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PCR (P C R )
LA OLYMERASE HAIN EACTION
I metodi di cui si dispone per analizzare la struttura del DNA sono metodi indiretti poiché, non essendo
in grado di leggere direttamente una sequenza di DNA, è necessario farne delle copie dalla cui analisi
si riesce a ottenere informazioni sulla struttura di partenza.
Copie di DNA vengono prodotte in vitro grazie a una reazione enzimatica che prende il nome di PCR e
che è in grado di riprodurre in poche ore miliardi di copie di un particolare frammento di DNA. Questa
metodica richiede un limitato numero di reagenti ed è facile da attuare. Affinché un ciclo di reazione
si compia, però, devono prodursi un numero elevato di interazioni tra le molecole presenti in soluzione.
Gli errori che possono insorgere nel corso della duplicazione si traducono nella produzione di copie
non fedeli all’originale. Il fenomeno risulta tanto più serio quanto minore è il numero delle copie di
partenza ed elevato il numero di cicli di amplificazione cui il DNA viene sottoposto. Ciò risulta tanto
più grave se il DNA che viene amplificato è a sua volta affetto da lesioni che en codificano la struttura
primaria come nel caso del DNA antico.
Un prerequisito indispensabile per la PCR è la scelta di una porzione di DNA da analizzare (non più
lunga di 200 bp) di cui sono note le sequenze delle estremità 5’ e 3’. Nella reazione sono infatti
coinvolti due oligonucleotidi a singolo filamento (primer) complementari uno all’estremità 5’ e l’altro
all’estremità 3’. La coppia di primer costituisce l’innesco dell’attività della DNA polimerasi (Taq DNA
polimerasi). La scelta dei primer è un’operazione abbastanza semplice in quanto esistono in rete
programmi gratuiti che, una volta inserita, la sequenza da amplificare, sono capaci di costruire coppie
di primer specifiche per quel frammento che vengono poi sintetizzate in laboratorio. Ci sono regioni
del DNA in cui la variabilità da individuo a individuo è minore e la cui sequenza è nota perché
depositata in banche dati. Sono queste le regioni impiegate per l’attacco dei primer che si legano
anche se la sequenza non è perfettamente complementare (più è alta la temperatura dell’ambiente
di reazione maggiore è la specificità del primer). I primer sono lunghi 20-30 bp e vengono aggiunti
nella soluzione in eccesso in modo da portare a termine i cicli di reazione. Oltre al DNA da amplificare,
alla Taq DNA polimerasi e ai primer, nella soluzione sono inseriti anche i desossiribonucleotidi (dNTP)
e il Cloruro di Magnesio (MgCl ). I primi sono necessari per la sintesi di nuovi filamenti mentre il
2
secondo rappresenta il cofattore indispensabile al funzionamento dell’enzima.
La reazione prevede il succedersi di cicli di amplificazione durante i quali si verificano più fasi:
• DENATURAZIONE: il DNA a doppio filamento viene denaturato mediante riscaldamento a 94 °C
per ottenere due filamenti singoli separati;
• ANNEALING: la temperatura scende tra i 50 e i 60 °C e i primer si appaiano con i filamenti
complementari. Ciascun primer ha l’estremità 3’ libera che serve come substrato per la sintesi del
DNA nella direzione 5’→3’;
• ESTENSIONE: la temperatura risale tra i 68 e i 72 °C e la DNA polimerasi e i dNTP permettono
l’inizio della fase di estensione dei filamenti che porta alla sintesi del filamento complementare al
filamento stampo.
Terminato il primo ciclo, le due molecole di DNA vengono nuovamente denaturate con il calore e i
quattro filamenti che si ottengono vengono impiegati come stampo nella nuova sintesi. Nel terzo ciclo
la lunghezza dei filamenti di DNA sintetizzati comincia a diventare fissa e le estremità 5’ e 3’ sono
definite dai primer. Si ha per la prima volta la produzione dell’intero frammento di interesse (molecola
target). Il numero di copie del DNA target ottenute alla fine della reazione di PCR si ricava dalla formula
(n-1)
2 dove n è il numero di cicli di PCR.
Se si vuole analizzare un frammento di DNA più lungo di 200 bp si può frammentare la sequenza in più
parti che tra loro si sovrappongono. Dalla sovrapposizione delle sequenze si ricaverà poi la sequenza
di DNA d’interesse. Il primer a valle coprirà però anche una parte precedente al target (overlapping
fragments). Si usa questo metodo perché è difficile amplificare una sequenza troppo lunga con una
sola coppia di primer.
Se i controlli negativi non sono puliti al termine della PCR, allora significa che nell’ambiente di reazione
sono presenti dei contaminanti. Questi devono quindi essere individuati e la PCR ripetuta. Se invece
al termine della PCR non si è ottenuto alcun prodotto di amplificazione possono essersi verificati due
casi. Se sono presenti dimeri di primer( primer che si sono legati tra loro durante la reazione) significa
che il DNA da amplificare è troppo poco concentrato se invece i dimeri non sono presenti allora
significa che nella soluzione sono presenti delle sostanze che hanno inibito la reazione di PCR.
La Determinazione del sesso (Multiplex PCR)
La conoscenza della PCR consente di determinare il sesso di un individuo. In archeologia questa
metodica è molto utile quando cranio e bacino non si sono conservati o si ha a che fare con individui
sub-adulti. La determinazione del sesso di più individui di una popolazione consente di determinare il
“se ratio”, ovvero la distribuzione di un determinato sesso nella popolazione in esame. Il costo di
questa analisi è relativamente basso perciò è molto richiesta.
