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Doni alienabili e merci inalienabili – Daniel Miller

In questo saggio intendo sostenere la netta separazione tra due sfere dello scambio che coinvolgono rispettivamente

doni e merci. La prima è basata su una esplicita classificazione e rappresentazione delle relazioni sociali in termini

monetari; consente alle persone di costruire prospettive razionali e strumentali che, guidando la scelta dei beni tramite

un calcolo esplicito, danno luogo al dono.

Questa sfera si contrappone a quella dello scambio, basata su merci non trasformabili in doni. Nello scambio di merci

vi sono molti elementi che sembrano negare il calcolo, l’individualismo, la monetizzazione e l’esplicita

razionalizzazione che caratterizzano invece il dono. Si intende dunque criticare la tradizione che assume il dualismo

dono-merce come la contrapposizione tra inalienabile e alienabile. In una prospettiva etnografica si può dire che

l’inalienabile esiste solo quando una certa tradizione culturale costruisce le relazioni legata alla cultura materiale.

L’inalienabilità passa dunque attraverso il consumo delle merci; anzi, attraverso la capacità del consumo di estrarre le

merci dal mercato e rendere sociali o personali. In linea di massima chi acquista un regalo cerca anzitutto di stabilire

un budget adatto all’occasione e, in caso di dubbi, si confronta con altri individui per la medesima occasione. Per le

persone soggette di questo studio (a Nord di Londra) il denaro ha finito per giocare un ruolo sempre più importante

come sostanza del dono, tant’è che spesso ai compleanni di bambini e ragazzi si regalano direttamente soldi, e non

merce con all’incirca lo stesso prezzo d’acquisto. Nonostante questo vi sono ancora aree in cui regalare soldi risulta

inappropriato come per esempio tra partner.

Sembra dunque di poter dire, sulla base di un’ampia osservazione di casi, che fare regali è una delle poche aree in cui

una relazione sociale viene stabilita con precisione e tradotta in un prezzo. In poche parole quando si fa un regalo ad

un persona non molto vicina affettivamente è sufficiente un qualsiasi regalo all’interno di una fascia di prezzo; quando

invece è necessario fare un regalo ad una persona importante occorre scegliere un regalo di un prezzo “proporzionale

all’amore” tra le due parti. In parte delle società occidentali il dono classifica quindi le relazioni attraverso il più

alienabile dei mezzi ovvero il danaro, ancor prima di esprimere l’individualità di un rapporto.

Quando invece si osserva il fenomeno della spesa al supermercato si nota che nella maggior parte dei casi sono le

donne ad occuparsene; le donne si trovano dunque a programmare , a fare una piano di acquisti, ad informarsi sui

prodotti col migliore rapporto qualità/prezzo, a recarsi nel supermercato, a comprare non solo cibo, ma anche vestiti,

arredamento. Teorie femministe hanno tentato di quantificare il “lavoro non retribuito” delle donne in questo senso ma

si sono inevitabilmente scontrate con informatrici irremovibili sull’impossibilità di equivalenza e commisurazione di

queste azioni quotidiane (legate alle sfera degli ideali “ più alti”).

Una volta che la nozione astratta della somma “appropriata” è stata stabilita per un dono, e una volta che lo shopping

ha compiuto il suo rituale di trasformazione della spesa in risparmio, emerge un secondo elemento che è simile ad

entrambi i casi: il bisogno di dimostrare il proprio interesse per una relazione individuale attraverso la scelta di una

merce specifica.

Fare la spesa è una pratica continuativa che oggettiva relazioni sia reali che immaginarie, nel senso che esse sono in

un certo senso la creazione di quella pratica. Inoltre la medesima pratica soggettivizza, cioè crea persone come fonti di

desiderio. Per questo motivo il processo continua anche se non contribuisce a migliorare le relazioni. Facendo la spesa

si costruisce un soggetto ideale di sé: un soggetto creato dall’acquirente , anche se nessuna persona si avvicina a

quell’ideale.

Il bisogno primario che si esprime nello shopping non è affatto un nuovo desiderio suscitato dalla presenza stessa della

merce: è piuttosto il preesistente e insaziabile bisogno creato dalla complessità di una relazione sociale. I beni

acquistati sono usati per oggettivare relazioni sociali, un processo in cui la vita sociale delle cose coincide con la vita

oggettuale delle relazioni, e nel quale possono rientrare o meno tutti questi altri fattori.

Per concludere si può dire che il dono occidentale, lontano dal rappresentare uno strumento di creazione

dell’inalienabile, si presenta come un mezzo attraverso cui il denaro entra nelle classificazioni di parentela e in altre

relazioni sociali.

Il ritorno degli oggetti? Gli studi di cultura materiale nell’etnologia svedese – Orvar Lofgren

Nei racconti tratti dalle storie di vita, gli oggetti non sono solo punti di riferimento, essi possono avere anhe una

propria esistenza. Diventano come ombre nella vita, densi di significato, che seguono un proprio corso parallelamente

alla nostra esistenza. Le stesse testimonianze mettono anche in evidenza come noi consumatori costruiamo le nostre

abitudini. Nel caso della televisione prima questa viene esplorata nelle sue potenzialità grazie all’iniziale entusiasmo

della novità, poi essa si integra nelle abitudini acquistando un significato quasi solenne. Parallelamente a questa

evoluzione la tv, come anche la radio e altri apparecchi si spostano nella casa col passare del tempo, invecchiando, per

poi cadere in disuso. Dopo quest’ultima fase gli stessi possono ritrovare un valore ai mercati delle pulci o essere

catalogati secondo il nuovo valore del vintage. (è così che la vecchia radio degli ani trenta è diventata un oggetto di

culto).

