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IDENTITÀ E CORPI VIOLENTATI NELLA NARRATIVA DI ELVIRA DONES
Elvira Dones è una scrittrice albanese che ha lasciato l’Albania nel 1988 e attualmente vive negli
Stati Uniti. Nei suoi libri ha trattato tematiche da cui emerge la vita difficile delle donne albanesi
prima e dopo la caduta del regime di Hoxha (primo segretario del partito del Lavoro
d’Albania/comunista e dittatore dal secondo dopoguerra al 1985).
Già nel 2001 scrisse “Sole bruciato” che affronta il tema della prostituzione delle ragazze albanesi
in Italia descrivendo come queste siano attratte dal miraggio di un futuro migliore raggiungibile
attraverso l’emigrazione e poi esposte a violenza e sopraffazione in Europa, in particolare in Italia.
Ha denunciato la tratta delle schiave in cui sono coinvolti gli uomini della sua terra che per facili
guadagni sono diventati mercanti di corpi femminili mettendo però in evidenza anche la complicità
degli italiani. La sua è una letteratura che testimonia le esperienze dei migranti in Europa, la stessa
scrittrice sottolinea l’importanza che hanno avuto gli scrittori provenienti dai Balcani che,
utilizzando la lingua del paese d’accoglienza, hanno denunciato le tristi situazioni e i conflitti che
hanno marchiato le loro terre d’origine, ma anche le esperienze di lavoro sottopagato e in nero nei
paesi d’accoglienza. Elvira Dones accetta la definizione di “letteratura di migranti” a patto che non
si operi una forma di incasellamento per tematizzare l’esperienza migrante. A differenza dei libri
precedenti, Elvira Dones ha deciso di scrivere in Italiano nel suo ultimo libro “Vergine giurata”
(2007), esso tratat di un tema sconosciuto ovvero il fenomeno delle vergini giurate o donne che
diventano uomini che induce a riflettere sul concetto di genere con le sue imolicazioni nella vita
quotidiana e sul ruolo del genere nelle varie culture. Il genere in partenza è il modo con cui si
attribuiscono significati alle differenze fisiche, ma è anche la categoria sulla quale si basa la
società per organizzare le istituzioni sociali. Il fenomeno delle Vergini giurate è una tradizione che
si è sviluppata nell’area dei Balcani (Albania, Serbia, Bosnia, Kosovo, Montenegro, Macedonia) e
attualmente si pratica nella zona dell’Albania del nord, nella zona interna montuosa dove ha molta
importante ancora la tradizione del Kanun (antico codice consuetudinario), le donne che scelgono
questa vita decidono di indossare abiti da uomo, vivere da uomo tanto addirittura da cambiar nome
e voce (con l’uso di alcool alterano la voce). L’antropologa Antonia Young, che ha studiato la
condizione di questi uomini-donne, pone in evidenza come in questa società patriarcale albanese
l’abito connoti lo status di genere e giochi un ruolo fondamentale nella costruzione culturale del
genere. La posizione delle donne è notevolemnte svantaggiata rispetto a quella degli uomini di fatti
dal Kanun si evince un’ineguaglianza del potere e dei ruoli sessuali come attesta l’articolo che
esclude le donne dall’esse ereditario. Le motivazioni che portano a una scelta di questo tipo sono
tre: 1. Un’adolescente può rifiutare un matrimonio combinato dal padre o dai fratelli giurando di
rimanere vergine perché questo rifiuto non venga inteso come un’offesa alle famiglie
2. Un padre non ha figli maschi a cui lasciare l’eredità e quindi può proclamare che la figlia è
un uomo
3. Se una famiglia perde uno o più figli maschi, una figlia può prenderne il posto.
4. Espediente nuovo delle zone rurali: per sfuggire al traffico di donne avviate alla
prostituzione.
Quest’usanza è praticata indipendentemete dal credo religioso, il giuramento avviene di fronte a 12
anziani del villaggio e dopo il giuramento non sarà più possibile tornare indietro.
Le culture impongono discipline per l’addomesticamento del corpo individuale perché si conformi ai
codici dell’ordine sociale e politico ed è sul corpo che vengono messe in scena le contraddizioni e
le verità sociali. Le costruzioni sociali del corpo diventano la legittimazione della visione sociale
che le produce, il corpo è ciò su cui si inscrive il pensiero stesso, perciò assumere le posture e il
comportamento maschile è il primo passo verso il guardare la realtà come un uomo. Il corpo
diventa allora non più una categoria biologica e sociale ma un luogo su cui si compie la
trasformazione e la costruzione della soggettività.
Il fenomeno delle vergini giurate fornisce un contributo alla teoria di Judith Butler (filosofa
statunitense) secondo la quale il gener è frutto di un’imposizione, è qualcosa che la gente fa
piuttosto che una qualità che possiede e quindi le categorie di sesso e di genere sono una
costruzione culturale e il genere non è un fatto o un’essenza ma un’insieme di azioni che produce
l’effetto. Questa teoria permette di superare la definizione di genere maschile e femminile per
considerare una pluralità di generi o il genere stesso come una categoria fluida.
