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Cultura = Tradizione

Festa

La Festa e la sua nuova apparizione:

La festa si configura come un insieme variegato di elementi che definiscono e differenziano le diverse pratiche festive e che spesso ne delineano la loro funzione e la loro messa in scena: iniziazione, rito di passaggio, momento di socializzazione, alienazione del quotidiano, scadenza calendariale, ritmo stagionale, promozione territoriale, identità locale, ri_____seco ecc. sono alcune delle finalità legate alle festa.

Il panorama festivo apre molti studi e dibattiti soprattutto sulla sua rinnovata apparizione in un contesto post industriale e urbano, in quanto non più legata alla calendarizzazione liturgica o allo scandire dei ritmi stagionali come avveniva in passato, bensì è riplasmata, riscoperta, rifunzionalizzata, quindi soggetta a trasformazioni derivanti dal contesto in cui appare. In un contesto post industriale e moderno la festa si configura come elemento perpetuante la cultura tradizionale caratterizzato da ibridazione fra cultura di massa e tradizione; risultano in questo modo numerose e vivaci le riscoperte, le reintegrazioni di elementi rituali dimessi o l’invenzione su modelli tradizionali o supposti tali. A seguito dei processi di globalizzazione dell’economia, sviluppo delle tecnologie e delle comunicazioni, la festa si ripropone come elemento di riaffermazione e riscoperta delle radici individuali e comunitarie: c’è lo sforzo di costruire una caratterizzazione locale e di rappresentare e costruire le proprie radici. In alcuni casi questo si traduce in termini economici, in altri casi si assiste ad un ribaltamento dei ruoli, dove non è la comunità che fa la festa, bensì è la festa che crea la comunità. La festa viene quindi utilizzata anche come strumento di consumo e di promozione. Inoltre sovente pratiche festive relegate fino a qualche decennio fa ad una dimensione rurale e contadine ora sono “ribaltate” in un contesto urbano, quindi industrializzato e moderno, presentandosi come un’operazione di recupero della tradizione in un contesto i cui ritmi alienanti disorientano l’individuo e non permettono di soddisfare un senso di appartenenza locale e di instaurare relazioni significative. Per G.L. Bravo i promotori di queste “nuove” pratiche sono i pendolari, dove pendolarità non è sinonimo, come suggerisce l’immaginario collettivo, di uno spostamento per motivi di lavoro da una città/paese ad un’altra/o, bensì l’alternarsi nella vita dell’individuo pendolare in contesti socio-economici e culturali differenti ed entro i quali esso interagisce e si deve rapportare. Le feste in città dunque non sono più legate al susseguirsi delle stagioni o legate alla sfera religiosa, ma si organizzano in funzione del contesto in cui compare in quanto la festa è per definizione un’ istituzione dinamica e plastica.

La festa è così riuscita ad entrare nella contemporaneità mantenendosi attuale e attiva: le feste che hanno perdurato registrando continuità della tradizione sono state fortemente rilanciate; dove si era spenta la festa viene ricostruita attraverso la memoria degli anziani oppure viene totalmente inventata prendendo come modello elementi di tradizioni altre e attingendo da diversi bacini culturali; vecchio e nuovo si incontrano.

A partire dal 1983, con il contributo di Hosbnam e Rangere proposto nel testo “The Invention of Tradition”, viene introdotto il concetto di tradizioni inventate, dove la festa si configura come elemento di costruzione d’identità locale attraverso uno stretto rapporto fra tradizione e innovazione. Le tradizioni inventate vengono definite come tutte quelle pratiche regolamentate da norme apertamente o tacitamente accettate, dotate di una dimensione rituale o simbolica, che vogliono fissare credenze, comportamenti e valori nel tempo. Oggi l’interesse antropologico è infatti rivolto alle pratiche definite profane perché non appartenenti alla sfera religiosa e all’ambito del sacro, pur mantenendo costanti certi caratteri del passato, quali periodicità, calanderizzazione e ritualizzazione dei comportamenti.

Secondo Turner (1967) qualsiasi atto celebrativo presenta, seppur in diversa misura, una relazione con la dimensione sociale; la festa è un atto celebrativo che può essere letto da molteplici punti di vista: la festa è sempre momento di interazione e consumo sociale, di incontro e organizzazione delle attività del gruppo, identità locale, riconoscibilità territoriale e appartenenza comunitaria, oltre veicolare il passato e il presente della comunità.

