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A fondamento e a programma dell’antropologia compare l’idea illuministica dell’unità psichica
della specie, assunta come gloriosa bandiera, svincolata però dal razzismo strisciante in cui l’aveva
prostrata l’evoluzionismo cognitivo, e fatta dialogare, in modo tutt’altro che trasparente, con l’idea
di differenza, di pluralità delle culture. Ne risulta un postulato che definisce oggetto e confini
dell’antropologia.
Il culturale articola l’arco delle diversità possibili, dei concreta osservabili [dai quali comunque in
qualche modo dedurre i processi mentali].
Che fa l’antropologo? conosce facendo esperienza, incorporando saperi dialogando e
condividendo, restituendo in termini di valorizzazione del patrimonio culturale indagato
Cultura
Cultura o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include le
conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualunque altra capacità e
abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società” (Edward Burnett Tylor, La cultura
primitiva, 1871).
La definizione classica di cultura privilegiava l’idea di erudizione, di acquisizione di un sapere
‘elevato’, espresso per lo più in forma scritta, da parte di un’élite, la definizione antropologica di
Tylor estende la cultura a tutta l’umanità; la cultura consiste nell’insieme dei saperi, delle pratiche,
delle abitudini che ogni uomo acquisisce in quanto membro di una particolare società: e dunque non
è ereditata biologicamente ma socialmente.
Umanesimo
L'ideale di humanitas è senz'altro il contributo più alto che il Circolo degli Scipioni offrì alla
romanità. Con essa si tende a concepire quegli ideali di attenzione benevola tra gli uomini che
prescindono da pregiudizi di razza, religione e cultura.
Il concetto di humanitas ha la sua prima implicita formulazione nell'opera letteraria di Terenzio,
autore di teatro che sviluppa in modo approfondito i rapporti interpersonali e i caratteri
psicologicidei suoi personaggi.
Per humanitas si intende una concezione etica basata sull'ideale di un'umanità positiva, fiduciosa
nelle proprie capacità, sensibile e attenta ai valori interpersonali, ai valori romani e ai sentimenti.
Ciò che conta è che questo ideale sia valido per tutti gli uomini, senza distinzioni etniche, sessuali o
sociali. Terenzio scriverà appunto: Homo sum humani nihil a me alienum puto, ovvero: "Sono un
uomo: nulla di umano reputo a me estraneo".
L’umanesimo europeo pose il genere umano al centro della riflessione filosofica, dell’arte e della
letteratura, nonché della scienza medica. L’umanesimo concentrò sull’essere umano un’attenzione
che i secoli precedenti gli aveva ampiamente negata. Agli occhi degli umanisti il genere umano, pur
rimanendo il fine ultimo del progetto divino, divenne un soggetto capace di forgiare il proprio
destino, nonché di esplorare la natura studiandone le leggi e i meccanismi nascosti. Gli umanisti
rimasero legati ad un’idea di umanità idealizzata, pensata in riferimento alle società classiche del
mondo antico e a quelle più civili contrade europee di allora come le Fiandre e la Toscana”.
L'Umanesimo è un movimento culturale che afferma la dignità degli esseri umani. Raggiunse il suo
apice con l'umanesimo rinascimentale (XIV-XV-XVI), che partì dall'Italia e si diffuse in tutta
l'Europa contemporanea
Oggi « L'umanesimo è la convinzione che l'uomo possa vivere bene senza credenze religiose e
superstiziose. La ricerca di senso la troviamo usando la ragione, l'esperienza e i valori umani
condivisi. Cerchiamo di vivere nel modo migliore possibile l'unica vita che abbiamo dando un senso
e una prospettiva alle cose che facciamo. Ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni e
lavoriamo con gli altri per il bene comune »
Edward W. Said, Umanesimo e critica democratica. Cinque lezioni.
La filologia è letteralmente ‘amore della parola’: strumento di conoscenza, che fa oggetto della sua
scienza le forme primarie della comunicazione umana, l’inveramento storico del suo pensiero e
della sua civiltà
La filologia umanistica era ‘critica’, perché metteva tutto al vaglio dei suoi strumenti di lavoro: ad
esempio, i documenti che da secoli affermavano il potere temporale della Chiesa, come la celebre
Donazione di Costantino, dimostrata falsa da Lorenzo Valla con armi linguistiche e filologiche;
la geografia e la cosmografia tolemaica, ancora così importante per Dante, mandata in soffitta da
Copernico, Colombo, Galileo; gli stessi testi sacri, l’Antico e il Nuovo Testamento, ricondotti al
confronto con i manoscritti più antichi, greci ed ebraici, prima che il movimento della Riforma ne
proponesse pienamente la libertà d’interpretazione.
Un nuovo umanesimo
In contrapposizione a un cosmopolitismo elitario e a una deriva nazionalistica recupera la
precisione filologica, l'interpretazione critica delle fonti, la sensibilità storica della tradizione
umanistica europea, aprendosi al dialogo con culture distanti.
Ripercorrere la storia della cultura con lo sguardo filologico significa per l'autore ricostruire gli
intrecci e le condivisioni che caratterizzano i rapporti tra tradizioni diverse, sia pure nella
conflittualità, come i rapporti tra mondo arabo, ebraico e cristiano.