La memoria della cultura materiale e la cultura materiale della memoria – Laurier Turgeon

Ho individuato 4 fondamentali approcci alla cultura materiale da parte degli studiosi: l’uso dell’oggetto come

testimone storico, l’oggetto come segno, l’oggetto sociale, l’oggetto memoria.

• L’oggetto materiale è stato dapprima come forma di testimonianza delle società senza scrittura anche se

l’oggetto material ha acquisito il proprio statuto di testimone soprattutto nel discorso scientifico occidentale

del XIX secolo che ha proposto una visione binaria del mondo: il mondo civilizzato associato alla scrittura e

alla storia contro il mondo non civilizzato senza e scrittura e senza storia. Gli archeologi hanno dunque

cercato sul terreno le prove materiali di società scomparse mentre gli antropologi hanno condotto inchieste

etnografiche sul campo raccogliendo oggetti ancora in uso presso popoli in via di estinzione. Operando nel

contesto dei musei archeologi e antropologi hanno sistematicamente riversato le loro collezioni nelle

istituzioni museali, erigendo templi della conservazione e dell’esposizione (essi hanno anche affinato i primi

strumenti concettuali e metodologici). La moltiplicazione degli scavi in differenti siti ha poi permesso anche

di identificare anche elementi più complessi come le identità etniche, le reti di scambio, le migrazioni. Il

metodo retrospettivo, ampiamente utilizzato, permette agli antropologi di comprendere le pratiche del passato

osservando le omologhe pratiche contemporanee.

L’idea di incrociare fonti scritte e fonti materiali in maniera sistematica è venuta agli archeologi

nordamericani: questo lavoro ha permesso loro di comprendere meglio gli oggetti e gli usi che se ne faceva.

Oltre a fornire un nuovo impianto metodologico questo lavoro ha permesso di integrare all’interno di una

stessa storia il mondo europeo e quello amerindio, i popoli con e senza scrittura. Questa pratica ha dato poi

luogo all’archeologia storica.

I due mezzi privilegiati per studiare la cultura popolare sono stati le tradizioni orali e gli oggetti materiali. Il

campo della cultura materiale acquisisce nell’etnologia americana una posizione tale da essere riconosciuto

sotto il nuovo nome di folklore (o folklife).

• La semiotica ha permesso all’oggetto di acquisire lo statuto di segno. L’oggetto è interpretato dal punto di

vista della percezione e della ricezione, piuttosto che attraverso la prospettiva del produttore e della

produzione. Oggi l’oggetto ha i senso di chi lo possiede e allo stesso tempo il senso che riceve da chi lo

realizza. Di conseguenza l’oggetto può produrre senso, possedere un potere di rappresentazione e agire sui

processi cognitivi. Se gli oggetti sono poi considerati in un insieme organico e coerente, forniscono una sorta

di testo che può essere letto dagli studiosi.

In merito alla semiotica (lo studio sei segni e di ciò che porta un segno), possiamo distinguere due tipi di

analisi: quella contestuale (fondata sulla convinzione che l’ambiente che ci circonda gli oggetti svolga un

ruolo primario nella produzione del senso; di conseguenza qualsiasi oggetti, estrapolato dal suo habitat perde

le proprie caratteristiche) e quella immanente (che tende a riportare la produzione di senso nell’oggetto stesso

considerando la significazione iscritta nelle proprietà testuali dell’oggetto; il contesto è considerato inerente

ma non vincolante).

• L’interesse delle funzioni sociali dell’oggetto, senza dubbio la corrente di pensiero più importante degli ultimi

30 anni, è nata da un’insoddisfazione nei confronti delle analisi semiologiche e strutturaliste. Lo studio della

relazione dialettica tra pensiero e materia è servito da osservatorio per ripensare il rapporto tra l’individuo e

l’oggetto, primo stadio verso il processo più ampio di socializzazione. Lo scambio, il consumo e

l’appropriazione dell’oggetto sono tutte nuove espressioni del rapporto tra il pensiero e l’oggetto, tra ciò che

esso rappresenta e ciò che realmente è. Nella loro circolazione tra persone e contesti, gli oggetti producono dei

nuovi soggetti, dei nuovi oggetti e delle nuove attività sociali. L’efficacia dell’oggetto materiale nella

socializzazione è la sua materialità. Gli oggetto si singolarizzano dunque attraverso la loro materialità, tramite

il loro potere di comunicazione non verbale. Lo stesso oggetto ha la capacità di agire su più sensi e in più

contesti, può attivare determinate fasce sensoriali, permettono all’individuo di definire la sua identità

(cosmesi, tatuaggi, accessori), facilitano la socializzazione dell’individuo e spesso sono essenziali nello

sviluppo delle relazioni tra individui.

Lo scambio rappresenta senza dubbio il mezzo più potente di impiegare gli oggetti nella ostruzione di legami

sociali anche se il dono è stato considerato dagli studiosi il fenomeno p

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Publisher
A.A. 2013-2014
6 pagine
8 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher balconi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Giusti Elena Maria.