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Il potere dell'azione inconsueta
Si può anche rilevare che il veder compiere l'azione inconsueta da parte di un'altra persona suscita un'intensa attenzione, e provoca sentimenti spiacevoli. Così, quando si verifica un'infrazione della consuetudine, tutti i gruppi di idee con cui l'azione è associata salgono al livello della coscienza." (pag.191-192)
"Quanto più automatica è diventata una serie di attività o una certa forma di pensiero, tanto maggiore è lo sforzo consapevole richiesto per uscire dal vecchio modo di agire e pensare, e tanto maggiore è anche la pena, o almeno la sorpresa, prodotta da un'innovazione" (pag.192)
"Queste tendenze sono alla base del successo dei fanatici e della propaganda abilmente condotta. Il fanatico che gioca coi sentimenti delle masse e sostiene la sua dottrina con ragioni fittizie, il demagogo di pochi scrupoli che risveglia odi sopiti e deliberatamente inventa ragioni che offrono"
alla massa ingenua un pretesto per cedere alle passioni suscitate, strumentalizzano il desiderio dell'uomo di dare una motivazione razionale ad azioni fondamentalmente basate su un'emozione irrazionale" (pag.192) "Tutti questi esempi dimostrano che anche nella nostra civiltà è soprattutto l'emozione, non già la ragione, a governare il pensiero popolare..." (pag.193) "C'è un elemento della vita sociale, però, che tende a favorire l'attaccamento conservatore alle azioni abituali: l'educazione del giovane. Il bambino che non ha ancora assorbito completamente il comportamento abituale del suo ambiente, acquisterà molto di esso per imitazione inconscia. In molti casi, però, agirà in maniera non ortodossa e sarà corretto dai più anziani... Quanto più grande è il valore normativo di un'usanza, tanto più forte sarà il desiderio di""inculcarlo nella mente dei giovani…” (pag. 195)
"..appena la violazione del costume sale alla coscienza, devono presentarsi le occasioni in cui gli uomini, oportati dalle domande dei bambini o seguendo la propria attitudine alla speculazione, si trovano a dover affrontare il fatto che esistono certe idee delle quali non si dà altra spiegazione che la loro esistenza…." (pag.195-196)
"poiché come abbiamo visto prima, per molte di esse non c'è bisogno di motivazione razionale, si sviluppa la tendenza a volere scoprire i motivi che possono determinare il nostro comportamento tradizionale. È per questo che ad ogni livello culturale le azioni abituali sono fatte oggetto di spiegazioni secondarie che non hanno nulla a che fare con la loro origine storica, ma sono inferite in base alle conoscenze generali possedute dalla popolazione. L'esistenza di tali interpretazioni secondarie è uno dei più importanti fenomeni antropologici,"
"poco meno comune tra di noi che nellasocietà primitiva." (pag.196)
"lo studio della vita primitiva rivela numerose altre associazioni di non altrettanto facile spiegazione. Certi modelli di associazione di idee si possono ritrovare in tutte le culture. Colori scuri e tristezza sono strettamente collegati nella nostra mente, ma non in quella di popoli di diversa cultura. Il rumore sembra inopportuno in un luogo di dolore, ma presso i popoli primitivi la lamentazione funebre ad alta voce è naturale espressione del cordoglio..." (pag.197)
"Forse è rischioso discutere ora l'origine di quei tipi di associazione; ciò nonostante possiamo soffermarci su alcuni dei fatti più comuni, che sembrano caratterizzare la cultura primitiva in confronto al mondo occidentale. Dal nostro punto di vista ci sorprende in quella la grande quantità di associazioni di gruppi di fenomeni totalmente eterogenei, come tra fenomeni naturali, emotivi,"
Raggruppamenti sociali e concetti religiosi, arte decorativa e interpretazione simbolica. Queste associazioni vanno scomparendo man mano che ci si avvicina al nostro attuale livello di civiltà, anche se un'attenta analisi ne rivela tuttora una cospicua presenza, e dimostra che ogni azione automatica tende a determinare le proprie associazioni secondo le situazioni mentali in cui si presenta regolarmente." (pag. 203-204)
"In altre parole quando dirigiamo la nostra attenzione su un certo concetto collegato a tutta una serie di concetti correlativi, noi l'associamo subito col gruppo rappresentato dalla categoria della causalità. Quando lo stesso concetto si affaccia alla mente del primitivo, si associa con quelli ad esso collegati da stati emotivi. Se è così, allora solo dal nostro punto di vista le associazioni della psiche sono eterogenee, e le nostre omogenee e coerenti, mentre per l'uomo primitivo solo le proprie possono essere razionali. Le
nostre devono apparirgli tanto eterogenee quanto le sue a noi, perché il legame tra i fenomeni del mondo, come viene ad essere concepito dopo l'eliminazione delle associazioni emotive a seguito dell'aumento della conoscenza, non esiste per lui, mentre dal canto nostro non possiamo più formare le associazioni soggettive che governano la sua mente" (pag.204) "Oltre a ciò ci sono migliaia di attività e modi di pensare che costituiscono la nostra vita quotidiana - dei quali ci rendiamo conto solo quando veniamo a contatto di altri tipi di vita o ci viene proibito di agire secondo il nostro costume - che non si possono in alcun modo definire più razionali di altri, ai quali, tuttavia, rimaniamo attaccati. Essi non sembrerebbero meno numerosi nella nostra cultura che in quella primitiva, perché costituiscono tutta quella serie di abitudini ormai codificate che regolano la nostra esistenza quotidiana e che si apprendono più“per imitazione che per istruzione.”(pag.205)
L’espressione “relativismo culturale” compare per la prima volta in un articolo di American Anthropologist del 1948 e, una volta affermata, comporta una radicale svolta rispetto al punto di partenza boasiano: la prospettiva relativista cessa di essere una riflessione determinata dall’esperienza di campo per diventare una vera e propria teoria.