I cromosomi che determinano il sesso di un individuo sono i cromosomi sessuali: si ha il cariotipo XY
per il maschio e XX per la femmina. Per la determinazione del sesso si amplifica parte del gene
polimorfico che codifica per l’amelogenina, una proteina coinvolta nello sviluppo dello smalto dentario.
Il polimorfismo di questo gene si concretizza in diversi polimorfismi di lunghezza. La porzione di locus
che si amplifica ha una lunghezza di 112 bp sul cromosoma Y e di 106 bp sul cromosoma X. La PCR che
si esegue per l’amplificazione di questi loci è detta “Multiplex PCR” poiché in soluzione vengono
inserite due diverse coppi di primer: una per il cromosoma Y e una per il cromosoma X. La differenza
di lunghezza dei loci permette di discriminare il tipo di profilo allelico in seguito a un’elettroforesi
orizzontale su gel di agarosio. L’agarosio è un carboidrato in forma polimerica sintetizzato a partire
dall’agar. I suoi lunghi filamenti in soluzione acquosa si dispongono a formare una rete tridimensionale
le cui maglie sono più o meno larghe a seconda della sua concentrazione. L’agar viene sciolto nel TEA
per preparare il gel e a esso viene aggiunta una piccola quantità di bromuro di etidio, un composto
chimico che si intercala tra le basi dei filamenti ed emette fluorescenza quando illuminato con luce
UV. Il gel così preparato viene versato nella cella elettroforetica. Vengono appoggiati quindi dei pettini
che, rimossi dopo la solidificazione del gel, consentono di ottenere dei pozzetti nei quali si inserisce
poi la soluzione di DNA. Caricata la cella con i campioni, comincia la corsa elettroforetica. Per effetto
della generazione di un campo elettrico, le molecole di DNA cominciano a migrare tra le maglie del gel
dal polo negativo al polo positivo( essendo un acido il DNA è carico negativamente). La velocità di
migrazione delle molecole dipende dalla loro dimensione, quindi dalla loro lunghezza. Questo significa
che in uno stesso intervallo di tempo, piccoli frammenti di DNA compiono uno spostamento maggiore
rispetto a filamenti più lunghi. Per poter visualizzare i risultati, il gel a fine corsa viene illuminato con
luce UV e la posizione dei diversi filamenti è rivelata dalla presenza di bande di fluorescenza di colore
viola. Visto dall’alto, generalmente sul gel si possono osservare diversi pozzetti:
• -
Controllo negativo (K ): si inseriscono tutti i reagenti utilizzati per l’elettroforesi tranne il DNA.
Pertanto, sotto questo pozzetto non si devono osservare bande;
• Campioni: si osserva il risultato delle analisi poiché contengono i prodotti di amplificazione. Il
profilo allelico maschile sarà caratterizzato dalla presenza di due bande di fluorescenza, una a 112
bp e una 106 bp. Il profilo allelico femminile è invece caratterizzato dalla presenza di un’unica
banda a 106 bp. Non necessariamente si ha l’amplificazione di entrambi gli alleli poiché, se il
materiale genetico di partenza è molto degradato, si può verificare il fenomeno di perdita allelica;
• +
Controllo positivo (K ): si aggiunge ai reagenti un prodotto di amplificazione il cui risultato è noto.
Se si ottiene un risultato negativo, può essere dovuto alla mancanza ad esempio di un reagente in
soluzione;
• Ladder: contiene frammenti di DNA di lunghezza nota. In questo modo si ha una scala di
riferimento per determinare la lunghezza dei filamenti contenuti nei campioni analizzati.
Per avere un risultato certo occorre ripetere numerose volte l’analisi sullo stesso campione, usando
DNA amplificato proveniente da diversi distretti scheletrici dello stesso individuo.
Si può inoltre preveder l’uso nella reazione di amplificazione di altre coppie di primer per selezionare
altre regioni del DNA. Solitamente oltre ai loci dell’amelogenina si amplifica anche il locus SRY che si
trova unicamente in posizione telomerica sul cromosoma Y e che ha una lunghezza di 96 bp. Questo
è meno soggetto alla degradazione rispetto agli altri loci poiché è più corto. In questo modo, se
l’individuo analizzato è di sesso maschile, sul gel elettroforetico si osserverà la presenza di tre bande
di fluorescenza (96, 106 e 112 bp).
IL CLONAGGIO
Le molecole di DNA estratte sono soggette a una forte degradazione che non modifica la loro sequenza
nello stesso punto ma in punti casuali, diversi da un filamento all’altro. La PCR consente di ottenere
gruppi di molecole amplificate con sequenze diverse tra loro anche se provenienti dallo stesso
campione. Se questi vengono direttamente sequenziati si ottiene una visione parziale della sequenza
di quell’individuo che non permette, ad esempio, di determinare il grado di parentela con altri
individui. È quindi necessario separare questi gruppi di molecole attraverso il metodo del clonaggio
genico.
Un metodo di clonaggio molto diffuso utilizza i plasmidi (metodo T/A). questi sono contenuti nelle
cellule procariote (cellule che non hanno membrana cellulare e in cui il DNA si trova sparso) e sono
simili ai mitocondri dai quali si pensa derivino. Sono costituiti