullo stesso piano fenomeni biologici e culturali. Culture arcaiche e culture primitive Ogni società può suddividere le culture in tre tipologie: 1) Contemporanee ma situate in un altro punto del globo 2) Quelle che si sono manifestate nello stesso spazio ma che le hanno precedute nel tempo 3) Quelle che sono esistite sia in un tempo anteriore che in uno spazio diverso Per l'ultimo gruppo, soprattutto se si tratta di culture prive di scrittura e architettura, nonpossiamo avanzare alcuna ipotesi concreta. È vero tutto e il contrario di tutto. Per un sociologo è più facile analizzare quelle del primo gruppo. Qui si scatena il falso evoluzionismo perché è chiaro che l'uomo occidentale si ritiene di gran lunga superiore rispetto alle tribù arcaiche dell'Australia o della nuova Guinea ed è portato a ritenere che esse si trovano nella fase in cui lui si trovava milioni di anni fa. Presupposto errato perché noi conosciamo pochissimo anche della funzione degli strumenti, per esempio antichi: non riusciamo a capire a cosa servissero una serie di strumenti che utilizzavano, quindi come possiamo pretendere di capire loro usanze e tradizioni e siamo portati a valutare il loro livello sulla base del nostro attuale livello. Non esistono popoli bambini, tutti sono adulti, anche quelli che hanno tenuto il diario della loro infanzia e della loro adolescenza. Levis Strauss ribalta il concetto di

Idea del progresso: fino agli inizi del '900 usavano, per rappresentarsi l'idea del progresso come criterio puramente evolutivo in verticale, schemi di meravigliosa semplicità. Levis Strauss contesta questo concetto definendolo semplicistico perché:

  1. il progresso non è né necessario né continuo ma procede a balzi, per mutazioni;
  2. bisogna cancellare il concetto di cumulazione del sapere (es: umanità in progresso non assomiglia a persona che sale le scale, ma paragona l'umanità in progresso a un giocatore che gioca contemporaneamente su tavoli diversi e quindi ciò che guadagna su un tavolo spesso lo perde su un altro e solo raramente la storia è cumulativa: i computi si addizionano per dare una risoluzione positiva);

(esempio di storia cumulativa) Che la storia cumulativa non sia il privilegio di una civiltà è dimostrato dall'America: piccoli gruppi di nomadi passano lo stretto di Bering

Nelle ultime glaciazioni; in 25mila anni questi uomini compiono enormi progressi; esplorano un ambiente nuovo; addomesticano specie animali e vegetali; scoprono proprietà positive della manioca conosciuta solo come veleno; arrivano ad altissimo grado di perfezionamento in lavorazione metalli preziosi, scoprono patata gomma tabacco coca quest'ultima alla base dell'anestesia che diventano i quattro pilastri della cultura occidentale; lo zero, base dell'aritmetica, era conosciuto e usato dai Maia almeno 500 anni prima della sua scoperta da parte degli scienziati indiani da cui l'Europa l'ha ricevuto tramite gli arabi. Sistema politico e il loro calendario più evoluti rispetto al vecchio continente.

Distinzione tra storia stazionaria e storia cumulativa

In generale gli occidentali considerano storia stazionaria quella di culture lontane dalla nostra perché la loro linea di sviluppo non è misurabile nei termini del nostro sistema di riferimento.

La contrapposizione tra culture progressive e culture inerti risulta da una differenza di focalizzazione. Per dimostrarne il relativismo, Levis Strauss paragona l'osservatore occidentale al viaggiatore seduto al finestrino di un treno. Noi siamo come quel viaggiatore, ci spostiamo con quel sistema di riferimenti. Di conseguenza, possiamo accumulare molte più informazioni su un treno che si muove alla nostra stessa velocità e direzione rispetto a quel treno che giunge in direzione opposta o che ci sembra più corto perché lo vediamo in lontananza e in un'altra direzione. Prima di valutare qualsiasi altro tipo di cultura, dobbiamo chiederci se non lo consideriamo poco interessante perché non ci assomiglia. È chiaro che consideriamo la civiltà occidentale nettamente superiore a tutte le altre perché è quella che è in grado di dare all'uomo energia e mezzi sempre più potenti. Ma se il criterio adottato perstabilire la superiorità fosse stato un altro (capacità di adattamenti a luoghi ostili ecc), una serie di altri popoli che consideriamo inferiori sarebbero invece superiori. Il problema è che anche le altre società finiscono con il riconoscere la superiorità di una di esse che è quella occidentale e cerca di adottare le sue tecniche e il suo genere di vita e anche l'abbigliamento. I paesi in via di sviluppo, in sede di riunioni internazionali, protestano non già per l'occidentalizzazione, ma per la mancanza di mezzi per raggiungere tale scopo (antesignano della globalizzazione). Da un secolo si verifica ciò che mai prima s'era avuto ossia la nascita di una civiltà mondiale in cui una delle tante civiltà, quella occidentale, tende a soppiantare tutte le altre. Non è prevedibile intuire ciò che accadrà ma che comunque una cosa è certa: la civiltà occidentale haun'enorme responsabilità perché ha stabilito soldati, missionari, banche nel mondo intero e quindi ha sconvolto il modo tradizionale di vivere degli altri.
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Publisher
A.A. 2012-2013
4 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli o del prof Niola Marino.