Questo fenomeno va ricercato negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, determinato dai processi di industrializzazione e urbanizzazione conseguiti al boom economico degli anni ’50 e ’60 del ’900. E’ in quel periodo storico che si verifica un ampio abbandono delle campagne in cerca di fortuna nelle grandi aree industriali. Le campagne vengono deturpate, sia in termini economici che demografici e culturali, i giovani disdegnano il lavoro nei campi, considerato precario, pesante e poco appagante, oltre all’essere fortemente incerto a causa dei cambiamenti climatici. Il lavoro in fabbrica garantisce uno stipendio fisso settimanale, una vita più agiata con ritmi differenti e tempo libero da sperimentare. La tradizione e il passato vengono momentaneamente abbandonati per un paio di decenni. Tuttavia, proprio a causa dei successivi problemi derivati dal processo di industrializzazione e urbanizzazione quali crisi economica, sottoccupazione, disoccupazione, crisi energetica ecc., alimentati da un senso di disorientamento e alienazione dell’individuo in una società moderna, si scopre la necessità di riscoprire e legarsi nuovamente al passato e alla tradizione, alla vita contadina di un mondo rurale, non intesa in termini lavorativi ed economici, ma in termini di stili di vita, appartenenza comunitaria e locale. In quegli anni G. L. Bravo, approfondendo studi sul fenomeno di ricomparsa e riscoperta delle festa, afferma come sia il contesto stesso della società moderna e complessa, con i suoi ritmi e i suoi stili di vita, a determinare la ricomparsa, in quanto la celebrazione di una solennità si pone come momento di stabilità

Persistenza, continuità con il passato comunitario;

  • Riproposita documentalmente fondata;
  • La rievocazione storica di un evento ricostruito a tavolino o di dubbie ascendenze;
  • L’invenzione su modelli tradizionali o supposti tali;
  • Le manifestazioni di impostazione laica e non tradizionale: feste politiche ecc.;
  • Promozione dei prodotti locali;
  • Abbinamento con mostre inerenti al passato contadino;
  • L’abbinamento con manifestazioni sportive;
  • L’appartenenza alla struttura calendariale liturgica;
  • La non appartenenza alla nostra tradizione, feste emigrate.

Corsa delle Botti, Nizza Monferrato:

Interessante caso di studio antropologico è la festa delle botti che si svolge ogni anno nel mese di Maggio a Nizza Monferrato. Nizza Monferrato è una delle realtà più interessanti nella zona dell’ astigiano, celebre soprattutto per la produzione del cardo gobbo, particolare varietà di cardo in via d’estinzione che viene prodotto in quelle zone, e del vino Barbera ( sembra che l’origine del nome derivi dagli antichi Romani che, apprezzando ma non conoscendo quella qualità d’uva, la consideravano “barbara”), uno dei più pregiati vini italiani, che raggiunge l’apice qualitativo proprie nelle terre adiacenti a Nizza Monferrato. Secondo gli storici l’anno di fondazione della città è il 1225; dieci anni più tardi venne eretta Comune e nel 1264 aderì al marchesato del Monferrato fino al 1708, quando passo sotto il regno sabaudo. E’ una realtà ricca di manifestazioni e feste che si svolgono durante l’anno, ma una delle più importanti e rappresentative per la città sia in termini di economia locale sia in termini di promozione turistica è la Corsa delle Botti, inserita nel Monferrato in Tavola, una grande kermesse di prodotti enogastronomici locali dove Associazioni Pro Loco propongono piatti e vini tipici, interessante e divertente rievocazione storica rifunzionalizzata in chiave ludico/sportiva. La corsa è collegata al passato, è una tradizione che risale all’ottocento, quando i garzoni delle botteghe vinicole ingaggiavano vere e proprio competizioni con i “rivali” spingendo le botti per le vie della città per consegnare il vino. A seguito del processo di industrializzazione e urbanizzazione e il conseguente sconvolgimento economico, produttivo e dei mezzi di trasporto, il redditizio mestiere del bottaio si estinse intorno agli anni ’50 del secolo scorso e, nel 1978, venne inventata questa pratica festiva divenuta ora tradizione locale. Secondo il regolamento, il giro di qualificazione si svolge al mattino, mentre le semifinali e la finale al pomeriggio. Ogni squadra è formata da 3 a 4 spingitori (più un responsabile) che, a turno, possono scambiarsi il compito di spingere la botte (“bönsa”). Un

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Publisher
A.A. 2013-2014
36 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mubadawi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Bonato Laura.