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II. LO SVILUPPO COME MITO E COME REALTÀ
L’attuale mondializzazione ci mostra ciò che lo sviluppo è stato e che non abbiamo mai voluto
vede, è la fase suprema dello sviluppo realmente esistente e al tempo stesso la negazione della
sua concezione mitica. Henry Kissinger usò questa definizione, “La mondializzazione non è altro
che il nuovo nome della politica egemonica americana”.
Il vecchio nome era semplicemente lo sviluppo economico espresso da Truman nel 1949 per
permettere agli Stati Uniti di impadronirsi degli ex imperi coloniali europei impedendo così ai nuovi
Stati indipendenti di cadere nell’orbita sovietica.
Prima ancora il nome più antico dell’occidentalizzazione non fu altro che la colonizzazione.
Quindi lo sviluppo non è stato altro che il proseguimento della colonizzazione? Se così fosse si
parlerebbe di un processo di neocolonizzazione.
Un’altra precisazione necessaria è distinguere lo sviluppo mitico, molto presente nella letteratura
sull’argomento, e quello storico. Utopisticamente lo sviluppo viene definito come la piene
realizzazione delle possibilità di ciascun paese dal punto di vista sociale, culturale, storico ed
economico.
Il “vero” sviluppo come definito dalla commissione del Sud nel 1990 è: “un processo che permette
agli esseri umani di sviluppare la propria personalità, di prendere coscienza di se stessi e di avere
un’esistenza degna ed appagante”. Ovviamente resta un’utopia in ogni parte del mondo, lo
sviluppo è stato, è e sarà sempre sradicamento.
Fuori dalla realtà storica la parola sviluppo può voler dire tutto e il contrario di tutto, non avrebbe
significati politici e sarebbe inutili.
Oppure la parola sviluppo ha un contenuto proprio che indica le caratteristiche dell’esperienza
occidentale di decollo dell’economia a partire dalla rivoluzione industriale inglese negli anni 1750-
1800.
È questa l’esperienza che viene proposta dal presidente Truman e poi teorizzata da Walt Rostow.
In questo caso lo sviluppo è principalmente crescita economica,accumulazione del capitale con
tutti gli effetti negativi e positivi che ne derivano. Ci rendiamo così conto che lo sviluppo visto in
questi termini non sia un’aspirazione universale ma solo Occidentale. Non si lega ad esempio a
società animiste, buddhiste e induiste. I valori occidentali vanno rimessi in discussione.
Lo sviluppo realmente esistente può essere definito come un processo che porta a mercificare i
rapporti tra gli uomini e tra gli uomini e la natura.
Quello di sviluppo è un concetto trappola che crea consenso tra gli antagonisti.
III. LE DECLINAZIONI DELLO SVILUPPO
Lo sviluppo come concetto è stato sempre ripensato e rivisto da abiti nuovi ad opera del socialimo
utopistico e poi scientifico. In questo secondo periodo si è entrati nell’era degli “sviluppi particolari”,
con i quali si è cercato di esorcizzare magicamente gli effetti negativi dello sviluppiamo. Nascono
così termini differenti ad esempio sviluppi comunitari, endogeni, equi, microsviluppo ecc.
Aggiungere questi aggettivi significa solo aggiungere alla crescita economica una componente
sociale, come oggi si cerca di aggiungere una componente ecologica. Questa ridefinizione dello
sviluppo riguarda sempre la cultura, si tratta di tentativi di guarire una malattia dello sviluppo.
Mostro antagonista dello sviluppo è il mal sviluppo ma ovviamente il malsviluppo non può colpire lo
sviluppo utopico in quanto incarnazione del bene.
Oggi lo sviluppo ha nuovi nomi che servono anche per dare una componente di sogno a quella che
è in realtà pura crescita economica.
Esempi:
Lo sviluppo sociale
È chiaro che sia lo sviluppo realmente esistente, quello che provoca problemi di
emarginazione, sovrappopolazione e povertà.
“Viene chiamato sviluppo l’allargamento della fattura sociale tra questa infima minoranza
che accede alle ricchezze insolente e la massa della popolazione confinata nella miseria”.
Questo per aggiungere una dimensione sociale alla crescita economica.
Mentre va avanti prepotentemente il processo di omologazione, di occidentalizzazione, di
deculturalizzazione e di esclusione che distrugge le società fragili del Sud, con i piani di
aggiustamento strutturale si crea l’illusione di rimediare ai mali che si producono.
Lo sviluppo sociale, sul piano dell’immaginario si tratta di un pleonasmo mentre sul piano
del vissuto si tratta di un ossimoro, in quanto lo sviluppo realmente esistente non può non
produrre l’ingiustizia sociale.
In base alla sua definizione originaria, come in biologia, lo sviluppo è associato alla
crescita, quindi si parla in sostanza della crescita dell’organismo economico. Al di là di una
certa soglia la crescita ha delle ricadute sociali, non può andare a vantaggio di tutti.
Nei paesi sviluppati, come nelle società povere descritte da Dickens e oggetto della
denuncia di Marx, con la produzione e il consumo di massa si è raggiunta l’apoteosi dello
sviluppo. Dagli anni ottanta questo meccanismo però non funziona più.
Il Trickle down effect della crescita industriale è il modello di sviluppo utilizzato dalla Banca
mondiale nei primi due decenni della sua esistenza, si tratta di identificare lo sviluppo come
la crescita economica considerando scontato che i benefici della crescita si diffondessero.
