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Così comincia l’introduzione alla terza edizione italiana della guida EDT, la descrizione di un viaggio verso
territori che, oltre alla bellezza, hanno l’aria di essere ricchi di storia e religione. Tuttavia, i continui conflitti
che da tempo segnano questi luoghi e di cui molto frequentemente si parla, possono portare a pensare che
l’area sia potenzialmente pericolosa per i viaggiatori. Nonostante questo, il turismo in questi luoghi,
nonostante l’inevitabile vulnerabilità agli sviluppi della situazione politica, non si è mai arrestato, rendendo
questa attività di forte importanza per l’economia locale. Il turismo è uno dei mezzi più persuasivi per
diffondere la propaganda politica locale e, infatti, a fianco del turismo più tradizionale come può esserlo
quello religioso, culturale, rurale, balneare, cicloturismo e vacanze studio, in Israele e in Palestina esistono
reti di organizzazioni umanitarie e non governative, politiche e religiose, interessate a far conoscere alla
gente l’altra faccia della medaglia, ovvero la realtà del conflitto. Cominciando da Israele, il primo esempio
rappresentativo di questo fenomeno e che ben abbraccia l’idea di Hot War Tourism è dato dall’attività di un
organizzazione no-profit locale, nata del 2003 dall’iniziativa di un avvocato israeliano, totalmente
indipendente da altre autorità governative o partiti politici, che si occupa di sostenere le cause di cittadini
israeliani contro le organizzazioni terroriste palestinesi. L’organizzazione organizza tour che promette ai
partecipanti un viaggio d’avventura a fianco dei militari israeliani. E’ un viaggio che permette di immergersi
totalmente nel clima delle forze armate israeliane e comprendere appieno quanto sia complessa e grande
la responsabilità di proteggere lo stato di Israele. Tuttavia gli organizzatori hanno la facoltà di escludere dal
tour alcuni candidati, ovvero coloro che cercano di capire la vera natura del conflitto con l’intento di
rafforzare le certezze di chi, senza esitazioni, è già schierato dalla parte israeliana. Sul fronte opposto si
muove invece il turismo palestinese che, attraverso la formula dei political tours (un’area emergente
nell’ambito del turismo internazionale che comprende tutti quei viaggi compiuti verso le aree di conflitto per
osservare in primo luogo qual è la situazione dell’area interessata, incontrare attori di entrambe le parti in
guerra e capirne meglio la storia locale e organizzati da organizzazioni no-profit), propone un turismo
alternativo volto alla conoscenza della situazione in cui si trovano i palestinesi, partendo dalle analisi delle
condizioni geopolitiche in cui vivono, per passare poi all’incontro diretto con gli stessi, utile a comprendere
più a fondo la loro cultura e la loro storia. La più importante organizzazione non governativa che opera in
tale direzione in Palestina è l’Alternative Tourism Group, nata nel 1995 ed operante secondo i principi di
justice tourism, ovvero quella formula che ha come obiettivi principali la creazione di opportunità
economiche per la comunità locale, un positivo scambio culturale tra ospite ed ospitante, la tutela
dell’ambiente e l’educazione storico-politica. Si tratta di esperienze che, rispetto al turismo tradizionale,
permettono di immergersi totalmente nella realtà circostante e di conoscere più a fondo la cultura e la
storia di un popolo. […]
Nei paesi colpiti da guerre o destabilizzati a livello politico è sempre più comune che il turismo venga
utilizzato come abile strumento di propaganda politica: “le persone ricordano per molto tempo ciò che
hanno visto e continuano costantemente a rielaborare nella propria mente le immagini legate all’esperienza
del viaggio. Ed è proprio attraverso la manipolazione delle immagini che scorrono di fronte ai turisti che i
governi sperano di nascondere tutto ciò che può operare a loro svantaggio”. Il turista vede solo ciò che ha
difronte pensando che sia la realtà nuda e cruda e dunque, conseguentemente, non vede ciò che non
esiste. Israele e Palestina costituiscono un esempio significativo di quanto appena accennato. Qui il turismo
è quasi totalmente controllato dal governo israeliano che ne fa un elemento di manipolazione, sperando in
questo modo di ottenere consensi e alleati nella sua lotta contro il popolo palestinese. Vengono distinti due
particolari metodi di manipolazione utilizzati dal governo israeliano per confondere e catechizzare il turista:
l’alterazione della topografia nelle carte geografiche o turistiche;
il mascheramento della realtà.
“E’ naturale che il turista segua gli itinerari tracciati nelle carte ed eviti di intraprendere cammini che non
sono riportati. In questo modo è più semplice nascondere la presenza di sentieri, strade o interi villaggi che
potrebbero turbare l’immagine che il governo vuole offrire ai visitatori”.
