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Benedetto Croce e la critica al concetto di unità precategoriale
Secondo Croce, la cosa dell'unità precategoriale non ha valore. Tuttavia, successivamente scrive una recensione più lunga e più critica. Questo perché, per pensare al rapporto di un soggetto umano con la storia, è necessario che quel soggetto umano sia dato. Se dissolviamo quel soggetto umano e pensiamo che sia a sua volta un prodotto della storia, cosa ci resta?
Quindi, Croce afferma che non ha senso pensare di storicizzare il soggetto conoscente. Il rapporto dell'uomo con la storia si svolge all'interno delle grandi caselle, che per lui sono le categorie, e si dipana nel tempo.
De Martino è molto colpito da questa critica e comincia a viaggiare nel Mezzogiorno d'Italia. Prima dello scoppio della guerra, vive a Bari per alcuni anni. Dopo la guerra, si trasferisce a Roma, dove diventa insegnante. Ogni estate, quando è libero, organizza viaggi nel Mezzogiorno, motivato anche da ragioni politiche.
Ha rapporti col mondo contadino di quelle zone e comincia a studiarne le pratiche che sono pratiche magiche. Pensarli come i primitivi la cui presenza ben definita al mondo crea qualche problema a de martino e questo lo porta ad accettare la critica di croce. Non si può pensare che la magia esista solo in un mondo in cui la presenza non era data una volta per tutte. De martino dice di essersi sbagliato e che aveva ragione croce, dice di aver fatto un errore filosofico e che pensava che potesse esistere un periodo della storia in cui le categorie non erano date una volta per tutte, dobbiamo ma dobbiamo anche pensare che quest'unità si può ammalare e inpensarla come una volta per tutte, determinate condizioni può venir meno. In certe situazioni di vita caratterizzate dalla durezza e dall'oppressione politica quindi dalla mancanza di ogni possibilità di scelta la presenza può lo stesso c'è bisogno di una tecnica culturale.
terapeutica che serva a entrare in crisi e anche in queste situazioni della presenza, oppure dove quest'ultima si è già manifestata a guarirla contrastare, a proteggere dalla crisi e riscattarla. Quest'idea lo porta a mettere a fuoco alcuni fenomeni delle culture popolari del mezzogiorno delle quali si occupa in libri che scrive fra il 58 e il 61, il primo è "morte e pianto rituale" dedicato alle tecniche del lutto, il nucleo teorico è che la morte di una persona cara apre un momento di crisi per le persone, un dolore e che si tramuta quasi nell'impossibilità di continuare a vivere. La crisi va al di là del semplice senz'altra persona, la presenza entra in crisi e la cultura come al solito interviene come momento di riscatto di questa crisi, in questo caso sono le pratiche del lutto cioè dei comportamenti di carattere rituale tramandati da ogni comunità che prendono in carica la persona che ha subito un lutto e gliDicono cosa deve fare, cosa deve mangiare, come deve piangere, il pianto che è qualcosa che ci colpisce viene trasformato in qualcosa di ordinato culturalmente che segue dei ritmi, delle melodie che sono dettate dalla tradizione culturale. Questo si manifesta nel fenomeno del pianto rituale e consiste nel fatto che il pianto non è solo una disperazione improvvisata ma consiste nel cantare una serie di motivi in cui ritmo, melodia e parole e in modo particolare nel sud c'era il fenomeno delle prefiche cioè donne di nero vestite che andavano ai funerali a piangere. De Martino cerca di capirne il senso, sono tutti rituali attraverso i quali l'interno gruppo sociale si stringe intorno alle persone colpite dal lutto e non sono lasciate da sole, non sono lasciate a reagire individualmente al lutto che hanno avuto ma la comunità gli si stringe attorno e pone dei comportamenti e dall'altra parte già dettati dalla tradizione.
tradizione che hanno lo scopo di mimare atti di disperazione totale contengono in sé la possibilità di ritornare a un comportamento culturalmente ordinato di fronte al problema che la morte ci pone cioè il lasciar passare la persona scomparsa, allontanarsi dalle tombe e continuare a vivere, questo è il grande tema delle tecniche del lutto secondo de martino, non sa affrontare da solo, ha bisogno del gruppo e delle tecniche culturali che il gruppo tramanda. "Sud e magia", secondo libro di de martino esce nel 59 e descrive in modo minuzioso una serie di rituali magici, scongiuri, ricorso a maghi e guaritori tipiche della lucania, anche in questo caso de martino si chiede quale sia il senso culturale della magia e questa volta lo lega ai momenti della vita quotidiana, del ciclo della vita nei quali si addensa il pericolo e ha bisogno di una forma di supporto da parte della cultura e rappresentano una tecnica di protezione da un lato.Di riscatto dall'altro. Prima c'è lai riti magici e dall'altro il riscatto laddove si fosse già protezione per cui la perdita della presenza non si verifichi verificata. De martino va oltre nel tentare di capire il meccanismo della magia e dice che la magia funziona proiettando il pericolo e la sua risoluzione fuori dalla storia e dentro un tempo mitico, dentro un tempo metastorico cioè che sta al di là della storia e lo fa attraverso un processo di destorificazione del divenire società il divenire è sempre pericoloso, c'è un terrore della storia, cioè in queste per de martino il problema è anche come sopravvivere alla consapevolezza costante del fatto che domani tutti questi rischi si possano tipo di funzione, ci sono una serie di scongiuri "per le verificare. La magia secondo lui risponde a questo madri contro la perdita del latte" che servono a superare quest'ansia e a continuare ad agire.