Il contesto è quello aperto dal lavoro della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite per preparare la Dichiarazione universale dei Diritti.
Melville Herskovitz, allievo di Boas, studioso di cultura afroamericana e di problemi di acculturazione, preparò una bozza “Statement on Human Rights”, che il consiglio della American Anthropological Association revisionò, inviò alla Commissione, e pubblicò su American Anthropologist nel 1947.
The Executive Board, American Anthropological Association, “Statement on Human Rights”,
in American Anthropologist, vol.49, no.4, Part.1 (Oct.- Dec.,1947), pag. 539-543
Il rispetto dell'individuo in quanto tale e il rispetto per la sua cultura sono due facce della stessa medaglia, perché è evidente che l'individuo non "funziona" senza un preciso riferimento culturale.
Secondo Herskovitz, una dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che non voglia essere etnocentrica e autocelebrativa, può essere formulata solo a partire dal riconoscimento che ogni uomo vive in una società. Dal momento della nascita, infatti, ogni credenza, comportamento, pensiero, aspirazione, valore dell'individuo è modellato dagli usi del suo gruppo sociale.
Quindi, se il fine ultimo della Dichiarazione è sottolineare il diritto dell'individuo a sviluppare a pieno la sua personalità, allora questa dichiarazione si deve basare sul riconoscimento del fatto che la personalità dell'individuo può esprimersi
soggettive che emergono dalle diverse culture non possono essere giudicate come superiori o inferiori, ma devono essere rispettate e comprese.3. Il rispetto per le differenze culturali è fondamentale per promuovere la pace e la convivenza armoniosa tra i popoli. Il riconoscimento e l'accettazione delle diverse culture favoriscono la comprensione reciproca, la tolleranza e la cooperazione tra le nazioni. Solo attraverso il rispetto reciproco e la valorizzazione delle diversità culturali è possibile costruire un mondo più giusto e pacifico.un'unica cultura, ma devono tener conto delle diverse prospettive culturali. Inoltre, i valori e i comportamenti possono variare anche all'interno di una stessa cultura, a seconda dell'educazione, delle esperienze personali e delle convinzioni individuali. Pertanto, è importante considerare la diversità culturale quando si formulano principi e norme universali. Ciò implica il rispetto delle differenze culturali e la promozione di un dialogo interculturale che permetta di trovare punti di convergenza e di conciliare i diversi punti di vista. In conclusione, i principi universali non sono assoluti e immutabili, ma sono il risultato di un processo di negoziazione e di confronto tra le diverse culture. È solo attraverso il rispetto reciproco e la comprensione delle diversità che si può costruire un mondo più giusto e inclusivo per tutti.un ordine del mondo efficace può esserci solo là dove è permesso il libero gioco della personalità degli individui che compongono la società. Questo significa che ogni individuo deve avere la libertà di esprimere se stesso, di perseguire i propri interessi e di realizzare le proprie aspirazioni, purché non danneggi gli altri o violi i diritti altrui. Inoltre, un ordine del mondo efficace richiede anche un sistema di giustizia equo e imparziale, in cui ogni individuo sia trattato con uguaglianza e riceva una giusta considerazione per i propri diritti e interessi. Questo significa che le leggi devono essere applicate in modo imparziale e che i tribunali devono garantire un processo equo a tutti i cittadini. Infine, un ordine del mondo efficace richiede anche una base di valori condivisi, che siano accettati e rispettati da tutti i membri della società. Questi valori possono includere il rispetto per i diritti umani, la tolleranza verso le differenze e la promozione del benessere comune. In conclusione, un ordine del mondo efficace si basa sulla libertà, la giustizia e i valori condivisi. Solo attraverso il rispetto di questi principi fondamentali, ogni individuo può realizzare appieno le proprie aspirazioni e contribuire al benessere della società nel suo insieme.