La filologia, come scienza critica della lettura (dell’interpretazione), risulta quindi fondamentale per
una conoscenza umanistica, in quanto antidoto contro lo stravolgimento dei testi sacri e profani
quotidianamente operato dal linguaggio del potere e dei media. Fake news - post verita’
Filologia significa educazione alla critica, resistenza attiva alla dilatazione immensa della
‘memoria’ e dell’archivio collettivo, e di conseguenza alla manipolazione dell’informazione.
Una resistenza all’attacco generale e globale alla stessa possibilità di esistenza di un libero pensiero:
e quindi una filologia che può essere oggi strumento di democrazia, di uguaglianza, perfino di
difesa dell’ambiente e della natura. Un’educazione alla ‘lettura lenta’ di tutti i messaggi (dalle
forme tradizionali del linguaggio verbale scritto, dal libro al cinema, alla televisione, a internet),
opposta alla stessa velocità delle nuove tecnologie.
Umanesimo etnografico
Claude Lévi-Strauss e Ernesto de Martino vedono nell'etnografia e antropologia il compimento
dell'Umanesimo, la più autentica realizzazione di questo ideale anche sul piano politico
Entrambi da filosofi diventano antropologi
Entrambi si inseriscono alla grande nel dibattito contemporaneo sulla crisi della ragione (dopo le
grandi guerre e il nazismo siamo ancora convinti della superiorità della nostra civiltà?)
Entrambi riflettono sui limiti dell'idea di progresso e sull'estensione della definizione di umano e
culturale oltre i confini dell'Occidente.
Ernesto de Martino
Un umanesimo etnografico che, dischiusosi con il tramonto del colonialismo e il risveglio culturale
e politico dei popoli oppressi, apre una fase nuova di dialogo interculturale e di possibilità per
l'etnologia di trasformarsi in coscienza critica dell'Occidente, di assurgere a monito che con
costanza segnala i limiti di realizzazione di questo ideale umanesimo.
Anche Lévi-Strauss nel 1956 (ora in Antropologia strutturale 2) parla di un "umanesimo
etnologico", finalmente democratico, che si sostituisce alle esperienze precedenti
L' "umanesimo rinascimentale" che, intrapreso dalle società di corte, aveva arricchito, grazie agli
studi di filologia classica, i contemporanei del confronto con le testimonianze delle cultura greca e
romana; l' "umanesimo moderno" che avvicinò il mondo esotico delle civiltà orientali all'esperienza
della borghesia. Infine l'attesa palingenesi con l'avvento dell‘ umanesimo etnologico "doppiamente
universale".
Ricercando la propria ispirazione in seno alle società più umili e più disprezzate, l'etnologia
proclama che nulla di umano può essere estraneo all'uomo, fondando in tal modo un umanesimo
democratico il quale si oppone a tutti quegli umanesimi che lo hanno preceduto, creati per
privilegiati sulla base di civiltà privilegiate.
Inoltre, mobilitando metodi e tecniche tratte da tutte le scienze per farli servire alla conoscenza
dell'uomo, l'etnologia si batte per la riconciliazione tra l'uomo e la natura, nel quadro di un
umanesimo generalizzato".
Antropologia per rinnovare e espiare lo sfacciato umanesimo
“L'antropologia ha potuto affermarsi per quello che è: un'impresa, che rinnova ed espia il
Rinascimento, per estendere l'umanesimo a misura dell'umanità” (Lévi- Strauss)
“...ciò contro cui sono insorto e di cui avverto profondamente la nocività, è questa specie di
sfacciato umanesimo, generato, da una parte, dalla tradizione ebraico-cristiana e, dall'altra parte, più
vicino a noi, dal Rinascimento e dal cartesianesimo, che fanno dell'uomo il maestro, il signore
assoluto della creazione” ..“Tutte le tragedie che abbiamo vissuto, dapprima con il colonialismo, poi
con il fascismo, infine con i campi di sterminio, non risultano in opposizione o in contraddizione
con il presunto umanesimo che pratichiamo da diversi secoli, ma, direi, si presentano quasi con il
suo prolungamento naturale” .
Una volta stabilita una frontiera netta tra gli esseri umani e le altre specie viventi, e ammesso che
queste ultime potessero, al limite, essere sacrificate a quelli, non resta che compiere un passo per
dividere la stessa specie umana in diverse categorie ed ammettere che la categoria inferiore possa
essere sacrificata a beneficio di quelle inferiori. Ecco in cosa il colonialismo del XIX secolo e il
fascismo sono i figli naturali dell'umanesimo”.
Antropologia = umanesimo moderato che mette al centro i diritti del vivente
Un umanesimo saviamente concepito che non trae inizio da se stesso ma concede all'uomo una
collocazione ragionevole nella natura, invece di autorizzarlo a farse padrone e a saccheggiarla”
Lévi-Strauss)
“Alla definizione dell'uomo come essere morale si sostituisca quella dell'uomo in quanto essere
vivente, poiché è questo il suo carattere più manifesto”.
Gregorv Bateson
È sostanzialmente patologica l'enfasi che la cultura occidentale pone sulla consapevolezza
individuale poiché questa presenta limi