Opposta è invece la situazione mostrata dalle carte palestinesi, dove il territorio risulta essere fortemente
frammentato, il che rende in maniera evidente la facilità di controllo politico da parte del governo
israeliano. Il desiderio che il governo ha di occultare e di cambiare l’immagine del proprio paese porta alla
manipolazione percettiva non solo il turista ma anche degli abitanti stessi. […]
La sicurezza in viaggio sembra essere uno dei prerequisiti essenziali nella scelta della propria destinazione di
viaggio. Varie ricerche dimostrano come l’instabilità politica di un paese può essere un forte elemento
avverso al turismo e quindi per i viaggiatori. Nonostante ciò, lo sguardo del turista moderno si sta
soffermando anche sui luoghi più pericolosi. I viaggiatori più impavidi sono sempre più spinti a trovare
luoghi che combinino l’esotico con il rischioso; il pericolo diventa così l’oggetto del desiderio, la
componente eccitante del viaggio. Turismo e guerra dunque, che nell’ottica globale vengono collocati su
due piano temporali e spaziali differenti, diventano complici per il raggiungimento di un obiettivo comune:
la commercializzazione del pericolo. Dato che di solito il turismo rappresenta il settore più remunerativo
per l’economia locale, i governi delle nazioni di conflitto decidono di investire su di esso promuovendo la
sicurezza del proprio paese e tacendo quindi l’esistenza della guerra stessa. Nonostante la scelta coraggiosa
di alcuni viaggiatori e l’inclusione della guerra nel marketing turistico, il tema della sicurezza rimane di
importanza internazionale e in molte parti del mondo i governi hanno elaborato misure di tutela differenti.
Un altro strumento per la tutela e la sicurezza del turista nei paesi in conflitto consiste nella
programmazione di corsi anti-terrorismo per la difesa personale del viaggiatore. Il problema si fa più
delicato quando si parla invece di giornalisti o inviati di guerra; la violenza contro i giornalisti continua ad
essere una delle più grandi minacce alla libertà espressiva.
IV. Dark Tourism e Luoghi della Memoria
Il turismo è un fenomeno in continua evoluzione: con il passare degli anni l’idea di viaggio ha subito
cambiamenti e così anche il turismo si è lasciato trasportare dalle nuove tendenze adeguandosi ai bisogni,
alle motivazioni e alle aspettative dei turisti. Se prima il piacere del viaggio era associato esclusivamente
all’essere lontani dalla routine e dalla quotidianità, ora i fattori che spingono i turisti alla ricerca del leisure
sono numerosi, differenti e a volte bizzarri. Accanto alle forme di turismo già conosciute e largamente
diffuse come quello religioso, culturale, enogastronomico etc., è bene considerare anche altre pratiche
alternative di più recente sviluppo. Una tipologia turistica che ha fatto molto parlare di sé riguarda il
turismo che nasce dalla passione per i luoghi connessi ad un’immagine di morte o sofferenza e che è
propriamente chiamato turismo macabro, dark tourism o thanatourism, parole che definiscono quel
fenomeno che si basa sulla presentazione e la fruizione di luoghi, reali o fittizi, legati alla morte di una o più
persone e ad avvenimenti tristi e dolorosi. Successivamente il dark tourism è stato ridefinito come quel
fenomeno moderno ed occidentale per cui la morte, atrocità e catastrofi sono manovrate per offrire
prodotti turistici. La definizione di dark attraction o black spot si riferisce quindi alla commercializzazione di
luoghi macabri nei quali celebrità o un gran numero di persone hanno trovato morte violenta o inattesa.
Parlare di dark tourism diventa molto complesso in quanto bisogna tenere in considerazione un gran
numero di fattori. Innanzitutto è bene sottolineare che esiste una differenza tra le attrazioni già costruite e
premeditate che cercano di ricreare un evento e quelle riferiti a siti accidentali o spontanei, i quali non
nascono come siti macabri ma lo diventano in seguito. Inoltre bisogna considerare la vastità di motivazioni
che spingono il turista e anche il fatto che molte esperienze macabre sono proposte ed offerte a scopi
politici, formativi, ludici ed economici. […]
I dark sites sono veri e propri siti di morte e sofferenza. Essi non nascono volontariamente come siti
turistici, a differenza dei lightest sites, che sono siti associati alla morte e alla sofferenza poiché nascono
intenzionalmente come siti ti attrazione macabra. Il dark tourism è in grado di aiutare a spiegare l’approccio
contemporaneo verso la morte e la sua contemplazione in quanto offre al turista la possibilità di
confrontare l’inevitabilità della morte propria e altrui, osservando sempre da una distanza di sicurezza che
lo rende immune e rassicurato. Esiste quindi un legame molto stretto tra turismo macabro e massmedia in
quanto spesso sono questi ultimi che permettono un’efficace interazione tra dark sites e lo spettatore. Il
fascino dell’attrazione non è dovuto quindi solo dal significato attribuitogli da chi lo visita, ma anche dalla
maniera in cui esso è presentato al pubblico. Anche lo spettacolo della morte è un elemento essenziale per
analizzare il dark tourism: quando la morte produce e rappresenta immagini di orrore, è proprio in quel
momento che essa diviene spettacolo. I visitatori si recano in quei luoghi perché credono che attraverso la
visita possano raggiungere un senso di identificazione con qualcosa che ha fatto parte del loro passato;
esistono per questi diversi tipi di dark tourism che differiscono in relazione al minore o maggiore
coinvolgimento con l’evento drammatico. Il dark tourism è in grado di aiutare a comprendere l’approccio
contemporaneo verso la morte in quanto offre al turista la possibilit&a