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4. ANTROPOLOGIA E POTERE; SCRIVERE LE
CULTURE; LA VIOLENZA SIMBOLICA;
I PRIMI ANTROPOLOGI
L’uomo è aggressivo perché vive in società, perché in società egli è
costretto a reprimere i propri istinti. C’è una forza che lo obbliga alla
repressione, ed egli risponde a questa forza con l’aggressività. Per questo è
aggressivo, per questo vuole sempre uccidere il proprio padre. È un
desiderio inconscio che abbiamo tutti. Ancora nell’uomo non esiste niente
di naturale. Naturali sono una serie di capacità che però vengono plasmate
dalla società fin da subito. Noi siamo culturali, per questo siamo diversi
dagli animali. Gli animali non hanno il complesso di Edipo. Il complesso
di Edipo è l’attrazione verso la madre. Anche per questo siamo diversi
dagli animali, noi abbiamo la libido. Noi siamo percorsi dalla libido, siamo
percorsi dal desiderio. Si desidera la madre ma il padre la vieta. Secondo
Freud l’uomo ha una natura fortemente sessuale, che si manifesta in tutte
le cose, nella fame, nel sonno, nei rapporti, nel nostro approccio alla vita.
L’uomo di cui parla Freud, Jung e tutti gli psicanalisti è l’uomo moderno
occidentale, nato con la Rivoluzione Industriale. Di questi dati bisogna
tenere considerazione quando diciamo di essere culturali. Viviamo in un
universo di simboli. Quando un animale vede il cibo vede solo il cibo. Noi
vediamo molte altre cose. Noi veniamo dalle scimmie, ma non siamo
soggetti naturali, non abbiamo nulla a che vedere con le scimmie.
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ANTROPOLOGIA E POTERE
Paul-Michel Foucault (Poitiers, 15 ottobre 1926 – Parigi, 25 giugno
1984) è stato un filosofo, sociologo, storico, accademico e saggista
francese. Quello che dice Foucault è molto importante anche per la storia
dell’antropologia. L’antropologia si istituzionalizza come scienza verso la
fine dell’800 seguendo il processo delle altre discipline. Le cose devono
essere conquistate, inscritte in un discorso per divenire oggetto di una
scienza. Quello che è importante di Foucault è il nesso tra potere e sapere.
La produzione di sapere è sempre legata al potere che ha sempre bisogno
di quel sapere per legittimare se stesso. È necessaria la produzione di
conoscenza per legittimare il dominio, così l’Occidente ha creato “il folle”,
il “primitivo”. Il folle è stato rinchiuso, il primitivo è stato conquistato. È
stato definito cosa fosse normale e cosa non lo fosse.
Foucault in Sorvegliare e Punire parla della nascita della società
disciplinare. Alla fine del ‘500 nasce una società che deve disciplinare i
soggetti in un ordinamento sociale che è quello capitalistico. Un processo
che verrà portato a compimento con la rivoluzione industriale. Il carcere, la
scuola, il manicomio, la famiglia, hanno tutte la funzione di disciplinare il
soggetto e renderlo produttivo. In questo apparato nascono anche le
discipline sociali, tra cui l’antropologia. Tutto il discorso illuministico che
la scienza vuole capire, vuole studiare la differenza, è solo una parte della
verità. l’antropologia si è istituzionalizzata perché la società occidentale
doveva capire qualcosa di più delle società non occidentali. Non possiamo
pensare l’istituzionalizzazione dell’antropologia come scienza
dall’espansione del capitalismo e delle sue istituzioni. Significa fare
un’archeologia dell’antropologia. Localizzare tutti gli eventi discorsivi e
non discorsivi, gli eventi e i poteri che hanno gettato le basi a partire dalle
quali si istituzionalizzeranno un po’ tute le scienze sociali, tra cui
l’antropologia, alla fine dell’800.
SCRIVERE LE CULTURE
Cerchiamo di finire il discorso il discorso sull'etnografia. James Clifford
(1945) è un antropologo statunitense. Ha scritto “Scrivere le culture”.