I documenti di Chopenaghen del 1995 mostrano come si puntasse realmente a questo
obiettivo, in questo catalogo di buone intenzioni si manifesta una fiducia assoluta nella
mano invisibile e nell’armonia naturale dei diversi interessi.
Alcuni punti salienti del documento:
- “Condividiamo anche la convinzione che lo sviluppo sociale e lo sviluppo economico
correntemente intesi sono interdipendenti e si rafforzano reciprocamente. Uno sviluppo
sociale equo costituisce il fondamento di una prospettiva economica durevole.
Inversamente uno sviluppo economico generale e durevole è la condizione preliminare
dello sviluppo sociale e della giustizia sociale”.
- “Promuoveremo dei mercati dinamici, aperti e competitivi ed ai più poveri garantiremmo un
accesso maggiore ed equo a tali mercati”.
- “Formuleremo e promuoveremo politiche macroeconomiche attue a favorire uno sviluppo
durevole e a ridurre il protezionismo e accresceremo la stabilità finanziaria tenendo conto
dei bisogni dei paesi”.
- “Secondo il calendario previsto verranno attuati gli accordi conclusi dell’Uruguay Round”.
- “Particolare attenzione nell’osservare le nuove iniziative volte ad assicurare a questi paesi
un maggiore accesso ai mercati internazionali”.
- “Eliminare gli ostacoli che creeranno svantaggi per i paesi in via di sviluppo, aumentando le
loro opportunità di scambi commerciali sul piano internazionale. In particolare per i paesi
africani”.
- “Nuova politica di apertura volta a ridurre le barriere, ampliare la gamma delle scelte offerte
ai consumatori”.
Come si nota in questo testo non c’è la minima critica nei meccanismi del mercato globale e
verso gli attori strategici della crescita mondiale.
Il trickle down effect ha funzionato in apparenza relativamente bene, ad esempio durante il
trentennio glorioso, oggi invece si deve osservare come nel settore dell’occupazione le cose
non vadano più tanto bene.
Lo sviluppo umano
È il completamento statistico dello sviluppo sociale, visto che il Pil pro capite non è in via
definitiva il miglior modo per osservare lo sviluppo, il Pnud ha messo a punto un indicatore che
prenda in considerazione fattori sociali meno economici (istruzione, sanità), un indicatore
onnicomprensivo e transculturale, lo sviluppo umano. L’indice di sviluppo umano HDI ha allo
stesso modo un forte legame con l’economia e con il mondo occidentale, forse non è il miglior
indicatore della vera ricchezza e della vera povertà. Per renderlo più reale ci si sforza sempre
più di porlo in relazione con il soddisfacimento dei bisogni considerati essenziali. Anche questi
bisogni fondamentali a volte però sono riferibili al modo di pensare occidentale, devono essere
oggettivi.
Esperti seri come quelli del Fondo Monetario Internazionale e della Banca mondiale ad
esempio, si rendono conto che il Pil non sia un criterio essenziale e che anzi a volte
quest’ultimo possa influenzare negativamente l’analisi oggettiva dei dati di sviluppo.
I concetti economici occidentali con l’economicizzazione del mondo sono diventati valori
globali.
Lo sviluppo locale
La questione del locale viene spesso riproposta come elemento fondamentale di qualsiasi
soluzione alternativa allo sviluppo e alla modernizzazione.
Locale è un termine ambiguo, si riferisce ad un territorio più o meno vasto e ciò crea dei problemi
quando si associa il termine alla parola sviluppo. Oggi il termine locale dovrebbe incarnare il “dopo
sviluppo”.
Lo sviluppo ha distrutto il locale quindi non si può parlare di sviluppo locale in sé.
Il termine “sviluppo locale” nacque in Francia nelle zone rurali che dovevano essere bonificate e
rese luoghi di villeggiatura per i parigini. Il discorso di sviluppo globale era una messa in scena a
questo gioco.
Oggi la sparizione delle banche locali sostituite da quelle transnazionali significa la fine delle
economie locali, il mercato ha progressivamente marginalizzato le aree importanti da quelle di
poca importanza.
Il cambiamento locale può essere analizzato alla luce di due processi concorrenti o
complementari. Da una parte i cambiamenti sono solo ricadute nel locale di ciò che succede
altrove, dall’altra parte i cambiamenti sono reazioni delle persone allo sviluppo.
Uno dei numerosi paradossi dello sviluppo locale è che gli attori di quest’ultimo hanno fatto proprio
lo slogan ecologista “pensare globalmente per agire localmente”. Ciò che fanno invece è favorire
nel territorio locale l’arrivo d’imprese transazionali creando molte fratture sociali.
Lo sviluppo durevole
È un ossimoro, sviluppo e durevole sono due parole contraddittorie, si tratta di una cosa irreale.
Questo termine nasce durante la conferenza di Rio del 1992 e si tratta di una vera mostruosità,
una finzione che si è diffusa a Nord e a Sud. Lo sviluppo durevole è un mito.
La conferenza di Johannesburg, che servì a liquidare tutti gli impegni di Rio, assegnò al benessere
sociale e ai problemi di inquinamento la massima priorità lasciando da parte lo sviluppo durevole.
Esiste fin dall’inizio una distinzione in merito al significa