In modo attivo hanno l'aspetto di una storiella rispetto al terrore della storia. Molti di questi scongiuri si racconta una storiella che parla di un nanetto barbuto che arriva nel paese, le donne lo prendono in giro e il nano le punisce dicendo che è un pelo della sua barba entri nel loro seno e gli blocchi il flusso del latte, le donne rispondono che non lo stavano prendendo in giro ma in realtà prendevano in giro loro stesse, allora il nanetto dice che il latte deve scorrere liberamente. Rispetto al rischio della perdita del latte materno, questo è un rito che la fa credere e al tempo stesso la risolve, nello scongiuro il rischio avviene in un tempo non è quello della storia ma al tempo stesso viene risolto e questo placa l'ansia.
In un testo "al di là del principio del piacere" Freud cifra mitico che si chiama là descrive un bambino piccolo la cui madre deve spesso uscire di casa lasciandolo solo e questo bambino ha un'ansia.
fortissima quando la madre lolascia solo, questo bambino ha sviluppato un gioco, ha un rocchetto di filo, lo tira lontano da se e poi tirando il filo si riappropria del rocchetto, questo rocchetto è un simbolo sostitutivo della madre secondo Freud. Questo bambino soffre ogni volta che getta via il rocchetto anche se poi è in grado di riportarlo a sé. Dopo la prima guerra mondiale c'erano molti soldati che di quel malessere psichico chiamato "loshock da granata", cioè l'esperienza di stare nelle trincee con le granate che esplodevano intorno per loro un'esperienza terribile che gli veniva in mente costantemente, soprattutto nei sogni rappresentava evocavano costantemente lo shock e la paura. Freud si chiede perché la mente delle persone torni per freud i sogni sono l'espressione di un inconscio che vuole soddisfare i desideri ossessivamente, individuali e allora perché facciamo gli incubi? La risposta difreud fino ad allora era sempre stata perché una parte di noi vuole punire un'altra parte di noi, cioè i sogni negativi derivano dal fatto che noi vorremmo soddisfare un desiderio ma questo desiderio ci è interdetto da un'altra parte di noi che ce lo proibisce, questo desiderio è represso il che significa che ci viene in mente costantemente ma il censore che sta dentro la nostra psiche ci impedisce di attivare quei contenuti e questo crea un ambivalenza emotiva che sta alla base dei sentimenti di paura e di sofferenza che si trovano nei sogni. Lavorando con gli ex soldati della 1 guerra mondiale freud comincia a ripensarci. Il problema è perché noi ricerchiamo la sofferenza? di diverso, c'è una Questi soldati che ripensavano allo shock da bomba lo fa pensare a qualcosa parte al desiderio di avere paura e questo porta freud a elaborare la teoria dell'istinto della loro mente che li porta cioè che accanto
All'istinto di vita di morte. Freud comincia a pensare che accanto a eros esista tanatos, un istinto di morte, quello di vita s'intreccia in modalità sempre diverse esista finché non rappresenta una specie di pulsione primaria verso la sofferenza. Allora il bambino che tira via il rocchetto non è spiegabile se non come una manifestazione di un istinto fondamentale di morte. Per De Martino il momento fondamentale non è tirare via il rocchetto ma ritarlo dentro di sé, questo va visto come un rito appena abbozzato da parte superare l'ansia e il rito non funziona se in una sua prima parte non mima l'andirivieni della madre che gli serve a gettarlo via il rocchetto e di vivere l'esperienza di sofferenza e il pericolo, quindi il bambino ha bisogno angosciante dell'allentamento per poi poter rivivere l'esperienza appagante del ritorno della madre controllandolo lui, perché lui non può controllare quando la madre va via e ritorna.
ma può controllare quando getta via il rocchetto e quando lo ritira verso di sé, allora questo meccanismo ha un effetto per il bambino di superamento di un ansia alla quale non sa dare un nome e che impara a tener sotto controllo, la stessa cosa succederebbe con le ritualità magiche. Il terzo libro è la terra del rimorso che esce nel 61 ed è legato al fenomeno del tarantismo pugliese, cioè la credenza che ci si possa ammalare a causa del morso di un ragno che si trova in Salento. Questo ragno, chiamato "la taranta" provocherebbe sintomo psicopatologico come grande depressione, comportamenti abnormi, questo malessere viene curato con una terapia di tipo simbolico e rituale, la terapia consiste nel fatto che donne e uomini tarantati vengono fatti ballare con un orchestrina locale che suona i ritmi della pizzica e della tarantella e la donna inizia a ballare, è una danza sfrenata e danza per ora a volte per giorni con l'idea chee posseduta dalla taranta. La taranta è concepita come un'entità spirituale che si manifesta attraverso la musica.