Ricordate che non c’è un rapporto trasparente tra ciò che vediamo e ciò
che scriviamo. È sempre una rappresentazione. Le cose non esistono di per
sé, esistono all’interno di un sistema, all’interno di un orizzonte simbolico
culturale. Differiscono a seconda di come lo rappresentiamo. Non esiste
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un’epistemologia realista. Ciò che si produce nelle scienze sociali – e lo
vedremo pure con Weber – l’oggetto delle scienze sociali chi è che lo
stabilisce? Le scienze sociali studiano oggetti che non sono indipendenti
da chi osserva. Secondo Foucault la scelta dell’oggetto è determinata dal
potere. Perché io studio la criminalità a Napoli. Perché studiamo la
questione meridionale e non la questione settentrionale? Studiare
attraverso l’etnografia presuppone dei problemi, problemi epistemologici,
poiché non c’è mai un rapporto trasparente tra ciò che studio e l’oggetto
stesso. E un documentario? Fare una ricerca significa influenzare la ricerca
stessa? C’è un documentario che si chiama “Cronaca di un’estate” di un
antropologo che si ferma per strada, a Parigi, e chiede alle persone “siete
felici voi”? E loro cominciano a parlare. La scelta degli oggetti è sempre
soggettiva, ma ciò non impedisce di fare una ricerca seria. C’è un regista
che ha fatto “Fuoco a mare” un film che io ho criticato fortemente, trovate
un mio articolo online. Il regista ha voluto filmare gli sbarchi a
Lampedusa, in modo oggettivo. Il suo obiettivo era quello di creare
un’opera il più oggettiva possibile. Il film è una trappola, vuole far passare
per documentario qualcosa che in realtà non lo è. Vuole trasmetterci
qualcosa in modo crudo e realistico, ma perché pensa che sia il modo
migliore di farlo, non per presentarlo in modo oggettivo. Dice Bordieu che
una ricerca deve essere fondata su basi epistemologiche solide. Noi stiamo
dando all’antropologia un’impostazione costruttivista. La ricerca
etnografica parte dal presupposto che c’è una scelta soggettiva. La scelta
soggettiva è data anche dalla contingenza, se faccio una ricerca oggi non è
la stessa cosa che se la facevo vent’anni fa. È condizionata anche dal
sesso, se io sono una donna gli intervistati mi diranno cose diverse da
quelle che diranno ad un uomo. Anche io, da donna, sarò interessato ad
oggetti diversi. La ricerca è sempre contingente. Poi posso fare anche una
statistica, non è detto che io debba usare solo metodi qualitativi. Io posso
usare tutto, posso usare anche una telecamera, ma questo non mi salva
dalla soggettività. Devo esplicitarmi nella ricerca. Invece, per lungo
tempo, nell’antropologia l’antropologo è stato assente.
Clifford si pone il problema: ciò che hanno prodotto gli antropologi erano
finzioni o cose vere? Clifford dice che hanno prodotto finzioni realiste,
quelle che abbiamo detto noi. Gli interessa capire come Malinowski abbia
costruito i trobriandesi. 21 /42
LA VIOLENZA SIMBOLICA
Siamo arrivati a Bordieu e qui abbiamo una cosa molto seria su cui
riflettere. Abbiamo detto che le parole stesse fanno violenza. Bordieu
definisce la violenza come violenza simbolica. Una violenza carica di
significato che agisce su di noi senza che ce ne rendiamo conto. Vediamo
un fenomeno con i nostri occhi, ma in realtà non sono i nostri. La cultura
funziona sempre come un dispositivo di violenza simbolica. Tutta. Anche
la cultura nostra. Invece di aprire un mondo ce lo restringe, ci veicola già
in un sistema di significati. Le parole ci fanno violenza, una violenza che
noi non percepiamo come tale. Per Bordieu che scrive negli anni ‘60 ci
chiede di concepire la cultura come violenza simbolica, ci fa percepire una
serie di significati come naturali quando in realtà non sono naturali. Una
serie di significati che siamo abituati a dare per scontati, ma che in realtà
non lo sono. Forse anche le nostre motivazioni come soggetti non sono del
tutto nostre, bisogna capire quanto ha di nostro quel che facciamo, perché
siamo sempre immersi in un mondo culturale. Il corpo stesso è il
significante per eccellenza di ciò che la cultura fa degli uomini. Il corpo è
come un pezzo di legno che viene scolpito dalla cultura: come ci
muoviamo, come aspettiamo l’autobus, sono la cristallizzazione della
nostra socializzazione primaria e secondaria. Bordieu lo incorpora nel
concetto di “habitus”. Il sistema ci fa percepire questi significati come
arbitrari, ma arbitrari non vuol dire semplicemente soggettivi, ma gestiti
sulla base di rapporti di forza. c’è un’istituzione di soggetti, questa
istituzione si base sui rapporti di forza. Pensate alle rivoluzioni, ogni
rivoluzione è nata dai rapporti di forza. Un sistema di potere, di significati,
ha il potere di imporsi solo attraverso rapporti di forza. È in grado di farlo,
come diceva Foucault, attraverso le sue istituzioni. Ci si può sottrarre a
questo sistema. L’origine del linguaggio va ricercata nei rapporti di forza,
nei significati attribuiti dalla società, linguaggio e potere. Noi nasciamo
come individui, poi veniamo plasmati come soggetti, con una serie di idee
indotte dalla società.
Molti analisti dell’Oriente hanno scritto dell’Oriente senza esserci mai
stati, altri che ci sono stati già sapevano qualcosa sull’Oriente prima di
andarci. La cultura è violenza simbolica, anche l’etnografo è “agito” da
significati che non controlla, anche nella scelta dell’oggetto. Significati
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impersonali che derivano da un sistema di potere e con tutto questo noi ci
dobbiamo fare i conti.
Bordieu dimostra come la competenza linguistica non sia una semplice
capacità tecnica. Perché noi diciamo individuo e non “individua”? È un
modo in cui la cultura occidentale fa violenza alle donne. Poi abbiamo
visto che in tedesco non funziona così. Siamo costretti ad usare un
linguaggio che in qualche modo nega le donne. Nel linguaggio formale è
più chiaro, ma anche nel linguaggio comune, informale, è palese. Perché
parliamo dell’uomo quando dobbiamo parlare dell’essere umano in
generale e non della donna? Oggi si parla di femminicidio. Prima non se
ne parlava. Significa che qualcuno finalmente ha cominciato a nominare
quella cosa, adesso quella cosa esiste. Ancora oggi si fa molta fatica a
parlarne. Quando viene uccisa una donna ancora oggi si parla di gelosia. Il
linguaggio è intriso di potere, ci costituisce come soggetti sociali. Io