Il romanzo racconta una storia (non vera ma possibile) di Hana-Mark Doda, una donna di 34 anni
dei quali 14 passati da uomo pur conservando l’identità anagrafica femminile. Cresciuta con lo zio
dopo la morte dei genitori, conduce una vita da ragazza normale, addirittura si iscrive all’università
ma quando anche lo zio muore senza lasciare eredi maschi lei decide trasformarsi da Hana a Mark
cominciando a vivere come uomo e a lavorare da camionista. Grazie però alle esortazioni della
cugina Lila decide di partire per gli Stati Uniti dove la raggiungerà e comincerà a ritrasformarsi in
donna riappropriandosi della propria femminilità.
• Hana subito dopo la sua trasformazione impara ad abbruttirsi per far tacere la sua identità
di donna, apprende tecniche del corpo differenti da quelle alle quali era stata educata
inoltre abbandona gli studi e ritorna alla vita del villaggio tra le montagne.
• L’allontanarsi dalla propria terra per andarsene in un nuovo paese è anche una metafora
dell’allontanamento dalla propria condizione ambigua per intraprendere un viaggio verso sé
stessa.
• L’atro passaggio che Hana deve affrontare è anche la rivelazione della sua vera identità
alla nipote, la quale si era accorta che c’era qualcosa di strano in quello zio. Con la figura di
Jonida, la nipote, la scrittrice ci mette di fronte alla difficoltà di comprensione per chi non è
nato e non ha vissuto in quel contesto di vergini giurate.
Questa incomprensione non avviene solo da parte della nipote, nata e cresciuta all’estero,
ma anche da un’amica di Hana conosciuta all’università e cresciuta in un contesto urbano,
nelle zone urbane dell’Albania non si parlava delle vergini giurate ed Hana aveva avuto
difficoltà a spiegarle i motivi della sua scelta che non aveva nulla a che fare con
l’omosessualità.
• Dopo averne raccontato la storia, la scrittrice ci racconta delle difficoltà incontrate da Hana
nell’abbandonare i comportamenti maschili per riappropriarsi della propria femminilità. Tale
passaggio avviene all’interno di modelli di femminilità propri della cultura americana cioè
attraverso la cura del corpo e dell’abbigliamento, l’abito è dunque chiamato nuovamente a
definire il genere. Lo specchio entra qui in gioco assumendo il significato di strumento di
conoscenza a cui si affida la percezione del sé.
• Durante una lite tra cugine Lila le rinfaccia che la sua scelta è stata una fuga dalla
condizione femminile per scegliere una situazione che in quel contesto era di privilegio
rispetto alla vita delle donne, lei avrebbe dovuto lottare.
• L’ultimo problema più grande per Hana è come riappropriarsi della propria sessualità ora
che la veriginità, che aveva giurato di conservare per tutta la vita, ora rappresenta un peso
per vivere il suo corpo ma grazie anche all’incontro di un uomo conosciuto sull’aereo verso
l’America riuscirà a superare anche quest’ostacolo e a riappacificarsi col proprio corpo.
OGNUNA, TUTTE: SCRIVERE DA SOLE, NARRARE IN GRUPPO
L’AUTOBIOGRAFIA
E’ una costruzione narrativa di sè che possiamo sviluppare a partire dal proprio passato in cui
autore e protagonista coincidono, scrivere la propria storia significa camminare verso di sè.
Il primo a utilizzarla in senso introspettivo fu Sant’Agostino con “Le confessioni” ed è l’inizio del
genere basato sulla meditazione sul passato e sulle proprie azioni. Nelle pratiche autobiografiche
l’uso della scrittura è fondamentale perché è una messa in forma del pensiero, obbliga il narratore
a sintetizzare e a riflettere sulle esperienze vissute e tutto ciò facilita l’acquisizione dell’auto-
consapevolezza. L’uso della parola scritta attiva la bilocazione cognitiva cioè la capacità, all’interno
della narrazione, di distanziarsi da sè stessi nel tempo (ora-allora), nello spazio (là-qua) per potersi
“guardare”. Ci si riconosce dunque come altro da sè per questo le metodologie autobiografiche
sono utilizzate in campi diversi come nella formazione degli adulti, nei percorsi di cura, nella
ricerca e nei percorsi auto-analitici.
LA SCRITTURA FEMMINILE
Le donne sono state a lungo escluse dalla scrittura e quando se ne sono appropriate l’hanno
utilizzata come strumento di liberazione e di lotta politica; dalla fine dell’800 con l’aumento
dell’alfabetizzazione e il progredire della consapevolezza del proprio ruolo sociale, le donne hanno
cominciato a imporsi nell’ambito letterario, i diari diventano i protagonisti delle pratiche di scrittura
femminile. La ricerca dell’interiorità, la cura di sè attraverso la contemplazione e la riflessione sono
infatti prerogative femminile, questo perché oggi le donne abitano gli spazi dell’interiorità, non
hanno paura di nasconderla come invece fanno gli uomini, e la mostrano con la scrittura.
LA RICERCA “RE-INVENTARE L’ETA’ MATURA”
Le donne che sono state giovani negli anni 60-70 hanno sperimentato rotture, conflitti e
cambiamenti in un paese che fino a quegli anni aveva sancito rigidamente i ruoli sociali e sessuali
ponendo tanti vincoli alla libertà delle donne e ai loro desideri. Uscire da questi ruoli predefiniti ha
portato con sè la necessità di una ricostruzione personale, un ripensarsi come donna fuori dei
copioni sociali ma anche la necessità di dover re-inventare la propria seconda età adulta in
manc